Corte di Cassazione, penale, Sentenza|31 marzo 2021| n. 12431.
In tema di disciplina emergenziale per la pandemia da Covid-19, in assenza di un’espressa deroga all’art. 310, comma 3, cod. proc. pen., in pendenza del ricorso per cassazione, rimane sospesa l’esecuzione dell’ordinanza di ripristino della custodia cautelare disposta dal tribunale in sede di appello cautelare sulla scorta degli elementi emergenti all’esito del monitoraggio periodico previsto dall’art. 2-ter, comma 1, d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, cosicché, in applicazione del principio del “ne bis in idem” cautelare, è preclusa l’adozione di un successivo provvedimento di ripristino della misura custodiale, sia pure sulla scorta delle informazioni emergenti all’esito del citato monitoraggio periodico.
Sentenza|31 marzo 2021| n. 12431
Data udienza 11 febbraio 2020
Integrale
Tag – parola chiave: MISURE CAUTELARI – IMPUGNAZIONE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GALLO Domenico – Presidente
Dott. MANTOVANO Alfredo – Consigliere
Dott. PAZIENZA Vittori – rel. Consigliere
Dott. RECCHIONE Sandra – Consigliere
Dott. SARACO Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lecce;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza emessa in data 06/10/2020 dal Tribunale di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere PAZIENZA Vittorio;
Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale TAMPIERI Luca, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
Letta la memoria di replica dei difensori dell’ (OMISSIS), avv. (OMISSIS) e avv. (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo una declaratoria di inammissibilita’ o comunque il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 06/10/2020, il Tribunale di Lecce ha dichiarato inammissibile l’appello, proposto ex articolo 310 c.p.p., dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lecce, avverso l’ordinanza con cui il G.i.p. dello stesso Tribunale aveva rigettato, per la ritenuta violazione del principio del ne bis in idem cautelare, una richiesta di ripristino della misura cautelare in carcere in origine originariamente applicata ad (OMISSIS) (con ordinanza del 17/06/2019), ed in seguito sostituita con gli arresti domiciliari in considerazione delle condizioni di salute e dell’emergenza epidemiologica in atto.
2. Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lecce, deducendo violazione di legge.
Ad avviso del P.M. ricorrente, il Tribunale – pur avendo correttamente ricostruito la vicenda processuale, che aveva in precedenza visto l’accoglimento dell’appello, proposto dal medesimo P.M., avverso altra ordinanza del G.i.p. reiettiva di una analoga istanza di ripristino della custodia in carcere, con decisione peraltro impugnata in cassazione e quindi non ancora definitiva – non aveva adeguatamente tenuto conto del fatto che Decreto Legge n. 28 del 2020, articolo 2-ter, convertito con modificazioni dalla L. n. 70 del 2020, aveva imposto al P.M. di verificare, con cadenza mensile, la permanenza dei motivi per i quali la misura carceraria era stata sostituita con quella domiciliare. Non poteva quindi ammettersi, in tale contesto normativo, che l’esame della nuova richiesta di ripristino della misura piu’ gravosa, formulata all’esito della predetta ulteriore verifica, fosse precluso dal fatto che la valutazione giudiziale sulla necessita’ del ripristino era gia’ stata espressa il mese precedente, e che occorreva attendere la definitivita’ della prima decisione.
In altri termini, ad avviso del ricorrente, il meccanismo di costante verifica introdotto dal legislatore finirebbe per essere “sterilizzato” dall’attesa dell’accertamento della correttezza di una decisione precedentemente adottata, mentre la diversita’ dei fatti da valutare, e la conseguente insussistenza di una violazione del bis in idem, emergono dalle scansioni temporali delle verifiche di compatibilita’ introdotte dall’articolo 2-ter.
3. Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita il rigetto del ricorso, osservando che la normativa emergenziale non ha introdotto un procedimento speciale culminante in decisioni sottratte ai mezzi di impugnazione ordinari, anche quanto alla verifica della permanenza delle situazioni che avevano legittimato l’attenuazione della misura. Il principio codificato nell’articolo 310 c.p.p., comma 3, risulterebbe quindi del tutto svuotato, ove si consentisse il ripristino della misura ad ogni attestazione, da parte del P.M., del venir meno delle predette situazioni.
4. Con memoria ritualmente trasmessa, i difensori dell’ (OMISSIS) insistono per la declaratoria di inammissibilita’ o comunque per il rigetto del ricorso, osservando che i giudici del merito cautelare, in essenza di elementi di effettiva novita’, avevano correttamente applicato il principio del ne bis in idem cautelare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile.
2. La questione devoluta a questo Collegio con l’odierna impugnazione trae origine dalla necessita’ di coordinare la normativa emergenziale, introdotta a seguito dell’emergenza epidemiologica, con le disposizioni ed i principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di procedimenti cautelari incidentali.
