In tema di determinazione della giurisdizione in materia aquiliana

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|26 novembre 2020| n. 26986.

In tema di determinazione della giurisdizione in materia aquiliana occorre fare riferimento all’art. 5, n. 3, del Regolamento CE n. 44 del 2011, il quale stabilisce il criterio di collegamento per individuare la giurisdizione in materia di delitti e quasi delitti nel luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire. La norma va interpretata nel senso che per tale luogo deve intendersi quello in cui è avvenuta la lesione del diritto della vittima, senza avere riguardo al luogo dove si sono verificate o potranno verificarsi le conseguenze future di tale lesione. Nel caso in esame dunque il danno iniziale si era determinato in Germania dove era avvenuto l’errore diagnostico per il quale si è instaurato il giudizio, mentre la morte era avvenuta in Italia e pertanto la Corte ha affermato che la giurisdizione appartiene pacificamente al giudice tedesco.

Sentenza|26 novembre 2020| n. 26986

Data udienza 20 ottobre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Responsabilità professionale medica – Mancata tempestiva diagnosi carcinoma – Ecografia svolta in Germania – Risarcimento danni – Giurisdizione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Primo Presidente f.f.

Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez.

Dott. TRIA Lucia – Presidente di Sez.

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 21961/2019 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), tutti in proprio e nella qualita’ di eredi di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), nella qualita’ di ex titolare della (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS);
(OMISSIS) (gia’ (OMISSIS)), in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 118/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 17/01/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/10/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato il 14 febbraio 2011 (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS), in proprio e in qualita’ di eredi del defunto (OMISSIS), convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Agrigento, lo studio medico (OMISSIS), in persona della titolare Dottoressa (OMISSIS), e la (OMISSIS), chiedendo che fossero condannati al risarcimento dei danni patiti dal loro congiunto in conseguenza della mancata tempestiva diagnosi di un carcinoma del pancreas.
A sostegno della domanda esposero che (OMISSIS) si era sottoposto ad un’ecografia addominale presso la struttura sanitaria diretta dal Dott.ssa (OMISSIS), sita in (OMISSIS); indagine dalla quale, pero’, non era stato diagnosticato alcuno stato patologico relativo al pancreas. Il cancro si era poi manifestato in Italia, dove il paziente era stato operato solo in data (OMISSIS) e dove era successivamente morto a causa della malattia non diagnosticata.
Si costituirono in giudizio tutte le parti convenute, eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice italiano e chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda.
Il Tribunale dichiaro’ il difetto di giurisdizione del giudice italiano e condanno’ gli attori al pagamento delle spese di lite.
2. La pronuncia e’ stata impugnata dagli attori soccombenti e la Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 17 gennaio 2019, ha rigettato l’appello ed ha integralmente compensato le spese del grado.
Ha osservato la Corte territoriale che in materia contrattuale sono da applicare le norme contenute nel Regolamento CE n. 44 del 2001, in base alle quali vige il principio generale del domicilio del convenuto; tale regime e’ completato dai fori speciali applicabili nei soli casi previsti. Detto Regolamento dispone all’articolo 5, n. 1), punto a), che la persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro puo’ essere convenuta, in un altro Stato membro, davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta e’ stata o deve essere eseguita. Nel caso in esame, l’omessa diagnosi era avvenuta pacificamente a (OMISSIS), luogo dove aveva sede il laboratorio radiologico della Dott.ssa (OMISSIS). Neppure poteva essere utilmente richiamato, secondo la Corte d’appello, l’articolo 5, n. 3), del citato Regolamento; tale disposizione, avente ad oggetto gli illeciti extracontrattuali, stabilisce che la giurisdizione appartiene al giudice del luogo dove l’evento dannoso e’ avvenuto o puo’ avvenire, cioe’ il luogo dove l’azione o l’omissione e’ stata compiuta (c.d. danno iniziale), senza dare alcuno spazio al luogo dove si sono verificate le conseguenze future della lesione. Correttamente, poi, il giudice di primo grado aveva ritenuto non applicabile l’articolo 16 del citato Regolamento, avente ad oggetto la disciplina dei contratti conclusi da consumatori, posto che nel caso in esame non ricorreva nessuna delle ipotesi di cui all’articolo 15 del Regolamento stesso.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Palermo propongono ricorso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS) con unico atto affidato a quattro motivi.
