Corte di Cassazione, penale, Sentenza|17 gennaio 2022| n. 1555.
In tema di confisca cd. allargata conseguente a condanna per uno dei reati di cui all’art. 12-sexies, commi 1 e 2, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modifiche, nella legge 7 agosto 1992, n. 356 (attualmente art. 240-bis cod. pen.), non è censurabile in sede di legittimità la valutazione relativa alla sproporzione tra il valore di acquisto dei beni nella disponibilità del condannato e i redditi del suo nucleo familiare, ove la stessa sia congruamente motivata dal giudice di merito con il ricorso a parametri suscettibili di verifica e sia preceduta da un adeguato e razionale confronto con le avverse deduzioni difensive.
Sentenza|17 gennaio 2022| n. 1555, In tema di confisca cd. allargata
Data udienza 21 settembre 2021
Integrale
Tag – parola: Reati in materia di stupefacenti – Associazione mafiosa – Sentenza di condanna – Annullamento – Limite – Circostanza aggravante del 416 – bis 1 del cp
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSI Elisabetta – Presidente
Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere
Dott. CORBO Antonio – Consigliere
Dott. NOVIELLO Giuseppe – Consigliere
Dott. ZUNICA Fabio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nata in (OMISSIS);
avverso la sentenza del 26-11-2019 della Corte di appello di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Dr. Fabio Zunica;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Fimiani Pasquale, che ha concluso: per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente al capo A; per l’annullamento con rinvio della sentenza nei confronti di (OMISSIS), limitatamente ai capi A ed E; per l’annullamento con rinvio della sentenza nei confronti di (OMISSIS), limitatamente al capo E; per l’annullamento con rinvio della sentenza, limitatamente all’aggravante dell’agevolazione mafiosa, nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con inammissibilita’ o rigetto dei restanti ricorsi;
udito per il ricorrente (OMISSIS) l’avvocato (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito per i ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) l’avvocato (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi;
udito per il ricorrente (OMISSIS) l’avvocato (OMISSIS), sostituto processuale dell’avvocato (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
uditi per il ricorrente (OMISSIS) gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito per il ricorrente (OMISSIS) l’avvocato (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito per il ricorrente (OMISSIS) l’avvocato (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito per il ricorrente (OMISSIS) l’avvocato (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
udito per il ricorrente (OMISSIS) l’avvocato (OMISSIS), anche quale sostituto processuale dell’avvocato (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito per il ricorrente (OMISSIS) l’avvocato (OMISSIS), sostituto processuale dell’avvocato (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
uditi per il ricorrente (OMISSIS) gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito per il ricorrente (OMISSIS) l’avvocato (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito per il ricorrente (OMISSIS) l’avvocato (OMISSIS), sostituto processuale dell’avvocato (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito per il ricorrente (OMISSIS) l’avvocato (OMISSIS), anche quale sostituto processuale dell’avvocato (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
uditi per il ricorrente (OMISSIS) gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) quest’ultima sostituto processuale dell’avvocato (OMISSIS), che sanno concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito per il ricorrente (OMISSIS) l’avvocato (OMISSIS), che si associava alle conclusioni del Procuratore generale e insisteva nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 24 luglio 2018, il G.U.P. del Tribunale di Catanzaro, nell’ambito di un articolato procedimento penale avente ad oggetto il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 (capo A), numerosi episodi del reato, tentato e consumato, previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 (capi da B a X), oltre che i reati ex articolo 648 c.p. e L. n. 895 del 1967, articoli 2, 4 e 7 (capi Z, Z1, Z2, Z3 te Z4), affermava la responsabilita’ penale dei seguenti imputati, nei termini innanzi descritti (e per quanto in questa sede rileva):
1) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 20 anni di reclusione, in quanto ritenuto promotore dell’associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 (capo A), nonche’ colpevole di due episodi del reato, consumato e tentato, previsto dall’articolo 73 Decreto del Presidente della Repubblica cit. (capi D ed E);
2) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 14o’ anni e 8 mesi di reclusione, in quanto ritenuto partecipe dell’associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 (capo A), nonche’ colpevole di due episodi del reato, consumato e tentato, previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 73 (capi D ed E);
3) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 9 anni di reclusione ed Euro 60.000 di multa, in quanto ritenuto colpevole dei reati di cui ai capi I e Il, aventi ad oggetto due distinti episodi di detenzione illecita distupefaceriti;
4) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 4 anni di reclusione ed Euro 40.000 di multa, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui al capo M, – avente ad oggetto il reato aggravato di cui all’articolo 56 c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73.
5) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 9 anni di reclusione ed Euro 90.000 di multa, in quanto ritenuto colpevole dei reati di cui ai capi H e H1, aventi ad oggetto due distinti episodi di cessioni di cocaina, rispetto ai quali veniva esclusa l’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 80;
6) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 9 anni di reclusione ed Euro 90.000 di multa, in quanto ritenuto colpevole dei reati di cui ai capi H e H1, aventi ad oggetto due distinti episodi di cessioni di cocaina, rispetto, ai quali veniva esclusa l’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 80;
7) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 12 anni di reclusione, in quanto ritenuto organizzatore dell’associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 74 (capo A), e colpevole del capo E, avente ad oggetto il reato di cui all’articolo 56 c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73;
8) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 9 anni di reclusione e 32.000 Euro di multa, in quanto ritenuto colpevole, esclusa l’aggravante di cui all’articolo 416 bis.1 c.p., del reato contestato al capo D, avente a oggetto il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica cit., articoli 73 e 80, contestatogli per avere concorso in un’importazione di cocaina dalla Colombia;
9) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 7 anni, 6 mesi di reclusione ed Euro 25.000 di multa, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui al capo U, avente ad oggetto un tentativo di cessione di 100 chili di cocaina, rispetto al quale veniva esclusa l’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80;
10) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 20 anni di reclusione, in quante ritenuto promotore dell’associazione ex Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 74 contestata al capo A, nonche’ colpevole di due episodi del reato, consumato e tentato, previsto dall’articolo 73 Decreto del Presidente della Repubblica cit. (capi D ed E);
11) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 17 anni di reclusione, in quanto ritenuto promotore dell’associazione ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 (capo A) e colpevole dei capi E) ed L2, aventi ad oggetto vari episodi della fattispecie, tentata e consumata; di cui al Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 73;
12) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 12 anni di reclusione, in quanto ritenuto partecipe dell’associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 74 (capo A) e colpevole dei capi G), H), H1) e W), aventi ad oggetto vari episodi del reato, tentato e consumato, ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73;
13) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 12 anni di reclusione, in quanto ritenuto promotore dell’associazione ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 (capo A) e colpevole dei capi D, E), F), I) e I1), aventi ad oggetto vari episodi della fattispecie, tentata e consumata, ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73;
14) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 20 anni di reclusione, in quanto ritenuto promotore dell’associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 contestata al capo A, nonche’ colpevole di due episodi del reato, consumato e tentato, previsto dall’articolo 73 del medesimo decreto (capi D ed E);
15) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 6 anni, 4 mesi di reclusione ed Euro 44.000 di multa, in quanto ritenuto colpevole dei reati di cui ai capi I ed I1, aventi ad oggetto due distinti episodi di detenzione illecita di stupefacenti;
16) (OMISSIS) veniva condannata alla pena di 8 anni di reclusione ed Euro 60.000 di multa, In quanto ritenuta colpevole dei reati di cui ai capi D, E, L, L1, W, aventi ad oggetto distinti episodi del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, nonche’ del capo Z2, riguardante le condotte di detenzione. illegale e di trasporto di una pistola, arma comune da sparo;
17) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 12 anni e 2 mesi di reclusione, in quanto ritenuto partecipe dell’associazione ex Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 74 (capo A) e colpevole del reato di cui al capo F), avente ad oggetto il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 56, 73 e 80, contestato rispetto a un tentativo di importazione di un ingente quantitativo di cocaina dalla Colombia.
18) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 20 anni di reclusione, in quanto ritenuto promotore dell’associazione ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 contestata al capo A, nonche’ colpevole dei capi D, E e T, aventi ad oggetto i reati di importazione, consumata e tentata, e acquisto di sostanze stupefacenti di tipo cocaina e hashish;
19) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 8 anni, 4 mesi di reclusione ed Euro 60.000 di multa, in quanto ritenuto colpevole dei reati di cui ai capi G e X, aventi ad oggetto singoli episodi del reato, tentato e consumato, di cui all’articolo 73 Decreto del Presidente della Repubblica cit.;
20) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 10 anni di reclusione, in quanto ritenuto partecipe dell’associazione ex Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 74 (capo A) e colpevole dei reati di cui ai capi D, E, L, L1, P3, aventi ad oggetto i reati tentati o consumati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, nonche’ dei capi Z2 e Z3, relativi ai reati ex L. n. 895 del 1967, articoli 2, 4 e 7;
21) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 20 anni di reclusione, in quanto ritenuto promotore dell’associazione ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 (capo A) e colpevole dei reati di cui ai capi B, C, D, E, G, H, H1, L, L1, L2, M, O, O1, O2, P, P1, P2, P3, P4, T, U, V, W, aventi ad oggetto i reati tentati e consumati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, nonche’ dei capi Z e Z4, riguardanti i reati ex articolo 648 c.p. e L. n. 895 del 1967, articoli 2, 4 e 7;
22) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 7 anni, 6 mesi di reclusione ed Euro 25.000 di multa, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui al capo V, avente ad oggetto un episodio di detenzione illecita di 2 chilogrammi di cocaina;
23) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 10 anni, 6 mesi di reclusione ed Euro 37.000 di multa, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui al capo E, avente ad oggetto il reato ex articolo 56 e 73 del Decreto del Presidente della Repubblica cit.;
24) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 7 anni, 4 mesi di reclusione ed Euro 80.000 di multa, in quanto ritenuto colpevole dei reati di cui ai capi M, Q1, Q2, R ed S, aventi ad oggetto il reato, tentato o consumato, previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73;
25) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 12 anni e 2 mesi di reclusione, in quanto ritenuto partecipe dell’associazione ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 (capo A, cosi’ riqualificata la veste di organizzatore originariamente ascrittagli) e colpevole del reato di cui al capo F, avente ad oggetto il reato di cui all’articolo articolo 56 c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 73 e 80, contestato rispetto a un tentativo di importazione di un ingente quantitativo di cocaina dalla Colombia.
26) (OMISSIS) veniva condannato alla pena di 20 anni di reclusione, in quanto ritenuto promotore dell’associazione ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 (capo A) e colpevole dei reati di cui al capi F, I e I1, aventi ad oggetto distinti episodi, consumati e tentati, del reato ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73;
27) (OMISSIS) veniva condannata alla pena di 8 anni di reclusione, in quanto ritenuta partecipe dell’associazione ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 (capo A) e colpevole dei reati di cui ai capi D, E e P4, aventi ad oggetto distinti episodi del reato, consumato e tentato, ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73.
I reati per cui si e’ proceduto si assumono commessi in Vibo Valentia, oltre nei Comuni di Rosarno, Lamezia Terme, Cosenza, Mesoraca, Falerna, Mileto e nel resto del territorio nazionale, nonche’ in Colombia, Spagna, Svizzera e Olanda, in un arco temporale compreso tra l'(OMISSIS).
2. Con sentenza del 26 novembre 2019, la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della decisione del G.U.P., rendeva le seguenti statuizioni:
– quanto ad (OMISSIS), rideterminava la pena in 18 anni di reclusione, previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti in bilanciamento;
– quanto a (OMISSIS), rideterminava la pena in 9 anni di reclusione, previo riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti in bilanciamento;
– quanto a (OMISSIS), su concordato delle parti, rideterminava la pena in 5 anni di reclusione e 36.000 Euro di multa, esclusa l’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80 comma 2 e previo riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti sulla residua aggravante ex articolo 112 c.p., comma 1, n. 1;
– quanto a (OMISSIS), rideterminava la pena in 2 anni, 4 mesi di reclusione ed Euro 20.000 di multa, esclusa l’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80 e previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alla residua aggravante in bilanciamento;
– quanto ad (OMISSIS), su concordato delle parti, rideterminava la pena in 5 anni di reclusione e 24.000 Euro di multa;
– quanto a (OMISSIS), su concordato delle parti, rideterminava la pena in 5 anni di reclusione e 24.000 Euro di multa;
– quanto a (OMISSIS), previa assoluzione dal reato ascrittogli al capo A per non aver commesso il fatto, e previa esclusione dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, rideterminava la pena, in ordine alla residua imputazione di cui al capo E, in 4 anni, 5 mesi, 10 giorni di reclusione e 26.667 Euro di multa; dichiarava poi la nullita’ della sentenza limitatamente al capo Z1, disponendosi, la trasmissione degli atti al giudice di primo grado rispetto a tale imputazione; – quanto a (OMISSIS), rideterminava la pena in 6 anni, 8 mesi di reclusione ed Euro 32.000 di multa;
– quanto a (OMISSIS), su concordato delle parti, rideterminava la pena in 4 anni, 8 mesi di reclusione e 16.000 Euro di multa, previo riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante ex articolo 112 c.p., comma 1, n. 1;
– quanto a (OMISSIS), rideterminava la pena in 18 anni di reclusione, previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti in bilanciamento;
– quanto a (OMISSIS), qualificata la condotta di organizzatore in quella di partecipe del sodalizio di cui al capo A, esclusa la recidiva semplice ritenuta dal primo giudice, rideterminava la pena in 9 anni e 6 mesi di reclusione;
– quanto a (OMISSIS), previa declaratoria di non doversi precedere in ordine al capo H1 per precedente giudicato, previa assoluzione dal reato di cui al capo W perche’ il fatto non sussiste ed esclusa l’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, comma 2 contestata rispetto al capo G, rispetto al quale era stata gia’ esclusa l’aggravante di cui alla L. n. 146 del 2006, articolo 4, rideterminava la pena a. suo carico, riconosciuta altresi’ la continuazione con il reato giudicato dal G.U.P. di Termini Imerese con sentenza de’ 2 marzo 2016, (irrevocabile il 5 luglio 2017) in complessivi 8 anni e 10 mesi di reclusione; – quanto a (OMISSIS), previa assoluzione dai reati di cui ai capi A, E, F, I e Il per non aver commesso il fatto, rideterminava la pena a suo carico, per il residuo capo D; in 6 anni, 8 mesi di reclusione e 32.000 Euro di multa;
– quanto a (OMISSIS), rideterminava la pena in 18 anni di reclusior e, previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti in bilanciamento;
– quanto a (OMISSIS), su concordato delle parti, rideterminava la pena in 3 anni, 6 mesi di reclusione e,24.000 Euro di multa, esclusa l’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80 e previo riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti sulla residua aggravante ex articolo 112 c.p., comma 1, n. 1;
– quanto alla (OMISSIS), rideterminava la pena in 4 anni, 2 mesi di reclusione e 26.000 Euro di multa;
– quanto a (OMISSIS), riconosciute le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti in bilanciamento, rideterminava la pena in 7 anni, 3 mesi e 3 giorni di reclusione;
– quanto a (OMISSIS), esclusa la contestata recidiva, rideterminava la pena in 18 anni e 2 mesi di reclusione;
– quanto a (OMISSIS), su concordato delle parti, esclusa l’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, comma 2 contestata rispetto al capo G, rispetto al quale era stata gia’ esclusa l’aggravante di cui alla L. n. 146 del 2006, articolo 4, e riconosciute le attenuanti generiche prevalenti sulla residua aggravante, rideterminava la pena in 4 anni, 4 mesi di reclusione e 11.555 Euro di multa;
– quanto a (OMISSIS), rideterminava la pena in 9 anni di reclusione;
– quanto a (OMISSIS), esclusa la recidiva e riconosciute le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti in bilanciamento, rideterminava la pena in 15 anni di reclusione;
– quanto a (OMISSIS), rideterminava la pena’ in 4 anni, 4 mesi di reclusione e 24.000 Euro di multa;
– quanto a (OMISSIS), esclusa l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, rideterminava la pena in 6 anni, 8 mesi di reclusione e 32.000 Euro di multa;
– quanto a (OMISSIS), su concordato delle parti, rideterminava la pena in 4 anni, 2 mesi, 20 giorni di reclusione e 26.000 Euro di multa;
– quanto a (OMISSIS), esclusa la contestata recidiva, riconosciute le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti in bilanciamento, rideterminava la pena in 7 anni, 3 mesi e 3 giorni di reclusione;
– quanto a (OMISSIS), lo assolveva dai reati ascritti ai capi I e Il per non aver commesso il fatto e, riqualificata la condotta di organizzatore del sodalizio di cui al capo A in quella di partecipe, rideterminava la pena a suo carico in anni 11, mesi 1 e giorni 10 di reclusione;
– quanto alla (OMISSIS), rideterminava la pena in anni 3 e mesi 8 di reclusione;
2. Avverso la sentenza della Corte di appello calabrese, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), Cubi, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), tramite i rispettivi difensori di fiducia, hanno proposto ricorso per cassazione.
2.1. (OMISSIS) ha sollevato quattro motivi.
Con il primo, oggetto di doglianza e’ il giudizio di colpevolezza del Imputato rispetto al capo E, in ordine al quale si osserva che il fatto contestato non e’ idoneo a raggiungere la soglia del tentativo punibile, in quanto non e’ stato perfezionato neanche un aspetto della presunta importazione di stupefacente.
In realta’ non fu raggiunto un accordo tra i colombiani e i calabresi, non essendosi mai giunti a un punto fermo e definitivo sulla quantita’ della droga da spedire, sul prezzo della stessa, sul punto di partenza in Sudamerica e sul porto di arrivo In Italia del presunto secondo carico, oltre che sulle modalita’ del trasporto, cio’ a riprova dello stato piu’ che embrionale della trattativa.
In ogni caso, (OMISSIS) non puo’ essere ritenuto organizzatore e finanziatore della presunta importazione di stupefacente, risultando ancorata la partecipazione del ricorrente all’operazione a un unico incontro, il cui contenuto e’ rimasto ignoto, che lo stesso avrebbe avuto con (OMISSIS) e (OMISSIS) il 27 settembre 2015, a ridosso della conclusione dell’accordo, il che appare Illogico, non potendo bastare tale circostanza a comprovare la compartecipazione al reato da parte del ricorrente. Peraltro tale incontro sarebbe avvenuto circa 20 giorni prima del presunto accordo, per cui non poteve’ ritenersi ad esso collegato, non assumendo alcun rilievo probatorio i contatti del novembre 2015 e la conversazione registrata il 28 gennaio 2016 a casa della (OMISSIS), in cui (OMISSIS), facendo un riepilogo del denaro gia’ sborsato per l’operazione, avrebbe fatto riferimento anche ad (OMISSIS), non avendo la Corte territoriale tenuto conto delle molte altre conversazioni indicate dalla difesa, che avevano un significato contrario rispetto a tale dialogo.
In realta’, osserva il ricorrente, cio’ che emerge dagli atti e’ solo la richiesta di indennizzo da parte dei colombiani per la cocaina persa con il sequestro presso il porto di Livorno, essendo la consegna di denaro poi avvenuta il 16 dicembre 2015 collegata solo all’esito negativo del primo tentativo di importazione, senza quindi alcun legame con il successivo tentativo di importazione deila droga, risultando la vicenda dell’indennizzo, sul piano logico e strutturale, del tutto sganciata da quella’ relativa al presunto finanziamento della seconda operazione.
Con il secondo motivo, il ricorrente contesta l’affermazione della penale responsabilita’ rispetto al delitto associativo, evidenziando che, a fronte di una contestazione che va dall’ottobre 2014 al gennaio 2017, egli e’ comparse sulla scena solo dal 15 agosto al novembre 2015, dunque per un tempo molto circoscritto, il che mal si concilia con il ruolo di primo piano attribuitogli.
Mancherebbero in ogni caso, secondo la difesa, condotte idonee a comprovare un organico inserimento di (OMISSIS) nella struttura associativa, non risultando a tal fine sufficienti gli episodi descritti ai capi, Do’ed E, rispetto al quali l’intervento del ricorrente e’ avvenuto in un o’ momento successivo all’accordo criminoso, non potendo in ogni caso l’estemporanea messa a disposizione per un singolo episodio essere considerata sintomatica della stabilita’ della partecipazione al sodalizio, non avendo (OMISSIS) mai avuto la consapevolezza di agevolarlo.
Peraltro, sarebbe erronea l’affermazione della Corte territoriale secondo cui il “(OMISSIS)” menzionato nella conversazione del 10 marzo 2015 sia identificabile in (OMISSIS), essendo emerso dagli atti che il porto di Livorno fu scelto come porto di arrivo della cocaina solo a fine giugno 2015, per cui deve escludersi il coinvolgimento del ricorrente nelle fasi precedenti della vicende.
Rispetto al capo D, dunque, il contributo di (OMISSIS), se vi fu, fu episodico, circoscritto e sganciato da una logica associativa, cosi’ come, rispetto al capo E, si osserva che la Corte territoriale ha mancato di confrontarsi con gi specifici rilievi difensivi, volti a smentire le dichiarazioni della collaboratrice di giustizia (OMISSIS) e il tenore della conversazione ambientale del 28 gennaio 2016.
E cio’ senza considerare che, in ogni caso, come precisato dalla giurisprudenza di legittimita’, il compimento di un singolo reato fine non puo’ da solo costituire prova dell’appartenenza all’associazione ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74.
Con il terzo motivo, la difesa censura la valutazione sulla configurabilita’ dell’aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 rispetto ai capi A, D ed E, rilevando che la sentenza impugnata non aveva compiuto, alcun accertamento sull’esistenza della sua consapevolezza dell’imputato della funzione agevolatrice dell’associazione mafiosa di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) di (OMISSIS), risolvendosi la motivazione della Corte di appello in un’azzardata presunzione sganciata dalle evidenze processuali e fondata su. un riferimento generico ad asserite cautele adottate dal ricorrente per comunicare con i coimputati, senza che ci fossero contatti diretti, vivendo (OMISSIS) peraltro a Rosarno.
Il quarto motivo e’ dedicato al giudizio sulla sussistenza dell’aggravante di cui alla L. n. 146 del 2006, articolo 4 rispetto ai capi A, D ed E, avendo la Corte territoriale ricavato la transnazionalita’ delle operazioni dal rapporto di (OMISSIS) con lo straniero (OMISSIS) prescindendo da qualsiasi valutazione in ordine all’assenza di qualsiasi accertamento all’estero circa l’esistenza di un gruppo organizzato in forma associativa dedito ad attivita’ illecite a livello internazionale.
Sarebbero state quindi disattese le coordinate interpretative elaborate dalla giurisprudenza di legittimita’ (cfr. Sez. Un. 18374 del 2013, Rv. 255035, ricorrente Adami), secondo cui, ai fini della contestazione dell’aggravante, e’ necessario dimostrare che alla commissione del reato abbia dato il suo contributo un gruppo organizzato in forma associativa dedito ad attivita’ criminali a livello internazionale, per cui l’aggravante in esame, che presuppone l’esistenza di due realta’ organizzative distinte, doveva essere esclusa, non essendo provata ne’ l’esistenza di un gruppo criminale organizzato all’estero, ne’ la consapevolezza in capo ad (OMISSIS) dell’appartenenza di (OMISSIS), unico soggetto straniero con cui si e’ interfacciato a un gruppo criminale straniero.
2.2. (OMISSIS) ha sollevato due motivi.
Con il primo, la difesa contesta il riconoscimento a carico del ricorrente delle aggravanti della transnazionalita’ e dell’ingente quantita’ contestate in relazione al capo E, rispetto alla cui valutazione non sarebbe stata considerata l’assenza di qualsiasi accertamento circa l’esistenza di un gruppo organizzato in forma associativa dedito ad attivita’ illecite a livello internazionale, difettando altresi’ la prova della consapevolezza in capo a (OMISSIS) dell’appartenenza di (OMISSIS), unico soggetto straniero con egli si e’ interfacciato, a un gruppo criminale straniero. A tutto concedere, il ricorrente ha interagito e cooperato con i soli (OMISSIS) e (OMISSIS), per cui allo stesso non potevano essere addebitate le due contestate aggravanti.
Con il secondo motivo, il ricorrente censura il trattamento sanzionatorio, dolendosi in particolare della mancata prevalenza delle attenuanti generiche e del discostamento non motivato della pena dal minimo edittale, oltre che della mancata applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019.
2.3. (OMISSIS) ha sollevato un unico motivo, con cui la difesa contesta la determinazione della pena pecuniaria, osservando che, nella rideterminazione della pena, la Corte di appello avrebbe violato il divieto di reformatio in peius, nei senso che in primo grado la pena pecuniaria base era stata fissata in 80.000 Euro, previo giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e l’aggravante ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 86, che e’ stata tuttavia esclusa in appello, per cui la pena da 80.000 Euro doveva essere ridotta almeno a 40.000 Euro, posto che l’aumento per l’aggravante esclusa e’ almeno della meta’, non essendo dunque corretta la riduzione della pena nella misura operata dalla Corte di 46.000 Euro, dovendo la pena finale essere determinata, in virtu’ dell’aumento per la continuazione fissato in Euro 8.000 e tenuto conto della riduzione di un terzo, in Euro 32.000 (e non 36.000 come stabilito); tale violazione di legge, rileva la difesa, non puo’ ritenersi sanata dal concordato delle parti, e cio’ anche in ragione del fatto che la difesa, nell’accedere al concordato, sarebbe condizionata dall’alternativa del “prendere o lasciare”.
2.4. (OMISSIS), tramite il medesimo difensore, avvocato (OMISSIS), ha proposto due distinti ricorsi; invero tra loro sostanzialmente identici, con i quali sono stati sollevati cinque motivi.
Con il primo, la difesa contesta l’affermazione della responsabilita’ penale dell’imputato, riportando integralmente il passaggio motivazionale della sentenza
impugnata relativo alla posizione del ricorrente (pag. 936-944) ed evidenziando che i giudici di appello hanno mancato di confrontarsi con i rilievi difensivi; volti a rimarcare la circostanza che (OMISSIS) non si trovava in compagnia di Pitittó alle 18.03 del 3 luglio 2015, quando, nei pressi del negozio “Pittarosso” del centro commerciale “(OMISSIS)” di (OMISSIS), e’ avvenuta la telefonata tra questi e il presunto corriere (OMISSIS), finalizzata a concertare le operazioni di trasporto della droga, essendo egli arrivato sul posto per salutare (OMISSIS) solo alle 18.30 dopo che (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) stavano gia’ discutendo da oltre mezz’ora, per cui il coinvolgimento dell’imputato non poteva ritenersi provato, avendo egli partecipato solo agli ultimi 10 minuti di un incontro durato 40 minuti, fermo restando che i contenuti di quell’incontro sono rimasti indimostrati.
Del tutto inconferente sarebbe poi la circostanza, riferita dalla collaboratrice di giustizia (OMISSIS), secondo cui (OMISSIS) era solito organizzare incontri per la cessione di stupefacente presso il negozio “(OMISSIS)”, risultando in ogni caso il tempo di permanenza di (OMISSIS) all’incontro compatibile con convenevoli e presentazioni occasionali e non con la stipula di complessi accordi relativi a trattative illecite. Sarebbe stata inoltre pretermessa nella sentenza impugnata la circostanza della mancata segnalazione della presenza di (OMISSIS) all’appuntamento di domenica (OMISSIS) a (OMISSIS) presso il Circolo “(OMISSIS)” di via (OMISSIS). Quanto poi alla conversazione relativa all’intercettazione ambientale del 6 luglio 2015 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), si evidenzia che il riferimento di (OMISSIS) all’incontro del 3 luglio 2015 era assolutamente neutro rispetto alla descrizione del contributo di (OMISSIS).
Con il secondo motivo, il ricorrente contesta la violazione dell’articolo 56 c.p., commi 3 e 4, in ordine al mancato e immotivato riconoscimento della desistenza volontaria o del recesso attivo, rilevandosi che l’evento criminoso non si e’ verificato nemmeno nelle forme del tentativo per volonta’ del presunto corriere (OMISSIS) e del non meglio identificato soggetto crotonese che non rispondeva alle telefonate di (OMISSIS), il quale ha in tal modo desistito dal suo proposito criminoso.
L’affare si era dunque spontaneamente fermato alla fase delle trattative preliminari, per cui il fatto doveva ritenersi privo di rilevanza penale.
Con il terzo e il quarto motivo, esposti congiuntamente, oggetto di doglianza sono l’inosservanza degli articolo 192 c.p.p. in tema di valutazione della prova di reita’ e l’apparenza della motivazione della sentenza impugnata, avendo la Corte di appello riprodotto pedissequamente i contenuti della sentenza di primo grado, a sua volta realizzata mediante l’utilizzo della tecnica del copia e incolla di intere pagine dell’ordinanza custodiale, venendo cosi’ omessa la risposta alle puntuali deduzioni difensive formulate con l’atto di appello.
Il quinto motivo e’ dedicato al trattamento sanzionatorio, censurandosi in particolare il diniego delle attenuanti generiche e il mancato contenimento della pena nel minimo edittale, non essendo stati considerati in tal senso i precedenti penali non allarmanti e risalenti dell’imputato e la circostanza che la condotta contestata si sia fermata alla soglia del tentativo.
2.5. (OMISSIS) ha sollevato un unico motivo, con cui la difesa deduce la violazione dell’articolo 69 c.p., articolo 99 c.p., comma 2, n. 1 e 4 e articolo 599 bis c.p.p., osservando che la Corte di appello avrebbe dovuto escludere la recidiva e non operare alcun giudizio di equivalenza con le riconosciute attenuanti generiche, avendo le parti erroneamente ritenuto operante la recidiva.
2.6. (OMISSIS) ha sollevato un unico motivo, con cui la difesa deduce la violazione dell’articolo 69 c.p., articolo 99 c.p., comma 2, n. 1 e 4 e articolo 599 bis c.p.p., osservando che la Corte di appello avrebbe dovuto escludere la recidiva e non operare alcun giudizio di equivalenza con le riconosciute attenuanti generiche, avendo le parti erroneamente ritenuto operante la recidiva.
2.7. (OMISSIS) ha sollevato quattro motivi.
Con il primo, la difesa contesta l’affermazione della penale responsabilita’ dell’imputato, evidenziando che la o’ stessa e’ stata fondata su elementi indiziari scarni e tutt’altro che univoci, ovvero l’aver messo a disposizione un appartamento e la sua postepay, non potendo da cio’ ricavarsi alcun contributo al tentativo di importazione di sostanza stupefacente dalla Colombia, essendosi peraltro fermata la trattativa a una fase embrionale, non risultando raggiunto alcun accordo sulla qualita’ e quantita’ dello stupefacente, sul prezzo e sulle modalita’ di consegna. (OMISSIS) peraltro e’ comparso sulla scena solo dal 1 al 5 dicembre 2015, per cui, pur a volere ritenere raggiunto l’accordo tra calabresi e colombiani, in alcun modo l’imputato potrebbe essere ritenuto concorrente nel reato, non potendo essere ancorata la partecipazione del ricorrente all’unico incontro che egli avrebbe avuto il 1 dicembre 2015 con (OMISSIS) e (OMISSIS), suo datore di lavoro, mancando la prova della consapevolezza da parte di (OMISSIS) dei traffici illeciti gestiti da (OMISSIS). Dagli atti processuali emerge che tutt’al piu’ (OMISSIS) si e’ messo a disposizione non del gruppo, di cui ignorava l’esistenza, ma solo del datore di lavoro (OMISSIS), temporeggiando dal trasferirsi nell’appartamento sito in (OMISSIS) e agevolando il proprio datore di lavoro, evitandogli di spendere soldi per alberghi, consentendo in tal modo al colombiano, creduto, per come riferitogli da (OMISSIS), nuovo operaio della ditta, di dimorare in tale abitazione durante il soggiorno nel Milanese. Dunque, come si evince dalle intercettazioni, (OMISSIS) era convinto che (OMISSIS) fosse un nuovo collega di lavoro, avendo agito il’ricorrente solo per timore reverenziale nei confronti del datore di lavoro, ma restando all’oscuro di eventuali traffici illeciti.
Con il secondo motivo, viene dedotta la mancata corrispondenza tra il contenuto delle intercettazioni (file audio) e le trascrizioni effettuate dalla P.G., rilevandosi che dall’ascolto meticoloso dei files audio contenenti le registrazioni vocale e’ emerso che su 19 conversazioni in cui dovrebbe essere captata la voce dell’imputato, questi appare in realta’ solo in 3 intercettazioni, ovvero una del 1 dicembre 2015 (progr. 175) e due del 5 dicembre 2015 (progr. 1956 e 1958). Nonostante tale discrasia sia stata rappresentata alla Corte territoriale, alcuna risposta a tale eccezione si rinviene nella sentenza impugnata.
Con il terzo motivo, il ricorrente censura il giudizio sulla configurabilita’ delle aggravanti della transnazionalita’ e dell’ingente quantita’, rimarcando la mancanza di evidenze circa l’esistenza di un gruppo organizzato in forma associativa dedito ad attivita’ illecite a livello internazionale e circa la consapevolezza da parte di (OMISSIS) dell’appartenenza di l’eludo a un gruppo criminale straniero.