2.1. Assume rilevanza, da un lato, il Decreto Legge n. 28 del 2020, articolo 2-ter, introdotto, in sede di conversione, dalla L. n. 70 del 2020, che nei primi tre commi ha dettato una disciplina speciale per la valutazione del regime cautelare applicabile ai soggetti che – pur sottoposti al rigoroso regime delle presunzioni di cui al comma 3 dell’articolo 275 c.p.p., – si siano visti sostituire, con provvedimenti adottati dopo il 20/02/2020 (cfr. l’articolo 2-ter, comma 3), la misura custodiale in carcere con quella degli arresti domiciliari per motivi connessi al COVID-19.
In particolare, l’articolo 2-ter, comma 1, prevede, in tali ipotesi, un periodico monitoraggio, da parte del Pubblico Ministero, in ordine alla persistenza delle condizioni che avevano determinato l’attenuazione della misura (entro quindici giorni dal relativo provvedimento, e poi con cadenza mensile); peraltro, ove accerti il mutamento di quelle condizioni, ovvero abbia notizia dal D.A.P. della disponibilita’ di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta idonei a tutelare le condizioni di salute dell’imputato, il P.M e’ tenuto a chiedere il ripristino della misura di massimo rigore, ove ritenga che permangano le esigenze cautelari originariamente individuate.
L’articolo 2-ter, comma 2, disciplina l’attivita’ del giudice procedente a seguito della richiesta di ripristino. Ferma la possibilita’ di revocare la misura, ove ritenga cessate le esigenze cautelari (articolo 299 c.p.p., comma 1), si prevede che il giudice, ove al contrario ritenga persistenti le originarie esigenze cautelari e la situazione che aveva determinato la concessione degli arresti domiciliari, decida sulla richiesta di ripristino della custodia in carcere dopo aver acquisito informazioni sulle disponibilita’ delle strutture e dei reparti di cui al comma 1, e sulla loro idoneita’ ad evitare pregiudizi per la salute dell’imputato: disponendo eventualmente accertamenti anche peritali sulle condizioni di quest’ultimo, ove non ritenga di essere in grado di decidere allo stato degli atti.
2.2. D’altro lato, vengono qui in rilievo le disposizioni e i principi che disciplinano le impugnazioni cautelari proposte dal pubblico ministero.
Si allude in particolare, anzitutto, l’articolo 310 c.p.p., u.c., il quale prevede che l’esecuzione del provvedimento con cui venga adottata una misura cautelare, in accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico Ministero, sia sospesa fino a che la decisione non sia divenuta definitiva (disposizione pacificamente applicabile anche alle ipotesi in cui l’appello abbia ad oggetto una richiesta di aggravamento: cfr. ad es. Sez. 6, n. 37773 del 30/09/2010, Buonerba, Rv. 248595, secondo cui “l’esecuzione del provvedimento con cui il tribunale della liberta’, a seguito di appello proposto dal pubblico ministero, disponga l’aggravamento della misura cautelare rimane sospesa fino a che la decisione non sia divenuta definitiva”).
In secondo luogo, occorre qui richiamare il principio del ne bis in idem cautelare ripetutamente affermato da questa Suprema Corte, anche a Sezioni Unite” con riferimento alle iniziative del Pubblico Ministero: cfr. Sez. U, n. 18339 del 31/03/2004, Donelli, Rv. 227358, secondo cui “qualora il P.M., nelle more della decisione sull’appello proposto contro l’ordinanza reiettiva della richiesta di misura cautelare personale, rinnovi la domanda nei confronti dello stesso indagato e per lo stesso fatto, allegando elementi probatori “nuovi”, preesistenti o sopravvenuti, e’ precluso al giudice, in pendenza del procedimento di appello, decidere in merito alla medesima domanda cautelare”; v. anche Sez. U, n. 7931 del 16/12/2010, dep. 2011, Testini, Rv. 249001 secondo cui “in tema di misure cautelari, qualora il pubblico ministero, nelle more della decisione su una impugnazione incidentale de libertate, intenda utilizzare, nei confronti dello stesso indagato e per lo stesso fatto, elementi probatori “nuovi” puo’ scegliere se riversarli nel procedimento impugnatorio ovvero porli a fondamento di una nuova richiesta cautelare, ma, una volta effettuata, la scelta gli preclude di coltivare l’altra iniziativa cautelare”). Si tratta peraltro di un principio avente pacificamente portata generale: cfr. Sez. 3, n. 23371 del 02/02/2016, Sacco, Rv. 266823, secondo cui “e’ inammissibile, per la preclusione processuale derivante dalla pendenza di altro procedimento cautelare basato sui medesimi elementi nei confronti della stessa persona e per lo stesso fatto, l’istanza di scarcerazione presentata dall’imputato in pendenza di appello cautelare, non ancora definito, proposto avverso il rigetto di altra richiesta di scarcerazione avente ad oggetto il medesimo thema decidendum.