Resistono lo studio medico (OMISSIS), in persona della titolare Dottoressa (OMISSIS), e la (OMISSIS), con separati controricorsi affiancati da memoria.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, chiedendo che il ricorso venga rigettato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 1), violazione e falsa applicazione delle norme sulla competenza giurisdizionale del giudice adito, in relazione al luogo di residenza del defunto.
Osservano i ricorrenti che la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto del fatto che le norme sul foro del consumatore non possono essere richiamate in relazione a prestazioni rese dal servizio sanitario pubblico, mentre sono applicabili in relazione a prestazioni rese in ambito privatistico. In tal senso si sarebbe espressa la giurisprudenza nazionale ed anche quella dell’Unione Europea, entrambe favorevoli ad assicurare ai consumatori il massimo grado di effettivita’ della tutela giurisdizionale.
2. Col secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame di un fatto decisivo che e’ stato oggetto di discussione tra le parti.
Affermano i ricorrenti che la sentenza impugnata non avrebbe tenuto in considerazione due pronunce della Corte di giustizia dell’Unione Europea citate nel giudizio (la sentenza 27 giugno 2000 nel caso Oceano/Marciano e quella del 6 settembre 2012 nella causa C-190/11), secondo le quali l’articolo 15, par. 1, lettera c), del Regolamento n. 44 del 2001 deve essere interpretato nel senso che il consumatore puo’ citare il professionista nel luogo del proprio domicilio anche se il contratto intercorso non sia stato stipulato a distanza.
3. Col terzo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione delle norme sulla responsabilita’ extracontrattuale.
La doglianza censura l’affermazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che a norma dell’articolo 5, n. 3), del Reg. cit. sussiste la giurisdizione esclusiva del luogo ove l’evento dannoso e’ avvenuto o puo’ avvenire. Poiche’ la morte di (OMISSIS) e’ avvenuta a (OMISSIS), la giurisdizione dovrebbe ritenersi radicata presso il Tribunale di Agrigento, dove correttamente e’ stata incardinata. La nozione di “luogo in cui l’evento dannoso e’ avvenuto” non dovrebbe, secondo i ricorrenti, essere collegata con il luogo in cui si e’ verificato il danno iniziale; per cui la sentenza in esame, non interpretando correttamente la giurisprudenza sull’argomento, avrebbe dimenticato che “l’obbligazione da fatto illecito sorge nel luogo in cui il fatto produttivo di danno, l’evento, si verifica e nella nozione di fatto rientra, oltre al comportamento illecito, anche l’evento dannoso che ne deriva”. In caso di mancata coincidenza tra i due luoghi, quindi, il forum commissi delicti di cui all’articolo 20 c.p.c., dovrebbe coincidere col luogo in cui l’evento e’ avvenuto.
4. Col quarto motivo di ricorso si lamenta che la sentenza impugnata non avrebbe tenuto presente che la disciplina applicabile sarebbe quella della Convenzione di Roma del 1980, secondo cui i contratti conclusi dai consumatori sono regolati dalla legge del Paese in cui il consumatore ha la sua residenza abituale. Anche in base all’articolo 4 del Regolamento CE n. 864/2007 la legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali e’ quella del Paese in cui il danno si verifica, e in tal senso sarebbe anche la L. 31 maggio 1995, n. 218; tanto piu’ che l’obbligazione oggetto di causa dovrebbe essere qualificata secondo le norme di diritto materiale dell’ordinamento italiano.
5. I motivi di ricorso non sono fondati.
5.1. Giova innanzitutto premettere che, come correttamente ha rilevato la Corte d’appello di Palermo, la vicenda in esame ha ad oggetto un caso di responsabilita’ contrattuale, posto che la pretesa risarcitoria avanzata dagli eredi del defunto (OMISSIS) nei confronti dello studio medico (OMISSIS), in persona della titolare Dottoressa (OMISSIS), e della (OMISSIS) riguarda un errore conseguente alla presunta omessa diagnosi di un tumore del pancreas nonostante l’avvenuto espletamento di un’ecografia addominale.