Con il quarto motivo, oggetto di doglianza e’ il trattamento sanzionatorio, dolendosi la difesa del difetto di motivazione in ordine sia alla mancata prevalenza delle attenuanti generiche sulle contestate aggravanti, sia al discostamento della pena dal minimo edittale, sia alla mancata applicazione, nella determinazione della pena base, della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019.
2.8. (OMISSIS) ha sollevato due motivi.
Con il primo, la difesa censura la formulazione del giudizio di colpevolezza dell’imputato, evidenziando che, rispetto alla posizione del ricorrente, si e’ assistito nel corso del procedimento, sia in fase cautelare che in sede di merito, a un progressivo scadimento del sostrato probatorio, essendo egli stato assolto dal reato associativo di cui al capo A e dal reato fine di cui al capo E, essendo residuata la sola contestazione di cui al capo D, in ordine alla quale viene rilevato che parimenti doveva giungersi all’assoluzione di (OMISSIS), esaurendosi la condotta a lui ascritta nel mero trasferimento di una somma di denaro pari a 100.000 Euro dall’Italia al Libano, operazione isolata e non iscrivibile in un quadro stabile e abituale di consapevole collaborazione criminosa verso la struttura associativa. I giudici di merito avrebbero quindi omesso di considerare che, nel mutato scenario risultante dalle assoluzioni del ricorrente, i contatti telefonici di questi con un paio di asseriti correi e l’incontro personale con costoro a Roma erano circostanze non sufficienti al fine di desumere l’adesione dolosa di (OMISSIS) ai traffici illeciti. Non poteva ritenersi provato, in definitiva, che il ricorrente sapesse che il denaro rappresentasse il prezzo di una partita di stupefacenti, essendo intervenuta la sua condotta quando il negozio illecito si era perfezionato gia’ da alcune settimane. La consapevolezza di (OMISSIS) di intervenire in un narcotraffico sarebbe dunque frutto di un assunto astratto, completamente slegato da fatti e prove, non essendosi tenuto conto del fatto che l’imputato e’ comparso sulla scena soltanto il 15 aprile 2015, ovvero quando l’operazione de qua si era ormai conclusa.
Con il secondo motivo, la’ difesa censura il riconoscimento dell’aggravante dell’ingente quantita’, osservando che (OMISSIS) non sapeva nemmeno che la droga trattata fosse cocaina e rilevando che comunque la somma ricevuta, pari a 100.000 Euro, non era certamente rapportabile a un quantitativo di droga superiore a 2 chilogrammi, che rappresenta la soglia minima per ritenere sussistente la contestata aggravante, per cui quest’ultima non era configurabile.
2.9. (OMISSIS) ha sollevato un unico motivo, con cui la difesa lamenta la, violazione dell’articolo 112 c.p., comma 1, n. 1, evidenziando che tale aggravante non poteva essere ritenuta sussistente, atteso che dallo stesso capo di imputazione risulta che a commettere il fatto sarebbero stati solo cinque persone, mentre, ai fini della sussistenza dell’aggravante in esame, occorre che gli autori del reato siano piu’ di cinque, a nulla rilevando che fossero coinvolti altri soggetti di origine colombiana non identificati, essendo costoro responsabili non del contestato tentativo di acquisto di droga, ma del diverso e autonomo reato di tentativo di vendita della stessa.
2.10. (OMISSIS) ha sollevato cinque motivi.
Con il primo, e’ stata censurata la formulazione del giudizio di colpevolezza dell’imputato in ordine alla fattispecie associativa ascrittagli al capo A, rilevandosi che la Corte di appello, piuttosto che indicare gli elementi probatori attestanti l’effettiva partecipazione di (OMISSIS) all’associazione, si sarebbe limitata a effettuare una ricostruzione cronologica dei fatti integranti le contestazioni previste ai capi D ed E e a richiamare alcune conversazioni intercorse tra (OMISSIS) e (OMISSIS), utilizzate per ritenere provati i singoli reati fine ascritti all’imputato.
Sul punto osserva la difesa che se i rapporti tra (OMISSIS) e (OMISSIS) possono in teoria rilevare nell’ottica dei reati-fine, sebbene sia stato equivocato il loro contenuto, tuttavia, ai fini del reato associativo, la sentenza impugnata avrebbe dovuto specificare quale fosse il ruolo in concreto del ricorrente nel sodalizio criminale. Ne’ sarebbe stato spiegato dalla Corte territoriale da dove fosse possibile desumere la consapevolezza da parte di (OMISSIS) che la sua condotta fosse inserita in un contesto associativo, atteso che i dati acquisiti al processo hanno provato la unilateralita’ del suo rapporto con (OMISSIS) e la mancata conoscenza degli altri sodali, oltre che l’assenza di qualsiasi coinvolgimento di (OMISSIS) nella attivita’ di importazione, non essendo stato altresi’ considerato che, in occasione della fibrillazione dei rapporti tra i componenti dell’associazione a segui:o del sequestro dello stupefacente, non e’ emerso alcun contatto tra (OMISSIS) e (OMISSIS) o altri sodali, tale da legittimare un coinvolgimento del primo nell’organizzazione.
Con il secondo motivo, il ricorrente, sempre rispetto al capo A della rubrica, si duole dell’omessa valutazione da parte della sentenza impugnata delle prove a discarico e dei rilievi sollevati dalla difesa nell’atto di appello, rilevando che la Corte di appello si e’ limitata a recepire acriticamente le argomentazioni della decisione del G.U.P., senza confrontarsi con le specifiche deduzioni difensive.
In particolare, la sentenza impugnata, nell’attribuire a (OMISSIS) il ruolo di soggetto organizzatore e finanziatore, avrebbe omesso di considerare che la figura del ricorrente non e’ mai comparsa nelle indagini della P.G. sviluppatesi nel 2014, il che dimostra che durante tutte le fasi organizzative del traffico illecito, culminate con l’arrivo in Italia del colombiano (OMISSIS), (OMISSIS) non e’ stato mai interessato da alcuno, per cui alcuna veste operativa gli poteva essere riconosciuta
Parimenti ignorata sarebbe rimasta inoltre la circostanza che (OMISSIS), reo confesso, ha negato il coinvolgimento di (OMISSIS) nell’organizzazione dell’affare illecito, giustificandosi i contatti tra i due con una sua patologica situazione di indebitamento che lo aveva costretto a chiedere prestiti a (OMISSIS) a piu’ riprese.
Tale ricostruzione era peraltro perfettamente coerente con le dichiarazioni di (OMISSIS), amante di (OMISSIS), dichiarazioni parimenti ignorate. Inoltre, si sottolinea che dalle conversazioni riportate nella sentenza impugnata non sarebbe possibile ritenere che (OMISSIS) abbia versato a (OMISSIS) delle somme di denaro per finanziare l’attivita’ di narcotraffico portata avanti da quest’ultimo.
Ed invero, rispetto al progr. n. 1973 del 1 aprile 2015, si evidenzia che il soggetto interlocutore di (OMISSIS) non e’ (OMISSIS), avendo altresi’ il consulente tecnico rilevato per gran parte delle conversazioni una percentuale altissima di frasi Incomprensibili, mentre per molti dialoghi l’interpretazione fornita dalla Corte di appello e’ del tutto erronea, come ad esempio in ordine alla conversazione del 27 marzo 2015, non essendo affatto provato o plausibile che la frase di (OMISSIS) ” (OMISSIS) non ce li da’ che non ne ha” fosse riferibile a una richiesta di denaro, per di piu’ legata all’acquisto di stupefacenti; ulteriore errore interpretativo sarebbe inoltre ravvisabile rispetto alla conversazione del 7 aprile 2015, non essendosi la Corte territoriale avveduta che (OMISSIS) aveva fatto espresso riferimento alla stipula di un compromesso da intendersi chiaramente come atto
di compravendita di un terreno, accordandosi con (OMISSIS) di farne “uno il 14”, non potendosi tale accordo essere posto in relazione con il traffico degli stupefacenti e in particolare con il viaggio di (OMISSIS) e (OMISSIS) a (OMISSIS), indicato come il momento della consegna del denaro al referente colombiano.
Ne’ puo’ essere ritenuta corretta l’identificazione con il ricorrente del “Filippo” cui fa riferimento (OMISSIS) nella conversazione del 28 gennaio 2016 elencando le
persone che hanno contribuito al finanziamento dell’affare, evincendosi dalla – ordinanza cautelare relativa al parallelo procedimento denominato “Stammer 2″, acquisita nel giudizio di primo grado, l’esistenza di altri soggetti chiamati nelle intercettazioni ” (OMISSIS)” o “don (OMISSIS)”, come (OMISSIS).
In ogni caso, viene ribadito che (OMISSIS) non ha avuto incontri ne’ con (OMISSIS), ne’ con (OMISSIS), ne’ con (OMISSIS), con cui il ricorrente non ha mai parlato di stupefacenti. La sentenza impugnata non avrebbe quindi fornito alcuna risposta agli argomenti difensivi che, se valutati, avrebbe potuto portare a un esito senz’altro diverso.
Con il terzo motivo, oggetto di doglianza e’ l’affermazione della penale responsabilita’ dell’imputato rispetto al capo D della rubrica, evidenziandosi che la Corte di appello, pur condividendo il rilievo difensivo circa le lacune motivazionali della sentenza di primo grado, non e’ riuscita a colmarle, limitandosi a mettere in relazione taluni incontri tra (OMISSIS) e (OMISSIS) con la Compravendita di stupefacenti dalla Colombia, solo in ragione del fatto che gli stessi, dal punto di vista temporale, erano vicini alle trattative con il cartello colombiano, ma mettendo di considerare che (OMISSIS), in diverse occasioni in cui si recava a (OMISSIS), non riusciva a incontrare (OMISSIS) proprio per volonta’ di quest’ultimo, cio’ a riprova della sua mancanza di interesse rispetto alle iniziative di (OMISSIS).
E del resto, (OMISSIS), in cio’ riscontrato dalla (OMISSIS), ha confermato di avere con (OMISSIS) interessi in comune in ambiti diversi, come ad esempio quelli della pastorizia, della lavorazione di prodotti caseari e della compravendita li terreni, circostanza quest’ultima confermata dal tenore della conversazione di cui al progr. 1972 del 1 aprile 2015, conversazione ignorata dalla Corte di appello. Rispetto al capo D, la difesa si duole inoltre del riconoscimento delle contestate aggravanti, rilevando, in ordine all’aggravante della transnazionalita’, che nel caso di specie non risultano provati ne’ il contributo del gruppo di carattere transnazionale, ne’ la consapevolezza da parte di (OMISSIS) dell’interessamento del gruppo colombiano, non avendo l’imputato avuto alcun rapporto con costoro. Quanto all’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, si oletta che la condanna del ricorrente nell’ambito dell’operazione “(OMISSIS)” ha accertato la sussistenza della cosca (OMISSIS) solo fino al 2005, mancando un accertamento giudiziario successivo dell’eventuale permanenza del reato associativo.
La Corte’ territoriale non avrebbe spiegato inoltre per quale delle associazioni citate sia stato asseritamente commesso il reato-fine, posto che nel capo di imputazione sono menzionate tre diverse famiglie di âEuroËœndrangheta, di una sola delle quali poteva tutt’al piu’ far parte (OMISSIS), a cio’ aggiungendosi che, in ogni caso, (OMISSIS) e’ risultato estraneo a qualsivoglia ambiente criminoso locale, posto che egli, dopo aver scontato la pena, e’ stato sottoposto fino al gennaio 2015 alla sorveglianza speciale, per essere sottoposto poi alla liberta’ vigilata, misura questa cessata anticipatamente, essendo stata ritenuta cessata la sua pericolosita’ sociale con decisione del magistrato di sorveglianza del giugno 2016.
Con il quarto motivo, e’ stato contestato il giudizio di colpevolezza riferito al capo E della rubrica, riproponendosi anche rispetto a tale imputazione le lacune argomentative gia’ dedotte rispetto all’imputazione di cui al capo D, atteso che la responsabilita’ di (OMISSIS) e’ stata fondata sul suo rapporto con (OMISSIS), rapporto che tuttavia aveva come detto una sua giustificazione autonoma e lecita, essendo i due legati peraltro da un’amicizia pluridecennale, oltre che da interessi lavorativi comuni del tutto avulsi dal traffico di droga, ree’andosi (OMISSIS) quasi quotidianamente da (OMISSIS) per ottenere in prestito modiche somme di denaro.
Anche in ordine al capo E doveva quindi essere escluso il coinvolgimento di (OMISSIS), il quale peraltro non si e’ mal Interessato di reperire un alloggio per (OMISSIS), ne’ ha fornito alcun contributo alle trattative per l’importazione della cocaina.
Parimenti insussistenti e comunque non ascrivibili a (OMISSIS) dovevano poi ritenersi le aggravanti della transnazionalita’, dell’agevolazione mafiosa e dell’ingente quantita’, rilevandosi a tal proposito che non vi e’ stato alcun accertamento circa l’entita’ dello stupefacente oggetto di trattativa, desunto unicamente dai dialoghi intercettati, a loro volta frutto di interpretazioni del tutto parziali e arbitrarie.
Il quinto motivo e’ dedicato alla statuizione della confisca, evidenziandosi al riguardo che la stessa sarebbe nulla perche’ del tutto priva di motivazione.
Sono stati invero confiscati dei terreni siti in (OMISSIS) intestati a (OMISSIS), moglie del ricorrente, in base alla presunzione della disponibilita’ di tali beni in capo al ricorrente, pur non operando in proposito la regola probatoria della’ presunzione, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimita’ (tra le tante, e’ stata citata la pronuncia Sez. 6, n. 42717 del 5/11/2010, Rv. 248929, ricorrente Noviello). Peraltro, l’acquisto dei terreni risulta avvenuto il 1 aprile 2014, dunque ben prima del compimento della condotta illecita da parte. di (OMISSIS), risalente al 2015, per cui risulterebbe violato il canone della “ragionevolezza temporale” tra confisca e reati evocato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 33 del 2018, fermo restando che, se la cocaina e’ stata sequestrata prima della sua immissione sul mercato illecito, e’ chiaro che la stessa non ha procurato alcun guadagno al sodalizio. La difesa lamenta inoltre l’omessa considerazione degli elaborati peritali dei dottori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), da cui e’ emerso che, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata, la complessa attivita’ di ricostruzione dei redditi ha consentito di accertare una costante capacita’ reddituale della (OMISSIS) ben superiore alle uscite contabilizzate, a cio’ aggiungendosi che l’esborso per l’acquirente e’ stato di 66.000 Euro e non di 80.000, come ipotizzato dalla D.D.A.. Inoltre, e’ stata dedotta la violazione della L. n. 203 del 1991, articolo 12 sexies, essendo stato erroneamente calcolato il reddito derivante dall’azienda agricola della (OMISSIS), in rapporto al regime fiscale previsto dal TUIR, essendo state inoltre escluse le potenzialita’ reddituali dei fondi agricoli dell’impresa, ricostruite nella consulenza della difesa o’ con un rigoroso metodo scientifico e normativo, che ha tenuto conto dei contributi erogati dall’Agea e dei redditi percepiti sin dal 1990.
Sono state poi censurate le modalita’ di calcolo della sperequazione, la erronea valutazione delle fonti di reddito e l’utilizzo dei dati Istat, rilevandosi che il calcolo della sperequazione dei beni rispetto al reddito e’ stato individuato nei dati Istat relativi alla spesa familiare media, senza considerare che i rilevamenti Istat servono per definizione a esaminare i comportamenti di spesa familiare e non a determinare l’entita’ della spesa di ogni singolo soggetto, venendo dunque in rilievo una fonte informativa idonea a descrivere i comportamenti di spesa familiare e non un elemento certo riferibile soggettivamente, violando l’utilizzo del dato statistico i principi codificati dagli articoli 27 e 42 Cost., risolvendosi tale metodo nell’applicazione di un’espropriazione sine titulo e nell’attribuzione a un soggetto di un comportamento di rilevanza penale fondato su condotte altrui. La corretta metodologia di accertamento e’ invece quella prevista dal TUIR che prevede un accertamento reddituale soggettivamente orientato, attraverso varie tipologie di analisi, consistenti: nell’accertamento analitico (Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 38, 39 e 40 in tema di imposte dirette e Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articoli 54 e 54 bis in tema di Iva), nell’accertamento sintetico (Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 38, commi 3 e 5), nell’atcertamento induttivo (Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, comma 2 in tema di imposte dirette e Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 55 in tema di Iva) e nell’accertamento analitico-induttivo (L. n. 146 del 1998, articolo 10). La Corte di appello avrebbe dunque proceduto a un’analisi parziale dei dati disponibili, non considerando i redditi percepiti e le provviste esistenti negli anni precedenti, e non provvedendo alla necessaria verifica dei redditi “anno per anno”.
Peraltro, dagli accertamenti fiscali relativi al 2015, allegati alla seconda consulenza di parte risulta che l’Agenzia delle Entrate, al fine di determinare i redditi complessivi della (OMISSIS), ha fatto espresso riferimento, come la difesa, in luogo del reddito catastale, al valore della produzione, che rappresenta l’entita’ dei ricavi che costituisce la base imponibile per la determinazione delle imposte.
Con memoria depositata il 24 agosto 2021, e’ stato sollevato un motivo nuovo, con il quale la difesa, con riferimento all’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 della, ha segnalato che con la allegata sentenza del 15 giugno 2020, definitiva in parte qua, il Tribunale di Vibo. Valentia ha escluso nel parallelo
giudizio ordinario la sussistenza della predetta aggravante, con motivazione tranciante rispetto alla posizione del ricorrente non e’ provata l’esistenza del sodalizio âEuroËœndrangheta in cui favore gli accoliti avrebbero agito, ne’ ovviamente la relativa finalizzazione, per cui si sollecita anche in questa sede l’esclusione dell’aggravante in esame, anche al fine di evitare un contrasto tra giudicati.
2.11. (OMISSIS) ha sollevato cinque motivi.
Con il primo, e’ stata censurata la formulazione del giudizio di colpevolezza dell’imputato in ordine alla fattispecie associativa ascrittagli al capo A;
rilevandosi che dalla sporadica e occasionale comparsa sulla scena del ricorrente non poteva trarsi la conclusione della sua stabile partecipazione al sodalizio criminoso. Si osserva inoltre che la circostanza del presunto incontro di (OMISSIS) il 2 maggio 2015.
con (OMISSIS) e (OMISSIS) risulta assolutamente sconfessata dalla lettura del brogliaccio del progr. 2818 Rit 49/15, da cui si evince che (OMISSIS) prendeva appuntamento con altra persona e non (OMISSIS) e che (OMISSIS) e (OMISSIS) alle 20.41 sono scesi dall’auto, il che significa non solo che non vi fu nessun incontro con (OMISSIS), ma anche che quest’ultimo non aveva recuperato nessuno con la propria auto, in quanto i due erano ancora a bordo della Golf in uso a (OMISSIS). Quanto al presunto coinvolgimento di (OMISSIS) da parte di (OMISSIS) nelle ricerche di (OMISSIS), si obietta che se il ricorrente fosse stato davvero uno dei soggetti della struttura associativa, la notizia della scomparsa. di (OMISSIS) e quella del suo successivo ritrovamento gli sarebbero state comunicate in tempo reale, ma cosi’ non e’ avvenuto, essendo stato (OMISSIS) informato da (OMISSIS) incidentalmente, nel contesto peraltro di un dialogo sganciato dalle dinamiche associative. Parimenti erroneo sarebbe inoltre l’assunto relativo alla partecipazione di (OMISSIS) al summit all'”(OMISSIS)”, dove l’imputato si recava per ragioni personali, ovvero per risolvere una delicata questione lavorativa con tale (OMISSIS), persona non identificata e comunque non coinvolta nei traffici illeciti.
Quanto alle dichiarazioni della collaboratrice di giustizia (OMISSIS), si rileva come la stessa non si sia mostrata sicura del coinvolgimento di (OMISSIS) nel narcotraffico, esprimendo la stessa deduzioni personali prive di pregnanza indiziaria. Oltre che la partecipazione del ricorrente al sodalizio, la difesa contesta altresi’ il giudizio sulla configurabilita’ della contestata aggravante di cui alla L. n. 146 del 2006, articolo 4, non ravvisandosi il presupposto richiesto dalla giurisprudenza di legittimita’ (il riferimento e’ alla sentenza delle Sezioni Unite n. 18374 del 2013), ovvero che il gruppo criminale organizzato non coincida con l’associazione stessa, il che e’ invece esattamente cio’ che e’ accaduto nel caso di specie.
Con il secondo motivo, il ricorrente si duole dell’affermazione della sua penale responsabilita’ rispetto al delitto di cui al capo E, osservando che l’unico elemento a suo carico per tale imputazione sarebbe rappresentato dalla riunione tenutasi il 21 dicembre 2015 presso il ristorante “l'(OMISSIS)”, riunione alla quale non e’ tuttavia provato che abbia partecipato (OMISSIS), essendovi in atti solo due intercettazioni (progr. 9012 e 52338) da cui si evince l’esistenza di un incontro cui doveva partecipare anche tale ” (OMISSIS)”, il che induce a ritenere che tale incontro avesse finalita’ lecite, apparendo del resto singolare la circostanza che la trattativa per l’importazione della cocaina, partita subito dopo il sequestro di (OMISSIS), registri la presenza di un soggetto, definito “finanziatore”, che sarebbe coinvolto solo 4 mesi dopo la riorganizzazione del sodalizio, a cio’ aggiungendosi il rilievo che la collaboratrice (OMISSIS) ha escluso qualsivoglia coinvolgimento di (OMISSIS) nell’affare, che ella stessa ha definito una “faccenda grossa”. A essere censurato e’ inoltre il giudizio sulla sussistenza delle tre aggravanti contestate, cio’ in base ai seguenti rilievi: 1) quanto all’ingente quantita’, non vi e’ stato alcun accertamento in ordine alla entita’ dello stupefacente oggetto di trattava, desunto unicamente dal compendio intercettivo; 2) quanto all’agevolazione da parte di (OMISSIS) delle cosche di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), vi sarebbe un silenzio argomentativo, soprattutto con riferimento all’esistenza dell’elemento soggettivo in capo al ricorrente; infine, 3) quanto all’aggravante della transnazionalita’, si evidenzia che (OMISSIS) ha avuto rapporti esclusivamente con (OMISSIS) e con il figlio, non desumendosi dagli elementi probatori raccolti la consapevolezza da parte del ricorrente circa l’esistenza di un contributo offerto da un gruppo criminale organizzato operante in piu’ Stati..
Con il terzo motivo, oggetto di doglianza e’ il giudizio di colpevolezza riferito al capo L2 della rubrica, non essendosi in proposito considerato che della conversazione captata presso l’abitazione di (OMISSIS) si evince che “(OMISSIS)”, nomignolo con cui viene identificato (OMISSIS), aveva messo a disposizione di (OMISSIS) una somma di denaro esclusivamente per fargli un favore personale, non desumendosi in alcun modo che lo stesso fosse consapevole della destinazione dei soldi dati a (OMISSIS), come confermato dalla collaboratrice (OMISSIS).
Con il quarto motivo, e’ stato contestato il trattamento sanzionatorio, rilevandosi in proposito che la pena base e’ stata determinata in anni 13 e mesi 6 di reclusione, ovvero in misura superiore al minimo edittale, avendo la Corte di appello valorizzato la partecipazione di (OMISSIS) a un’operazione di importazione, il che assumerebbe maggiore disvalore rispetto alle condotte di altri coimputati, l’identita’ dei quali non e’ stata tuttavia specificata, risultando parimenti eccessivi e non giustificati i singoli aumenti di pena, sia per il capo E (anni 1 e mesi 4 di reclusione), che concerne una importazione arrestatasi alla fase del tentativo e comunque meno grave di quella contestata al capo D cui (OMISSIS) e’ rimasto estraneo, sia e soprattutto per il capo L2 (11 mesi di reclusione), che riguarda una fatto totalmente avulso dal contesto associativo e non aggravato ai sensi della L. n. 203 del 1991, articolo 7 e L. n. 146 del 2006, articolo 4. Il quinto motivo e’ dedicato alla statuizione della confisca, evidenziandosi al riguardo che la stessa sarebbe nulla perche’ del tutto priva di motivazione.
Sono stati invero confiscati dei beni entrati nella disponibilita’ del ricorrente in epoca di molto antecedente alla commissione dei reati, concentrata nei mesi da dicembre 2015 a gennaio 2016: il fabbricato sito a Drapia e intestato alla moglie di (OMISSIS) e’ stato infatti acquistato nel 2000, mentre l’auto Fiat Grande Punto, intestato sempre alla consorte del ricorrente, e’ stata acquistata nel 2011, risalendo invece rispettivamente al novembre 2015 l’acquisto del terreno sito in (OMISSIS) e al 2014 la polizza assicurativa con (OMISSIS), in cui e’ confluito il denaro derivante dalla liquidazione di una precedente polizza del 1999, mentre non risulta specificata l’epoca dei rapporti bancari e finanziari parimenti confiscati. Risulterebbe dunque violato il canone della “ragionevolezza temporale” tra confisca e reati evocato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 33 del 2018. Nel merito, la difesa eccepisce l’erronea valutazione sulla riconducibilita’ a (OMISSIS) dei beni formalmente intestati a terzi, non operando in proposito la regola probatoria della presunzione, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimita’ (tra le tante, e’ stata citata la pronuncia Sez. 6, n. 42717 del 5/11/2010, Rv. 248929). Inoltre, sono state censurate le modalita’ di calcolo della sperequazione, la erronea valutazione delle fonti di reddito e l’utilizzo dei dati Istat, rilevandosi che il calcolo della sperequazione dei beni rispetto al reddito e’ stato individuato nei dati Istat relativi alla spesa familiare media, senza considerare che i rilevamenti Istat servono per definizione a esaminare i comportamenti di spesa familiare e non a determinare l’entita’ della spesa di ogni singolo soggetto, venendo dunque in rilievo una fonte informativa idonea a descrivere i comportamenti di spesa familiare e non un elemento certo riferibile soggettivamente, violando l’utilizzo del dato statistico i principi codificati dagli articoli 27 e 42 Cost., risolvendosi tale metodo nell’applicazione di un’espropriazione sine titulo e nell’attribuzione a un soggetto di comportamento di rilevanza penale fondato su condotte altrui. La corretta metodologia di accertamento e’ invece quella prevista dal TUIR che prevede un accertamento reddituale soggettivamente orientato, attraverso varie tipologie di analisi, consistenti: nell’accertamento analitico (Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articoli 38, 39 e 40 in tema di imposte dirette e Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articoli 54 e 54 bis in tema di Iva), nell’accertamento sintetico (Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 38, commi 3 e 5), nell’accertamento induttivo (Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, comma 2 in tema di imposte dirette e Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 55, in tema di Iva) e nell’accertamento analitico-induttivo (L. n. 146 del 1998, articolo 10).
Con memoria depositata il 24 agosto 2021, e’ stato sollevato un motivo nuovo, con il quale la difesa, riferimento all’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, ha segnalato che con la allegata sentenza del 15 giugno 2020, definitiva in parte qua, il Tribunale di Vibo Valentia ha escluso nel parallelo giudizio ordinario la sussistenza della predetta aggravante, con motivazione tranciante rispetto alla posizione del ricorrente non e’ provata l’esistenza del sodalizio âEuroËœndrangheta in cui favore gli accoliti avrebbero agito, ne’ ovviamente la relativa finalizzazione”), per cui si sollecita. pure in questa sede l’esclusione dell’aggravante in esame, anche al fine di evitare un contrasto tra giudicati.
2.12. (OMISSIS) ha proposto due distinti ricorsi.
2.12.1. Con il primo, a firma dell’avvocato (OMISSIS), sono stati sollevati sei motivi.
I primi due motivi sono dedicati entrambi all’affermazione della penale responsabilita’ dell’imputato rispetto al capo G, osservandosi in proposito che i giudici di merito hanno omesso di considerazione il dato ineliminabile della reale affidabilita’ della vendita della droga, non essendo dimostrato quali fossero gli estremi dell’accordo,, quali fossero il prezzo e la qualita’ della droga, ne’ che realmente gli spagnoli, mai identificati peraltro, avessero la disponibilita’ della sostanza oggetto di trattativa,. non essendovi stato alcun sequestro, ne’ essendoci stata mai alcuna consegna della droga.
Si sarebbe dunque in presenza di un reato impossibile ex articolo 49 c.p., comma 2, mancando la prova che dall’investimento contestato sarebbe conseguita la consegna della droga, essendo piuttosto emerso che mai i presunti venditori abbiano anche soltanto tentato di esportare la sostanza drogante, non essendo stati identificati i fornitori, tra cui non figura il coimputato (OMISSIS), essendo questi colui avrebbe dovuto intermediate per la restituzione dei soldi.
Quanto alla disamina del materiale probatorio, si sottolinea inoltre che alcuna valenza indiziaria univoca poteva essere assegnata alle conversazioni captate, non essendovi nelle stesse alcuna allusione a una possibile trattativa illecita tra i soggetti coinvolti, che erano piu’ che altro interessati ai problemi economici del ricorrente scaturiti dalla mancata restituzione del prestito concesso.
Quanto poi all’intercettazione ambientale captata a casa della (OMISSIS) il 15 dicembre 2016, e’ stata rimarcata la notevolissima distanza temporale intercorsa tra la stessa e il presunto tentativo di importazione di droga dalla Spagna (marzo-maggio 2015), non essendo affatto certo in ogni caso che il “(OMISSIS)” menzionato dalla (OMISSIS) e (OMISSIS) fosse identificabile in (OMISSIS). Ne’ le dichiarazioni di (OMISSIS) potevano essere qualificate come una confessione stragiudiziale, istituto non disciplinato dal legislatore, dovendo comunque ogni dichiarazione autoaccusatoria essere esaminata, nella sua dimensione’storica e nella sua rilevanza giuridica, dovendosi cioe’ tener conto del contesto in cui viene acquisito il dichiarato intercettivo, nel senso che il giudizio di colpevolezza non puo’ fondarsi su una presunzione di inattaccabilita’ del racconto autoaccusatorio, valendo anche rispetto a tale ipotesi il canone ermeneutico dell'”oltre ogni ragionevole dubbio”.
Con il terzo motivo, la difesa si duole del giudizio sulla sussistenza della aggravante di cui all’articolo 112 c.p., comma 1, n. 1, rilevando che e’ rimasto ignoto il numero delle persone coinvolte in ordine al capo G), stante la mancata individuazione di ” (OMISSIS)” e del fantomatico “fornitore straniero”, non essendo state indicate le singole condotte contestate agli imputati, mancando cioe’ la prova di cui abbia investito o di chi abbia consegnato il denaro.
Con il quarto motivo, il ricorrente contesta la formulazione del giudizio di colpevolezza rispetto al capo H), relativo a una presunta fornitura di sostanza stupefacente, di cui di disconosce quantita’ e qualita’, sostanza peraltro restituita per la pessima qualita’, avendo la Corte di appello, a causa dell’evidente, inidoneita’ probatoria delle captazioni segnalate dall’accusa, recuperato il giudicato di cui al capo H1, per il quale e’ stata operata la declaratoria di ne bis in idem, peraltro travisando le prove, atteso che la cronologia delle intercettazioni riportate nella sentenza di primo grado non riporta nulla di rilevante tra il 16 e il 17 luglio 2015, giorni in cui (OMISSIS) avrebbe dovuto recuperare lo stupefacente dai (OMISSIS) e consegnarlo a (OMISSIS) per il trasporto in Sicilia, essendo in ogni caso palesemente eccessivo il tempo trascorso tra il primo (28 maggio 2015) e il secondo (7 luglio 2014) viaggio del ricorrente a Palermo, non avendo alcuna efficacia probatoria la mera circostanza che (OMISSIS) il 7 luglio stesse “armeggiando nel cofano”.
Con il quinto motivo, la difesa contesta le valutazioni dei giudici di merito in ordine alla ritenuta appartenenza di (OMISSIS) al sodalizio ex articolo 74 Decreto del Presidente della Repubblica cit., evidenziando che sono stati considerati significativi elementi di segno contrario, come la pochezza economica dei soggetti coinvolti, non tipica di una associazione dedita al traffico di stupefacenti, essendo emerso peraltro dalle intercettazioni di cui al capo H che (OMISSIS) avrebbe guadagnato per il trasporto l’irrisoria somma di mille Euro, a cio’ aggiungendosi che vari imputati asseritamente vicini al ricorrente sono stati ritenuti estranei al sodalizio, come (OMISSIS), i fratelli (OMISSIS), la (OMISSIS) e Rizzuto, soggetti coinvolti nei capi G, H e W. Ne’ potevano essere utilmente valorizzate le dichiarazioni della collaboratrice di âEuroËœgiustizia (OMISSIS), che non ha mai qualificato (OMISSIS) come partecipe, riferendosi il suo racconto alle frequentazioni dell’imputato con Salvatore (OMISSIS), che di per se’ non spiegano la consapevolezza di eventuali contributi associativi, fermo restando che, rispetto a tali dichiarazioni, alcun riscontro individualizzante puo’ ritenersi ravvisabile nelle captazioni, risultate non univoche e soprattutto non specifiche.
Peraltro, a fronte di una ritenuta operativita’ temporale dell’associazione da ottobre 2014 a fine 2017, i soli due episodi ascrivili a (OMISSIS) sarebbero riferiti al maggio e al luglio 2015, per i quali e’ stata peraltro esclusa l’aggravante dell’ingente quantita’, difettando in ogni caso la necessaria stabilita’ partecipativa.