3. In tale contesto normativo ed ermeneutico, la decisione del Tribunale risulta immune da censure.
3.1. Sul piano fattuale, puo’ dirsi pacifico – alla luce del provvedimento impugnato e della stessa ricostruzione esposta dal ricorrente – che nei confronti dell’ (OMISSIS), gravemente indiziato (tra l’altro) del reato di cui all’articolo 416-bis c.p. e quindi sottoposto alla misura custodiale in carcere (disposta dal G.i.p. del Tribunale di Lecce con ordinanza del 17/06/2019), era stata disposta in data 15/05/2020 la misura carceraria con quella degli arresti domiciliari, in considerazione delle condizioni di salute dell’ (OMISSIS) e della ritenuta impossibilita’ – nel perdurare dell’emergenza epidemiologica – di trattare le sue patologie in regime detentivo. La richiesta di ripristino della misura custodiale in carcere, formulata dal P.M. dopo aver acquisito notizia della disponibilita’ del reparto di medicina protetta della Casa Circondariale di Secondigliano, era stata rigettata dal G.i.p. con ordinanza del 22/07/2020 all’esito degli accertamenti peritali disposti ai sensi del D.L n. 28 del 2020, articolo 2-ter; peraltro, in accoglimento dell’appello proposto dal P.M. tale decisione era stata annullata dal Tribunale di Lecce, che aveva disposto il ripristino della misura con ordinanza del 11/08/2020 non ancora esecutiva, in pendenza del ricorso per cassazione proposto nell’interesse dell’ (OMISSIS).
In tale situazione, il P.M. – nell’attivita’ di monitoraggio a lui demandata dall’articolo 2-ter, comma 1 – formulava una ulteriore richiesta di ripristino, dopo aver ricevuto nuovamente l’indicazione, da parte del D.A.P., della disponibilita’ ed idoneita’ del reparto di medicina protetta della c.c. di Secondigliano. Il G.i.p. rigettava anche questa seconda richiesta, evidenziando di aver gia’ provveduto con ordinanza del 22/07/2020, e di non ravvisare elementi di novita’ diversi dalla decisione di riforma adottata dal Tribunale ma non ancora definitiva, ai sensi dell’articolo 310 c.p.p., comma 3.
3.2. La decisione del G.i.p. ha questa volta trovato piena condivisione da parte del Tribunale di Lecce, adito con appello dal P.M..
Il Collegio salentino ha preso le mosse dalla incontroversa applicabilita’ delle disposizioni di cui all’articolo 310 c.p.p., u.c., anche alle ipotesi di aggravamento della misura cautelare disposte in accoglimento dell’appello del P.M. (cfr. supra, § 2.2.), e ha posto in evidenza il fatto che l’iniziativa del P.M. appariva in sostanza finalizzata ad anticipare gli effetti dell’altra ordinanza, precedentemente emessa dal Tribunale in sede di appello: effetti che dovevano invece ritenersi “inscindibilmente” legati alla irrevocabilita’ del provvedimento.
Sotto altro profilo, il Tribunale ha inteso riconoscere, definendola “degna della massima considerazione”, la preoccupazione sottesa all’appello del P.M., ovvero il suo intento di assicurare il ripristino della misura di massimo rigore nei confronti di un indagato per il quale – prima dell’emergenza epidemiologica – era operante la doppia presunzione di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3 e le cui condizioni di salute potevano essere adeguatamente tutelate (nella prospettiva dell’appellante asseverata dall’esito del primo giudizio, pur non ancora definitivo) con la collocazione dell’ (OMISSIS) in un reparto di medicina protetta del carcere.
Il Collegio ha peraltro che sottolineato che di tale “stringente esigenza” avrebbe dovuto farsi carico il legislatore, per ragioni sistematiche correlate alla certa operativita’, anche in tale contesto, del principio del ne bis in idem cautelare: non potendo evidentemente rinvenirsi un effettivo elemento di novita’, idoneo a superare le preclusioni correlate a quel principio, nella ulteriore comunicazione ricevuta dal P.M. in ordine alla disponibilita’ del reparto di medicina protetta del carcere di Secondigliano.