Trattandosi di responsabilita’ contrattuale, va tenuto presente, innanzitutto, la L. 31 maggio 1995, n. 218, articolo 57, in base al quale le obbligazioni contrattuali sono regolate dalla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980, resa esecutiva con la L. 18 dicembre 1984, n. 975. Secondo l’articolo 4, comma 1, di quest’ultima, nel caso in cui la legge che regola il contratto non sia stata scelta, esso e’ regolato “dalla legge del paese col quale presenta il collegamento piu’ stretto”. Il successivo comma 2 specifica che di regola “si presume che il contratto presenti il collegamento piu’ stretto col paese in cui la parte che deve fornire la prestazione caratteristica ha, al momento della conclusione del contratto, la propria residenza abituale o, se si tratta di una societa’, associazione o persona giuridica, la propria amministrazione centrale”.
Alla L. n. 218 del 1995, articolo 57, deve essere affiancata la normativa di cui al Regolamento CE n. 44 del 2001, applicabile ratione temporis all’odierna fattispecie, posto che il giudizio e’ stato intrapreso nel 2011, cioe’ prima che le disposizioni di tale Regolamento fossero sostituite da quelle del successivo Regolamento CE n. 1215 del 2012.
Sono da tenere presenti, ai fini che interessano, gli articoli 2 e 5 del Reg. n. 44 del 2001, dai quali si traggono le seguenti regole: la prima, di carattere generale, e’ che “le persone domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalita’, davanti ai giudici di tale Stato membro” (articolo 2); la seconda e’ che la persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro puo’ essere convenuta in un altro Stato membro, in materia contrattuale, “davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio e’ stata o deve essere eseguita” (articolo 5, n. 1, Reg. cit.). In relazione ai contratti che hanno ad oggetto la prestazione di servizi – come nel caso oggi in esame – la lettera b) del cit. articolo 5, n. 1), dispone che in tale caso il luogo di esecuzione dell’obbligazione e’ quello “situato in uno Stato membro, in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto”.
5.2. Leggendo in modo coordinato il complesso delle disposizioni fin qui richiamate, ne risulta senza possibilita’ di dubbio che la giurisdizione appartiene al giudice tedesco.
La societa’ convenuta e’, infatti, di diritto tedesco ed ha sede in (OMISSIS), cosi’ com’e’ residente in (OMISSIS) la Dottoressa (OMISSIS); il luogo in cui l’obbligazione doveva essere prestata – ed e’ stata poi effettivamente prestata – e’ parimenti la (OMISSIS), perche’ l’ecografia dalla quale i ricorrenti deducono la responsabilita’ professionale ha avuto luogo a (OMISSIS). Il Paese col quale il contratto presenta il “collegamento piu’ stretto” cui fa riferimento della L. n. 975 del 1984, citato articolo 4, e’ pure la (OMISSIS), perche’ la parte che doveva compiere la prestazione, cioe’ lo studio medico convenuto, risiedeva in (OMISSIS).
La precedente giurisprudenza di queste Sezioni Unite conferma tale approdo interpretativo.
In particolare, l’ordinanza 22 novembre 2010, n. 23593, alla quale l’odierna pronuncia intende dare continuita’, ha gia’ affermato che in base all’articolo 5 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, resa esecutiva con legge del 21 giugno 1971 n. 804, il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente puo’ essere citato in un altro Stato contraente, in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio e’ stata o deve essere eseguita; luogo che va determinato in conformita’ della legge che disciplina l’obbligazione controversa secondo le norme di conflitto del giudice adito, nella specie italiano, e quindi, in base alla L. n. 218 del 1995, articolo 57, vertendosi in materia contrattuale, secondo la legge del Paese con il quale il contratto presenti il collegamento piu’ stretto. In quel caso, nel quale l’attore italiano chiedeva il risarcimento dei danni derivanti da interventi chirurgici eseguiti in Svizzera, la giurisdizione fu attribuita al giudice di detto Stato, nel cui territorio la prestazione sanitaria aveva avuto esecuzione ed i convenuti (clinica e medici) avevano la sede e il domicilio principale.
Nel caso odierno, molto simile, la giurisdizione spetta quindi al giudice tedesco.
5.3. Il terzo motivo di ricorso sostiene che la giurisdizione spetterebbe al giudice italiano perche’, trattandosi di responsabilita’ extracontrattuale, dovrebbe trovare applicazione l’articolo 5, n. 3), del Regolamento n. 44 del 2001, in base al quale in materia di “illeciti civili dolosi o colposi” assume rilievo, ai fini del riparto di giurisdizione, il luogo “in cui l’evento dannoso e’ avvenuto o puo’ avvenire”. E siccome, argomentano i ricorrenti, la morte di (OMISSIS) e’ avvenuta in Italia, la giurisdizione dovrebbe spettare al giudice italiano.
Osserva il Collegio che, a prescindere dall’evidente incoerenza derivante dall’invocare l’applicazione delle norme sulla responsabilita’ extracontrattuale in relazione ad una fattispecie di responsabilita’ contrattuale, nemmeno tali argomenti giovano ai ricorrenti.