Con il sesto motivo, oggetto di doglianza e’ il trattamento sanzionatorio, dolendosi la difesa della determinazione della pena base, risultata distante dal minimo edittale, alla luce dei fatti descritti ai capi G e H, che tuttavia riguardano sostanze imprecisate nella qualita’ e nella quantita’, tanta e’ vero e’ stata esclusa l’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 80.
2.12.1.1. In data 4 settembre 2021, l’avvocato Staiano ha presentato due motivi nuovi, con il primo dei quali, rispetto ai capi G e H. sono state rimarcate l’apparenza e la contraddittorieta’ della motivazione, non avendo la Corte di appello tenuto conto di tutte le captazioni con (OMISSIS), che dimostravano la liceita’ del rapporto, certamente distinto da quello tra questi e (OMISSIS); dall’analisi complessiva dei colloqui utilizzati a fondamento della condanna se ne evince infatti il carattere del tutto evanescente, essendo innegabile che le conversazioni, in assenza di riscontri, ben si prestavano a interpretazioni diverse.
Con il secondo motivo nuovo, la difesa sottolinea l’inconsistenza probatoria rispetto alla partecipazione di (OMISSIS) a un gruppo associativo, stante la indubbia difficolta’ di definire un ruolo del ricorrente, riportando il capo A una qualifica generica e non plausibile (“organizzatore, soggetto addetto al trasporto e vendita della sostanza stupefacente”), a fronte della quale i giudici di merito si sono limitati a richiamare il coinvolgimento dell’imputato nei capi G e FI, travisando i dati probatori del capo H con quelli del capo H1, fermo restando che le conversazioni Intercettate non hanno riscontrato le dichiarazioni della (OMISSIS).
2.12.2. Con il secondo ricorso nell’interesse di (OMISSIS), a firma dell’avvocato (OMISSIS), sono stati sollevati cinque motivi.
Con il primo, e’ stata eccepita la nullita’ della sentenza per la genericita’ delle imputazioni elevate a carico di (OMISSIS), soprattutto con riferimento ai capi A e G, non essendo state specificate le’ condotte ascrivibili al ricorrente tali da rendere concreto il ruolo di “addetto al trasporto e alla vendita” a lui attribuito.
Del resto, aggiunge la difesa, a parte un unico episodio, relativo all’arresto di (OMISSIS) da parte della Guardia di Finanze di Termini Imerese, non sono emersi riscontri esterni individualizzanti alle dichiarazioni della collaboratrice (OMISSIS).
Con il secondo motivo, la difesa contesta la formulazione del giudizio di colpevolezza del ricorrente rispetto ai Capi A, G, H e H1, rilevando che le conversazioni intercettate non costituiscono materiale probatorio univoco, non avendo le stesse carattere Illecito; ne’ avevano pregnanza probatoria le frasi di (OMISSIS), qualificabili come chiamate in correita’ bisognevoli di riscontri esterni, nel caso di specie non sussistenti, non essendoci peraltro neanche certezza circa la identificazione di “(OMISSIS)” in (OMISSIS), giustificandosi inoltre la frequentazione del ricorrente con altri imputati coinvolti nella vicenda da motivi di parentela e non essendo certo sufficiente a rendere provata la partecipazione di (OMISSIS) al sodalizio il suo viaggio a Palermo in occasione del quale fu, arrestato, trattandosi di una condotta occasionale slegata da alcun contesto associativo. Quanto poi al capo G, si evidenzia che la qualificazione giuridica del fatto come delitto tentato risulta erronea, non essendovi mai stata disponibilita’ dello stupefacente, venendo in rilievo solo atti preparatori privi di rilievo penale.
Con il terzo motivo, e’ stata censurata la mancanza di elementi probatori a carico di (OMISSIS), osservandosi che i presunti riconoscimenti delle voci sono stati operati dalla P.G. in assenza di perizia fonetica, per cui alcuna certezza puo’ sussistere al riguardo, stante la possibile confusione tra persone con timbri di voce simile, fermo restando che in alcune conversazioni il linguaggio criptico utilizzato dai dialoganti non consente interpretazioni univoche, come ad esempio rispetto alla “cena” tra (OMISSIS) e (OMISSIS), che ben potrebbe esserci effettivamente stata.
Con il quarto motivo, oggetto di doglianza e’ il giudizio sulla sussistenza della aggravante di cui alla L. n. 146 del 2006, articolo 4, rilevandosi che la Corte territoriale non ha correttamente applicato le indicazioni ermeneutiche fornite al riguardo dalla giurisprudenza di legittimita’ (cfr. Sez. Un. 18374 del 2013, Rv. 255035 e Sez. 3 n. 2458 del 2014, dep. 2015, Rv. 261958), secondo cui, perche’ sussista raggraVante in esame, occorre che la commissione del reato associativo sia stata anche solo agevolata, in tutto o in parte, dall’apporto di un gruppo criminale organizzato, impegnato in attivita’ illecite in piu’ di uno Stato, condizione non configurabile quando vi sia immedesimazione tra l’associazione a delinquere beneficiaria dell’apporto causale e il gruppo criminale organizzato.
Il quinto motivo e’ dedicato al trattamento sanzionatorio, censurandosi la violazione della disciplina del reato continuato, nel senso che la pena base e’ risultata eccessiva, essendosi rivelato sproporzionato anche l’aumento per la continuazione, non essendosi dunque mitigato l’effetto del cumulo materiale.
2.13. (OMISSIS) ha sollevato un unico motivo, con il quale la difesa contesta la formulazione del giudizio di colpevolezza rispetto al residuo capo D, osservando che la Corte di appello, pur avendo riformato gran parte della prima sentenza, tuttavia ha mancato di coraggio nel non assolvere del tutto l’imputato, adottando una motivazione illogica e contraddittoria, nella misura in cui l’imputazione di cui al capo D era strettamente connessa con quella di cui al capo E, rispetto alla quale (OMISSIS) e’ stato assolto, pur essendo la vicenda storica cristallizzata al capo E la logica prosecuzione di quella descritta al capo D.
Non e’ stato in tal senso considerato che (OMISSIS), dopo essersi adoperato sin da subito per il reperimento del denaro necessario per acquistare la droga, si e’ recato sempre dagli stessi coimputati che sono intervenuti nella vicenda, a eccezione di (OMISSIS), estraneo sia al “prima” che al “dopo” del fatto.
Peraltro, alla data del 24 marzo 2015, data dell’intercettazione valorizzata dalla Corte di appello, (OMISSIS) aveva gia’ tenuto e programmato piu’ incontri, avviandosi a organizzare una riunione finale in vista della consegna del denaro ai colombiani, per cui non aveva alcun senso enfatizzare l’unica conversazione in cui compare (OMISSIS), tradendo tale impostazione l’intero filo logico della vicenda, fermo restando, comunque, che l’affermazione di (OMISSIS) sui soldi si prestava a infinite interpretazioni, potendo trattarsi ad esempio di un credito da riscuotere. Difetterebbe In ogni caso la certezza che quel passaggio da casa (OMISSIS) e quel richiamo isolato ai soldi fossero finalizzati al finanziamento per l’acquisto dello stupefacente, tanto piu’ ove si consideri che non vi furono altri incontri tra (OMISSIS) e (OMISSIS), anche dopo che venne constatata l’insufficienza del denaro raccolto, nulla dimostrando i passaggi di (OMISSIS) presso la proprieta’ della madre di (OMISSIS). Del resto, osserva la difesa, i parametri di valutazione che hanno portato alla assoluzione di (OMISSIS) per il capo E, ovvero il fatto che il ricorrente non e’ mai conversante, che non ha mai incontrato (OMISSIS) nei ripetuti passaggi di questi presso I terreni della madre e la mancata partecipazione agli incontri operativi con i coimputati nella fasi piu’ delicate della vicenda, valevano anche a proposito del capo D, per il quale quindi si sarebbe dovuti pervenire allo stesso esito assolutorio, risultando pertanto manifestamente illogica la motivazione della condanna.
2.14. (OMISSIS) ha sollevato cinque motivi.
Con il primo, dedicato alla formulazione dell’affermazione della penale responsabilita’ dell’imputato rispetto al capo D, la difesa evidenzia che la condotta di (OMISSIS), in quanto occasionale ed estemporanea, non ha arrecato alcun contributo causale al perfezionamento del reato di importazione di sostanza stupefacente, atteso che, nel momento in cui il ricorrente e’ stato interessato della vicenda, la spedizione della droga era stata gia’ effettuata.
Ed invero, ammesso e non concesso che, nella notte tra il (OMISSIS), (OMISSIS) abbia ricevuto da (OMISSIS) le informazioni necessarie per individuare il container su cui la sostanza era stata stivata nell’area portuale di Livorno, in quel momento la droga era stata gia’ importata da altri, per cui l’imputato non puo’ essere chiamato a rispondere delle condotte illecite tenute da altri soggetti.
La Corte territoriale ha invece indebitamente valorizzato il fatto che (OMISSIS) fosse collegato ad (OMISSIS) che sin dall’inizio si era occupato di coordinare il recupero dello stupefacente dal container, senza pero’ verificare quando iniziarono e quali fossero i rapporti di (OMISSIS) con (OMISSIS) prima del sequestro del 2015.
Peraltro, il fatto che (OMISSIS) si sarebbe dovuto occupare del recupero della droga presso il porto di approdo o’ e’ stato smentito dalle risultanze probatorie (in particolare dalla conversazione del 24 aprile 2015 intercorsa sull’autovettura in uso a (OMISSIS), tra questi e (OMISSIS)), da cui e’ emerso che chi avrebbe dovuto occuparsi della parte logistica relativa all’arrivo della sostanza stupefacente era (OMISSIS), non avendo (OMISSIS) ricevuto alcun incarico.
Ne’ in senso contrario poteva essere valorizzata la conversazione del 10 marzo 2015 richiamata dalla Corte territoriale, in quanto l’identificazione in (OMISSIS) del “(OMISSIS)” menzionato da (OMISSIS) nel dialogo con (OMISSIS) e’ frutto di un
travisamento, prestandosi a interpretazioni non univoche, dovendo la frase dell’emissario colombiano essere calata nel contesto di sviluppo dell’azione, venendo in quel periodo il termine “frutta” usato per indicare la “cocaina”.
Tale erronea valutazione si e’ rivelata tuttavia idonea a disarticolare tutto l’impianto motivazionale della sentenza impugnata rispetto all’attribuzione del ruolo attribuito a (OMISSIS), il quale e’ comparso sulla scena solo nella notte tra il (OMISSIS), quando gll accordi sull’importazione erano stati ormai gia’ presi.
Con il secondo motivo, il ricorrente censura le valutazioni della Corte territoriale compiute con riferimento al capo E, evidenziando che nella sentenza impugnata non sono stati presi in esame i contenuti di alcune conversazioni ambientali del 25 e 26 agosto 2015, dalle quali si evince che, nei giorni successivi al sequestro della droga presso il porto di Livorno, (OMISSIS) era stato considerato la causa del sequestro, per cui allo stesso doveva essere richiesto un impegno economico volto a riparare il danno cagionato, posto che diversamente i colombiani non avrebbero portato avanti ulteriori trattative. (OMISSIS) in realta’ non verso’ alcunche’ e non fu piu’ coinvolto in alcuna trattativa, apparendo sulla scena solo in due occasioni, in quanto pressato per corrispondere l’indennizzo richiesto dai colombiani e non perche’ Interessato dalle attivita’ contestate.
In tale contesto, l’unico interesse di (OMISSIS) era quello di evitare ulteriori problematiche con i colombiani derivanti dalle vicende di cui al capo D e in quest’ottica la dazione di denaro effettuata il 16 dicembre 2015 dal ricorrente rappresentava non un contributo alle ulteriori attivita’ degli altri imputati, ma solo l’unico sistema per uscire definitivamente fuori da quegli affari illeciti.
Doveva pertanto escludersi quantomeno la sussistenza dell’elemento soggettivo, avendo peraltro la Corte di appello erroneamente ritenuto compatibile con il tentativo il dolo eventuale ravvisato in capo al ricorrente, nel momento in cui e’ stato affermato che il risarcimento operato da (OMISSIS) non si pone in rapporto di incompatibilita’ o di esclusione con il tentativo di una nuova importazione.
Con il terzo motivo, la difesa contesta il giudizio della Corte di appello rispetto al ruolo ricoperto da (OMISSIS) nel sodalizio criminoso di cui al capo A, osservando che i presupposti della partecipazione dell’imputato all’associazione sono stati desunti sulla scorta dei ruoli qualificati, rispettivamente di organizzatore e di finanziatore, rivestiti nell’ambito delle vicende di cui ai capi D ed E, e cio’ senza considerare che il brevissimo lasso, di tempo in cui si svolti i fatti non consente di definire con certezza le condotte tenute’ dal ricorrente. Si sottolinea in ogni caso che il semplice interessamento di (OMISSIS) alla fase di recupero della sostanza presso il porto di Livorno non e’ sufficiente a integrare la prova del precedente pactum scel/eris e dunque della messa a disposizione di (OMISSIS) rispetto al gruppo criminale tramite l’instaurazione di un rapporto di collaborazione stabile e continuativo, venendo al piu’ in rilievo un singolo affare il cui sviluppo, per la sua brevita’, non consente di inferire l’adesione di (OMISSIS) a un programma criminoso predefinito, non essendo stata peraltro assunta da parte del ricorrente alcuna attivita’ decisionale o di coordinamento.
Peraltro, l’evoluzione degli eventi dimostra che (OMISSIS) era del tutto alieno agli interessi del gruppo, venendo esclusivamente chiamato a far fronte al ristoro per la perdita della partita di stupefacente, desumendosi del resto dalla conversazione ambientale del 28 gennaio 2016 che (OMISSIS), nell’elencare i soggetti che avevano finanziato la presunta nuova importazione non cita (OMISSIS), cio’ a conferma del fatto che la dazione di denaro avvenuta il 16 dicembre 2015 costituiva un risarcimento e non certo un finanziamento.
Con il quarto motivo, a essere contestato e’ il difetto di motivazione della sentenza impugnata rispetto alla sussistenza dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, non essendo emersa dagli atti alcuna finalizzazione univoca delle condotte di (OMISSIS) a vantaggio di una presunta cosca mafiosa.
Con il quinto motivo, oggetto di doglianza e’ il giudizio sulla sussistenza della aggravante di cui alla articolo 4 della L. n. 146 del 2006, avendo la Corte territoriale dato per scontata la presenza all’estero di un gruppo organizzato dedito al crimine, pur in assenza di qualsivoglia attivita’ di indagine al riguardo. Ne’ risulta comprovata la consapevolezza del ricorrente dell’esistenza di un gruppo criminale all’estero, non essendo a tal fine sufficiente, alla luce delle indicazioni ermeneutiche fornite dalla giurisprudenza di legittimita’ (cfr. Sez. Un. 18374 del 2013, Rv. 255035, ricorrente Adami), il semplice contatto avuto dall’imputato con (OMISSIS) e con (OMISSIS); ne’ infine risultano pertinenti gli argomenti della sentenza impugnata rispetto alle aggravanti del numero di persone che avrebbero concorso nei reati contestati a (OMISSIS), atteso che, sia rispetto al reato associativo che ai reati fine, il ricorrente ha intrattenuto rapporti diretti solo ed esclusivamente con un palo di persone.
2.15. (OMISSIS) ha sollevato un unico motivo, con cui la difesa contesta la determinazione della pena pecuniaria, osservando che, nella rideterminazione della pena, la Corte di appello avrebbe violati) il divieto di reformatio in peius, nel senso che in primo grado la pena pecuniaria era stata fissata in 60.000 Euro, previo giudizio di equivalenza tra attenuanti generiche e aggravante ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80 che e’ stata tuttavia esclusa in appello, per cui la pena da 60.000 Euro doveva essere ridotta almeno a 30.000 Euro, posto che l’aumento per l’aggravante esclusa e’ almeno della meta’, non essendo dunque
corretta la riduzione della pena nella misura operata dalla Corte di 32.000 Euro,
dovendo la pena finale essere determinata, in virtu’ dell’aumento per la continuazione fissato in Euro 4.000 e della riduzione di un terzo per il rito, in Euro 22.667 e non in Euro 24.000, come stabilito; tale violazione di legge, rileva la difesa, non puo’ ritenersi sanata dal concordato delle parti, e cio’ anche in ragione del fatto che la difesa nel concordato e’ condizionata dall’alternativa del “prendere o lasciare”.
2.16. La (OMISSIS) ha sollevato due motivi.
Con il primo, la difesa contesta la quantificazione degli aumenti di pena a titolo di continuazione, osservando, che gli, stessi sono stati operati sulla scorta di una forbice edittale piu’ sfavorevole di quella oggi in vigore per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, essendo le due sentenze di merito e i reati contestati successivi alla pronuncia della Consulta, per cui si impone una rideterminazione del trattamento sanzionatorio, sulla scorta dei principi elaborati dalle Sezioni Unite di questa Corte n. 33040 del 2015, ricorrente Jazouli.
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta l’eccessivita’ e la sproporzione della pena irrogatagli e la violazione dell’articolo 125 c.p.p., comma 3 e articolo 62 bis c.p., osservando che le conclusioni dei giudici di merito in punto di trattamento sanzionatorio non sono coerenti con gli elementi emersi nel corso delle indagini, sintomatici dell’esistenza di profili Positivamente valutabili.
2.17. (OMISSIS) ha sollevato un unico motivo (comune alla posizione di (OMISSIS)), con cui la difesa ha dedotto la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 74, premettendo che in sede di appello vi era stata rinuncia ai motivi in punto di responsabilita’ rispetto ai capi A (reato associativo) ed F (reato fine), ma, mentre su quest’ultimo capo non vengono mosse obiezioni, la difesa chiede invece di riconsiderare la rinuncia ai motivi riferita al delitto associativo di cui al capo A, rilevando che in proposito la Corte territoriale si e’ limitata a prendere atto della rinuncia al motivo, senza tener conto delle deduzioni difensive sollevate rispetto alla prima sentenza e volte a contestare l’ascrivibilita’ al ricorrente della condotta illecita, stante l’assenza di adeguati riscontri probatori alla tesi accusatoria, essendo mancata sia la consapevolezza da parte dell’imputato dell’esistenza del sodalizio criminoso, sia e soprattutto la volonta’ del medesimo di farne parte, e cio’ anche alla luce della durata minimale dei contatti tra il ricorrente e (OMISSIS).
Il 24 aprile 2020 e’ stato poi presentato un “ricorso integrativo”, con il quale la difesa ha dedotto la contraddittorieta’ e la manifesta illogicita’ della motivazione in ordine alla valutazione di congruita’ quoad poenam effettuata dalla Corte di appello rispetto all’aumento per la continuazione operata in ragione dell’ulteriore contestazione di cui al capo F, osservandosi al riguardo che i giudici di secondo grado, da un lato, hanno ritenuto di riconoscere la prevalenza delle attenuanti generiche rispetto alle aggravanti in bilanciamento e, dall’altro, hanno mantenuto inalterato l’aumento per la continuazione rispetto a quello operato dal G.U.P., senza tener conto della valenza positiva della rinuncia ai motivi sulla responsabilita’ e con violazione del principio di proporzionalita’, atteso che, pur essendo il capo F comparabile per gravita’ al capo E, l’aumento rispetto a tale reato e’ stato computato in 1 anno e 4 mesi di reclusione, mentre l’aumento per il capo F e’ stato quantificato in 2 anni, con conseguente e ingiustificata disparita’ di trattamento.
Il 12 luglio 2021 il difensore di (OMISSIS) ha depositato motivi nuovi, con i quali, a sostegno del ricorso principale, e’ stato evidenziato che l’unica prova a conforto della presunta partecipazione del ricorrente al sodalizio criminoso e’ stata indicata dal primo giudice nelle intercettazioni sarebbero intercorse tra l’imputato e i fornitori colombiani, ma e’ in atti la perizia, completamente travisata e pretermessa, che esclude che quelle conversazioni siano riferibili a (OMISSIS). La Corte di appello non e’ ritornata sul tema, che resta dunque governato da quelle considerazioni della sentenza di primo grado frutto di un marchiano travisamento. Di qui l’evidenza dell’innocenza del ricorrente, a nulla rilevando la rinuncia parziale ai motivi operata in grado di appello, scelta questa legata solo a cogenze cautelari, per cui il giudice avrebbe dovuto applicare l’articolo 129 c.p.p., comma 1, non essendosi il rapporto processuale esaurito con la formazione del giudicato. Si invoca dunque l’intervento nomofilattico di questa Corte, al fine di riallineare il processo alla legalita’ e alla giustizia, essendo pacifico che (OMISSIS) non ha commesso il reato contestato, non potendo rilevare in senso ostativo la rinuncia ai motivi.
2.18. (OMISSIS) ha sollevato nove motivi (il quarto motivo si ripete due volte).
Con il primo, la difesa contesta la formulazione del giudizio di colpevolezza relativamente al capo A, con riferimento alla sussistenza sia del reato associativo, sia dell’affectio societatis in capo a (OMISSIS); sotto il primo aspetto, si osserva che la Corte territoriale ha dato per scontata l’esistenza di una struttura associativa per il sol fatto che siano stati accertati plurimi tentativi di acquisto di droga, non tenendo in debita considerazione il puntuale mutamento della componente soggettiva nel contesto di ciascun reato-fine, mutamento idoneo a escludere l’operativita’ di una stabile struttura associativa, venendo dunque in rilievo, ad esempio in relazione ai delitti di cui ai capi D ed E, non un piano indeterminato di azioni, ma la reiterazione di condotte ascrivibili al medesimo disegno criminoso.
Quanto al secondo profilo, si osserva che (OMISSIS) e’ stato coinvolto solo in due tentativi di importazioni, peraltro riconducibili a una vicenda illecita unitaria, posto che il tentativo di importazione di cui al capo E e’ stato indotto dal fallimento della operazione descritta al capo D, cio’ in un contesto di 29 episodi contestati. Le condotte riconducibili a (OMISSIS), dunque, lungi dal provare l’affecgo societatis e la piena consapevolezza e volonta’ di partecipare alla realizzazione dell’accordo associativo, si inquadrano, al piu’, nell’ordinario schema del concorso di persone nel reato, non essendo peraltro dimostrato che il ricorrente avesse contezza degli accordi di (OMISSIS) con i narcos colombiani e della compartecipazione di altri correi.
Con il secondo motivo, e’ stato eccepito il difetto di motivazione in ordine all’assunzione di un ruolo da parte di (OMISSIS) all’interno della compagine di cui al capo A, evidenziandosi che la Corte territoriale ha operato un “cambio di rotta” rispetto al giudizio di primo grado, trasformando il ruolo del ricorrente da quello di “finanziatore” a quello di “promotore”, senza pero’ indicare da quali condotte inferire gli atti di impulso o di promozione offerto da (OMISSIS) nelle importazioni di cocaina, posto che, alla data del 9 febbraio 2015, l’organizzazione della futura importazione si era gia’ conclusa, senza che (OMISSIS) avesse cooperato alle iniziative svolte fino a quel momento dal trio (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS); peraltro, e’ stata la stessa Corte di appello ad ammettere che l’unica volta in cui e’ stato registrato un dialogo tra (OMISSIS) e (OMISSIS), ovvero il 17 febbraio 2015, i due dialoganti, nell’ambito di un viaggio durato otto ore, non hanno fatto alcun riferimento all’importazione della cocaina dalla Colombia, valendo cio’ a smentire l’assunto secondo cui gli incontri tra i due fossero giustificati dalla necessita’ di aggiornare (OMISSIS) sugli sviluppi dell’importazione della cocaina dal Sudamerica. Quanto alla conversazione del 26 marzo 2015 intercorsa tra (OMISSIS) e (OMISSIS), il riferimento di (OMISSIS) a “quello di Rosarno” ben poteva far pensare non a (OMISSIS), ma a (OMISSIS), residente anch’egli in quel territorio.
In definitiva, avendo la stessa sentenza impugnata riconosciuto che (OMISSIS) non – consegno’ mai soldi a (OMISSIS), occorre individuare quali condotte di promozione avrebbe realizzato il ricorrente, venendo piuttosto in rilievo nel caso di specie un rapporto sinallagmatico tra (OMISSIS) e (OMISSIS), avulso da logiche associative. Quanto poi alle dichiarazioni della collaboratrice (OMISSIS), si sottolinea che le stesse tendevano a escludere il coinvolgimento di (OMISSIS) nei fatti di cui ai capi D ed E, avendo la dichiarante riferito di sapere che solo in passato il ricorrente aveva venduto cocaina a (OMISSIS), per cui anche sotto tale profilo la piattaforma probatoria circa il ruolo svolto da (OMISSIS) nella vicenda associativa si sarebbe rivelata carente.
Con il terzo motivo, e’ stata dedotta la violazione dell’articolo 521 c.p.p., osservandosi che la condotta delittuosa ascritta a (OMISSIS), sin dall’inizio, e’ stata quella di aver finanziato, attraverso la dazione di cospicue somme di denaro, sia l’associazione che le (importazioni di cui ai capi D ed F, per cui le attivita’ difensive si sono concentrate sulla dimostrazione che il ricorrente non ha mai consegnato soldi a (OMISSIS), non disponendo peraltro di un alcun adeguato patrimonio. La sentenza impugnata, invece, a fronte di una contestazione del tutto generica circa i ruoli assegnati agli imputati, ha ritenuto per (OMISSIS) di preferire la veste di promotore a quella di finanziatore, solo perche’ la contestazione contemplava tale alternativa, in tal modo pero’ fondando la condanna su profili comportamentali strutturalmente diversi, con conseguente impossibilita’ per il ricorrente di potersi adeguatamente difendere dai nuovi addebiti concorsuali.
Con il quarto motivo, il ricorrente si duole del giudizio di colpevolezza rispetto al capo D, rilevando che la Corte territoriale, dinanzi all’esigenza di colmare le lacune probatorie della sentenza di primo grado con riferimento all’oggetto dei contatti intercorsi tra (OMISSIS) e (OMISSIS), ha cercato di sopperirvi, mutando il ruolo originariamente attribuito al primo, senza pero’ riuscire a supportare la nuova qualifica di “promotore” con elementi concreti idonei a provare un significativo collegamento con la Specifica attivita’ criminosa considerata, o comunque l’esistenza di atti di impulso finalizzati ad avviare l’importazione trattata. Ne’ la sentenza impugnata si sarebbe confrontata con la specifica allegazione difensiva, secondo cui Patto, nel medesimo arco temporale in cui si adoperava per l’importazione della droga, svolgeva una parallela attivita’ illecita nel settore del traffico di marijuana, essendosi egli disimpegnato nel campo delle droghe leggere. Del resto, anche la collocazione temporale delle occasioni di contatto tra (OMISSIS) e (OMISSIS) mal si conciliava con il compimento, da parte del primo, di atti propositivi direttamente riferibili all’importazione portata avanti dal gruppo di (OMISSIS). (OMISSIS), infatti, ebbe a incontrare (OMISSIS) il 9 febbraio 2015, quando erano stati gia’ conclusi gli accordi con il cartello colombiano, per cui il ricorrente non avrebbe potuto svolgere alcun tipo di intervento, a cio’ aggiungendosi il rilievo secondo cui la stessa Corte di appello ha rilevato che non vi e’ prova che nelle date del 10, del 14 e del 17 aprile 2015 (OMISSIS) consegno’ a (OMISSIS) alcuna somma di denaro, per cui non puo’ inferirsi, da muti e presunti incontri, il contributo che (OMISSIS) avrebbe dato sul versante della promozione dell’importazione attenzionata. In realta’, come suggerito dalla difesa, non poteva escludersi che il rapporto di (OMISSIS) con (OMISSIS) potesse essersi spinto fino alla richiesta di un’ prestito di soldi, che tuttavia non era funzionale al finanziamento dell’importazione dalla Colombia.
Anche il ragionamento seguito dalla Corte di appello in ordine al documento contenente i dati del container che avrebbe dovuto trasportare’ la droga nasce da un equivoco di fondo, non avendo i giudici di secondo grado considerato che (OMISSIS) ha usato l’espressione “devo portarglieli” solo immediatamente dopo aver detto a (OMISSIS) di raggiungerlo a casa sua, ma subito dopo (OMISSIS) cambiava il luogo dell’appuntamento, fissandolo direttamente presso il circolo “(OMISSIS)” dove si trovava evidentemente il destinatario, che ben poteva noni essere (OMISSIS).
Ne’ rileva che (OMISSIS) si sia premurato di recarsi a Rosarno, posto che il primo, una volta adempiuto l’impegno di consegnare i documenti al soggetto che si trovava all’interno del circolo “(OMISSIS)”, ben puo’ aver deciso di raggiungere (OMISSIS) per tutt’altre e differenti ragioni; la motivazione della sentenza impugnata sarebbe quindi manifestamente illogica, anche perche’ fondata su un travisamento della prova rispetto all’intercettazione del 7 novembre 2015, in ordine alla quale si osserva che, se a distanza di tre mesi dal fallimento dell’importazione di cui al capo D, (OMISSIS), cioe’ colui che si era occupato di individuare il porto di Livorno come luogo di arrivo della droga, pur essendo di Rosarno, stesso paese di (OMISSIS), non conosceva il ricorrente, tanto da dover chiedere informazioni a (OMISSIS), la rilevanza del dialogo non stava negli argomenti che vertevano sulla commercializzazione della frutta, ma, diversamente, nel fatto che, ove (OMISSIS) fosse stato realmente il promotore dell’importazione di cui al capo D, o vi avesse comunque preso parte a vario titolo, la circostanza sarebbe stata resa nota ad (OMISSIS), per cui questi non avrebbe avuto alcun motivo per chiedere a (OMISSIS) informazioni su (OMISSIS).
Con il quinto motivo, e’ stata censurato il giudizio di colpevolezza rispetto al capo E: ad avviso della difesa, anche in tal caso la Corte di appello noi sarebbe riuscita a provare e prima ancora a indicare le azioni in concreto compiute da (OMISSIS) in qualita’ di concorrente nel reato consumato, avendo la sentenza impugnata attribuito valore di prova a una mera aspettativa personale di (OMISSIS), rispetto alla quale non risulta che ” (OMISSIS)” avesse dato adesione, ne’ sono stati acquisiti elementi da cui desumere che il ” (OMISSIS)” in questione potesse disporre di cifre cosi’ spropositate (500-600 milioni di Euro), da rendere le frasi di (OMISSIS) un vero e proprio farneticante sproloquio, non essendo peraltro affatto provato che il ” (OMISSIS)” cui si fa riferimento nell’intercettazione del 20 novembre 2015 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) sia identificabile proprio nel ricorrente. Vi sarebbe stato inoltre un travisamento della prova rispetto alla conversazione del 26 agosto 2015, essendo impossibile che (OMISSIS) potesse aver parlato quel giorno con (OMISSIS), figlio del ricorrente, allo scopo di ottenere un appuntamento con lui, posto che nell’agosto 2015 i figli di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), si trovavano fuori Calabria per svolgere attivita’ lavorativa alle dipendenze di una societa’ avente sede in provincia di (OMISSIS), do’ a riprova del fatto che il personaggio cui (OMISSIS) aveva chiesto un appuntamento non apparteneva alla famiglia (OMISSIS), ma si trattava di un soggetto diverso.
Il sesto motivo e’ dedicato all’affermazione della penale responsabilita’ di (OMISSIS) in ordine al capo T, osservandosi in proposito che non e’ stata affatto considerata dai giudici di merito la possibilita’ che si fosse in presenza di un reato impossibile, desumendosi dalle intercettazioni che non era stata incardinata una reale trattativa, per cui, pur a volere ritenere (OMISSIS) coinvolto nel piano di acquisto della sostanza, lo stesso non poteva essere punito, atteso che, anche laddove vi fosse stata la volonta’ del trio (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS) di approfittare di un viaggio di lavoro di quest’ultimo nella citta’ di Milano, la circostanza che l’auto di (OMISSIS) sia stata fermata dalla Guardia di Finanza era idonea a escludere che l’oggetto della trattativa, ovvero l’hashish, sia mai esistito.
Con il settimo motivo, oggetto di doglianza e’ la valutazione circa la configurabilita’ dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 rispetto ai capi D ed E, evidenziandosi che la finalita’ agevolatrice del sodalizio mafioso in capo a (OMISSIS) non poteva essere desunta dal fatto di aver mostrato di conoscere chi fossero le famiglie della zona e di aver ricevuto i documenti del container. Non puo’ affatto escludersi, invero, che l’imputato abbia agito per finalita’ volte al solo arricchimento personale, non potendo l’eventuale finalita’ agevolatrice perseguita dagli altri correi travolgere anche chi, come (OMISSIS), risiedendo in una provincia diversa da Vibo Valentia, ben poteva conservare dei margini di autonomia e avere totale disinteresse ad avvantaggiare mafiosi “fuori zona”.
Con l’ottavo motivo, a essere contestato e’ il giudizio sulla sussistenze della aggravante di cui alla L. n. 146 del 2006, articolo 4 rispetto ai capi A, D ed E, rilevandosi che gli indici richiesti ai fini della configurabilita’ della predetta aggravante, ovvero l’esistenza di un gruppo transnazionale autonomo e la stabilita’ dei rapporti tra adepti e organizzazione operante in territorio transnazionale, non sono stati comprovati nella vicenda in esame, atteso che, anche con riferimento al duo ” (OMISSIS)” e (OMISSIS)”, non puo’ escludersi, alla luce degli elementi probatori disponibili, che, si trattasse di soggetti operanti in proprio quali broker, anziche’ come rappresentanti di un autonomo gruppo di trafficanti stranieri.