3.3. Il percorso argomentativo tracciato dall’ordinanza impugnata merita piena condivisione.
3.3.1. Si e’ gia’ accennato al fatto che l’eccezionale situazione causata dall’emergenza epidemiologica ha per un verso determinato l’attenuazione della misura custodiale in carcere, per ragioni correlate al COVID-19, anche nei confronti degli imputati o indagati (come l’ (OMISSIS)) sottoposti a tale misura per esplicita ed univoca scelta legislativa (articolo 275 c.p.p., comma 3). Per altro verso, tale situazione ha determinato l’introduzione di altrettanto eccezionali disposizioni, che hanno onerato il P.M. di un costante monitoraggio circa la persistenza dei motivi alla base della concessione degli arresti domiciliari, e della conseguente richiesta di ripristino della misura piu’ gravosa, al venir meno di quei motivi o comunque ove si accerti la disponibilita’ di una struttura penitenziaria idonea ad assicurare la tutela delle condizioni di salute dell’indagato o imputato.
Dalla lettura di tali sopravvenute disposizioni, peraltro, non puo’ peraltro certamente desumersi che il provvedimento che eventualmente accolga la richiesta di ripristino sia inappellabile, o sia comunque sottratto alla regola generale della sospensione della sua esecutivita’ fino a che non diventi definitivo, codificata nell’articolo 310 c.p.p., comma 3.
Tanto meno puo’ ammettersi, per evidenti ragioni di complessiva razionalita’ del sistema, che l’effetto sospensivo della disposizione appena richiamata, operante fino alla definizione del ricorso per cassazione proposto dall’interessato, possa essere evitato dal P.M. attraverso la riproposizione di una nuova istanza di ripristino, sulla sola base – come nella fattispecie in esame – della ricezione, a seguito del monitoraggio mensile di cui al Decreto Legge n. 28, articolo 2 ter, di una ulteriore comunicazione della esistenza e disponibilita’ di una struttura idonea ad accogliere l’imputato sottoposto a misura custodiale. Sono invero di immediata evidenza gli effetti paradossali che si produrrebbero qualora si ammettesse la possibilita’, per il P.M., di reiterare ad libitum la propria richiesta di ripristino dopo il rigetto del G.i.p. – ovvero in pendenza del ricorso per cassazione avverso l’ordinanza a lui favorevole emessa in sede di appello – pur in difetto di apprezzabili modifiche della situazione fattuale o giuridica valutata dal G.i.p.: si sarebbe in presenza di un numero indefinito di procedimenti cautelari incidentali aventi identico oggetto, e ovviamente suscettibili di essere definiti con decisioni anche radicalmente contrastanti.
3.3.2. Le argomentazioni del Tribunale devono essere condivise anche quanto all’analisi delle disposizioni emergenziali, con particolare riferimento alla impossibilita’ di desumere, dalle stesse, una deroga ai richiamati principi in tema di non esecutivita’ dei provvedimenti adottati in sede di appello, e di divieto di bis in idem cautelare.
L’assoluta eccezionalita’ della situazione creatasi, anche per la delicatezza delle decisioni da prendere con l’esplosione dell’epidemia (ove si consideri il carattere totalmente inedito delle problematiche prospettate dal suo impatto sulle condizioni di salute delle persone detenute), avrebbe forse potuto giustificare – in caso di accertamento, da parte del giudice procedente, dei presupposti per il ripristino – una deroga al principio codificato nell’articolo 310 del codice di rito, comma 3: e cio’ avuto anche riguardo al fatto che, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, tale principio non opera nelle ipotesi in cui il Tribunale decida, quale giudice dell’appello cautelare, in sede di rinvio dopo l’annullamento di una precedente decisione favorevole all’indagato (cfr. Sez. 3, n. 2888 del 19/12/2013, dep. 2014, Macri’, Rv. 258371, secondo cui “l’ordinanza con la quale il tribunale del riesame, a seguito di annullamento con rinvio disposto su ricorso del P.M., confermi l’originaria ordinanza di rigetto di istanza per la cessazione di efficacia della custodia cautelare per decorso dei termini, in un primo tempo invece accolta dal medesimo tribunale, e’ immediatamente esecutiva e determina il ripristino dello stato di custodia, anche in caso di nuova proposizione di ricorso per cassazione”).
E’ tuttavia indiscutibile che tale disposizione derogatoria non sia stata inserita dal legislatore, ne’ sia in alcun modo desumibile per via sistematica dall’esame complessivo delle norme introdotto dal legislatore dell’emergenza.
In tale contesto, non puo’ che condividersi la conclusiva affermazione contenuta nel provvedimento del Tribunale di Lecce, in ordine alla “inammissibilita’ della “doppia iniziativa” posta in essere dal Pubblico Ministero”, il quale, dopo aver vittoriosamente appellato l’ordinanza di rigetto della (prima) richiesta di ripristino, ha presentato una nuova analoga richiesta – fondata su ragioni fattuali e giuridiche del tutto sovrapponibili – in pendenza del ricorso per cassazione, proposto dall’ (OMISSIS), avverso il provvedimento che aveva accolto il suo appello.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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