Per costante giurisprudenza di queste Sezioni Unite, infatti, ai fini della determinazione della giurisdizione in materia aquiliana ai sensi dell’articolo 5 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, il luogo dell’evento dannoso e’ quello in cui e’ avvenuta la lesione del diritto della vittima, senza avere riguardo al luogo in cui si sono verificate o potranno verificarsi le conseguenze future di tali lesioni. Si e’ affermato, in altri termini, che cio’ che conta e’ il c.d. danno iniziale, essendo irrilevante il luogo del c.d. danno conseguenza (in tal senso, v. le ordinanze 28 aprile 2015, n. 8571, 27 dicembre 2011, n. 28811, 22 maggio 2012, n. 8076, e la sentenza 26 ottobre 2018, n. 27164). E’ appena il caso di ricordare che l’articolo 5 della Convenzione di Bruxelles e’ stato ripreso, senza significative modifiche, dal citato articolo 5, n. 3), del Regolamento n. 44 del 2001; e in tal senso e’ anche l’articolo 7 del Regolamento n. 1215 del 2012 attualmente vigente.
Ne consegue che nel caso in esame il danno iniziale si e’ pacificamente determinato in (OMISSIS), perche’ li’ e’ avvenuto l’errore diagnostico del quale si discute, mentre e’ irrilevante che la morte dello (OMISSIS) sia avvenuta in Italia.
5.4. Qualche riflessione va fatta, infine, a proposito del foro del consumatore.
Il Collegio rileva, innanzitutto, l’evidente incongruenza della linea difensiva dei ricorrenti, i quali invocano nel primo e secondo motivo la lesione del c.d. foro del consumatore mentre nello stesso tempo lamentano, come si e’ detto, la violazione delle regole sulla responsabilita’ da fatto illecito (in tal senso, correttamente, la requisitoria del P.G. il quale ha evidenziato il contrasto tra il contemporaneo richiamo delle regole sul consumatore e di quelle sulla responsabilita’ aquiliana).
Tralasciando questo rilievo preliminare, la Corte osserva che, trattandosi di un caso di responsabilita’ contrattuale, deve essere vagliata anche la possibilita’ di fare applicazione delle norme a tutela del consumatore.
A questo proposito si ricorda che l’articolo 15, comma 1, del Regolamento CE n. 44 del 2001, il cui contenuto e’ transitato nell’articolo 17, comma 1, del Regolamento CE n. 1215 del 2012, dispone che le regole di competenza nei contratti del consumatore trovano applicazione nelle tre ipotesi di cui alle lettere a), b) e c) ivi previste. Escludendo, per ovvi motivi, le fattispecie di cui alle lettere a) e b), resta da considerare solo quella della lettera c), secondo cui tali criteri trovano applicazione nel caso di contratto concluso “con una persona le cui attivita’ commerciali e professionali si svolgono nello Stato membro in cui e’ domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato membro o verso una pluralita’ di Stati che comprende tale Stato membro, purche’ il contratto rientri nell’ambito di dette attivita’”.
Nel caso in esame e’ evidente che le parti originariamente convenute nel presente giudizio non svolgono la loro attivita’ commerciale o professionale nello Stato membro in cui e’ domiciliato il consumatore (cioe’ l’Italia), posto che tale attivita’ si svolge in (OMISSIS); ne’ viene sostenuto dai ricorrenti, anzi neppure ipotizzato, che l’attivita’ dello studio medico (OMISSIS) sia diretta, “con qualsiasi mezzo”, verso l’Italia. E’ opportuno ricordare – come puntualmente ha fatto il Procuratore generale nella sua requisitoria scritta – che la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha piu’ volte affermato che l’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 44 del 2001 trova applicazione nell’ipotesi in cui ricorrano tre condizioni, ossia qualora, in primo luogo, una parte contrattuale abbia la qualita’ di consumatore e agisca in un contesto che puo’ essere considerato estraneo alla sua attivita’ professionale; in secondo luogo, il contratto tra il consumatore e il professionista sia stato effettivamente concluso e, in terzo luogo, tale contratto rientri in una delle categorie di cui al paragrafo 1, lettere da a) a c), di detto articolo 15. Tali condizioni devono essere soddisfatte cumulativamente, di modo che, qualora venga meno una delle tre, la competenza non puo’ essere determinata secondo le disposizioni in materia di contratti conclusi dai consumatori (Corte di giustizia, 28 gennaio 2015, C-375/13 Kolassa).
La sicura mancanza del terzo requisito esclude, dunque, l’applicabilita’ delle particolari regole in tema di azioni proposte dal consumatore (articolo 16 del Regolamento n. 44 del 2001).
6. Il ricorso, pertanto, e’ rigettato.
A tale esito segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55.
Sussistono inoltre le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 4.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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