Con il nono motivo, ci si duole del trattamento sanzionatorio, osservando che la Corte territoriale, nel confermare l’operato del primo giudice, avrebbe omesso di considerare che (OMISSIS) non aveva il ruolo di finanziatore, ne’ soprattutto aveva alcun rapporto idoneo a rappresentare l’esistenza di canali di spaccio.
2.19. (OMISSIS) ha sollevato due motivi.
Con il primo motivo, la difesa deduce l’illegalita’ della pena irrogata al ricorrente, osservando che il minimo edittale era stato determinato in anni 9 di reclusione per la fattispecie tentata di cui al capo G, per cui era stata considerata la forbice edittale piu’ sfavorevole all’imputato, non tenendosi conto della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019 che ha riportato a 6 anni il minimo edittale per i reati In tema di cd. droghe pesanti, con evidente disparita’ di trattamento rispetto ai coimputati, come ad esempio (OMISSIS) e (OMISSIS), rispetto ai quali si e’ applicato il nuovo minimo edittale, nonostante la gravita’ delle loro imputazioni.
Con il secondo motivo, e’ stata eccepita la violazione dell’articolo 125 c.p.p., comma 3 e articolo 56 c.p., rilevandosi che la pena base riferita al capo G risulta sproporzionata e ben lontana dal minimo edittale, non comprendendosi peraltro di quanto la stessa sia stata eventualmente diminuita per il tentativo.
2.20. (OMISSIS) ha sollevato cinque motivi.
Con il primo, e’ stata censurata la formulazione del giudizio di colpevolezza relativamente al capo A, con riferimento alla sussistenza sia del reato associativo, sia della ritenuta partecipazione allo stesso da parte di (OMISSIS); sotto il primo profilo, si evidenzia che in tre anni di indagine non e’ stata rinvenuta traccia di basi operative, di centri dedicati alla lavorazione della droga o di una rete di distribuzione, mancando cioe’ la prova di un contesto caratterizzate dalla comunanza di scopi e dalla condivisione di rischi e di utili, essendosi piuttosto in presenza di singole persone impegnate a perseguire interessi autonomi, ad esempio mediante la ricerca dl diversi canali di approvvigionamento all’estero, tanto e’ vero che non risulta vi siano state riunioni tra i presunti sodali.
Sotto il secondo profilo, la difesa rileva che gli elementi a carico di (OMISSIS) sono in grado rivelare al piu’ una potenziale Connivenza nelle attivita’ illecite riferibili al padre, non essendo stati illustrati nella sentenza di merito ne’ l’eventuale contributo offerto dal ricorrente, ne’ gli elementi da cui poter desumere la consapevole e volontaria partecipazione dell’imputato alle dinamiche associative. Ne’ puo’ rilevare la circostanza che (OMISSIS) conoscesse, oltre al padre, altri quattro. componenti di una struttura associativa che poteva contare su circa 60 sodali.
In ogni caso, due circostanze di fatto, nel corso delle quali il ricorrente e’ in pratica intervenuto a conti fatti o assistendo a decisioni prese da altri, non sarebbero sufficienti a ritenere dimostrata la partecipazione di (OMISSIS) alla vita del sodalizio, protrattasi invero per oltre due anni, risultando dunque il giudizio sulla partecipazione del ricorrente all’associazione fondato su mere congetture.
Con il secondo motivo, la difesa contesta l’affermazione della responsabilita’ penale di diritto rispetto ai reati di cui ai capi D, E, L, L1, P3, Z2 e Z3.
Quanto al capo D, e’ stato precisato che le condotte ascritte al ricorrente (cioe’ l’aver coadiuvato il padre nelle questioni logistiche, soprattutto quelle inerenti gli spostamenti di (OMISSIS), veicolando le informazioni di questi) si pongono in termini di assoluta indifferenza rispetto al delitto contestato, posto che i dettagli della importazione e soprattutto l’accordo erano stati gia’ stabiliti da altri soggetti, essendo risultato (OMISSIS) del tutto estraneo alle fasi decisive dell’operazione.
In ordine al capo E, la difesa sottolinea che l’intervento del ricorrente anche in tal caso e’ stato sporadico, a fronte di un’operazione protrattasi per oltre un anno,
per cui il ruolo di (OMISSIS), limitatosi al “mantenimento dei contatti con la famiglia (OMISSIS)”, si e’ esaurito al piu’ in una mera connivenza, non essendo affatto provato che l’imputato abbia avuto conoscenza dell’effettivo contenuto del documento di cui gli e’ stata addebitata la scansione, risultando neutre le ulteriori condotte ascrittegli, come quella di aver talora accompagnato il colombiano (OMISSIS) in relazione ai capi L ed Ll, si evidenzia che la Corte di appello, pur prendendo correttamente atto della scarna ricostruzione in fatto operata dal primo. giudice, non ha adeguatamente colmato le lacune argomentative della prima sentenza, essendo le conversazioni richiamate dalla Corte territoriale suscettibili di plausibili letture alternative, come ad esempio quelle relative alla consegna del “formaggio”, essendo provato che, in uno dei due incontri indicati nella sentenza a pag. 924, effettivamente (OMISSIS) ha consegnato del formaggio. Rispetto al capo P3, si rileva che il materiale probatorio delineatosi al riguardo e’ del tutto insufficiente, non essendo certo che il ” (OMISSIS)” menzionato nella conversazione ambientale richiamata dalla Corte territoriale fosse identificabile con il ricorrente, anche alla luce dell’uso comune di tale diminutivo. infine, quanto ai capi Z2 e Z3, si osserva che gli stessi concernono “armi parlate”, senza che le dichiarazioni de mieto provenienti dal coimputato (OMISSIS) (OMISSIS) siano state supportate da elementi di riscontro, non essendosi peraltro considerato che in quel momento il padre del ricorrente stava parlando con la sua amante.
Con il terzo motivo, sono state rivolte critiche al giudizio sulla sussistenza delle aggravanti della transnazionalita’, del fine di favorire associazioni mafiose, dell’ingente quantita’, del numero di sodali superiore a 10 e dell’essere stati commessi i fatti da piu’ di cinque persone in concorso tra loro.
Quanto alla prima aggravante, si obietta che la sentenza impugnata ha dato per scontata la presenza all’estero di un gruppo organizzato dedito al crimine; in assenza di indagini da parte delle Autorita’ locali e di quelle procedenti, ritenendo altresi’ scontata, pur in mancanza di prove al riguardo, l’imputabilita’ di tale aggravante ai tutti i soggetti coinvolti, anche a chi, come il ricorrente, ha rivestito posizioni secondarie e marginali, essendo del tutto insufficiente, in senso contrario, il fatto che (OMISSIS) abbia avuto contatti con (OMISSIS).
In ordine all’aggravante ex L. n. 203 del 1991, articolo 7, si osserva che la stessa e’ stata fondata solo su semplici “chiacchiere” di alcuni imputati che farebbero riferimenti ai termini “famiglia” e “ndrina” per rassicurare il presunto emissario colombiano, senza che sia stata svolta alcuna indagine a riscontro, non potendosi escludere comunque che si fosse in presenza di semplici millanterie.
Con riferimento all’ascrivibilita’ al ricorrente dell’aggravante dell’ingente quantita’, la difesa rimarca la natura indiretta e de relato della fonte di prova valorizzata dal giudice, proveniente da un coimputato, ovvero il padre di (OMISSIS), senza che ne sia stata adeguatamente riscontrata l’attendibilita’.
Rispetto infine all’aggravante del numero di persone, si rileva che il ricorrente ha intrattenuto diretti esclusivamente con il padre, essendosi limitato a fare da autista al soggetto colombiano e a presenziare a taluni incontri con altri imputati, ovvero (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), senza proferire alcuna parola.
Con il quarto motivo, la difesa si duole del trattamento sanzionatorio, rilevando che la Corte territoriale, pur mitigando la pena inflitta dal G.U.P., ben avrebbe potuto applicare il minimo edittale sia rispetto alla determinazione della pena base, sia in relazione agli aumenti per la continuazione, e cio’ avuto riguardo al ruolo marginale ricoperto dal ricorrente, il quale peraltro, nonostante la condizione di assoggettamento al padre, non ha mancato di palesare alla madre la propria disapprovazione per le attivita’ compiute dal genitore; sarebbe stato pertanto adeguato un piu’ mite trattamento sanzionatorio, anche in coerenza con il riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche e dell’applicazione dell’aumento minimo per l’aggravante della transnazionalita’.
Con il quinto motivo, oggetto di doglianza e’ la statuizione relativa alla confisca, rilevandosi in proposito che, se e’ vero che la Corte di appello ha escluso correttamente la provenienza illecita del denaro utilizzato per l’acquisto di una parte dei beni sequestrati, stante la tracciabilita’ del denaro utilizzato, e’ tuttavia altrettanto innegabile che per i restanti beni e’ stata confermata la misura ablatoria per il mancato adempimento da parte del ricorrente di una prova diabolica che nessuno sarebbe stato in grado di fornire: il riferimento e’ in particolare al rilievo sulla mancata prova della consegna delle somme di denaro ricevute dal ricorrente da parte dei nonni, del padre e della zia, pur a fronte delle dichiarazioni dei diretti interessati che affermavano di aver corrisposto il denaro.
Parimenti ignorato sarebbe inoltre il dato della collocazione temporale della acquisizione del bene immobile, avvenuta nel 2012, rispetto a reati contestati dal 2015 in poi, non essendosi tenuto conto in proposito del fatto che il giudice della prevenzione ha disposto la restituzione di buona parte dei beni sequestrati, tra cui anche il lotto di terreno sito in (OMISSIS) (particelle (OMISSIS)) oggetto di confisca da parte della Corte di appello; la presunzione di illegittimita’ della provenienza dei prestiti ottenuti dai familiari per l’acquisto, del lotto doveva ritenersi invero superata dalla produzione documentale difensiva, da cui e’ emerso che i nonni del ricorrente, (OMISSIS) e (OMISSIS), hanno erogato a quest’ultimo nel 2013 dei prestiti per l’acquisto del lotto, cio’ a conferma della credibilita’ delle loro dichiarazioni circa i loro aiuti economici.
Del resto, non vi era alcun obbligo di redazione di un documento cartaceo dell’avvenuta consegna del denaro in contanti tra le parti, visti i rapporti tra loro. Peraltro, l’assunto secondo cui le fonti di denaro provenienti dai familiari di (OMISSIS) non sarebbero transitate sul conto corrente in uso all’imputato sarebbe frutto di un travisamento della prova documentale, risultando dall’estratto di conto corrente n. 833 del 29 settembre e del 31 dicembre 2012 prodotto dalla difesa che il versamento in contanti precede l’emissione degli assegni circolari. Per cui l’onus probandi a carico dell’imputato doveva ritenersi adeguatamente assolto.
2.20.1. In data 13 settembre 2021, l’avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), ha depositato sia una memoria difensiva, con cui ha insistito nell’accoglimento del ricorso, sia la sentenza del Tribunale di Vibo Valentia del 15 giugno 2020, che ha trattato le posizioni degli imputati che hanno optato per il rito ordinario, rilevandosi che tale pronuncia assume un pregnante rilievo nel caso di specie, sia nella parte in cui ha escluso la sussistenza giuridica di episodi specifici contestati anche al ricorrente (capo L), sia nella misura in cui ha assolto molti imputati dalle contestazioni di cui ai capi A, D ed E, essendo la situazione probatoria relativa a (OMISSIS) del tutto analoga a quella degli imputati prosciolti.
2.21. (OMISSIS) ha sollevato due motivi.
Con il primo, la difesa contesta la quantificazione degli aumenti di pena a titolo di continuazione, osservando che gli stessi sono stati operati sulla scorta di una forbice edittale piu’ sfavorevole di quella oggi in vigore per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, essendo le due sentenze di merito e i reati contestati successivi alla pronuncia della Consulta, per cui si imporrebbe una rideterminazione del trattamento sanzionatorio, sulla scorta dei principi elaborati dalle Sezioni Unite di questa Corte n. 33040 del 2015, ricorrente lazouli.
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta l’eccessivita’ e la sproporzione della pena irrogatagli e la, violazione dell’articolo 125 c.p.p., comma 3 e art.62 bis c.p., osservando che le conclusioni dei giudici di merito in punto di trattamento sanzionatorio non sono coerenti con gli elementi emersi nel corso delle indagini, sintomatici dell’esistenza di profili positivamente valutabili.
2.22. (OMISSIS) ha sollevato tre motivi.
Con il primo, la difesa contesta la formulazione del giudizio di colpevolezza dell’imputato, deducendo il travisamento della prova, nella misura in cui e’ stata utilizzata un’intercettazione (progr. 33377) che fa riferimento al destinatario della sostanza come dato dimostrativo dell’effettiva traditio della droga o dell’accordo sinallagmatico, elementi che invece non emergevano affatto dal dialogo intercettato. Peraltro, mancando di confrontarsi con le doglianze difensive, la Corte di appello non ha spiegato’ in. che momento (OMISSIS) avrebbe ricevuto l’ordine da (OMISSIS), essendo piuttosto emerso che l’iniziativa era partita dallo stesso (OMISSIS), che aveva spontaneamente acquistato la droga, per saldare un debito dall’origine ignota, mancando in ogni caso la prova dell’accettazione della proposta da parte di (OMISSIS). Dunque, non conoscendosi la qualita’ e quantita’ della sostanza, ne’ se l’eventuale destinazione della stessa a (OMISSIS), qualora questi abbia avuto un ruolo, fosse per uso personale, si sarebbe dovuti pervenire all’assoluzione del ricorrente, dovendosi rilevare che il G.I.P. di Vibo Valentia non aveva convalidato il fermo di (OMISSIS), alla stregua di una corretta valutazione indiziaria, non superata da contrarie emergenze probatorie.
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 1 e 6, osservando che da alcun elemento risulta che il quantitativo di droga che sarebbe stata consegnata da (OMISSIS) a (OMISSIS) fosse misurabile in chilogrammi, parlandosi nelle intercettazioni unicamente di pacchi. Cio’ avrebbe dunque giustifidato la riqualificazione della condotta nella fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 73, comma 5, trattandosi di “droga parlata”. La difesa censura altresi’ il giudizio sull’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 6, sottolineando che la presenza degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) non e’ stata mai contestuale, venendo in rilievo un affare privato tra lo stesso (OMISSIS) e (OMISSIS), che prese l’iniziativa di saldare un debito.
Con il terzo motivo, oggetto di doglianza e’ il trattamento sanzionatorio, rimarcandosi l’eccessivita’ della pena base, fissata in anni 6 e mesi 6, ovvero in misura superiore al minimo edittale, mentre l’assenza di indicazioni della quantita’ della sostanza, la mancanza di dati intercettivi diretti tra i correi e l’esclusione dell’ipotesi di cui all’articolo 73, comma 6 avrebbero giustificato l’applicazione del minimo edittale.
2.23. (OMISSIS) ha sollevato sette motivi.
Con il primo, la difesa contesta l’affermazione della responsabilita’ penale dell’imputato in relazione al capo E, censurando sia il giudizio sulla sussistenza del fatto, sia quello sull’ascrivibilita’ della condotta al ricorrente; sotto il primo profilo, si osserva che, pur essendo stati contestati al capo E due tentativi di importazioni di droga, uno di 800 chili, l’altro di 1.000 chili, le sentenze di merito non sono state in grado di chiarire quale dei due episodi fosse sussistente, avendo al contrario la Corte di appello ritenuto ravvisabile un solo tentativo, senza motivare sulla insussistenza dell’altro, nonche’ sul contributo di ogni singolo imputato. Dunque, nel caso di specie, non e’ stato specificato all’acquisizione di quale delle due partite di droga fosse finalizzata la presunta dazione della somma di denaro, e cio’ senza considerare l’evidentissima sproporzione tra la somma di denaro che si assume anticipata, rispetto alla consistenza dell’una o dell’altra fornitura. Peraltro, aggiunge la difesa, nel caso di specie alcun accordo era stato realmente raggiunto dalle parti, desumendosi dai contatti registrati nel primo semestre del 2016 l’indicazione di somme irrisorie, non superiori a 35.000-40.000 Euro, notoriamente insufficienti per stabilire contatti con i cartelli colombiani, non essendo stato peraltro stabilito dove e come la droga dovesse arrivare in Italia. Quanto alla presunta partecipazione di (OMISSIS) al fatto, si evidenzia che i giudici di merito hanno. posto a foldamento dell’iter motivazionale non un indizio ma una mera congettura, ovvero quella secondo cui ogni conversazione intercorsa tra (OMISSIS) e (OMISSIS) avesse ad oggetto il reperimento di somme per commettere il reato, sebbene di tale argomento non vi sia traccia nei contatti intercettati. Piuttosto, la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che, come provato dalla difesa attraverso la produzione delle relative fatture commerciali, esistevano costanti rapporti di lavoro tra (OMISSIS), titolare di un caseificio in Calabria, e (OMISSIS), titolare di un ristorante in Calabria e di un albergo a (OMISSIS), tanto e’ vero che spesso nelle loro conversazioni si parla di prodotti caseari e di legname.
Parimenti ignorata sarebbe rimasta poi la circostanza in base alla quale non vi e’ mai stata coincidenza tra le presunte somme evincibili dai dialoghi tra (OMISSIS) e il ricorrente e quelle investite dal, primo nel presunto affare illecito.
Con il secondo motivo, oggetto di doglianza e’ la mancata affermazione della sussistenza della desistenza volontaria, non essendosi considerato che gli imputati hanno procacciato somme per un potenziale acquisto non superiore a 4 chili, a fronte di una contestazione riferita a 800 chili, per cui la trattativa e’ ben presto naufragata, questo gia’ ad aprile 2016, avendo quindi gli imputati desistito dall’affare senza l’interferenza di alcun fattore esterno, tipo sequestri o arresti. Con il terzo motivo, il ricorrente censura il giudizio sulla sussistenza della aggravante ex Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 73, , posto che (OMISSIS) non poteva sapere del presunto coinvolgimento di altri soggetti nella vicenda, ne’ risulta che abbia ignorato per colpa l’esistenza di altri concorrenti nel reato, avendo egli, pacificamente, un rapporto esclusivo soltanto con (OMISSIS).
Con il quarto motivo, sono state eccepite l’inosservanza della L. n. 146 del 2006, articolo 4 e la carenza di motivazione rispetto alla configurabilita’ della predetta aggravante, non essendo state considerate le doglianze difensive con cui, sulla scorta di quanto affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 18374 del 2013, e’ stata rimarcata la mancanza di rapporti tra il gruppo criminale organizzato transnazionale e l’associazione a delinquere di cui al capo A, non,essendo possibile verificare se si tratti o meno di gruppi organizzati diversi.
Con il quinto motivo, il ricorrente si duole del giudizio sulla sussistenza della aggravante ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, rilevando che il tentativo di acquisto non poteva superare la somma di 30-40.000 Euro, per cui la condotta non aveva ad oggetto un quantitativo ingente di droga, anche perche’ si trattava di un carico di prova, dopo la perdita dei 63 chili di droga sequestrati a Livorno.
Con il sesto motivo, viene censurato il computo della pena, deducendosi la violazione dell’articolo 63 c.p., comma 4, nel senso che la Corte di appello, una volta applicate le aggravanti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 6 e articolo 80, non avrebbe potuto apportare un ulteriore aumento per l’aggravante della transnazionalita’, o quantomeno avrebbe dovuto contenerlo in misura assai inferiore, prevedendo la norma prima richiamata l’applicazione della sola pena relativa alla circostanza piu’ grave, salva la facolta’ di valutare discrezionalmente se aumentare la pena derivante dall’applicazione, della circostanza a effetto speciale, trasformandosi cioe’ la circostanza aggravante soccombente da aggravante a effetto speciale ad aggravante facoltativa comune, come precisato anche dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 20798 del 2011.
Con il settimo motivo, la difesa contesta la determinazione della pena base, risultata ingiustificatamente distante dal minimo edittale, pur venendo in rilievo un tentativo e pur avendo avuto (OMISSIS) un corretto contegno processuale.
2.24. (OMISSIS) ha sollevato un unico motivo, con cui la difesa deduce la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 73, lamentando la contraddittorieta’ della motivazione rispetto alla formulazione del giudizio di colpevolezza, rispetto al quale, peraltro, andava riconosciuta l’invocata ipotesi della lieve entita’, venendo in rilievo piccole quantita’ di droga, mancando in ogni caso la prova che l’imputato abbia provveduto alla successiva vendita dello stupefacente in favore di terze persone.
2.25. (OMISSIS) ha sollevato un unico motivo (comune alla posizione di (OMISSIS)), con cui la difesa ha dedotto la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 74, premettendo che in sede di appello vi era stata rinuncia ai motivi in punto di responsabilita’ rispetto ai capi A (reato associativo) ed F (reato fine), ma, mentre su quest’ultimo capo non vengono mosse obiezioni, la difesa chiede invece di riconsiderare la rinuncia ai motivi riferita al delitto associativo di cui al capo A, rilevando che in proposito la Corte territoriale si e’ limitata a prendere atto della rinuncia al motivo, senza tener conto delle deduzioni difensive sollevate rispetto alla prima sentenza e volte a contestare l’ascrivibilita’ al ricorrente della condotta illecita, stante l’assenza di adeguati riscontri probatori alla tesi accusatoria, essendo mancata sia la consapevolezza da parte dell’imputato dell’esistenza del sodalizio criminoso, sia e soprattutto la volonta’ del medesimo di farne parte, e cio’ anche alla luce della durata mir imale dei contatti tra il ricorrente e (OMISSIS).
Il 24 aprile 2020 e’ stato poi presentato un “ricorso integrativo”, con il quale la difesa ha dedotto la contraddittorieta’ e la manifesta illogicita’ della motivazione in ordine alla valutazione di congruita’ quoad poenam effettuata dalla Corte di appello rispetto all’aumento per la continuazione operato in ragione dell’ulteriore contestazione di cui al capo F, osservandosi al riguardo che i giudici di secondo grado, da un lato, hanno ritenuto di riconoscere la prevalenza delle attenuanti generiche rispetto alle aggravanti in bilanciamento e, dall’altro, hanno mantenuto inalterato l’aumento per la continuazione rispetto a quello operato dal G.U.P., senza tener conto della valenza positiva della rinuncia ai motivi sulla responsabilita’ e con violazione del principio di proporzionalita’, atteso che, pur essendo il capo F comparabile per gravita’ al capo E, l’aumento rispetto a tale reato e’ stato computato in 1 anno e 4 mesi di reclusione,’ mentre l’aumento per il capo F e’ stato quantificato in 2 anni, con conseguente e ingiustificata disparita’ di trattamento.
Il 22 luglio 2021 il difensore di (OMISSIS) ha depositato motivi nuovi, con i quali, a sostegno del ricorso principale, e’ stato evidenziato che l’unica prova a conforto della presunta partecipazione del ricorrente al sodalizio criminoso e’ stata indicata dal primo giudice nelle intercettazioni che sarebbero intercorse tra l’imputato e i fornitori colombiani, ma e’ in atti la perizia, completamente travisata e pretermessa, che esclude che quelle conversazioni siano riferibili al coimputato di (OMISSIS), (OMISSIS), giovando cio’ anche a (OMISSIS), posto che il cellulare in questione era attribuito indifferentemente all’uno o all’altro dei conversanti; peraltro, se il conversante non e’ (OMISSIS), non puo’ essere neanche (OMISSIS), posto che quel soggetto riferisce al proprio interlocutore di avere due figli, mentre (OMISSIS) ne ha tre, come risulta dal certificato anagrafico allegato. La Corte di appello non. e’ ritornata sul tema, che resta dunque governato da quelle considerazioni della sentenza di primo grado frutto di un marchiano travisamento. Di qui l’evidenza dell’innocenza del ricorrente, a nulla rilevando la rinuncia parziale ai motivi operata in grado di appello, scala questa legata solo a cogenze cautelari, per cui il giudice avrebbe dovuto applicare l’articolo 129 c.p.p., comma 1, non essendosi il rapporto processuale esaurito con la formazione del giudicato. Si invoca dunque l’intervento nomofilattico di questa Corte, al fine di riallineare il processo alla legalita’ e alla giustizia, essendo pacifico che (OMISSIS) non ha commesso il reato contestato, non potendo rilevare in senso ostativo la rinuncia ai motivi.
2.26. (OMISSIS) ha sollevato tre motivi.
Con il primo, la difesa contesta la formulazione del giudizio di colpevolezza dell’imputato con riferimento al reato associativo di cui al capo A), evidenziando che, pur avendo derubricando la condotta di (OMISSIS) da organizzatore a partecipe, la, sentenza impugnata presenta comunque un deficit motivazionale rispetto alla ricostruzione del ruolo del ricorrente, non essendosi considerato che questi non aveva alcun rapporto con i vertici del sodalizio, non essendo stato peraltro mai menzionato dalla collaboratrice di giustizia (OMISSIS), compagna di (OMISSIS), figura centrale della vicenda per cui si procede.
Peraltro, la circostanza che (OMISSIS) sia stato assolto sia dall’accusa di essere partecipe’ dell’associazione, sia dall’episodio di spaccio contestato al capo F avrebbe dovuto riverberarsi anche rispetto alla posizione di (OMISSIS), atteso che (OMISSIS), nipote di (OMISSIS), e’ il soggetto che, nella ricostruzione accusatoria, fungeva da intermediario tra (OMISSIS) e i vertici del sodalizio, per cui, escluso il coinvolgimento di (OMISSIS), occorreva nella o’ sentenza impugnata un adeguato supplemento motivazionale per spiegare in che modo, venuto meno il trait d’union originariamente ipotizzato, (OMISSIS) potesse ritenersi collegato agli altri partecipi della struttura associativa; allo stesso modo, non sarebbe stato chiarito dalla Corte di appello per quale motivo l’episodio contestato al capo F assurgerebbe a prova dell’asserita esistenza di una “sottocellula bolognese dell’associazione”, non essendo stata considerata altresi’ la limitatezza temporale dell’asserito coinvolgimento di (OMISSIS) nelle operazioni di narcotraffico.
– Con il secondo motivo, oggetto di censura e’ l’affermazione della responsabilita’ penale del ricorrente rispetto al reato, di cui al capo F, relativo al tentativo di importazione di un ingente quantitativo di cocaina dalla Colombia, osservandosi che a tal fine la Corte di appello aveva fatto ricorso a urta serie di congetture non verificabili, non tenendo conto del fatto che l’assoluzione di (OMISSIS), ritenuto la longa manus di (OMISSIS), era destinata a indebolire la prospettazione accusatoria. In particolare, quanto all’episodio di aprile 2015, sono stati disattesi i rilievi difensivi tesi a segnalare che nel caso di specie non vi era stata una spendita del nome dello zio da parte di (OMISSIS), essendo del resto paradossale sostenere il coinvolgimento di (OMISSIS) affermando l’estraneita’ dell’intermediario. Anche rispetto agli sviluppi dei mesi successivi non sarebbe ipotizzabile alcun ruolo del ricorrente, essendo apodittica l’argomentazione della Corte territoriale secondo cui sarebbe riferibile a (OMISSIS) il nome ” (OMISSIS)” di cui (OMISSIS) parlava con il fornitore sudamericano nelle conversazioni del maggio 2015, ben potendo il “Franco” di tali dialoghi essere identificato nel coimputato (OMISSIS).
Con il terzo motivo, anch’esso riferito alla condanna per il capo F, la difesa deduce la violazione della disciplina in tema di tentativo, rilevando che nel caso di specie era ravvisabile non un delitto tentato, ma un’ipotesi di desistenza, atteso che l’importazione della droga non ha avuto piu’ luogo a casa di una valutazione di opportunita’ dei soggetti coinvolti e non in base a fattori impeditivi esterni. L’arrivo del carico di droga al porto di Genova e’ stato infatti escluso in base al timore di un possibile controllo delle Forze dell’ordine, timore che non puo’ certo assurgere a impedimento esterno, tanto piu’ ove si consideri che gli agenti non hanno provato a trovare soluzioni alternative all’approdo ligure, per
cui ben poteva ritenersi ravvisabile l’ipotesi di cui all’articolo 56 c.p., comma 3 avendo gli imputati desistito’ spontaneamente dall’attuazione del loro proposito criminoso.
2.26.1. Il 6 settembre 2021 l’avvocato (OMISSIS) ha fatto pervenire un motivo nuovo, con il quale, con riferimento al primo motivo di ricorso, ribadisce il difetto di motivazione circa l’esistenza di un accordo criminoso in grado di superare l’ambito del mero concorso di persone, a cio’ aggiungendosi il rilievo circa la totale pretermissione degli argomenti segnalati dalla difesa volti a rimarcare la limitatezza temporale del coinvolgimento di (OMISSIS) nelle operazioni di narcotraffico e il carattere accidentale del suo intervento; peraltro, la collaboratrice di giustizia ha reiteratamente escluso non solo il coinvolgimento dell’imputato nelle vicende delittuose, ma anche di aver sentito parlare di (OMISSIS) da parte degli altri sodali, dovendosi altresi’ considerare che l’assoluzione di (OMISSIS) da parte della Corte di appello e’ destinata a riverberarsi anche rispetto alla posizione del ricorrente, che, quale nipote di (OMISSIS), era ritenuto una sorta di suo portavoce, per cui egli, oltre che promotore, non poteva neanche essere qualificato come partecipe del sodalizio criminoso, non essendo sufficiente in tal senso il suo coinvolgimento in un singolo episodio illecito.
– 2.27. La (OMISSIS) ha sollevato un unico motivo, don cui la difesa contesta il trattamento sanzionatorio, osservando che la Corte di appello, nel rideterminare la pena inflitta dal G.U.P., pur riducendo gli aumenti applicati in primo grado a titolo di continuazione per i capi O ed F, aveva erroneamente applicato gli articoli 81 e 133 c.p., disattendo, con motivazione carente e illogica, le deduzioni difensive, con cui si era rimarcato che la (OMISSIS) era in una posizione di evidente sudditanza nei confronti di (OMISSIS) e non era a conoscenza nei dettagli delle attivita’ svolte da (OMISSIS), per CUI l’intensita’ del dolo era di minima portata, giustificando cio’ un piu’ adeguato ridimensionamento dell’aumento per la continuazione, e tanto anche in considerazione dello status di incensurata dell’imputata e della sua condotta post delictum, improntata a collaborazione e a sostanziale resipiscenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sono inammissibili, mentre i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sono infondati.
E’ invece fondato il ricorso di (OMISSIS), mentre sono parzialmente fondati i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e Giuseppe (OMISSIS), solo limitatamente all’aggravante di cui all’articolo 416 bis. 1 c.p., risultando il ricorso di (OMISSIS) meritevole di accoglimento anche rispetto alla disposta confisca.
1. Prima di soffermarsi sul contenuto dei 27 ricorsi proposti, si ritiene utile una sintetica e preliminare ricostruzione della vicenda oggetto di giudizio.
Orbene, premesso che gli odierni ricorrenti hanno optato per il rito abbreviato (mentre risulta pendente il procedimento a carico di coloro che hanno scelto il rito ordinario), deve rilevarsi che sia il G.U.P. che la Corte di appello, ai fini dell’inquadramento dei fatti, hanno richiamato l’informativa finale del q.I.C.O. della Guardia di Finanza di âEuroËœCatanzaro depositata il 13 gennaio 2017, con la successiva integrazione del 17 gennaio 2017, in cui sono state tratteggiate le caratteristiche di un sodalizio impegnato nel traffico nazionale e internazionale di stupefacenti e operativo in Vibo Valentia, in particolare nei territori di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), ma con propaggini in altri ambiti territoriali. L’azione investigativa ha avuto origine da una comunicazione pervenuta, nel novembre 2014, dalla National Crime Agency (N. C.A.) presso l’Ambasciata della Gran Bretagna in Italia, che, recependo un’analoga informazione del paritetico organismo in Colombia, segnalava la connivenza tra un’organizzazione criminale colombiana e una italiana, impegnate entrambe nella importazione di ingenti quantitativi di cocaina dal Sudamerica da destinare al mercato Europeo: veniva in particolare evidenziato che un sodalizio criminale italiano, operante nel circondario vibonese, stava tentando di definire con il cartello colombiano, riconducibile a tale (OMISSIS), la negoziazione di considerevoli partite di cocaina, essendo emerso in tal senso che nel settembre 2014 tale (OMISSIS), recatosi a (OMISSIS), intratteneva rapporti con alcuni fornitori colombiani, agendo in sinergia con tale (OMISSIS). Nel corso delle trattative, si delineava altresi’ il ruolo di (OMISSIS), intraneo alla âEuroËœndrina (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS) di (OMISSIS), il quale, unitamente ad (OMISSIS), gia’ dal dicembre 2014 negoziava un primo tentativo di importazione di cocaina in Italia attraverso la Spagna, per poi cercare nuovi canali di approvvigionamento mettendosi in contatto direttamente con il cartello colombiano rappresentato da (OMISSIS), che a sua volta si avvaleva della; collaborazione di tale (OMISSIS), emissario colombiano inviato in Italia.
Dalle operazioni di intercettazioni eseguite emergeva inoltre che, a seguito della estromissione dagli affari di (OMISSIS), il budget dei calabresi per l’investimento
subiva un sostanziale ridimensionamento, nel senso che gli acquirenti italiani commissionavano un quantitativo pari a 400 chili, inferiore ai 1.500 chili oggetto della precedente trattativa:e pronti per essere spediti dal porto di Turbo, ma i colombiani si determinavano comunque a spedire 1.500 chili, con il proposito di commercializzare i restanti 1.100 chili in altri ambiti Europei, vantando il cartello rapporti con altri partecipi in parti diverse dell’Europa.
Tenuto conto che ogni chilo aveva un costo di circa 7.000-8.000 Euro, l’impegno economico per l’operazione risultava pari ad almeno 3 milioni di Euro, per cui veniva organizzato una sorta di “consorzio” tra gli esponenti di spicco di diverse âEuroËœndrine, tutte storicamente operanti nel territorio di Vibo Valentia, ovvero i (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS) di (OMISSIS), i (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS) di (OMISSIS) e la âEuroËœndrina di (OMISSIS); l’operazione, cristallizzata al capo D, si sviluppava tra gennaio e agosto del, 2015 con il coinvolgimento di vari soggetti. Intanto, il 20 gennaio 2015, arrivava in Italia il narcotrafficante (OMISSIS), il quale restava in Calabria fine) al 27 gennaio per concordare con il sodalizio la vendita della partita di cocaina; le trattative proseguivano anche dopo il ritorno di (OMISSIS) in Sudamerica, mentre il 5 marzo 2015 giungeva in Italia (OMISSIS), il quale, nel mantenere i contatti con il connazionale (OMISSIS), indicava le modalita’ operative per la spedizione del carico, rappresentando l’esigenza per H cartello colombiano di acquisire preventivamente una somma di denaro per far pervenire lo stupefacente (OMISSIS) si adoperava quindi per rinvenire l’importo necessario presso una pluralita’ di soggetti, tra cui (OMISSIS) e (OMISSIS). Quindi, il denaro raccolto veniva consegnato il 15 aprile 2015 al libanese (OMISSIS), il quale lo faceva recapitare al cartello colombiano. Nei mesi successivi, pertanto, veniva pianificato il trasporto dello stupefacente, che partiva dal porto di Turbo in Colombia a bordo della nave “(OMISSIS)” (la presente vicenda e’ oggetto del capo D).
Immediatamente prima dell’arrivo della nave alla destinazione prevista, ovvero il porto di Livorno, giungeva in Italia (OMISSIS), il quale consegnava ai componenti del sodalizio un foglio con l’indicazione del container dove era stata collocata la droga, occultata in un carico di copertura costituito da contenitori di banane. In questa fase intervenivano tra gli altri i sodali (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali si occupavano delle operazioni di recupero dello stupefacente. Il 19 agosto 2015, tuttavia, interveniva il sequestro della droga al porto di Livorno da parte dei militari della Guardia di Finanza, per cui a quel punto avevano inizio nuovi contatti tra i colombiani e i sodali italiani, finalizzati ad altri tentativi di importazione di cocaina, vicenda questa cristallizzata nel capo E. In particolare, in una prima fase, sviluppatasi tra il 24 agosto e il 31 ottobre 2015, proseguivano i contatti con (OMISSIS), il quale concordava una nuova importazione con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), per poi fare rientro in Colombia il 6 settembre per definire i dettagli operativi con il cartello colombiano, mentre in Italia proseguivano i contatti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), coinvolti anche nella precedente vicenda del capo D. A partire dal rientro in Italia di (OMISSIS), avvenuto 11 novembre 2015, aveva inizio una seconda fase dedicata al reperimento del denaro da mandare in Colombia, avendo nel frattempo il narcotrafficante trovato ospitalita’ prima a Vibo Valentia a casa di (OMISSIS), amante di (OMISSIS) e poi a Milano in un appartamento nella disponibilita’ di (OMISSIS), dipendente di (OMISSIS).
Una volta raccolto il denaro, parte del quale versato da (OMISSIS), lo stesso veniva consegnato a (OMISSIS) a una donna colombiana, tale ” (OMISSIS)”; l’arrivo dello stupefacente, tuttavia, non si concretizzava per la difficolta’ di individuare un porto italiano al riparo da possibili controlli di polizia. Nel frattempo, (OMISSIS) si spostava in un hotel della famiglia di (OMISSIS) in provincia di Bergamo, a (OMISSIS), e in questa fase emergeva altresi’ la figura di (OMISSIS), che si occupava di recapitare a (OMISSIS) altro denaro da inviare in Colombia, mentre il sodalizio calabrese si attivava contestualmente per reperire nuovi canali di approvvigionamento da altri Paesi Europei, sfruttando le conoscenze di (OMISSIS) con gli esponenti di gruppi criminali collegati ai colombiani. Ora, se le vicende descritte ai capi D ed E rappresentano le principali imputazioni che coinvolgono gran parte dei ricorrenti, deve altresi’ precisarsi che sono state elevate nel presente giudizio numerose altre contestazioni riferite a singoli operazioni di acquisto o detenzione illecita di sostanze stupefacenti, riconducibili al medesimo contesto delinquenziale, al quale si ricollega altresi’ la contestazione associativa (capo A), riguardante appunto l’esistenza di un sodalizio impegnato, anche su scala internazionale, nell’importazione e nei traffici illeciti di droghe, attraverso il contributo di una pluralita’ di soggetti residenti non solo in Calabria, ma anche altrove, come nel caso della cd. “cellula bolognese” del gruppo, diretta da (OMISSIS), che interagiva con (OMISSIS) e (OMISSIS).
2. Compiuto questo breve inquadramento generale, e’ ora possibile passare all’esame dei 27 ricorsi, dovendosi innanzitutto rilevare che nove posizioni sono suscettibili di essere trattate unitariamente, trattandosi di imputati che lo hanno definito la loro posizione mediante cd. concordato in appello ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)), o che comunque nanne rinunciato in appello ai motivi sulla responsabilita’ ( (OMISSIS) e (OMISSIS)).
2.1. Iniziando dalla posizione dei ricorrenti che hanno definito la loro posizione mediante cd. concordato in appello, occorre premettere che, come gia’ precisato da questa Corte (Sez. 1, ord. n. 30403 del 09/09/2020, Rv. 279788), a seguito della reintroduzione dell’istituto del cd. patteggiamento in appello ex articolo 599 bis c.p.p. ad opera della L. 23 giugno 2017, n. 103, rivive il principio secondo il quale il giudice di secondo grado, nell’accogliere la richiesta di pena concordata, non e’ tenuto a motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per taluna delle cause di cui all’articolo 129 c.p.p., posto che, a causa dell’effetto devolutivo, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai Motivi di impugnazione, la cognizione del giudice di merito deve limitarsi ai motivi non rinunciati (cfr. Sez. 5, n. 3391 del 15/10/2009, dep. 2010, Rv. 245919).
Questo principio era stato elaborato in relazione al similare istituto previsto dall’articolo 599 c.p.p., comma 4, successivamente abrogato dal Decreto Legge n. 92 del 2008; in definitiva, si determina, con la predetta rinuncia, connessa al concordato sulla pena in appello, una preclusione processuale che impedisce al giudice di prendere cognizione di quanto deve ritenersi non essergli devoluto (non solo in punto di responsabilita’), sicche’ la relativa sentenza non deve motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’articolo 129 c.p.p., ne’ sull’Insussistenza di cause di nullita’ assoluta o di inutilizzabilita’ delle prove, in quanto la cognizione del giudice e’ limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (Sez. 4, n. 52803 del 14/09/2018, Rv.274522).
Ne consegue che e’ inammissibile il ricorso per cassazione relativo a questioni, anche rilevabili d’ufficio, alle quali l’interessato abbia rinunciato in funzione dell’accordo sulla pena in appello, in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla parte dall’articolo 599 bis c.p.p. non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimita’, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione, essendo le uniche doglianze proponibili contro una sentenza emanata all’esito del concordato ex articolo 599 bis o quelle relative a eventuali vizi della sentenza rispetto alla volonta’ della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta, al Contenuto difforme della pronuncia e all’applicazione della pena illegale. Sotto tale profilo, deve essere altresi’ richiamato il principio elaborato da questa Corte (cfr. Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, Rv. 278170), secondo cui, in tema di concordato in appello, sono inammissibili non solo le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex articolo 129 c.p.p., ma anche quelle relative a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalita’ della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali, ovvero diversa da quella prevista dalla legge.
2.2. Alla luce di tali premesse interpretative, tutti i ricorsi degli imputati che hanno definito la posizione mediante concordato in appello devono essere ritenuti inammissibili: ed invero (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno sollevato censure solo in punto di trattamento sanzionatorio, senza pero’ che al riguardo siano stati dedotti o siano comunque ravvisabili profili di illegalita’ della pena, e tanto sia rispetto alla determinazione della pena base, che in relazione agli aumenti operati ex articolo 81 c.p., non essendosi altresi’ verificato per ciascuno alcun peggioramento della pena finale e non avendo alcuna incidenza pratica la sentenza della Consulta n. 40 del 2019. Dal canto loro, (OMISSIS) ha lamentato il giudizio sulla configurabilita’ dell’aggravante di cui all’articolo 112 c.p., comma 1, n. 1 e (OMISSIS) ha contestato il mancate riconoscimento della fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, avendo entrambi dedotto profili di merito attinenti al giudizio di colpevolezza che non possono tuttavia trovare ingresso in questa sede, trattandosi di aspetti che, a prescindere da ogni valutazione circa la loro fondatezza, attengono a motivi su cui vi e’ stata rinuncia nel giudizio di appello. Da cio’ consegue che i ricorsi proposti nell’interesse di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) devono essere dichiarati inammissibili, con conseguente onere per ciascun ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi e’ ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, si dispone che ciascun ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende.
2.3. A conclusioni analoghe deve pervenirsi rispetto ai ricorsi proposti nell’interesse degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS).
Costoro, infatti, nel giudizio di secondo grado, pur non proponendo un vero e proprio concordato, hanno comunque rinunciato ai motivi sulla responsabilita’, conseguendo una riduzione di pena (da 12 anni e 2 mesi a 7 anni, 3 mesi e 3 giorni), previo riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti contestate e, nel caso di (OMISSIS), previa esclusione della recidiva. Cio’ posto, entrambi i ricorrenti, sia nelle rispettive impugnazioni principali che nei motivi nuovi, hanno contestato il giudizio di responsabilita’ rispetto al reato associativo (capo A), con doglianze che tuttavia non possono ritenersi consentite in questa sede, dovendosi richiamare la condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 2; n. 47698 del 18/09/2019, Rv. 278006 e Sez. 4, n. 9857 del 12/02/2015, Rv. 262448), secondo cui la rinuncia parziale ai motivi d’appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, onde e’ inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongono censure attinenti ai motivi di appello rinunciati e non possono essere rilevate d’ufficio le questioni relative ai medesimi motivi, cio’ in quanto la rinuncia parziale ai motivi di appello ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimita’, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione o all’analoga ipotesi dell’accordo sulla pena in appello in forza dell’articolo 599 bis c.p.p..
Di qui l’inammissibilita’ delle censure riferite al giudizio di colpevolezza riferito al o’ capo A, che evocano profili di merito ancorati a dati fattuali non introdotti nel giudizio di secondo grado a seguito della rinuncia ai motivi sulla responsabilita’. Parimenti inammissibili sono le doglianze in punto di pena, sia perche’ le stesse sono, state proposte con un irrituale “ricorso integrativo” presentato dopo il ricorso principale, nel quale non vi erano censure sulla pena, sia perche’, in ogni caso, il trattamento sanzionatorio riservato a (OMISSIS) e (OMISSIS) non presenta alcuna criticita’, atteso che la pena e’ stata sensibilmente mitigata per entrambi e, quanto all’aumento per la continuazione per il reato fine di cui al capo F, la Corte territoriale, pur riducendone l’entita’ rispetto al primo grado, ha comunque sottolineato, con argomenti tutt’altro che illogici, l’Impossibilita’ di procedere a una diminuzione ulteriore dell’aumento ex articolo 81 c.p., avuto riguardo alla gravita’ del fatto, concernente un tentativo di importazione internazionale di stupefacente di rilevante entita’ e al ruolo attivo di entrambi gli imputati, recatisi in Francia per verificare se lo stupefacente potesse transitare da quel canale prima di giungere in Italia, avendo avuto inoltre i ricorrenti contatti personali nel corso della mediazione con i colombiani per l’acquisto della droga.
Ne consegue che anche i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) devono essere dichiarati inammissibili, con conseguente onere per ciascun ricorrente di sostenere le spese del procedimento e di versare la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende.
3. Per molti versi analoghe alle posizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS) sono quelle dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS): il primo, infatti, nel giudizio di secondo grado, ha rinunciato ai motivi sulla responsabilita’, insistendo solo su quelli in punto di pena, per cui la doglianza articolata nel primo motivo di ricorso e’ inammissibile, perche’ riferita al giudizio sulla sussistenza delle aggravanti, ovvero a profili di responsabilita’ non piu’ suscettibili di essere Messi in discussione in questa sede, stante la preclusione connessa alla rinuncia ai motivi in appello sul punto. Allo stesso modo, (OMISSIS), nel corso del processo di appello, ha rinunciato ai motivi sulla responsabilita’, ad eccezione di quello relativo alla riqualificazione della condotta associativa da promotore in partecipe, motivo che peraltro e’ stato accolto dalla Corte territoriale che, per (OMISSIS), come anche per (OMISSIS), ha proceduto alla rideterminazione della pena in senso meno afflittivo.
Ne consegue che le uniche censure che possono essere prese in considerazione in questa sede sono quelle relative alla determinazione della pena ( (OMISSIS) ha contestato nel ricorso anche la statuizione sulla confisca, con censure parimenti inarnmissibili, atteso che le stesse, avuto riguardo alla peculiare natura dell’istituto della confisca per sproporzione, non possono essere ricomprese in quelle concernenti la determinazione della pena, unico tema su cui non vi e’ stata rinuncia).
3.1. Orbene, quanto a (OMISSIS), la doglianza e’ manifestamente infondata. Ed invero la Corte territoriale ha ridotto la pena da 14 anni e 8 mesi a 9 anni di reclusione, fissando la pena base per il reato associativo (di cui l’imputato e’ stato ritenuto Partecipe) in misura pari ai minimo edittale (10 anni), operando prima l’aumento di un terzo per l’aggravante della transnazionalita’ e poi, sulla pena risultante (anni 13 e mesi 4), la riduzione ad anni 10 e mesi 2 per la ritenuta prevalenza delle attenuanti generiche, concesse dalla Corte di appello, sulle residue aggravanti del Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 80 e articolo 74, comma 3; sulla pena cosi’ risultante sono stati poi’ applicati gli aumenti per la continuazione pari ad anni 1 e mesi 10 per I1 capo D) e ad anni 1 e mesi 4 per il capo E), avendo al riguardo la sentenza impugnata precisato, in maniera non illogica; che gli aumenti per la continuazione, sebbene piu’ contenuti di quelli operati in primo
grado, non potevano tuttavia essere ancora inferiori, tenuto conto del ruolo assunto da (OMISSIS), che coadiuvava (OMISSIS) in entrambe le operazioni, relative peraltro a importazioni internazionali di stupefacenti, compiute da piu’ persone in un contesto illecito di dimensioni non certo trascurabili.
Con le pertinenti considerazioni della Corte territoriale, il secondo motivo di ricorso di (OMISSIS) non si confronta adeguatamente, per cui anche questo motivo di doglianza, al pari del primo, deve essere ritenuto inammissibile.
3.2. Analogo discorso vale per il quarto motivo del ricorso di (OMISSIS), l’unico rispetto al quale non opera la preclusione della rinuncia ai motivi operata dall’imputato nel giudizio di secondo grado nei termini prima precisati (l’inammissibilita’ dei motivi diversi da quello sulla pena si estende anche al motivo nuovo, relativo alla sussistenza di un’aggravante di natura soggettiva, rispetto alla quale parimenti vi e’ stata rinuncia ai motivi di appello).
Dunque, rispetto al trattamento sanzionatorio, occorre evidenziare che la Corte territoriale ha diminuito la pena dai 17 anni inflitti in primo grado a 9 anni e 6 mesi di reclusione, fissando la pena base per il reato associativo in 13. anni e 6 mesi, avendo al riguardo i giudici di appello osservato che il contributo di (OMISSIS), pur se riqualificabile in quello di partecipe e non piu’ di promotore, e’ risultato comunque tutt’altro che secondario, avendo agito il ricorrente quale finanziatore di un’operazione di importazione di stupefacenti, il che, pur alla luce della derubricazione del fatto, connota comunque la condotta dell’imputato in termini di maggiore gravita’ rispetto a quella degli altri compartecipi.
La pena e’ stata poi aumentata ad anni 18 per l’aggravante della transrazionalita’ e quindi ridotta ad’anni 12 per il riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti dell’ingente quantita’ e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 3; sulla pena cosi’ risultante sono stati poi applicati gli aumenti per la continuazione, pari ad anni 1 e mesi 4 per il capo E) e a mesi 11 per i capo L2), con applicazione della diminuente di un terzo sulla pena da cio’ scaturente.
Nel giustificare gli aumenti operati ai sensi dell’articolo 81 c.p., la Corte di appello, nel dare atto che la loro entita’ e’ ben piu’ contenuta rispetto a quella individuata in primo grado, ha osservato che l’innalzamento di pena non poteva essere inferiore, in considerazione del ruolo dell’imputato, il quale, nella dinamica del capo E, quello che ha comportato l’aumento maggiore (non potendo essere ritenuto affatto eccessivo quello operato rispetto al capo L2), ha preso parte a una riunione presso l’hotel “(OMISSIS)” della famiglia (OMISSIS), allorche’ si doveva discutere dell’importazione della droga e della consegna del denaro ai colombiani, cio’ nel contesto di un episodio aggravato dalla finalita’ di agevolare una cosca di âEuroËœndrangheta e nel quale erano coinvolte una pluralita’ di persone. Anche in tal caso, il percorso argomentativo della sentenza impugnata, in Quanto sorretto da considerazioni non irragionevoli, non presta il fianco alle censure difensive, formulate invero in termini non adeguatamente specifici.
3.3. Alla luce di tali considerazioni, i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) devono essere dichiarati quindi inammissibili, con conseguente onere per ciascun ricorrente di sostenere le spese del procedimento e di versare la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
4. Vi sono poi altre tre ricorsi suscettibili di trattazione unitaria, perche’ riferiti unicamente al trattamento sanzionatorio: si tratta in particolare delle posizioni dei ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
4.1. Iniziando dalla posizione di (OMISSIS), rinunciante in appello ai motivi sulla responsabilita’, occorre premettere che lo stesso e’ stato condannato dal G.U.P. alla pena di 20 anni di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del delitto associativo e di 25 reati fine; la Corte territoriale ha invece ridotto la pena a 15 anni, partendo dalla pena base di 20 anni, pari al minimo edittale, essendogli contestata la veste di promotore dell’associazione.
Su tale pena e’ stato operato l’aumento di un terzo (anni 6 e mesi 8) per l’aggravante della transnazionalita’ e sulla pena conseguente, pari a 26 anni e 8 mesi, e’ stata applicata la riduzione di 8 anni e 2 mesi per il riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti bilanciabili dell’ingente quantita’ e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 3; sulla pena cosi’ risultante, pari a 18 anni e 6 mesi, e’ stato applicato l’aumento di 4 anni per i 25 reati in continuazione, ovvero 5 mesi per ciascuno dei reati di cui ai capi B), C), D), G), H) E’ H1), e Mesi 1 per ciascuno dei reati di cui ai capi E), L), L1), L2), M), O), O1), O2), P), P1), P2), P3), P4), T), U), V), Z) e Z4); infine, sulla pena complessiva di 22 anni e 6 mesi, si e’ operata la riduzione per la scelta del rito. A fronte di aumenti ex articolo 81 c.p. oggettivamente esigui, nonostante la pluralita’ degli episodi contestati, e della determinazione della pena base in misura pari al minimo edittale, non vi e’ dunque spazio per l’accoglimento delle censure difensive, che invero risultano proposte in termini generici e assertivi.
4.2. Passando alla posizione di (OMISSIS), i cui due motivi di ricorso sono sostanzialmente sovrapponibili, deve premettersi che la stessa era stata condannata dal G.U.P. alla pena di 8 anni di reclusione e 60.000 Euro di multa in ordine ai reati di cui ai capi D), E), L), L1), W) e Z2).
In parziale accoglimento del motivo di appello sul trattamento sanzionatorio, l’unico non oggetto di rinuncia, la Corte territoriale ha rideterminato la pena in anni 4, mesi 2 di reclusione ed Euro 26.000 di multa, partendo dalla pena base di anni 6 ed Euro 36.000 per il piu’ grave reato di cui al capo D, pena determinata in misura corrispondente al minimo edittale, applicando su di essa l’aumento minimo di un terzo per l’aggravante della transnazionalita’.
La pena cosi’ risultante (anni 8 e 48.000 Euro) e’ stata poi ridotta ad anni 5, mesi 4 e 32.000 Euro per il riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti suscettibili di bilanciamento (Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 73, comma 6 e articolo 80, comma 2); sulla pena cosi’ ottenuta sono stati poi applicati gli aumenti per la continuazione in misura davvero contenuta, ovvero mesi 2 ed Euro 2.000 per il capo E), mesi 3 ed Euro 2.000 ciascuno per i capi L), L1) mesi
3 ed Euro 1.000 per il capo Z2, mentre alcun aumento e’ stato operato rispetto al capo W); sulla pena scaturita dagli aumenti ex articolo 81 c.p. (anni 6, mesi 3 ed Euro 39.000), e’ stata infine applicata la diminuente di un terzo per il rito, ritenendosi la pena finale congrua, in ragione del fatto che la (OMISSIS) ha continuato ad aiutare il marito (OMISSIS) nelle sue attivita’ illecite, anche recandosi in un’occasione con il figlio (OMISSIS) da (OMISSIS).
Cio’ posto, il ricorso non si confronta con le razionali argomentazioni della Corte territoriale, per cui lo stesso deve essere ritenuto inammissibile perche’ generico.
4.3. Analoghe considerazioni si impongono rispetto alla posizione di (OMISSIS), rinunciante in appello ai motivi sulla responsabilita’ ma non sula pena. La (OMISSIS), previo riconoscimento dell’attenuante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 7 e delle attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti suscettibili di bilanciamento, era stata condannata dal giudice di primo grado alla pena di 8 anni di reclusione, perche’ ritenuta partecipe dell’associazione di cui al capo A, nonche’ colpevole dei reati fine di cui ai capi b, E e P4.
La Corte territoriale ha diminuito la pena ad anni 3 e mesi 8, partendo dalla pena base minima di 10 anni, aumentata ad anni 13 e mesi 4, cioe’ di un terzo, pena poi, ridotta prima ad anni 4, mesi 5 e giorni 10 per l’attenuante speciale ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 7, applicata nella misura di due terzi, poi ad anni 2, mesi 11 e giorni 16 per la prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti dell’ingente quantita’ e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 3; sulla pena cosi’ ottenuta sono stati poi applicati gli aumenti per la continuazione, pari ad anni 1 e mesi 5 per il capo D), ad anni 1 per il capo E) e a mesi 1 e giorni 14 per il capo P4); infine, sulla pena scaturita dai predetti aumenti (anni 5 e mesi 6), e’ stata applicata la diminuente di un terzo per il rito. Pur riducendo di molto gli aumenti operati ai sensi dell’articolo 81 c.p., la Corte di appello ha escluso che per i capi D ed E l’entita’ della pena fosse inferiore, tenuto conto del contributo della (OMISSIS), la quale, nel coadiuvare (OMISSIS) di cui era l’amante, ha fornito continua ospitalita’ al colombiano (OMISSIS) nel luogo periodo in cui questi dimorava in Calabria per organizzare le operazioni finalizzate all’importazione su scala internazionale dello stupefacente.
Avuto riguardo alla sensibile mitigazione della pena rispetto al giudizio di primo grado (l’aggravante non bilanciabile e’ stata applicata nella misura minima, le
attenuanti sono state applicate nella misura massima) e delle argomentazioni fornite per giustificare gli aumenti di pena, comunque contenuti, ex articolo 81 c.p., non sono dunque ravvisabili le violazioni di legge e i vizi motivazionali dedotti dalla difesa, risultando il percorso argomentativo dedicato al trattamento sanzionatorio della ricorrente lineare, ragionevole e dunque immune da censure.
4.4. In conclusione, anche i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) devono essere dichiarati inammissibili, con onere per ciascun ricorrente, ex articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento e di versare la somma di Euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
5. E’ ora possibile passare alla posizione dei ricorrenti che hanno contestato il giudizio di colpevolezza, iniziando da coloro che hanno censurato l’affermazione di responsabilita’ per i singoli reati fine, per poi passare alle posizioni di coloro che hanno contestato anche il loro coinvolgimento nel reato associativo.
5.1. Partendo dal ricorso di (OMISSIS) e premesso che i primi 4 motivi dei due ricorsi tra loro sostanzialmente identici possono essere affrontati in maniera unitaria, perche’ tra loro sovrapponibili, deve osservarsi che la formulazione del giudizio di colpevolezza dell’imputato non presenta vizi di legittimita’.
5.1.1. Sul punto occorre precisare che il reato per il quale (OMISSIS) e’ stato condannato e’ quello di cui al capo M, addebitandosi all’imputato di avere preso parte a un tentativo di acquisto di un ingente quantitativo di marjuana, da pagare al prezzo di 1.200 Euro al chilo, che avrebbe dovuto trasportare dalla Lombardia alla Calabria il corriere (OMISSIS), condotte poste in essere nel luglio 2015 in Vibo Valentia, Lombardia e altri luoghi.
Orbene, le due conformi sentenze di merito hanno innanzitutto compiuto una disamina attenta delle risultanze probatorie acquisite, richiamando in particolare le intercettazioni ambientali e telefoniche e gli accertamenti di- P.G., da cui e’ emerso il 3 luglio 2015 veniva monitorato un Incontro di fronte al negozio “(OMISSIS)” del Centro commerciale “(OMISSIS)” di (OMISSIS), incontro al quale prendevano parte (OMISSIS) e alcuni soggetti provenienti dalla provincia di Crotone, ovvero (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e appunto (OMISSIS) (OMISSIS); durante l’incontro, (OMISSIS) chiamava (OMISSIS), autotrasportatore, persona che poi (OMISSIS) incontrava tre giorni dopo, e alla quale raccontava del controllo subito da quattro crotonesi che erano con lui; dai dialoghi Intercorsi tra (OMISSIS) e (OMISSIS), si evince in particolare che l’incontro al Centro commerciale del 3 luglio 2015 era finalizzato a pianificare un affare che si sarebbe dovuto concretizzare nell’acquisto, sulla piazza di Milano, di un quantitativo di stupefacente al prezzo di 1.200 Euro al chilo, da far trasportare dalla Lombardia al Vibonese, dove (OMISSIS) si sarebbe poi attivato per far arrivare ai crotonesi la loro parte del carico.
L’intesa era che (OMISSIS) avrebbe dovuto incontrare un soggetto crotonese che avrebbe dovuto consegnargli lo stupefacente e caricarlo all’interno del suo camion Iveco, ma l’affare saltava, in quanto la persona che (OMISSIS) avrebbe dovuto incontrare in Lombardia non rispondeva al telefono, per cui il corriere faceva rientro in Calabria senza aver prima acquisito il carico programmato.
Ora, premesso che la ricostruzione storica degli avvenimenti non e’ oggetto di contestazione, occorre evidenziare che la tesi della partecipazione di (OMISSIS) all’affare e’ stata adeguatamente argomentata nelle due sentenze di merito.
Sia il G.U.P. che la Corte di appello hanno Infatti osservato che l’incontro del (OMISSIS) al Centro commerciale di (OMISSIS) non poteva ritenersi affatto casuale, posto che il ricorrente, insieme a (OMISSIS); ha raggiunto un luogo distante dal suo Comune di residenza ((OMISSIS)), partecipando a una discussione protrattasi dieci minuti, nella quale si era parlato del piano di acquisto dello stupefacente. Nel confrontarsi con le obiezioni difensive, la Corte territoriale, in modo non illogico, ha sottolineato che, se davvero (OMISSIS) fosse stato estraneo all’affare, egli non si sarebbe intrattenuto tutto il tempo con i suoi interlocutori. Dunque, se la sua intenzione fosse stata quella di avvicinarsi ai presenti solo per salutare (OMISSIS) “suo compaesano”, l’Imputato si sarebbe limitato a salutado e ad allontanarsi, senza intrattenersi fino alla fine della discussione comune.
Non e’ stata ritenuta invece dirimente dalla Corte territoriale la circostanza, pacifica, che la telefonata tra (OMISSIS) e (OMISSIS) sia avvenuta alle 18.03, ovvero prima che (OMISSIS) e (OMISSIS) arrivassero sul posto (e’ incontestato che l’incontro con tutti e cinque i presenti si, e’ svolto tra le 18.30 e le 18.40), cio’ in base al pertinente rilievo secondo cui, una volta arrivato, (OMISSIS) ha preso parte alla restante e non breve parte dell’incontro senza soluzione di continuita’. Del resto, qualche giorno dopo, (OMISSIS), nel parlare con (OMISSIS) dell’incontro (progr. 4567), faceva riferimento espressamente alla partecipazione di cinque persone, tra cui lui stesso, precisando che i crotonesi erano stati fermati poi dalla Polizia, cio’ a conferma dell’unitarieta’ del gruppo beh intesa da (OMISSIS).
E anzi proprio la circostanza che, poco dopo l’incontro (terminato alle 18.30), (OMISSIS) e (OMISSIS), alle 18.52, siano stati fermati in agro del Comune di (OMISSIS), vale a smentire la tesi secondo cui il ricorrente si sarebbe recato al Centro commerciale, distante 80 km circa dal suo Comune, per comprare delle scarpe, circostanza questa che non trovato alcun conforto probatorio.
Non e’ poi irrilevante in tal senso il dato riferito dalla collaboratrice di giustizia (OMISSIS), la quale ha dichiarato che il compagno (OMISSIS) era solito organizzare incontri per la cessione della droga nei pressi del negozio “(OMISSIS)” ubicato vicino al Centro commerciale “(OMISSIS)” di (OMISSIS).
In definitiva, in quanto sorretta da considerazioni coerenti con le acquisizioni probatorie e scevre da profili di irrazionalita’, la valutazione sulla colpevolezza dell’imputato compiuta nelle due conformi sentenze di merito non presta il fianco alle censure difensive, che si articolano nella proposta di una lettura alternativa (e parziale) del materiale istruttorio, operazione non consentita in questa sede, dovendosi ribadire (cfr. Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482) che, in tema di giudizio di cassazione, a fronte di un apparato argomentativo privo di profili di irrazionalita’, sono precluse al giudice di legittimita’ la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita’ esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudiFe del merito.
Anche la qualificazione giuridica della condotta appare infine immune da censure, posto che, a prescindere dalla mancata conclusione dell’operazione,:e trattative portate avanti per realizzare l’acquisto si sono rivelate, per la loro concretezza, comunque idonee e dirette in modo non equivoco a integrare l’evento del reato, non ravvisandosi i presupposti fattuali per Ipotizzare l’esistenza di una eventuale desistenza o di un recesso attivo di uno dei partecipi del tentativo di acquisto.
Di qui l’infondatezza delle censure in punto di responsabilita’, dovendosi solo aggiungere che la Corte di appello non si e’ ripiegata sulle motivaz oni rese in primo grado o nella fase cautelare, ma le ha sviluppate con argomentazioni autonome, non mancando di confrontarsi criticamente con le deduzioni difensive. 5.1.2. Anche la doglianza sul trattamento sanzionatorio, contenuta nel quinto motivo dei due ricorsi, non e’ meritevole di accoglimento.
Sul punto deve premettersi che (OMISSIS), in primo grado, era stato condannato alla pena di anni 4 di reclusione ed Euro 40.000 di multa; la Corte di appello ha ridotto la pena ad anni 2, mesi 4 ed Euro 20.000, riconoscendo in suo favore le attenuanti generiche, poste in regime di equivalenza rispetto all’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 6.
Sulla pena base, fissata in anni 3, mesi 6 ed Euro 30.000, e’ stata dunque operata la riduzione di un terzo per la scelta del rito, dovendosi escludere che il trattamento sanzionatorio sia stato ispirato da criteri di rigore, avendo la Corte di appello giustificato l’equivalenza tra le circostanze del reato rimarcando, in maniera non certo illogica, sia i precedenti penali dell’imputato, gravato da tre condanne specifiche, sia la quantita’ dello stupefacente oggetto dell’accordo illecito, sia il ruolo del ricorrente, mostratosi interessato in prima persona all’acquisto, avendo partecipato alla riunione operativa finalizzata all’accordo.
Non c’e’ dunque spazio per l’accoglimento delle doglianze difensive, rivelatesi sul punto generiche e assertive.
5.1.3. In conclusione, il ricorso di (OMISSIS) deve essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere le spese del procedimento.
5.2. Passando alla posizione di (OMISSIS), ritiene il Collegio che sia fondato e assorbente il primo motivo di ricorso in punto di giudizio di colpevolezza.
Occorre premettere al riguardo che il ricorrente e’ stato ritenuto colpevole del reato a lui ascritto al capo E), addebitandosi all’imputato di aver collaborato con (OMISSIS) nell’organizzazione dell’operazione per le questioni logistiche. La Corte di appello, in particolare, nello sviluppare le argomentazioni della pronuncia di primo grado, ha osservato che il contributo di (OMISSIS) al tentativo di importazione progettato all’indomani del sequestro del 63 chili di cocaina al porto di Livorno, si e’ manifestato nel periodo, compreso tra il 23 novembre e il 21 dicembre 2015, ovvero in cui il narcotrafficante colombiano (OMISSIS) e’ stato a Milano, dopo che, tra il (OMISSIS), i narcos colombiani e i sodali calabresi aveva concluso l’accordo per la nuova importazione di cocaina. Gli elementi da cui e’ stato desunto il coinvolgimento nell’operazione di (OMISSIS) sono stati individuati dal primo giudice nell’avere egli dato la disponibilita’ a (OMISSIS) della propria carta di credito e nell’essersi adoperato affinche’ al colombiano fosse assicurata una sistemazione abitativa per qualche giorno. Sotto il primo aspetto, la Corte territoriale ha tuttavia precisato che in realta’ non vi era stato alcun apporto concreto da parte dell’imputato, posto che dal dialogo del 3 dicembre 2015 riportato nei brogliacci utilizzati ai fini della decisione si desume che la messa a disposizione di (OMISSIS) della sua postepay era riferita a un versamento di denaro che l’eludo attendeva da una “(OMISSIS)”, rimandando cio’ a una vicenda diversa da quella per la quale si e’ proceduto, per cui alcuna valenza e’ stata attribuito a questo segmento di condotta.
Viceversa, secondo la sentenza impugnata, l’elemento comprovante il concorso di (OMISSIS) nella vicenda cristallizzata al capo E era il fatto che il ricorrente, dopo aver appreso da (OMISSIS) (OMISSIS) l’attivita’ illecita in corso di svolgimento, si sia adoperato per fornire a l’eludo un appartamento, per permettergli di proseguire i suoi traffici illeciti, tanto e’ vero che il colombiano e’ rimasto a Milano fino a quando (OMISSIS) ha consegnato parte del denaro per finanziare l’operazione. Le conversazioni rilevanti sarebbero quelle del 1 dicembre 2015, desumendosi dalle stesse (nelle quali gli interlocutori sono il ricorrente e il suo datore di lavoro (OMISSIS)) che (OMISSIS) e’ stato ospite a Milano in un appartamento di (OMISSIS). Orbene, ritiene il Collegio che se in astratto la messa a disposizione di un proprio appartamento a un narcotrafficante per agevolarne i traffici illeciti puo’ essere un elemento sufficiente a Integrare il concorso nel reato di importazione della droga, qualora in tal modo venga fornito un concreto apporto alla consumazione del reato, tuttavia e’ pur sempre necessario che colui che fornisca tale contributo materiale sia consapevole del fatto che sia agevolata la commissione del reato.
Quest’ultimo aspetto, tuttavia, non e’ stato adeguatamente approfondito nel caso di specie: la Corte territoriale, infatti, ha desunto la conoscenza da parte di (OMISSIS) delle attivita’ illecite di (OMISSIS) da un rapido scambio di frasi tra (OMISSIS) e il ricorrente, che tuttavia non sembra fornire sufficienti elementi chiarificatori: dal tenore delle affermazioni riportate nella sentenza si evince piuttosto che, dopo che l’appartamento era stato gia’ messo a disposizione del colombiano, (OMISSIS) chiede a (OMISSIS) che lavoro facesse (OMISSIS), domanda dalla quale dovrebbe ricavarsi che fino a’ quel momento il ricorrente ne fosse all’oscuro. La risposta fornita dal datore di lavoro (“lavora cavoli”), la domanda seguente di (OMISSIS) (“ma a te ti pagano per questo-“) e la risposta di (OMISSIS) (“se vende si'”) potrebbero pure evocare l’esistenza, almeno da quel momento, di una forma di conoscenza da parte di (OMISSIS) della illiceita’ degli affari perseguiti da (OMISSIS), ma non c’e’ dubbio Che, ancorata la partecipazione dell’imputato al reato alla sola messa a disposizione dell’appartamento, occorre in sede di merito un piu’ attento approfondimento circa i tempi in cui (OMISSIS) ha potuto disporre dell’immobile di (OMISSIS),’ rapportandoli al momento a partire dal quale l’imputato ha avuto effettiva conoscenza, tramite (OMISSIS), della natura illecita della presenza dello straniero a Milano, non potendosi sottacere che anche dai dialoghi successivi richiamati dalla Corte di appello sembrerebbe evincersi che (OMISSIS) non fosse molto propenso a rilasciare a lungo l’appartamento in favore del colombiano, dovendosi cioe’ chiarire se l’atteggiamento dell’imputato sia stato di agevolazione consapevole dei traffici illeciti perpetrati dal narcotrafficante colombiano, o piuttosto di mera e temporanea accondiscendenza verso il suo datore di lavoro. Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di (OMISSIS), con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro per nuovo giudizio in merito alla configurabilita’ del concorso dell’imputato nel reato contestato al capo E, soprattutto sotto il versante dell’elemento soggettivo.
5.3. Passando ora alla posizione di (OMISSIS), deve invece osservarsi che il suo ricorso non e’ meritevole di accoglimento.
La condotta ascritta al ricorrente e’ quella di avere, nell’ambito dell’operazione di importazione di cocaina dalla Colombia contestata al capo D, fatto recapitare il denaro per l’acquisto dello stupefacente all’organizzazione sudamericana.
La vicenda e’ stata attentamente ricostruita nelle due conformi sentenze di merito, nelle quali e’ stato evidenziato che, tra il 10 e il 14 aprile 2015, i calabresi riuscivano a raccogliere il denaro necessario da mandare in Colombia.
(OMISSIS), infatti, si era adoperato per trovare alcuni finanziatori e, terminata la raccolta del denaro, il 15 aprile 2015 si recava a Roma con (OMISSIS) e (OMISSIS) (il colombiano in treno, (OMISSIS) e (OMISSIS) in auto) per consegnare il denaro all’odierno ricorrente, ovvero il libanese (OMISSIS).
Mentre (OMISSIS) e (OMISSIS) erano in viaggio per la Capitale, (OMISSIS), sul treno per Roma, inviava alle 10.37 del (OMISSIS) un messaggio al numero (OMISSIS), con il seguente testo: “Ciao lo sono. (OMISSIS). Mio numero e’ (OMISSIS)”. Poco dopo il destinatario del messaggio rispondeva “Ok”. L’utilizzatore dell’utenza n. (OMISSIS) veniva poi identificato nello sviluppo delle indagini in (OMISSIS), cittadino libanese che viveva a Forli’.
Dunque, dopo questo primo contatto con (OMISSIS), (OMISSIS) inviava alle 11.18 un nuovo messaggio a (OMISSIS), scrivendogli: “alle 1 parto ci vediamo alle 5”. Alle 15.52, (OMISSIS) contatta nuovamente (OMISSIS), il quale gli dice di essere gia’ a Roma, in attesa degli “amici”, mentre alle 17.04 il colombiano contattava il libanese, e in sottofondo si ascolta la voce di (OMISSIS), il quale poi alle 17.17 chiama (OMISSIS), dicendo di essere in stazione e concordando un appuntamento; poco dopo, alle 17.32, (OMISSIS) richiama il libanese e gli passa al telefono (OMISSIS), che apprende da (OMISSIS) l’indirizzo dove devono incontrarsi, ovvero “(OMISSIS)”.
La conversazione successiva viene registrata circa cinque ore dopo, alle 22, quando il denaro e’ stato gia’ consegnato, e (OMISSIS) si trovava in macchina con (OMISSIS) e (OMISSIS), agganciando la cella telefonica la zona di (OMISSIS); cio’ a conferma del fatto che i tre stavano facendo ritorno in Calabria.
Ora, le modalita’ per la consegna del denaro coincidono con quelle indicate in una conversazione intercettata l’8 marzo 2015, nella quale (OMISSIS), arrivato da pochi giorni in Italia, aveva spiegato a (OMISSIS) e ad (OMISSIS) le modalita’ con cui abitualmente il cartello colombiano organizzava la consegna del denaro, precisando cioe’ che il denaro reperito dai calabresi doveva essere consegnato a una persona mandata da (OMISSIS) nella localita’ indicata dagli italiani, occupandosi poi questa persona di far pervenire i soldi in Colombia. e’ vero che (OMISSIS) e’ stato coinvolto, nella prospettiva accusatoria, anche nelle imputazioni di cui ai capi A ed E, dalle quali tuttavia e’ stato assolto, atteso che nella vicenda scaturita dal sequestro dei 63 chili di cocaina, l’imputato non ha avuto un ruolo operativo, in quanto la consegna del denaro in quel caso e’ poi, come si e’ anticipato, avvenuta in favore di altra persona, tale ” (OMISSIS)”, per cui si e’ escluso che il ricorrente fosse stabilmente a disposizione del sodalizio de quo.
Tuttavia, come ben argomentato nella sentenza impugnata, dall’assoluzione di (OMISSIS) dai reati di cui ai capi A ed E non puo’ trarsi la conclusione che il
ricorrente sia estraneo anche dalla vicenda contestata’ al capo D, in quante nella stessa egli ha ricoperto un ruolo importante, occupandosi della consegna’ del denaro recuperato dai calabresi in favore dei narcotrafficanti colombiani.
Il fatto che tale condotta sia avvenuta quando l’accordo per l’acquisto della droga si era gia’ perfezionato non vale affatto a eliderne il disvalore penale, posto che l’intervento di (OMISSIS) era in realta’ funzionale alla successiva e materiale acquisizione della droga da parte dei calabresi, tanto e’ vero che, dono la consegna del denaro, e’ stato possibile l’arrivo della cocaina in Italia.
Ne’ puo’ sostenersi che l’imputato fosse all’oscuro delle trame illecite in corso di svolgimento, dovendosi considerare che (OMISSIS) si e’ presentato a (OMISSIS) con il suo nome in codice (“(OMISSIS)”), circostanza indicativa, al pari della stringatezza dei messaggi, della necessita’ di interloquire in maniera criptica, nell’ottica di celare all’esterno gli scopi illeciti sottesi alle comunicazioni in corso.
5.3.1. Peraltro, proprio l’entita’ (63 chili di cocaina) della partita di droga spedita in Italia a seguito della consegna del denaro induce a ritenere infondate anche ie doglianze circa il riconoscimento dell’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309, articolo 80, avendo al riguardo la Corte territoriale rilevato, in modo pertinente, che una spedizione del genere non poteva che scaturire dall’invio di una somma di denaro consistente, il che non consente di nutrire seri dubbi circa la consapevolezza di (OMISSIS) dell’ingente quantita’ della droga da importare per effetto della sua decisiva intermediazione tra acquirenti e venditori.
In definitiva, sia rispetto all’affermazione del pieno coinvolgimento dell’imputato nella dinamica della vicenda contestata al capo D, sia in ordine alla sussistenza dell’aggravante ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, comma 2, la valutazione compiuta dai giudici di merito, in quanto preceduta da una disamina razionale delle fonti dimostrative disponibili, non presta il fianco alle censure difensive, che sollecitano una ricostruzione differente dei fatti, non consentita in questa sede. Ne consegue che il ricorso di (OMISSIS) deve essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere le spese del procedimento.
5.4. La medesima conclusione si impone per il ricorso di (OMISSIS). La difesa, infatti, anche in tal caso ha riproposto una serie di obiezioni circa la formulazione del giudizio di colpevolezza, con le quali la Corte territoriale si e’ gia’ confrontata, superandole con argomentazioni non manifestamente illogiche. In particolare, premesso che all’imputato e’ stato contestato di essere stato uno dei finanziatori dell’operazione, deve rilevarsi che la sentenza impugnata ha innanzitutto ricostruito la vicenda che ha visto. coinvolto (OMISSIS), il quale compare sulla scena nei giorni di marzo 2015 in cui, come si e’ anticipato, (OMISSIS) era alla ricerca del denaro necessario per l’acquisto dello stupefacente, denaro che il 15 aprile veniva consegnato al libanese (OMISSIS) che lo avrebbe poi recapito al cartello dei narcotrafficanti colombiani.
Sono state in tal senso richiamate le conversazioni del 24 marzo 2015, dalle quali si evince che (OMISSIS) si era recato a (OMISSIS), fermandosi nella zona dove si trovano i terreni intestati alla madre di (OMISSIS). Dai dialoghi intercorsi tra (OMISSIS) e (OMISSIS) e prima ancora dalle parole che (OMISSIS) pronuncia da solo aspettando che arrivi il ricorrente (“mannaia a dio va avanti e indietro con i soldi questo”), si evince che (OMISSIS) doveva consegnare del denaro a (OMISSIS), in un momento peraltro in cui il tema della ricerca del denaro era ricorrente in quasi tutte le conversazioni monitorate.
Ha dunque osservato la Corte di appello che (OMISSIS), pur non essendo comparso nella prima fase dell’operazione illecita, iniziata con l’arrivo in Italia prima di (OMISSIS) (21 gennaio 2015) e poi di (OMISSIS) (7 marzo 2015), e’ tuttavia stato coinvolto nella vicenda in un momento saliente, ovvero quando, nel mese di marzo, e’ cominciata la raccolta del denaro necessario per finanziare l’importazione della cocaina, raccolta conclusasi poi a meta’ del mese di aprile.
E’ dunque significativo in tal senso che, come accertato dall’esame del dispositivo GPS collocato sull’autovettura di (OMISSIS), che questi si sia recato presso i terreni della madre di (OMISSIS), (OMISSIS); poco prima della consegna del denaro a Roma, avvenuta come detto il (OMISSIS).
Che in tali occasioni (OMISSIS) abbia ricevuto da (OMISSIS) parte del denaro da consegnare al cartello colombiano e’ stato desunto, in maniera non illogica, dalla circostanza che il successivo 27 maggio 2015 (OMISSIS) si recava di nuovo a (OMISSIS) presso i terreni della madre di (OMISSIS) e, in una conversazione intercettata nella sua auto, diceva di essere stato da “quel ragazzo di (OMISSIS)”, di non averlo trovato e di avergli lasciato “quella carta la’”, dovendosi ritenere che “quella carta la’” fosse la fotografia inviata da (OMISSIS) che raffigurava la cocaina occultata nel carico di banane, fotografia stampata appena due giorni prima da (OMISSIS) e (OMISSIS) e subito fatta vedere anche agli altri finanziatori, ovvero a (OMISSIS), raggiunto a (OMISSIS), e a (OMISSIS), incontrato da (OMISSIS) a (OMISSIS) il 26 maggio.
La coincidenza tra la “carta” portata a (OMISSIS) il 27 maggio e le fotografie della cocaina e’ stata inoltre ragionevolmente desunta dal fatto che il (OMISSIS) (OMISSIS) ha comunicato a (OMISSIS) che (OMISSIS) (OMISSIS) aveva mostrato il documento di spedizione a delle persone, che erano rimaste perplesse circa il luogo di arrivo del carico, al che (OMISSIS) rispondeva che avrebbero dovuto -aspettare ulteriori comunicazioni, evincendosi da cio’ che tutti gli spostamenti successivi all’invio delle fotografie servivano proprio per mostrare la cocaina a coloro che erano coinvolti nell’affare illecito, tra cui appunto (OMISSIS), attestando evidentemente la consegna del documento a quest’ultimo il fatto che il ricorrente avesse un interesse diretto all’importazione dello stupefacente.
A fronte di tali elementi, non appaiono dunque dirimenti le circostanze che (OMISSIS) non figuri mal tra i soggetti intercettati, o che non abbia mai preso parte a riunioni operative, essendo stato il suo coinvolgimento nell’operazione illecita ricavata da altri elementi parimenti rivelatori del suo contributo all’affare.
Del resto, e’ la concatenazione logica degli avvenimenti a spiegare il ruolo del ricorrente, dovendosi altresi’ aggiungere a quanto sopra esposto che il 30 giugno 2015 (OMISSIS) incontrava casualmente (OMISSIS), in quel caso chiaramente riconosciuto dalla P.G., dicendogli “tardo quello ancora non e’ venuto”, frase. riferita al fatto che (OMISSIS), pur essendo tornato il giorno prima dalla Colombia dove aveva ritirato il documento per la spedizione del carico di cocaina in Italia, non era ancora sceso in Calabria, dove sarebbe arrivato poi il 2 luglio.
Ancora, nelle successive date del 28 e del 31 luglio 2015, (OMISSIS) si recava di nuovo da (OMISSIS), pochi giorni dopo che (OMISSIS) averla comunicato in chat che la cocaina era stata gia’ stivata nel container (chat del 23 luglio) e che il carico sarebbe partito la settimana successiva (chat del 27 luglio).
Il quadro’ probatorio a carico dell’imputato e’ stato infine corroborato dalle dichiarazioni della collaboratrice di giustizia (OMISSIS), la quale, pur precisando di non aver mai visto (OMISSIS) e di non conoscerne il cognome, ha tuttavia riferito che il suo amante (OMISSIS) lo nominava sempre “quando c’era questa faccenda della droga”, dicendo che andava a vedersi con (OMISSIS) a (OMISSIS), correlandosi tali dichiarazioni con le risultanze che hanno consentito di delineare i contatti tra (OMISSIS) e (OMISSIS) nel periodo in cui e’ stata acquisita la disponibilita’ del denaro occorrente per l’importazione della droga. Ribadito che la ricostruzione operata dai giudici di merito non presenta vizi di manifesta illogicita’ o profili di incoerenza con gli elementi investigativi esaminati, deve pertanto concludersi che il ricorso di (OMISSIS) deve essere rigettato, con onere per il ricorrente di sostenere le spese del procedimento.
5.5. Passando alla posizione di (OMISSIS), i cui due primi due motivi di ricorso sono suscettibili di trattazione unitaria perche’ tra loro sovrapponibili, deve rilevarsi che l’attribuzione all’imputato della tondotta illecita e la qualificazione giuridica del fatto risultano in questa sede-immuni da censure. Occorre premettere che (OMISSIS) e’ stato ritenuto colpevole del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 1 e 6 ascrittogli al capo V, addebitandosi all’imputato di avere concorso nell’illecita detenzione di un quantitativo cari a due chili di cocaina, fornito in due momenti diversi, nelle date dell’8 e del 9 settembre 2016, da (OMISSIS) a (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali a loro volta cedevano la droga a (OMISSIS), fatti commessi in (OMISSIS) e in Rosarno. Orbene, nel ricostruire i fatti di causa, i giudici di secondo grado, integrando sul punto la ricostruzione piu’ scarna compiuta dal G.U.P., hanno richiamato (pag. 968 ss. della sentenza impugnata) l’analisi delle conversazioni registrate sull’utenza (OMISSIS) in uso a (OMISSIS), da cui e’ emerso che questi, nel settembre 2016, aveva un fitto scambio di contatti con (OMISSIS).
In particolare, attraverso l’intreccio dei dati intercettati e degli spostamenti dei protagonisti, veniva accertato che, tra la sera dell’8 settembre e la mattina del (OMISSIS), (OMISSIS) cedeva a (OMISSIS) e a (OMISSIS) due pacchi di sostanza stupefacente di tipo cocaina, costituendo l’affare illecito, nelle intenzioni dei protagonisti, solo l’inizio di una piu’ duratura collaborazione.
L’avvenuta consegna dello stupefacente veniva confermata dopo poche ore dalle attivita’ tecniche (progr. 33377 RIT 781/15) svolte all’interno dell’abitazione di (OMISSIS), dove (OMISSIS) confida alla donna sia la fase preparatoria che quella attuativa, disvelando l’esatta cronologia degli eventi, nonche’ l’identita’ del destinatario finale cui l’avrebbe rivenduta, individuato nel “fratello del (OMISSIS)”. Dall’attivita’ investigativa e’ emerso pacificamente che il ” (OMISSIS)” era l’alias di (OMISSIS), fratello unico di (OMISSIS), per cui era questi il “fratello del (OMISSIS)”, non essendo stata peraltro l’identificazione oggetto di contestazione.’ Sempre nel corso della conversazione tra (OMISSIS) e la (OMISSIS), particolarmente esplicativa, il primo diceva alla seconda di avere un debito pregresso di mille Euro con (OMISSIS), spiegando le modalita’ con cui era venuto in possesso del narcotico e indicando altresi’ la percentuale di guadagno che avrebbe fruttato la cessione (“d guadagniamo mille Euro a pacco, mille lui e mille io”).
Cio’ posto, deve ritenersi che legittimamente sia stata attribuita dalla Corte territoriale, senza che possa evocarsi alcuna’ forzatura interpretativa o alcun travisamento del suo contenuto, una qualificata valenza probatoria alla conversazione tra (OMISSIS) e l’amante (OMISSIS) di cui al citato progr. 33377 del (OMISSIS), in quanto in essa il primo ha riferito alla seconda i dettagli dell’operazione in modo, spontaneo e con una dovizia di particolari ricollegabile al fatto che la vicenda riguardava direttamente l’autore delle rivelazioni, il quale ha parlato dunque con “cognizione di causa’, peraltro rispetto a condotte risalenti a un’epoca recentissima rispetto al dialogo de quo. La collaboratrice (OMISSIS), nell’interrogatorio del 9 febbraio 2017, ha del resto confermato i contenuti di quella conversazione, riferendo solo di non essere in grado di riferire se poi la consegna della droga a (OMISSIS) vi sia stata o meno. L’approfondimento di tale circostanza e’ stato tuttavia ritenuto non decisivo dalla Corte territoriale, cio’ in base al pertinente rilievo secondo cui, al fine di ritenere (OMISSIS) concorrente almeno morale nel reato, e’ comunque sufficiente la prova, nel caso di specie raggiunta, che l’operazione di acquisto a fini di spaccio della cocaina sia avvenuta per conto e nell’interesse di (OMISSIS), o su mandato di questi. Se dunque in punto di ricostruzione dei fatti l’apparato argomentativo della sentenza risulta privo di incongruenze, deve altresi’ ribadirsi che anche rispetto alla qualificazione giuridica della condotta illecita non si ravvisano criticita’. Ed invero, posto che non vi e’ dubbio circa la destinazione al mercato dei “due pacchi di bianca”, a ciascuno dei quali e’ stato attribuito il valore di mille Euro, deve rilevarsi che appare corretto il mancato riconoscimento della fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, non solo perche’ sul piano formale, come rilevato nella sentenza impugnata, la derubricazione e’ stata chiesta non nei motivi di appello, ma solo nella discussione del giudizio di secondo grado, ma anche e soprattutto perche’, sul piano sostanziale, si e’ in presenza di una cessione di due pacchi di sostanza stupefacente “pesante”, il che, anche avuto riguardo al valore dell’operazione economica indicato da (OMISSIS) (duemila Euro complessivi), non consente una qualificazione giuridica del fatto in termini di lieve entita’, e cio’ in conformita’ con la condivisa affermazione di questa Corte, secondo cui l’ipotesi della lieve entita’ puo’ essere riconosciuta solo nei casi di minima offensivita’ penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalita’, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove venga meno anche uno soltanto degli indici previsti dalla legge, diviene irrilevante l’eventuale presenza degli altri (cfr. Sez, 3, n. 23945 del 29/04/2015, Rv. 263651).
Quanto all’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 6, deve osservarsi che, anche in tal caso, alcuna censura era stata sollevata nei motivi di appello, il che gia’ vale a ritenere non ammissibile la relativa doglianza, come peraltro e’ stato gia’ evidenziato dalla Corte territoriale nella sentenza impugnata. A cio’ deve solo aggiungersi che in ogni caso, la sussistenza dell’aggravante in esame, nel merito, appare insita nel fatto che il reato contestato e’ stato posto in essere da quattro persone ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) in concorso tra’ loro, il che e’ sufficiente a integrare l’aggravante de qua, dovendosi in tal senso dare continuita’ alla condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 8163 del 26/11/2009, dep. 2010, Rv. 246212), secondo cui la circostanza aggravante del numero di persone, prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 6, (secondo cui la pena e’ aumentata “se il fatto e’ commesso da tre o piu’ persone in concorso tra loro”), sussiste in tutte le ipotesi di reato commesso da tre o piu’ persone e non presuppone, tra i concorrenti, un vincolo diverso o piu’ intenso del normale concorso nel reato, cio’ in quanto e’ proprio il concorso materiale e psicologico di tre o piu’ persone nel medesimo fatto ad essere ritenuto, di per se’, indice di maggiore gravita’ del fatto e di maggiore pericolosita’ degli imputata, di qui l’infondatezza delle censure in tema di giudizio di colpevolezza.
5.5.1. Anche il terzo motivo in punto di trattamento sanzionatorio non e’ meritevole di accoglimento.
Premesso che, in primo grado, (OMISSIS) era stato condannato alla pena di anni 7, mesi 6 di reclusione ed Euro 25.000 di multa, occorre evidenziare che, all’esito del giudizio di secondo grado, la Corte di appello ha ridotto la pena ad anni 4, mesi 4 ed Euro 24.000, partendo dalla pena base di anni 6, mesi 6 ed Euro 36.000, sulla quale, stante il confermato giudizio di equivalenza ira le riconosciute attenuanti generiche e l’aggravante ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 6, e’ stata operata la riduzione di un terzo per la scelta del rito. Il discostamento dal minimo edittale, peraltro contenuto, e’ stato giustificato nella sentenza impugnata con il corretto richiamo alle modalita’ del fatto, pesto in essere da piu’ soggetti, e alla quantita’ della droga oggetto dell’accorcio illecito, dovendosi ribadire che, secondo le ammissioni di (OMISSIS), le stessa era idonea a garantire un guadagno pari ad almeno mille Euro per l’imputato. A fronte di un percorso motivazionale ben argomentato, non vi e’ dunque spazio per accogliere le censure difensive, invero non adeguatamente specifiche. Il ricorso di (OMISSIS), conclusivamente, deve essere disatteso, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere le spese del procedimento.
5.6. Tra le posizioni dei ricorrenti condannati solo in ordine a singoli episodi delittuosi avulsi dal contesto associativo, vi e’ infine quella di (OMISSIS). Questi e’ stato ritenuto colpevole del reato ascrittogli al capo E, nell’ambito del,quale il ruolo del ricorrente e’ stato quello di essere intervenuto nella fase successiva al fallimento del primo tentativo di importazione dalla Colombia. Premesso che i primi due motivi di ricorso, con i quali e’ stata contestata sia la qualificazione giuridica della condotta, sia la partecipazione al fatto del ricorrente, possono essere affrontati unitariamente, deve osservarsi che sul punto nella sentenza impugnata non sono ravvisabili lacune argomentative. La Corte territoriale, infatti, dopo aver ricostruito analiticamente le fasi salienti della vicenda descritta al capo E (pag. 489 ss.), si e’ soffermata sulla posizione di (OMISSIS), osservando che lo stesso ha svolto il ruolo di finanziatore, comparendo sulla scena nel gennaio 2016, allorquando (OMISSIS) era ospite dell’albergo della famiglia di (OMISSIS) nel Comune di (OMISSIS), in provincia di Bergamo. In questa fase, nella quale (OMISSIS) (“il (OMISSIS)”) aveva assunto le redini delle operazioni, (OMISSIS), operando in sinergia con (OMISSIS), si attivava per recuperare altro denaro, che il (OMISSIS) consegnava a (OMISSIS) a (OMISSIS).
Tra la fine di febbraio e gli inizi di marzo dello stesso anno, (OMISSIS) riusciva inoltre a procurarsi altro denaro, che veniva consegnato a (OMISSIS), Il quale poi, il 4 marzo 2016, raggiungeva a Roma l’escort colombiana ” (OMISSIS)”, dine riceveva la somma con l’incarico di farla poi pervenire al cartello dei narcotrafficanti. Nello sviluppo delle operazioni, quando l’importazione dalla Colombia veniva ostacolata dalla difficolta’ di individuare un. porto “affidabile”, il sodalizio si affidava a (OMISSIS) per individuare altri canali nel continente Europeo e in questo contesto, a partire dal 6 aprile 2016, ricompare sulla scena (OMISSIS), il quale prende contatti con un soggetto napoletano, tale (OMISSIS), anche se la trama di questi contatti e’ rimasta priva di spunti probatori rilevanti.
Il coinvolgimento di (OMISSIS) nell’operazione illecita e’ stato invece ancorato al ruolo da lui svolto in occasione della duplice consegna del denaro a (OMISSIS). In particolare, sono state ragionevolmente valorizzate dalla Corte di appiano le conversazioni intercorse tra (OMISSIS) e (OMISSIS), nelle quali risulta esplicito il riferimento al fatto che entrambi si adoperavano per reperire il denaro necessario per finanziare la nuova importazione di cocaina dalla Colombia: il riferimento e’ innanzitutto al messaggio inviato da (OMISSIS) a (OMISSIS) il 19 gennaio 2016, in cui il primo dice al secondo di dover andare di li’ a qualche giorno a “prendere assegno”, cio’ nel contesto di un costante scambio di messaggi tra i due, contestuale al periodo in cui (OMISSIS) era ospite presso l’hotel della famiglia di (OMISSIS); peraltro, dopo alcuni giorni in cui (OMISSIS) aggiornava di continuo (OMISSIS) (a sua volta in contatto con (OMISSIS) in Colombia) sull’arrivo della disponibilita’ del denaro, (OMISSIS) si recava domenica (OMISSIS) a (OMISSIS), dove incontrava (OMISSIS) (OMISSIS), al quale consegnava la somma di denaro, che dai messaggi antecedenti e successivi, veniva individuata in 15.000 Euro.
Di particolare pregnanza si sono rivelati inoltre i messaggi scambiati il 29 febbraio 2016 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), da cui si evince che, dopo questa prima
consegna di denaro, il primo si impegnava a procurare al secondo altri 15.000 Euro (“li ho gia’”, dice il ricorrente al (OMISSIS) nello scambio di SMS riportato in piu’ parti della sentenza, ovvero pagina 662 e pagine 782-783), dovendosi precisare che di tale somma, solo 10.000 Euro venivano consegnati da (OMISSIS) a (OMISSIS) i primi di marzo 2016, dicendo il narcotrafficante colombiano a (OMISSIS) in una conversazione telematica di aver ricevuto 10.000 dal “traduttore”, cioe’ da (OMISSIS), il che induce a ritenere che questi abbia trattenuto per se’ una parte del denaro. 5.6.1. Orbene, la ricostruzione del ruolo dell’imputato e’ scaturita da una disamina non irrazionale del materiale probatorio, a fronte della quale la difesa propone una non consentita lettura differente, anche rispetto all’interpretazione del significato di alcune espressioni usate nelle conversazioni intercettate.
In proposito’, deve solo osservarsi che la Corte territoriale ha escluso che i contatti tra (OMISSIS) e (OMISSIS) fossero giustificabili solo in base ai rapporti lavorativi tra gli stessi intercorrenti, rilevando, in maniera non illogica, che i dialoghi riconducibili al contesto lavorativo (come quelli relativi alla fornitura di prodotti caseari o di legname) sono sempre espliciti e chiari, mentre ve ne sono molti altri in cui il linguaggio e’ volutamente criptico, non potendo la lettura dei messaggi prescindere dal contesto dei rapporti tra i soggetti coinvolti.
In tal senso, risulta illuminante la circostanza che, nella conversazione telematica del 12 febbraio 2016, (OMISSIS) preannunci a (OMISSIS) che la domenica successiva, ovvero il (OMISSIS); avrebbe incontrato (OMISSIS) (“il signore in divisa del traduttore”), desumendosi da cio’ che il ricorrente si rapportava non solo con (OMISSIS), ma anche con il narcotrafficante colombiano, essendo cioe’ perfettamente a conoscenza del fatto che il denaro portato a (OMISSIS) era destinato all’importazione dello stupefacente dal Sudamerica.
Il fatto poi che la (OMISSIS) non abbia nominato (OMISSIS) non vale a destrutturare l’impostazione accusatoria, atteso che (OMISSIS) non ha avuto rapporti diretti con (OMISSIS) (OMISSIS), avendo egli agito in sinergia quasi esclusivamente con (OMISSIS).
Cio’ posto, deve evidenziarsi che la qualificazione giuridica del fatto e’ risultata in realta’ piu’ favorevole al ricorrente e agli altri soggetti coinvolti nel capo E.
La Corte di appello ha infatti osservato che il raggiungimento dell’accordo tra il sodalizio calabrese e i narcotrafficanti colombiani (avvenuto tra la fine di settembre e la meta’ di ottobre del 2015, secondo l’evoluzione dei contatti tra gli esponenti dei due gruppi ben sintetizzata alle pagine 777 e 778 della sentenza impugnata) era idoneo a integrare gli estremi del tentativo punibile, e tanto anche alla luce della consegna (tra dicembre 2015 e marzo 2016) delle tranches di pagamento del prezzo, ma sul punto deve rilevarsi che, proprio alla luce di tali considerazioni, il reato di cui al capo E invero doveva essere ritenuto consumato, cio’ in coerenza con la condivisa affermazione della giurisprudenza di legittimita’, secondo cui, ai fini della consumazione del delitto di importazione di sostanze stupefacenti, e’ sufficiente la conclusione dell’accordo finalizzato all’importazione -dello stupefacente, elemento questo pacificamente realizzatosi nel caso di specie e seguito anche da pagamenti parziali del prezzo, potendo invece configurarsi il tentativo nella fase antecedente all’incontro delle volonta’, in ragione delle trattative intercorse, univoche e idonee a conseguire seriamente il reciproco consenso all’effettivo trasferimento dello stupefacente nel territorio nazionale (cfr. Sez. 3, n. 29655 del 29/01/2018, Rv. 273717).
Il reato di importazione di stupefacenti si consuma infatti anche prima del materiale trasferimento della droga in territorio nazionale, quando l’agente abbia acquisito in uno Stato estero la proprieta’ della droga medesima.
Cio’ del resto rispecchia il generale principio consensualistico che regola il contratto di compravendita, in ragione del quale l’incontro di volonta’ determina il passaggio di proprieta’, e conduce ad affermare che, in concreto, il raggiungimento dell’accordo circa il trasferimento della sostanza stupefacente destinata ad essere trasferita sul territorio italiano da parte dell’acquirente concreta senz’altro la fattispecie consumata della condotta di “importazione” enunciata, sinteticamente, dalla norma penale, che si risolve, come le altre condotte incriminate, in una acquisita “titolarita’” della droga da parte di soggelti che agiscono, anche solo in parte, sul territorio nazionale, e che attraverso quell’accordo hanno realizzato in sostanza un approvvigionamento all’estero. Alla luce di tali premesse, le censure difensive sulla qualificazione giuridica del fatto non possono trovare quindi accoglimento, atteso che nella vicenda in esame ben avrebbe potuto e dovuto parlarsi di reato consumato e non tentato. A maggior ragione, non appaiono fondati i rilievi difensivi circa l’eventuale configurabilita’ di un’ipotesi di desistenza, dovendosi osservare che, pur a volere qualificare la condotta come tentata e non come consumata, comunque non potrebbe ritenersi sussistente l’ipotesi di cui all’articolo 56 c.p., comma 3, in quanto il mancato arrivo dello stupefacente in Italia e’ dipeso non da una iniziativa volontaria dei soggetti coinvolti nell’operazione, ma, come correttamente osservato nella sentenza impugnata, solo dalla oggettiva difficolta’ di individuare un porto dove far pervenire senza rischi il carico con la cocaina.
Di qui l’infondatezza delle censure difensive in punto di respbnsabilita’.
5.6.2. A conclusioni analoghe deve pervenirsi rispetto alle doglianze sulla configurabilita’ dell’aggravante ex Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 73, comma 6.
Ribadito che tale circostanza si configura “se il fatto e’ commesso da tre o piu’ persone in concorso tra loro”, e’ sufficiente rilevare che, come affermato dalla Corte territoriale (pag. 801 della sentenza impugnata), (OMISSIS) si e’ relazionato con (OMISSIS) e (OMISSIS), il che basta per escludere che l’imputato non abbia avuto consapevolezza della dimensione concorsuale della transazione illecita in corso, per cui non e’ necessario approfondire i rapporti del ricorrente con gli atri sodali, dovendosi in ogni caso considerare che puo’ essere riferita anche all’aggravante ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 6 l’affermazione di questa Corte (Sez. 4, n. 27523 del 10/05/2017, Rv. 271126), relativa all’analoga aggravante di cui all’articolo 112 c.p., n. 1, secondo cui la circostanza aggravante ordinaria del numero delle persone non richiede la consapevolezza della partecipazione di altri concorrenti nel numero sufficiente a integrare l’aggravante stessa, poiche’ essa, concernendo le modalita’ dell’azione, ha natura Oggettiva e, conseguentemente, si comunica a tutti coloro che concorrono nel reato.
5.6.3. Parimenti infondate sono le censure sollevate nel quarto motivo di ricorso rispetto al riconoscimento della speciale circostanza aggravante della transnazionalita’ (L. n. 146 del 2006, articolo 4, oggi articolo 61 bis c.p., secondo cui “per i reati previsti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni nella commissione dei quali abbia dato il suo contributo un gruppo criminale organizzato impegnato in attivita’ criminali in piu’ di uno Stato; la pena e’ aumentata da un terzo alla meta’”).
In ordine alla natura di tale aggravante, e’ stato puntualmente ricordato nella sentenza impugnata l’autorevole e ancora attuale intervento delle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 18374 del 31/01/2013, Rv. 255033, ricorrente Adami, ripresa dalla giurisprudenza successiva, tra cui Sez. 3, n. 36381 del 09/05/2019, Rv. 276701 – 08 e Sez. 6, n. 37081 del 19/11/2020, P.v. 28055202), con cui e’ stato chiarito che l’aggravante speciale della transnazionalita’ presuppone che la commissione di un qualsiasi reato in ambito nazionale, purche’ punito con la reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, sia stata determinata o anche solo agevolata, in tutto o in parte, dall’apporto di un gruppo criminale organizzato, impegnato in attivita’ illecite’ in piu’ di uno Stato; ai fini della configurazione della speciale aggravante in esame, inoltre, non e’ affatto necessario ne’ che il reato in questione venga commesso anche all’estero, ne’ che l’associazione per delinquere operi anche in Paesi esteri. Non e’ neppure necessario che del sodalizio criminoso facciano parte soggetti operanti in Paesi diversi, mentre quel che occorre, ai fini dell’operativita’ dell’aggravante, e’ che alla commissione del reato oggetto di aggravamento abbia dato il suo contributo un gruppo dedito ad attivita’ criminali a livello internazionale.
La L. n. 146 del 2006, articolo 4 deve essere infatti letto insieme all’articolo 3 della medesima legge, che, recando la definizione di “reato transnazionale”, fornisce importanti elementi ricostruttivi in chiave ermeneutica.
L’articolo 3 invero ancora la qualificazione della transnazionalita’ al concorso di tre distinti parametri: il primo e’ connesso alla gravita’ del reato, determinata in ragione della misura edittale di pena (non inferiore nel massimo a quattro anni di reclusione), il secondo criterio prevede il coinvolgimento di un gruppo criminale organizzato, nel senso che la dimensione organizzativa deve essere componente coessenziale dell’espressione criminale di riferimento, mentre il terzo parametro si sostanza di uno degli elementi che la norma prevede, stavolta, in forma alternativa: commissione del reato in piu’ di uno Stato (a); commissione in uno Stato, ma con parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo in un altro Stato (b); commissione in uno Stato, ma implicazione in esso di un gruppo criminale organizzato impegnato in attivita’ criminali in piu’ di uno Stato (c); commissione in uno Stato, con produzione di effetti sostanziali in. altro Stato (d).
Dunque, la transnazionalita’ non e’ elemento costitutivo di un’autonoma fattispecie delittuosa, ma e’ una peculiare modalita’ di espressione riferibile a qualsivoglia delitto (con esclusione delle contravvenzioni), a condizione che lo stesso assuma una proiezione transfrontaliera.
Ora, la previsione dell’aggravante in esame e’ stata modellata su uno soltanto degli elementi alternativi rilevanti ai fini della definizione della transnazionalita’, ossia quello di cui alla lettera c), per cui la circostanza e’ stata “ritagliata” dalla definizione normativa (senza sanzione) di reato transnazionale, con un’operazione selettiva, che per una sola delle ipotesi di transnazionalita’, cioe’ la “implicazione” di un gruppo criminale organizzato impegnato in attivita’ criminali in piu’ di uno Stato, ha previsto l’aggravamento di pena. Di qui la conclusione che non e’ il reato transnazionale in se’ soggetto ad aggravamento di pena, mentre la sussistenza della speciale aggravante della L. n. 146 del 2006, articolo 4 e’ invece, gia’ di per se’, sintomo univoco di transnazionalita’, di talche’ il reato comune aggravato e’ sempre e necessariamente reato transnazionale.
Cio’ posto, va altresi’ messo in risalto che il generico riferimento normativo a qualsiasi reato, purche’ a esso si accompagni la relativa previsione sanzionatoria, porta a ritenere che l’apporto causale di un gruppo siffatto possa spiegarsi nel confronti di qualsivoglia espressione delittuosa, e dunque anche di quella associativa, non essendovi alcun contrario ostacolo di ordine testuale e logico.
Dunque, e’ pacifico che l’aggravante si applichi sia al reato associativo che ovviamente ai reati fine, come del resto chiarito di recente da questa Corte (Sez. 3, n. 10116 del 24/11/2020, dep. 16/03/2021, Rv. 281481), essendo stato solo precisato che la formulazione normativa dell’aggravante, nella parte in cui evoca il contributo causale, lascia chiaramente intendere che presupposto indefettibile della sua applicazione e’ la mancanza di immedesimazione, richiedendo piuttosto che associazione per delinquere e gruppo criminale organizzato si pongano come entita’ o realta’ organizzative affatto diverse. La locuzione “dare contributi- postula, infatti, “alterita’” o diversita’ tra i soggetti interessati, ossia tra soggetto agente (il gruppo organizzato) e realta’ plurisoggettiva (trattandosi, appunto, di aggregazione delinquenziale) beneficiaria dell’apporto causale.
D’altronde, le espressioni “associazione per delinquere” e “gruppo organizzato”, al di la’ dell’improprio uso promiscuo che puo’ talora farsi nel linguaggio corrente, non esprimono, in chiave giuridica, entita’ omogenee o concettualmente sovrapponibili; “gruppo organizzato” e’ infatti un quid pluris rispetto al mero concorso di persone, ma e’ un minus rispetto all’associazione per delinquere.
La sua configurazione e’, infatti, richiesta soltanto una certa stabilita’ dei rapporti, un minimo di organizzazione senza formale definizione dei ruoli, la non occasionalita’ od estemporaneita’ della stessa, la costituzione in vista anche di un solo reato e per il conseguimento di un vantaggio finanziario o di altro vantaggio materiale; invece, ai fini della configurazione del reato di cui all’articolo 416 c.p., occorrono un’articolata organizzazione strutturale, seppure in forma minima od elementare, tendenzialmente stabile e permanente, una precisa ripartizione dei ruoli e la pianificazione di una serie indeterminata di reati.
Il contesto strutturale organizzato deve essere, insomma, funzionale alla realizzazione di un numero indefinito di delitti, senza che, ai fini della configurazione normativa, sia richiesto anche il teleologismo finanziario o comunque materiale dell’azione della consorteria, derivando di fatto l’eventuale profitto dall’apporto dei singoli reati-fine, alla cui esecuzione sia funzionalmente preordinato. E’ ovvio poi che, ove il gruppo organizzato assuma siffatti connotati, diventi esso stesso associazione per delinquere e, in tal caso, vi sara’ sicura sovrapposizione od immedesimazione delle due entita’.
Nell’ipotesi di cui all’articolo 4, invece, siffatta immedesimazione non deve assolutamente sussistere, giacche’ la previsione del contributo causale implica diversita’ soggettiva, ossia l’esistenza di due distinte realta’ organizzative, nel senso che il gruppo criminale organizzato, peraltro impegnato in attivita’ criminali in piu’ di uno Stato, deve aver contribuito alla commissione del reato associativo, cioe’ alla costituzione o all’agevolazione, in qualsiasi forma, dell’associazione formatasi ed operante in ambito nazionale. Dalla sfera di operativita’ della circostanza aggravante deve, quindi, essere espunta l’ipotesi in cui il gruppo organizzato sia esso stesso associazione per delinquere.
Orbene, la sentenza impugnata si e’ inserita correttamente nel solco di tale impostazione, rimarcando (pag. 88 ss. in generale e poi pag. 795 ss. rispetto ai capi D ed E) come dagli elementi investigativi disponibili sia emersa pacificamente il coinvolgimento di un autonomo gruppo criminale organizzato nel traffico degli stupefacenti, di cui alcuni soggetti, (OMISSIS) e (OMISSIS), sono stati nel tempo interlocutori diretti o indiretti del distinto sodalizio calabrese.
L’apporto del gruppo dei narcotrafficanti colombiani e’ o’stato indubbiamente. qualificato, dovendosi ritenere che, senza lo stesso, la pianificazione delle iniziative illecite di cui ai capi D ed E non sarebbe stata possibile, avendo il gruppo assicurato la disponibilita’ di canali di approvvigionamento della stupefacente, sia dalla Colombia, sia da altri Stati del continente Europeo.
A cio’ deve solo aggiungersi, quanto all’ascrivibilita’ dell’aggravante al ricorrente, – che la Corte territoriale ha in modo convincente valorizzato a tal fine (pay. 799 della sentenza impugnata) il fatto che (OMISSIS) abbia avuto rapporti personali diretti con (OMISSIS) (OMISSIS), con cui si e’ incontrato a (OMISSIS) il (OMISSIS), essendo dunque il ricorrente ben consapevole della circostanza che nell’iniziativa delittuosa in corso era pienamente coinvolto un gruppo organizzato straniero.
5.6.4. Passando al quinto motivo del ricorso, deve osservarsi che il giudizio sulla sussistenza dell’aggravante ex articolo 80, comma 2 Decreto del Presidente della Repubblica cit. non presenta aspetti problematici, avendo la Corte territoriale evidenziato sul punto (a pag. 103 della sentenza impugnata) che, pur non essendoci stato alcun sequestro rispetto al capo E, tuttavia il contenuto delle numerosissime conversazioni intercettate, alcune delle quali riportate per esteso nel corpo della motivazione, consentiva di qualificare in termini di ingente quantita’ i quantitativi di stupefacente oggetto della condotta contestata, in quanto i tentativi di importazione erano riferiti a mille chili di cocaina che dovevano provenire dalla Colombia, e a 800 chili che dovevano essere importati dall’Olanda o dalla Spagna, per cui, avuto riguardo agli scambi intercorsi tra i protagonisti della vicenda, l’aggravante de qua e’ stata ritenuta correttamente ravvisabile, dovendosi in tal senso richiamare l’affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 4, n. 21377 del 09/07/2020, Rv. 279512), secondo cui, in tema di traffico di sostanze stupefacenti, accertato esclusivamente mediante intercettazioni telefoniche e ambientali (c..d. droga parlata), il giudice puo’ comunque ritenere la sussistenza dell’aggravante della ingente quantita’ allorche’, sulla base del complessivo compendio probatorio, emerga che tale traffico ha raggiunto la “soglia minima”, ravvisabile quando la quantita’ risulti pari a 2.000 volte il valore massimo, in milligrammi (valore – soglia), determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al Decreto Ministeriale 11 aprile 2006, pur dovendo tale valutazione essere compiuta con particolare attenzione e rigore, come avvenuto nella vicenda in esame.
A tali considerazioni la Corte territoriale ha poi aggiunto l’ulteriore rilievo (pag. 800 della sentenza impugnata) secondo cui (OMISSIS), dal punto di vista soggettivo, era al corrente della ingente quantita’ della droga da importare, avendo versato parte del denaro occorrente per l’acquisto a (OMISSIS) e a Peluria.
5.6.5. Anche le censure in punto di trattamento sanzionatorio (sesto e settimo motivo di ricorso) non sono meritevoli di accoglimento.
Ed invero, a fronte della condanna in primo grado a 10 anni, 6 mesi di reclusione ed Euro 37.000 di multa, la Corte di appello, previa esclusione dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, ha rideterminato la pena a carico di (OMISSIS) in 6 anni, 8 mesi di reclusione e 32.000 Euro di multa, cui e’ pervenuta partendo dalla pena base di anni 7, mesi 6 di reclusione ed Euro 36.000 di multa, determinata gia’ tenendo conto del tentativo, pena sulla quale, stante il confermato giudizio di equivalenza tra le riconosciute attenuanti generiche e le aggravanti del numero di persone e dell’ingente quantita’ dello stupefacente, sono stati operati prima l’aumento per l’aggravante della transnazionalita’ (fino ad anni 10 ed Euro 48.000, dunque in misura inferiore al minimo di un terzo) e infine, sulla pena cosi’ determinata, la riduzione di un terzo per la scelta del rito. Nello giustificare il discostamento dal minimo edittale, i giudici di appello hanno rimarcato, in maniera non illogica, il ruolo di finanziatore di (OMISSIS), il quale non ha avuto un ruolo secondario, avendo egli al contrario cooperato in maniera attiva a un tentativo di operazione di cocaina dalla Colombia, procurando il denaro da mettere a disposizione dei narcotrafficanti sudamericani.
Il percorso argomentativo della sentenza impugnata, scevro da considerazioni illogiche, resiste dunque alle obiezioni difensive, rispetto alle quali deve solo osservarsi che il corretto comportamento processuale tenuto dall’imputato deve ritenersi implicitamente valorizzato nella non lieve mitigazione del trattamento sanzionatorio operata dalla Corte territoriale, fermo restando che, per quanto si evince dallo stesso ricorso, il leale contegno processuale dell’imputato non si e’ tradotto anche nella rivelazione di elementi utili a chiarire le vicende contestate. Ne’ appare infine ravvisabile la dedotta violazione dell’articolo 63 c.p., comma 4, secondo cui se concorrono piu’ circostanze a effetto speciale, si applica la pena per la circostanza piu’ grave, con facolta’ del giudice di aumentarla, posto che nel caso di specie, come emerge chiaramente dal calcolo della pena (pag. 1094 della sentenza), vi e’ stato un solo aumento rispetto all’aggravante non bilanciabile della transnazionalita’ (in misura peraltro inferiore a un terzo), mentre le altre aggravanti suscettibili di bilanciamento sono state poste in regime di equivalenza con le attenuanti generiche, per cui per esse non vi sono stati aumenti di pena, il che rende non pertinente il richiamo all’articolo 63 c.p., comma 4.
Alla stregua di tali considerazioni, il ricorso di (OMISSIS) deve essere rigettato, con onere per il ricorrente di sostenere le spese del procedimento.
6. Conclusa la disamina della posizione dei ricorrenti coinvolti nei soli reati fine, e’ ora il momento di passare ai ricorsi degli imputati condannati, oltre che per i reati fine, anche rispetto alla fattispecie associativa di cui al capo. A.
6.1. Iniziando dalla posizione di (OMISSIS), deve osservarsi che e’ fondato il solo terzo motivo di ricorso riguardante il giudizio sulla configurabilita’ dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa, mentre i tre restanti motivi non sono fondati.
6.1.1. Partendo dal primo motivo, riguardante il giudizio di colpevolezza dell’imputato rispetto ai reati-fine, con particolare riferimento al capo E (sul capo D non vi sono formali censure), deve osservarsi che non vi e’ spazio per l’accoglimento delle censure difensive, con le quali e’ stato di fatto sollecitato un diverso apprezzamento delle risultanze probatorie, di cui i giudici di merito hanno compiuto un’adeguata disamina, rivelatasi priva di profili di irrazionalita’. In particolare, rispetto alla vicenda oggetto del capo D, la cui ricostruzione e’ comunque necessaria, essendo strettamente connessa con quella contestata al successivo capo di imputazione, e’ stato ricordato nella sentenza impugnata che il coinvolgimento di (OMISSIS) nell’operazione puo’ essere collocato gia’ a partire dal 10 marzo 2015, durante la fase organizzativa dell’importazione, ovvero da quando e’ stata intercettata una conversazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS), nel corso della quale il secondo chiedeva al primo quando arrivasse “il (OMISSIS)”; questi doveva essere individuato proprio nel ricorrente, che si occupava della commercializzazione di mandarini e dunque era la persona giusta per occuparsi del recupero dello stupefacente, che sarebbe stato occultato nella nave in scatole contenenti banane.
Del resto, (OMISSIS) e’ comparso attivamente sulla scena nell’imminenza dell’arrivo del carico di copertura, ovvero il 15 agosto 2015, allorquando il ricorrente veniva ripreso mentre entrava nell’abitazione di (OMISSIS), dove era ospitato (OMISSIS), con il quale (OMISSIS) ha parlato, in modo esplicito, delle modalita’ di recupero del carico di droga presso il porto di Livorno, come si evince dal tenore dei dialoghi monitorati e riportati nella sentenza impugnata (pag. 478).
(OMISSIS) peraltro tornava a casa della (OMISSIS) il 18 agosto 2015 e in tale occasione esordiva dicendo “stanotte e’ arrivato tutto”, cio’ a conferma del fatto che egli era stato informato dell’arrivo della nave, essendo in contatto con (OMISSIS), che a sua volta era stato coinvolto per gestire il recupero della cocaina al porto, avendo ritirato da (OMISSIS) le indicazioni utili all’individuazione del container.
Anche in occasione delle conversazioni registrate il 18 agosto 2015 i riferimenti all’operazioni in corso sono molto eloquenti, avendo chiesto (OMISSIS) a (OMISSIS) se la droga arrivata fogse “buona”, ricevendo rassicurazioni dal narcotrafficante.
In ogni caso, anche dopo il sequestro dello stupefacente al porto di Livorno, (OMISSIS) ha continuato a fornire il suo contributo al sodalizio nella prospettiva di organizzare nuove spedizioni di droga, tanto e’ vero che il 26 agosto 2015 il ricorrente, discutendo con l’eludo, lo invitava a concordare una nuova importazione, allorche’ il suo interlocutore avesse fatto rientro in Colombia. Nel prosieguo del dialogo, (OMISSIS) diceva al narcotrafficante di aver parlato cdn “il pelato”, ovvero con (OMISSIS), il quale gli aveva detto di non voler piu’ “perdere la merce”, per cui veniva valutata l’opportunita’ di individuare altri porti di arrivo della droga, anche fuori dall’Italia, come ad esempio il porto di Anversa.
In effetti, una volta che l’eludo fece rientro in Colombia, vi fu uno scambio di messaggi tra i narcotrafficanti sudamericani (tramite l’eludo) e i sodali italiani (tramite (OMISSIS)), che segno’ la conclusione dell’accordo in vista di una nuova importazione di cocaina, come si evince dal tenore delle comunicazioni intercorse tra il 26 settembre 2015 (quando (OMISSIS) informa (OMISSIS) della disponibilita’ dei narcos a una nuova spedizione di cocaina) e il 17 ottobre 2915 (quando (OMISSIS) comunica a (OMISSIS) l’eludo l’assenso dei calabresi all’operazione). In questa fase cruciale la collaborazione attiva di (OMISSIS) non e’ affatto mancata. Il ricorrente, infatti, il 27 settembre si e’ visto con (OMISSIS) e (OMISSIS), in uno degli incontri prodromici alla conclusione dell’accordo, risultando significativo altresi’ che, nelle conversazioni del 4 e del 5 novembre tra i due colombiani l’eludo e (OMISSIS), il primo abbia riferito al secondo che (OMISSIS) aveva “la ditta pronta”, essendo stato identificato nel ricorrente “il canoso” di cui si parla nei dialoghi captati, essendo pacifico che (OMISSIS) avesse i capelli bianchi. Il ricorrente, inoltre, incontrava l’eludo il successivo 7 novembre e, subito dopo l’incontro, il narcotrafficante informava (OMISSIS) del reperimento della ditta che operava da 20 anni e che avrebbe dovuto trasportare il carico di copertura. Eloquente si e’ rivelato poi il contenuto della conversazione del 17 novembre 2015, nella quale (OMISSIS), parlando con (OMISSIS), gli spiegava che il carico sarebbe dovuto apparire una fornitura per la sua ditta, che commercializzava agrumi. Una ulteriore conferma del coinvolgimento nell’operazione del ricorrente e’ stata inoltre tratta dalla conversazione. registrata il 28 gennaio 2016 (ovvero dopo che il 23 dicembre 2015 era stata consegnata una parte del denaro necessario per l’importazione all’escort colombiana ” (OMISSIS)”) a casa della (OMISSIS), nella quale (OMISSIS), parlando con la sua amante, faceva una sorta di riepilogo del denaro sborsato da lui, da (OMISSIS) e da (OMISSIS) (ovvero “(OMISSIS)”).
Orbene, la ricostruzione operata dai giudici di merito non risulta affatto illogica e dunque resiste alla differente lettura delle fonti dimostrative suggerita dalla difesa, dovendosi solo rilevare che non sono emersi profili di travisamento delle prove, essendo rimasta assertiva la tesi secondo cui il denaro reperito costituiva solo una forma di indennizzo per la perdita dei 63 chili di cocaina sequestrati al Porto di Livorno, atteso che dalle trattative intercorse si desume piuttosto che gli accordi intrapresi da fine agosto in poi erano funzionali non solo e non tanto a ristorare i colombiani. per la perdita del carico, ma anche e soprattutto ad individuare altri canali (“porto di Anversa”) per un’altra importazione di cocaina. E comunque la tesi dell’indennizzo non smentisce quella del nuovo accordo, ben potendo coesistere le due operazioni, come rilevato dalla Corte di appello. Quanto all’obiezione circa il mancato raggiungimento della soglia di punibilita’ del tentativo rispetto alla vicenda di cui al capo E, non possono che richiamarsi le considerazioni gia’ svolte nel paragrafo 5.6.1. sull’idoneita’ della condotta a integrare la fattispecie in forma non tentata, ma consumata, posto che, dopo le trattative, l’accordo sull’importazione della droga tra narcotrafficariti e sodali italiani era stato gia’ raggiunto, tanto e’ vero che si era passati gia’ alla raccolta del denaro, il che e’ piu’ che sufficiente a ritenere integrato il delitto consumato. Cio’ rende peraltro irrilevanti le forti perplessita’ manifestate da (OMISSIS) sulla partecipazione all’operazione, in quanto tali riserve sono state palesate dopo che l’accordo per l’importazione si era perfezionato, grazie anche al suo contributo. Alla luce di tali considerazioni, deve quindi concludersi che l’affermazione della penale responsabilita’ di (OMISSIS) rispetto al reato fine di cui al capo E non appare suscettibile di essere messa in discussione in questa sede, mentre deve ribadirsi che il capo D non e’ stato oggetto di contestazioni formali da parte del ricorrente.
6.1.2. A conclusioni analoghe deve pervenirsi rispetto al giudizio di colpevolezza di (OMISSIS) in ordine al reato associativo contestato al capo A.
Al riguardo i giudici di merito hanno innanzitutto ripercorso la dinamica dei fatti relative alle due rilevanti vicende di cui ai capi D) ed E), osservando che in esse (OMISSIS) ha ricoperto un ruolo tutt’altro che secondario, essendosi il ricorrente messo a disposizione del sodalizio sin da quando e’ stata programMata la prima importazione che ha portato al sequestro del 19 agosto 2015, proponendosi di allestire “una squadra” (questo il termine usato da (OMISSIS) in una conversazione captata) per le operazioni di recupero della droga in arrivo al porto di Livorno, cio’ a riprova anche delle capacita’ organizzative di cui disponeva il ricorrente.
Anche dopo il sequestro della droga, (OMISSIS) ha continuato a interagire con i narcotrafficanti, svolgendo in tal caso, oltre alle funzioni di organizzatore, favorite dall’attivita’ imprenditoriale svolta, anche quelle di finanziatore, come confermato nella conversazione ambientale intercettata a casa della (OMISSIS). Partendo da tali premesse fattuali, il G.U.P. e la Corte territoriale, nel dare conto della pregnanza del contributo fornito dall’imputato ai traffici illeciti del sodalizio in due momenti cosi’ importanti per l’operativita’ dell’associazione, sono pervenuti alla coerente conclusione della configurabilita’ del ruolo apicale di (OMISSIS) nell’ambito dell’associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 74, a nulla rilevando che, rispetto alla vita dell’associazione, indicata in rubrica come attiva tra l'(OMISSIS), le attivita’ del ricorrente si siano concentrate in un periodo piu’ circoscritto (marzo 2015-gennaio 2016), dovendosi n proposito richiamare la costante affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 4, n. 50570 del 26/11/2019, Rv. 278440-02), secondo cui, in tema di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, ai fini della verifica degli elementi costitutivi della partecipazione al sodalizio, e in particolare dell'”affectio” di ciascun aderente ad esso, non rileva la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che puo’ essere anche breve, purche’ dagli elementi acquisiti possa inferirsi l’esistenza di un sistema collaudato, al quale gli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito, benche’ per un periodo di tempo limitato.
Ora, nel caso di specie, deve osservarsi, in primo luogo, che l’epoca in cui (OMISSIS) ha preso attivamente parte alle iniziative finalizzate alle importazioni di cocaina dall’estero non e’ stato breve, venendo in rilievo almeno 10 mesi, dovendosi in secondo luogo considerare che le attivita’ poste in essere dailimputato sono state in questo periodo di una tale rilevanza (organizzazione delle operazioni materiali di recupero dello stupefacente, intervento nelle trattative per la nuova importaiione successiva al sequestro, finanziamento della seconda operazione) da escludere che si sia al cospetto di un concorso estemporaneo, Essendosi al contrario in presenza di una consapevole adesione a un preciso pactum sceferis. Ne’ il numero di reati fine addebitati ad (OMISSIS) (2) e’ tale da rendere improbabile la tesi del suo inserimento nel sodalizio, avendo questa Corte precisato (Sez. 3, n. 36381 del 09/05/2019, Rv. 276701 – 06) che, in tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, anche, il coinvolgimento in un solo reato-fine puo’ integrare l’elemento, oggettivo della partecipazione, nel caso in cui le connotazioni della condotta dell’agente, consapevolmente servitosi dell’organizzazione per commettere il fatto, ne rivelino, secondo massime di comune esperienza, un ruolo nelle dinamiche operative del gruppo criminale.
Cio’ e’ avvenuto nel caso di specie, nel quale deve ritenersi che il modus agendi di (OMISSIS) (che interloquiva direttamente con i narcotrafficanti sudamericani, che si interessava dei dettagli delle operazioni, che ne sollecitava l’avvio e in parte ne finanziava il compimento) sia idoneo a delineare in termini verticistici il contributo da lui fornito in alcuni dei passaggi cruciali della vita associativa.
Le due sentenze di merito, nell’attribuire al ricorrente il ruolo di organizzatore e finanziatore del sodalizio, si sono poste in sintonia con le richiamate premesse interpretative, per cui le censure difensive sul punto devono essere disattese, anche perche’ spesso ancorate a deduzioni fattuali non consentite in questa sede.
6.1.3. E invece fondato il terzo motivo del ricorso di (OMISSIS).
Deve premettersi al riguardo che la sentenza impugnata, nel ritenere sussistente l’aggravante dell’agevolazione mafiosa rispetto ai reati-fine di cui ai capi D ed E, ha evidenziato (pag. 798) che “la finalizzazione al sodalizio mafioso delle attivita’ nelle quali ( (OMISSIS)) risulta pienamente coinvolto in relazione ai capi D ed E si ricava dalle stesse modalita’ con cui si sono svolti i fatti, modalita’ che denotano la chiara consapevolezza di (OMISSIS) di operare in ambito âEuroËœndranghetistico, attese le particolari cautele adottate per comunicare evitando conversazioni telefoniche, nel vano tentativo di mettersi al riparo’ da possibili captazioni dei discorsi”.
Orbene, tale apparato argomentativo risulta oggettivamente lacunoso e inadeguato ai fini dell’attribuzione della circostanza aggravante de qua.
Sul punto deve premettersi che, in tempi recenti, una puntuale esegesi della circostanza, in esame e’ stata compiuta dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, Rv. 278734, ricorrente Chioccini. Con tale pronuncia, e’ stato infatti affermato che l’aggravante prevista dalla Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, convertito dalla L. n. 203 del 1991 (oggi la norma di riferimento e’ l’articolo 416 bis.1 c.p.), esige che l’agente deliberi l’attivita’ illecita nella convinzione di apportare un vantaggio alla compagine associativa: e’ necessario pero’, affinche’ il reato non sia privo di offensivita’, che tale rappresentazione si fondi su elementi concreti, inerenti, in via principale, all’esistenza dio’ un gruppo associativo avente le caratteristiche di cui all’articolo 416 bis c.p. e alla effettiva possibilita’ che l’azione illecita si inscriva nelle possibili utilita’, anche non essenziali al fine del raggiungimento dello scopo di tale compagine, secondo la valutazione del soggetto agente, non necessariamente coordinata con i componenti dell’associazione.
E’ stato altresi’ precisato dalle Sezioni Unite del 2019 che, trattandosi di un’aggravante che colpisce la maggiore pericolosita’ di una condotta, ove finalizzata all’agevolazione, e’ necessario che la volizione che la caratterizza possa assumere un minimo di concretezza, anche attraverso una mera valutazione autonoma dell’agente, che non impone un raccordo o un coordinamento con i rappresentanti del gruppo e, soprattutto, non prevede che il fine rappresentato sia poi nel concreto raggiunto, pur essendo presenti tutti gli elementi di fatto, astrattamente idonei a tale scopo; tale finalita’ peraltro non deve essere esclusiva, ben potendo accompagnarsi a esigenze egoistiche quali, ad esempio, la volonta’ di proporsi come elemento affidabile al fine dell’ammissione al gruppo o qualsiasi altra finalita’ di vantaggio, assolutamente personale, che si coniughi con l’esigenza di agevolazione.
Quel che innegabilmente la disposizione richiede, per consentire l’applicazione o’ dell’aggravante, e’ tuttavia la presenza del dolo specifico o intenzionale in uno dei partecipi, essendo evidente o’che il fine agevolativo costituisca un motivo a delinquere, cui la legge attribuisce rilevanza per giustificare l’aggravamento di pena; del resto, non e’ affatto infrequente che il nostro sistema penale riconosca la rilevanza del motivo, non solo come elemento caratterizzante la fattispecie (finalita’ di terrorismo o di arricchimento patrimoniale per il sequestro di persona), ma anche, come nel caso dell’agevolazione mafiosa, nella forma circostanziale (quale il motivo abietto e futile, la finalita’ di discriminazione e odio etnico-razziale, il fine di profitto nel reato di favoreggiamento dell’immigrazione Clandestina, la finalita’ di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico).
Di qui la conclusione della richiamata pronuncia delle Sezioni Unite secondo cui la circostanza aggravante dell’aver agito al fine di agevolare l’attivita’ delle associazioni di tipo mafioso ha natura soggettiva, inerendo ai motivi a delinquere, e si comunica al concorrente nel reato che, pur non animato da tale scopo, sia consapevole della finalita’ agevolatrice perseguita dal compartecipe.
A cio’ la giurisprudenza di legittimita’ (cfr. Sez. 2, n. 27548 del 17/05/2019, Rv. 276109) ha aggiunto l’ulteriore precisazione secondo cui la configurabilita’ dell’aggravante ex Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 (oggi articolo 416 bis.1 c.p.) non richiede necessariamente la sussistenza di una compagine mafiosa o camorristica di riferimento, non solo quando e’ contestato l’utilizzo del “metodo mafioso”, ma anche quando e’ addebitata la finalita’ agevolativa, anche se, in questa seconda evenienza, occorre che lo scopo sia quello di contribuire all’attivita’ di un’associazione operante in un contesto di matrice mafiosa, in una logica di contrapposizione tra gruppi ispirati da finalita’ di controllo del’territorio con le modalita’ tipiche previste dall’articolo 416 bis c.p..
Tanto premesso, deve convenirsi con la difesa sul fatto che, nel caso di specie, la Corte di appello non ha adeguatamente spiegato in base a quali elementi debba ritenersi provata la consapevolezza da parte di (OMISSIS) di agevolare una delle tre cosche indicate in ciascuno dei due capi di imputazione D ed E, ovvero la cosca (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS) di (OMISSIS), la cosca (OMISSIS)- (OMISSIS)-Raziohale di (OMISSIS) e la cosca di (OMISSIS).
Ora, se e’ vero che nella parte introduttiva della sentenza (pag. 92-100), sono state sufficientemente illustrate la storia e le caratteristiche delle tre cosche, le cui attivita’ risultano essersi in taluni momenti intrecciate con quelle di alcuni del sodali dell’associazione contestata al capo A, occorre tuttavia prendere atto che, rispetto alla descrizione della presunta finalita’ agevolatrice da parte di (OMISSIS), l’apparato argomentativo della pronuncia impugnata e’ oggettivamente carente e comunque assertivo, non essendo stati chiariti i presunti (e, ove provati, attuali) rapporti tra il ricorrente e gli appartenenti alle tre cosche, mancando in ogni caso un’esauriente illustrazione degli elementi di fatto idonei a provare in concreto la consapevolezza da parte dell’imputato di agevolare, con le sue condotte delittuose, le attivita’ illecite delle cosche o anche di una sola di esse.
Ne’ puo’ ritenersi sufficiente il mero ricorso dell’imputato al linguaggio criptico delle conversazioni, elemento questo al piu’ riconducibile, almeno in termini astratti, a un “metodo mafioso” cheluttavia non forma oggetto di contestazione. Limitatamente al giudizio sulla configurabilita’ a carico di (OMISSIS) della circostanza aggravante di cui alla Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 (oggi articolo 416 bis.1 c.p.), con le possibili ricadute in punto di trattamento sanzionatorio, si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro, al fine di compiere, nel solco dei criteri ermeneutici prima delineati, il necessario approfondimento di merito circa l’eventuale esistenza da parte dell’imputato di un’effettiva finalita’ agev&atrice rispetto alle attivita’ di una o di tutte e tre le cosche indicate nelle imputazioni, rispetto alle quali dovranno essere chiariti gli eventuali rapporti con (OMISSIS).
6.1.4. Passando al quarto motivo di ricorso, relativo alla configurabilita’ della circostanza aggravante della transnazionalita’, se ne deve invece rimarcare la infondatezza, alla luce delle argomentazioni gia’ esposte nel paragrafo 5.6.3 circa i presupposti per l’operativita’ dell’aggravante e, in particolare, in ordine al pieno il coinvolgimento dei narcos colombiani nei traffici in Italia degli stupefacenti e alla non sovrapponibilita’ tra il gruppo organizzato estero e il sodalizio calabrese. Sul punto deve solo aggiungersi, quanto all’ascrivibilita’ dell’aggravante al ricorrente, che’ la Corte territoriale ha in modo pertinente valorizzato a tal fine (pag. 799 della sentenza impugnata) il fatto che (OMISSIS) abbia avuto rapporti personali diretti con (OMISSIS), in occasione di entrambe le vicende di cui ai capi D ed E, essendo dunque il ricorrente ben consapevole della circostanza che nell’iniziativa delittuosa in corso era coinvolto un gruppo criminale straniero.
6.1.5. In conclusione, alla luce delle considerazioni sin qui svolte, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente alla circostanza aggravante di cui all’articolo 416 bis.1 c.p., con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro, mentre II ricorso deve essere rigettato nel resto.
6.2. Passando alla posizione di (OMISSIS), occorre rilevare che anche in tal caso sono fondate le sole censure concernenti il giudizio sulla configurabilita’ dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa, mentre nel resto il ricorso e’ infondato.
6.2.1. Iniziando la disamina dalle doglianze- riferite all’affermazione della penale responsabilita’ e in particolare da quelle concernenti i reati-fine (capi D ed E), occorre evidenziare che la Corte territoriale, per entrambe le imputazioni, ha compiuto un’adeguata disamina dei fatti di causa, non mancando affatto di confrontarsi con le deduzioni difensive, superandole con considerazioni razionali. In particolare, per quanto concerne il capo D, la sentenza impugnata, dopo aver ripercorso le tappe principali della vicenda (pag. 455 ss.), ha messo in risalto la circostanza che (OMISSIS) si e’ recato da (OMISSIS) nei momenti piu’ rilevanti dell’operazione culminata con l’arrivo del carico di droga al porto di Livorno.
Cio’ e’ avvenuto, ad esempio, il 21 gennaio 2015, cioe’ nei giorni successivi all’arrivo in Calabria di (OMISSIS), l’8 marzo, ovvero all’indomani dell’arrivo in Calabria di (OMISSIS) e all’incontro di questi con (OMISSIS) e (OMISSIS), e il 27 e il 31 marzo 2015, giorni nei quali (OMISSIS), impegnato nel reperire il denaro necessario per l’acquisto della droga, si reca a (OMISSIS) e si incontra con (OMISSIS), il quale, in una delle conversazioni intercettate, riferisce al suo interlocutore: “una settantina li ho trovati io”, chiedendo a (OMISSIS) se (OMISSIS) fosse riuscito a recuperare qualcosa (progr. 1943, riportato a pag. 216 e 217). Il 1 aprile 2015 (OMISSIS) ritorna a (OMISSIS) e, conversando con (OMISSIS) (progr. 1972), gli lascia intendere che l’affare illecito stava avvenendo con l’apporto di denaro proveniente da vari soggetti, per cui, nell’eventualita’ in cui qualcosa fosse andato storto, ognuno di loro avrebbe perso l’investimento, cio’ a conferma dell’esistenza di un’organizzazione articolata dietro l’operazione. Rispetto a tale conversazione, la Corte territoriale ha ragionevolmente escluso che l’argomento vertesse su una presunta compravendita di terreni. non risultando che (OMISSIS) e (OMISSIS) fossero comproprietari di terreni da vendere. In ogni caso, anche prescindendo dalla conversazione del 1 aprile 2015, i giudici di secondo grado hanno osservato che gli ulteriori dialoghi intercettati attestano ampiamente gli apporti finanziari di (OMISSIS) rispetto all’importazione della droga, come desumibile ad esempio dalle conversazioni del 7 aprile 2015 (progr. 1973 e 1974), nelle quali (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno discusso di somme di denaro riferite all’operazione in corso, avendo (OMISSIS) precisato che per reperire altri 10.000 Euro avevano poco tempo a disposizione, previsione questa non sbagliata, perche’ i colombiani hanno in effetti poi comunicato che il denaro era “molto poco”. Peraltro, anche dopo la consegna del denaro al cartello colombiano, avvenuta a Roma il (OMISSIS) tramite il libanese (OMISSIS), (OMISSIS) ha continuato a recarsi da (OMISSIS), sia di ritorno dalla Capitale, sia nei giorni successivi, come il 24 aprile, il 2, il 4 e il 6 maggio, giorno in cui i due colombiani gota gota e (OMISSIS) commentano il fatto che “lo zio”, ovvero (OMISSIS), era uscito “fuori citta’ per organizzare tutto”, verificandosi la stessa cosa il 25 maggio, dopo che gota gota aveva inviato le fotografie che ritraevano la cocaina e il carico di copertura. Una volta stampate le- foto, infatti, (OMISSIS) si recava a (OMISSIS), dove incontrava (OMISSIS), vedendosi (OMISSIS) in quei giorni anche con gli altri soggetti coinvolti nell’operazione, ovvero (OMISSIS) e (OMISSIS), raccogliendo da costoro delle perplessita’ sull’individuazione del porto di arrivo, perplessita’ che venivano poi riferite a (OMISSIS) e da questi comunicate a gota gota.
(OMISSIS) si e’ poi recato da (OMISSIS) anche nelle fasi successive, ovvero il 9 giugno,
prima della partenza di (OMISSIS) per la Colombia dove avrebbe dovuto farsi consegnare dai narcos il documento’ necessario per la spedizione, del carico, e il 23 agosto, due giorni dopo il momento in cui era arrivata la notizia del sequestro dei 63 chili di cocaina al porto di Livorno da parte della Guardia di Finanza. Dunque, tenuto conto della scansione degli incontri e del contenuto dei dialoghi, non valutati in maniera Isolata, ma posti in correlazione logica tra loro, e corroborati delle dichiarazioni della collaboratrice di giustizia. (OMISSIS), che ha indicato (OMISSIS) come una delle persone che collaboravano con (OMISSIS) per l’acquisto della droga, la Corte territoriale ha confermato il giudizio sulla colpevolezza dell’imputato operato in primo grado, all’esito di un articolato percorso argomentativo che non presenta profili di manifesta illogicita’ e dunque resiste alle doglianze difensive, con cui si prospettano differenti letture del materiale probatorio, che tuttavia non possono trovare ingresso in questa sede. Analogamente, quanto al capo E, e’ stato ricordato nella sentenza impugnata (pag. 748 ss.) che (OMISSIS) e’ stato coinvolto anche nelle fasi successive al sequestro dello stupefacente, avendo proseguito (OMISSIS) i contatti con lui, non solo per informarlo della misura cautelare reale, ma anche nel momento in cui e’ stata programmata una nuova importazione di cocaina, essendo in particolare il ricorrente intervenuto anche nella fase della promozione del nuovo accordo.
E’ risultata significativa al riguardo la conversazione del 4 settembre 2015, nella quale, nel giorno della partenza di (OMISSIS) e (OMISSIS) per Milano, (OMISSIS) consegna a (OMISSIS) il denaro necessario per le spese di viaggio di (OMISSIS), dicendogli che parte del denaro gli era stata data da (OMISSIS), risultando identificabile in costui il ” (OMISSIS)” citato nella conversazione, avuto riguardo all’interessamento del ricorrente per l’operazione: Dopo la partenia di (OMISSIS), infatti, (OMISSIS) si recava diverse volte da (OMISSIS) e uno di questi incontri avveniva il 27 settembre 2015, cioe’ all’indomani del giorno in cui (OMISSIS) aveva comunicato ai calabresi l’assenso di (OMISSIS) alla nuova importazione, essendo significativo e non casuale che (OMISSIS) si sia recato il giorno dopo questa comunicazione a San Gregorio d’Ipporia con (OMISSIS), ovvero con colui che, un mese prima, il 26 agosto, aveva discusso del progetto di una nuova importazione con (OMISSIS) nell’appartamento di (OMISSIS). Da quel momento, peraltro, i contatti di (OMISSIS) non furono piu’ salo con (OMISSIS), ma si estesero anche ad (OMISSIS), mentre, l’8 ottobre, il ricorrente chiedeva a (OMISSIS) informazioni sul “(OMISSIS)”, nomignolo con cui veniva chiamato (OMISSIS), cio’ a riprova dell’inserimento di (OMISSIS) in un piu’ ampio contesto organizzativo, circostanza questa confermata dal fatto che, come riferito da (OMISSIS) alla (OMISSIS) nella conversazione de’l 15 ottobre, (OMISSIS) si era offerto per trovare a (OMISSIS), che stava tornando dalla Colombia, un altro alloggio in Calabria, non essendo rilevante il dato che poi tale proposta non si sia concretizzata. Del resto, anche quando (OMISSIS) e’ arrivato in Calabria con Verona, (OMISSIS) si e’ recato da (OMISSIS) e in tale occasione, il 4 novembre, gli ha chiesto 700800 Euro “da spendere per quello che sta scendendo”, cioe’ per provvedere alle esigenze del colombiano, tema questo di cui ha parlato (OMISSIS) pure in una conversazione del 5 dicembre, allorquando egli manifestava alla (OMISSIS) l’intenzione di chiedere a (OMISSIS) del denaro per le spese di albergo di (OMISSIS) (“ora vado da (OMISSIS) e gli parlo chiaro, (OMISSIS) mia…comincia da questa notte a dormire in albergo…la casa non e’ disponibile e ci vogliono 55 Euro a notte…poi ha il figlio che si deve operare e gli deve dare i soldi, non 2/300 Euro”).
Particolarmente significativo, e tale.da smentire le dichiarazioni di (OMISSIS) volte a escludere il ruolo di (OMISSIS) nella vicenda, e’ inoltre il contenuto della conversazione ambientale del 28 gennaio 2016, captata dopo la consegna della prima tranche del denaro alla escort colombiana ” (OMISSIS)”, nel corso della quale (OMISSIS), parlando con la (OMISSIS) nell’appartamento di costei con una spontaneita’ sintomatica dell’attendibilita’ del racconto, indica chiaramente (OMISSIS) come uno dei finanziatori, al pari di se stesso e di (OMISSIS), per l’importo di 160.000 Euro. Anche per il capo E, dunque, la ricostruzione del ruolo del ricorrente e’ stata preceduta da una disamina esauriente e meditata delle fonti dimostrative acquisite, che non appare disarticolata dai rilievi difensivi: questi infatti, non senza insistiti richiami fattuali, si concentrano in maniera frammentaria su singoli aspetti della vicenda, che tuttavia non valgono di per se’, a minare la razionalita’ della lettura complessiva dei dati probatori operata dai giudici di merito.
6.2.2. Anche le doglianze sulla ritenuta appartenenza. di (OMISSIS) con ruolo verticistico al sodalizio di cui al capo A non possono trovare accoglimento. La Corte territoriale, infatti, trattando la posizione di (OMISSIS) unitamente a quella di (OMISSIS) (pag. 998 ss. della sentenza impugnata), ha sottolineato che il ricorrente ha avuto un ruolo importante nelle due principali iniziative illecite dell’associazione, ovvero le importazioni, tentate e consumate, di cocaina dalla Colombia, non potendosi ritenere neutri i contatti del ricorrente Con (OMISSIS), contatti avvenuti in concomitanza con i passaggi decisivi delle due vicende, ovvero al momento della conclusione degli accordi o della definizione degli aspetti operativi a seguito degli incontri con i narcotrafficanti colornbiani. A (OMISSIS), stante il coinvolgimento nelle fasi salienti delle due operazioni, e’ stato dunque riconosciuto il ruolo di âEuroËœpromotore e di finanziatore del sodalizio, cio’ in coerenza con le acquisizioni probatorie relative ai due reati-fine che, per quanto numericamente esigui, si sono rivelati invece di elevato valore dimostrativo, perche’ riferiti a condotte che, oltre a essersi protratte per mesi, hanno visto dispiegarsi l’attitudine del gruppo di sodali a relazionarsi con narcotrafficanti colombiani per concordare consistenti importazioni di cocaina.
Nei contesto associativo, la cui ontologica esistenza non ha formato oggetto di formale contestazione, (OMISSIS) e’ risultato pienamente inserito, avendo egli avuto rapporti non generici ma intensi e correlati alle operazioni in corso, non solo con (OMISSIS), che sovraintendeva a tutte le attivita’ organizzative e decisorie e faceva circolare le informazioni importanti tra i sodali, ma progressivamente anche con altri soggetti di volta in volta coinvolti nelle iniziative illecite in fieri. Anche rispetto alla configurabilita’ a carico di (OMISSIS) del reato di cui al capo A, deve quindi concludersi nel senso dell’infondatezza delle deduzioni difensive, dovendosi solo ribadire che la Corte territoriale, nell’ampliare la ricostruzione operata dal primo giudice, si e’ confrontata criticamente con i rilievi difensivi.
6.2.3. Parimenti infondate sono anche le censure sulla sussistenza delle aggravanti della transnazionalita’ e dell’ingente quantita’ della droga.
In ordine al primo aspetto, la Corte territoriale, ai fini dell’ascrivibilita’ dell’aggravante sul piano soggettivo al ricorrente, ha rimarcato la circostanza (pag. 799 della sentenza impugnata) che (OMISSIS), al pari degli altri sodali, e’ stato destinatario delle informazioni provenienti da (OMISSIS) circa gli accordi intercorsi con il cartello colombiano, per cui il ricorrente, attivamente inserito nella compagine associativa, era perfettamente consapevole del fatto che nell’iniziativa delittuosa in corso era coinvolto un gruppo criminale straniero, e cio’ tanto piu’ ove si consideri che egli e’ reso disponibile a trovare una Sistemazione abitativa per (OMISSIS), in occasione del ritorno di questi in Calabria. Quanto invece alla sussistenza dell’aggravante ex L. n. 146 del 2006, articolo 4 (oggi articolo 61 bis c.p.) dal punto di vista oggettivo, e’ sufficiente richiamare in questa sede le argomentazioni gia’ esposte nel paragrafo 5.6.3 circa i presupposti per l’operativita’ dell’aggravante e, in particolare, in ordine al pieno coinvolgimento dei narcos colombiani nei traffici in Italia degli stupefacenti e alla non sovrapponibilita’ tra il gruppo organizzato estero e il sodalizio calabrese.
In ordine all’aggravante di cui all’articolo 80, comma 2 Decreto del Presidente della Repubblica cit., e’ stato spiegato in modo pertinente dalla Corte di appello che sia l’importazione oggetto del capo D, sia il successivo tentativo di importazione di cui al capo E hanno riguardato ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, atteso che nel primo caso si era in presenza di 63 chili di cocaina, mentre nel secondo caso l’investimento di denaro operato dal sodalizio era pari ad almeno 180.000 Euro. Dell’entita’ di queste operazioni il ricorrente era senz’altro a conoscenza, avendo egli finanziato le operazioni e avendone seguito tutti gli sviluppi, per cui, anche rispetto all’attribuzione soggettiva dell’aggravante, non. sono affatto ravvisabili lacune o incongruenze motivazionali rilevabili in questa sede.
6.2.4. Anche per (OMISSIS) sono invece meritevoli di accoglimento le doglianze, integrate nel motivo nuovo, sulla sussistenza dell’aggravante ex Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 (oggi articolo 416 bis.1 c.p.).
Deve premettersi al riguardo che la sentenza impugnata ha cosi’ motivato (pag. 797) il giudizio sulla configurabilita’ a carico dell’imputato: “per quanto concerne (OMISSIS), la finalizzazione al sodalizio mafioso delle attivita’ nelle quali risulta coinvolto in relazione ai capi D) ed E) si collega alle modalita’ con cui (OMISSIS) e (OMISSIS) comunicavano. Si tratta infatti di modalita’ che denotano un’estrema accortezza, tanto che la P.G. ha dovuto installare una telecamera nel centro dei paese di residenza di (OMISSIS), atteso che (OMISSIS) e (OMISSIS) dialoga varo spesso all’aperto, riservandosi solo pochi dialoghi in luoghi chiusi”.
Ha inoltre aggiunto la Corte territoriale che il compimento da parte del ricorrente delle attivita’ illecite di cui ai capi D ed E contraddiceva le relazioni dell’U.E.P.E. circa la corretta condotta di vita che (OMISSIS), secondo la difesa, avrebbe tenuto dopo aver scontato la pena per la pregressa condanna a suo carico.
Ora, anche in tal caso, richiamate le premesse ermeneutiche gia’ enunciate (par. 6.1.3) circa la natura giuridica dell’aggravante, deve rilevarsi che l’apparato motivazionale della Corte di appello in parte qua risulta assertivo e inadeguato. Il ricorso alle accortezze indicate nella sentenza impugnata, infatti, non e’ di per se’ sufficiente a giustificare l’applicazione dell’aggravante in esame, trattandosi di un modus agendi che al piu’ potrebbe delineare in astratto un “metodo mafioso”,
i peraltro non contestato nelle imputazioni, mentre e’ mancato da parte della Corte di appello il riferimento a elementi concreti da cui potesse trarsi il convincimento che le attivita’ delittuose poste in essere da (OMISSIS) abbiano avuto una finalita’ agevolatrice di una delle tre cosche indicate in ciascuno dei due capi di imputazione D ed E, ovvero la cosca (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS) di (OMISSIS), la cosca (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS) di (OMISSIS) e la cosca di (OMISSIS). Ora, dalla premessa generale contenuta alle pag. 93 ss. della sentenza, si evince che (OMISSIS) (OMISSIS) sia stato organico alla cosca (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS) di (OMISSIS), ma non e’ ben chiaro se, all’epoca cui risalgono le condotte descritte ai capi D ed E, questa cosca (o le altre) fossero o meno ancora in vita. Dunque, condividendosi in tal caso i rilievi difensivi (sviluppati anche nella memoria integrativa trasmessa in vista del giudizio di legittimita’) circa la carenza argomentativa della parte della sentenza dedicata pila configurabilita’ a carico di (OMISSIS) dell’aggravante di cui alla Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 (oggi articolo 416 bis.1 c.p.), si impone, in ordine a tale profilo e anche rispetto alle possibili ricadute sul trattamento sanzionatorio, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro, al fine di compiere il necessario approfondimento di merito circa l’eventuale esistenza da parte dell’imputato di un’effettiva finalita’ agevolatrice rispetto alle attivita’ di una o di tutte e’ tre le cosche indicate nelle imputazioni, rispetto alle quali occorre poi che siano chiariti gli eventuali (e nel caso attuali) legami con (OMISSIS).
6.2.5. Venendo al quinto motivo del ricorso, deve infine osservarsi che le doglianze sulla confisca non sono suscettibili di essere accolte.
Occorre premettere al riguardo, con la sentenza di primo grado, il G.U.P. ha disposto nei confronti di (OMISSIS), ai sensi del Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 sexies, conv. dalla L. n. 356 del 1992 (la norma di riferimento e’ oggi costituita dall’articolo 240 bis c.p.), la confisca di vari terreni e fabbricati siti in (OMISSIS), intestati o alla moglie (OMISSIS), o ai figli (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ di un rapporto bancario accesso presso la (OMISSIS) e intestato sempre alla consorte dell’imputato.
Cio’ posto, la Corte di appello ha annullato la statuizione della confisca, con conseguente restituzione all’avente diritto, sia del terreno sito in (OMISSIS), censito al (OMISSIS), sia di alcuni dei fabbricati siti in (OMISSIS), sia del rapporto bancario intestato alla moglie, osservando, in
ordine a quest’ultimo bene, che dalla documentazione prodotta dalla difesa era emerso un continuo flusso di denaro collegato ad attivita’ lecita dell’impresa esercitata dalla (OMISSIS), peraltro con un saldo irrisorio, per cui doveva escludersi un nesso di derivazione del bene dall’attivita” illecita esercitata dall’imputato.
Quanto ai fabbricati e ai terreni dissequestrati, e’ stato sottolineato dalli Corte di appello che l’epoca di acquisizione dei predetti beni immobili risaliva agli anni 1996, 1999, 2001,2002 e 2009, ovvero a un tempo ben distante da quello di commissione del reato associativo, contestato da ottobre 2014 a gennaio 2017. A conclusioni diverse la Corte territoriale e’ invece pervenuta rispetto agli ulteriori beni confiscati, ovvero i terrenti siti in San Gregorio dippona intestati a (OMISSIS) e censiti al foglio (OMISSIS).
Tali beni risultano acquisiti infatti il 1 aprile 2014, cioe’ in epoca prossima a quella in cui ha avuto inizio la consumazione della fattispecie associativa.
Quanto al profilo della sperequazione tra il valore di acquisto del bene (80.000 Euro) e i redditi dichiarati e prodotti dal nucleo familiare sino all’epoca di acquisto del bene, la sentenza impugnata ha fatto riferimento ai valori del costo della vita, tratti dalle pubblicazioni dell’Istat, riferiti a ciascuno degli anni presi in considerazione nell’ambito delle indagini, rilevando che, nell’anno di acquisto dei beni (2014), il reddito familiare prodotto dai coniugi (OMISSIS)/ (OMISSIS) e’ stato irrisorio, risultando solo un reddito da terreni in capo alla (OMISSIS) pari a 183 Euro, mentre (OMISSIS) non e’ intestatario di beni immobili e non ha mai presentato dichiarazioni dei redditi, a eccezione del 2000 (Euro 1.645) e del 2015 (Euro 4.175,19). E’ altresi’ emerso dalle indagini patrimoniali svolte dalla P.G. che i coniugi, nello stesso anno di acquisto, ma anche negli anni precedenti, avevano effettuato numerosi altri investimenti per importi di gran lunga superiori rispetto alle entrate lecite dichiarate, desumendosi dall’analisi comparativa tra le entrate e le uscite dell’anno di riferimento una situazione chiaramente negativa, con spese di gran lunga superiore alle entrate lecite (cfr. tabelle riportate a pag. 1124 e 1125 della sentenza impugnata, con i valori annuali della sperequazione a scalare). Tutto cio’ ha dunque indotto la Corte di appello a ritenere che i beni in questione siano stati acquistati con i proventi delle attivita’ illecite di (OMISSIS), risultando peraltro anomale le modalita’ di pagamento del prezzo, posto che era stato previsto che parte del corrispettivo, per l’importo di 25.000 Euro, fosse corrisposto prima del 4 luglio 2006, cioe’ ben 8 anni prima dell’atto di acquisto. Nel confrontarsi poi i rilievi difensivi, i giudici di appello hanno innanzitutco rimarcato l’inattendibilita’ della ricostruzione del reddito dell’impresa agricola della (OMISSIS) operata dai consulenti della difesa, osservando tra l’altro che il costo del lavoro, non presente nelle dichiarazioni Irap, e’ stato posto in detrazione soltanto in alcune annualita’, con incidenza massima solo nel 2014, il che risulta illogico, non essendo verosimile aver realizzato corrispettivi come quelli indicati in alcune annualita’ (come ad esempio nel 2005, anno per il quale sono stati indicati corrispettivi per 67.168 Euro), senza ricorrere alla forza lavoro.
Parimenti inverosimile, inoltre, e’ che le dichiarazioni Irap allegate dalla difese presentino una irragionevole discontinuita’ nell’andamento degli acquisti per la produzione, che risultano pari a zero negli anni 1998, 1999, 2002, 2003, 2004, 2007, 2013, per incidere invece in misura variabile tra il 20% e il 50% dei corrispettivi in altre annualita’, non essendo stato al riguardo spiegato, ad esempio, come sia possibile che l’azienda nel 2004 abbia prodotti animali per circa 66.000, senza sopportare costi per mangime, carburanti, sementi ecc..
Hanno poi osservato i giudici di appello che il valore di produzione preso in considerazione dai consulenti della difesa, ovvero l’ammontare dei corrispettivi derivanti dalla commercializzazione dei prodotti agricoli al netto degli acquisti per la produzione, non rispecchia l’effettiva struttura dei costi per l’impresa agricola, non comprendendo, ad esempio, il costo del lavoro o gli acquisti fuori campo iva. Operata questa premessa, la Corte di appello ha comunque evidenziato che, pur a voler seguire la prospettazione difensiva, i redditi di (OMISSIS) non erano in ogni caso sufficienti a giustificare l’acquisto dei terreni, posto che, secondo i calcoli difensivi, nel 2014, a fronte di entrate per 131.766,85 Euro, vi erano state uscite per 108.286,91 Euro e nel 2015, a fronte di entrate per 81.157,53 Euro, vi erano state uscite per 94.854,90 Euro, per cui, a fronte di dati passivi relativi al 2015, (13.697,37), la (OMISSIS) avrebbe avuto disponibilita’ pari a 23.479,94 Euro, Pari alla differenza tra entrate e uscite nel 2014, essendo i presunti maggiori redditi inconciliabili con un esborso pari a 55.000, cioe’ alla differenza tra quanto pagato nel 2006 (25.000 Euro) e il prezzo intero dell’acquisto (80.000 Euro).
Tale sproporzione e’ stata ritenuta ancor piu’ evidente, decurtando dalle somme indicate dalla difesa come redditi della (OMISSIS) gli importi necessari per far fronte alle spese quotidiane di un nucleo familiare come quello dell’imputato, la cui spesa e’ stata quantificata dalla stessa difesa, nel 2014, in 20.559,72 Euro.
Ne’ poteva affermarsi che l’acquisto sia stato effettuato con capitali leciti accumulati negli anni precedenti, avendo nel 2013 la (OMISSIS) conseguito utili per, 18.845 Euro, mentre nel 2012 vi e’ stato un saldo passivo pari a 2.614,57 Euro, e cio’ senza tener conto della riduzione per le spese legate al menage familiare.
Orbene, l’impostazione seguita dalla Corte territoriale appare legittima, in quanto coerente con l’orientamento elaborato da questa Corte (Sez. 2, n. 52626 del 26/10/2018, Rv. 274468) che, sulla scia dei criteri interpretativi stabiliti con la sentenza n. 33 dell’8 novembre 2017 – 21 febbraio 2018 della Corte costituzionale, ha affermato che, in tema di confisca disposta ai sensi del citato Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 sexies, (oggi articolo 240 bis c.p.), a fondamento della presunzione di illegittima acquisizione del bene sottoposto a confisca, oltre, ai requisiti costituiti dalla condanna per determinati reati e della sproporzione del patrimonio del condannato con l’acquisto del bene, vi e’ anche l’ulteriore presupposto che il bene stesso sia entrato nel patrimonio del condannato In un ambito di cosiddetta “ragionevolezza temporale”.
Il momento di acquisizione del bene, in definitiva, non deve risultare talrnente lontano dall’epoca di realizzazione del “reato spia” da rendere ictu ocuh irragionevole la presunzione di derivazione del bene stesso da una attivita’ illecita, sia pure diversa e complementare rispetto a quella per cui e’ intervenuta condanna; in tal senso, il canone della “ragionevolezza temporale” risponde all’esigenza di evitare un’abnorme dilatazione della sfera di operativita’ dell’istituto della confisca “allargata”, il quale legittimerebbe altrimenti, anche a fronte della condanna per un singolo reato compreso nella lista, un monitoraggio patrimoniale esteso all’intera vita del condannato, risultato questo che rischierebbe di rendere particolarmente problematico l’assolvimento dell’onere dell’interessato di giustificare la provenienza dei beni, onere che tanto piu’ si complica, quanto piu’ e’ retrodatato l’acquisto del bene da confiscare.
Per altro verso, ribadito che la confisca conseguente a condanna per uno dei reati indicati nel Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 sexies, commi 1 e 2, e’ applicata allorche’ sia provata l’esistenza di una sproporzione tra il reddito dichiarato dal condannato o i proventi della sua attivita’ economica, e il valore economico dei beni da confiscare e non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza di essi, o’ va rilevato (cfr. in termini Sez. Un. 920 del 17/12/2003, dep. 2004, Rv. 226491) che e’ altresi’ necessario, da un lato, che, ai fini della “sproporzione”, i termini di raffronto dello squilibrio, oggetto di rigoroso accertamento nella stima dei valori economici in gioco, siano fissati nel reddito dichiarato o nelle attivita’ economiche non al momento della misura rispetto a tutti i beni presenti, ma nel momento dei singoli acquisti rispetto al valore dei beni di volta in volta -acquisiti, e, dall’altro, che la “giustificazione” credibile consista nella prova della positiva liceita’ della loro provenienza e non in quella negativa della loro non provenienza dal reato per cui e’ stata inflitta condanna.
Le considerazioni compiute dalla Corte territoriale, come detto, risultano in linea con tali principi, dovendosi solo osservare che, pur a voler collocare temporalmente nel 2015 (non oltre aprile) il compimento dell’attivita’ delittuosa da parte di (OMISSIS), tale epoca risulta comunque ravvicinata, in una prospettiva di “ragionevolezza temporale” con quella in cui e’ avvenuto l’acquisto dei terreni, risalente appunto al 1 aprile 2014, cioe’ a circa un anno prima, e tanto anche in considerazione del ruolo di finanziatore assunto dall’imputato, ruolo che presuppone una preventiva disponibilita’ di risorse economiche, la cui legittima provenienza non e’ risultata adeguatamente provata nel caso di specie.
Quanto al giudizio sulla sperequazione tra il valore di acquisto dei beni e i redditi del nucleo familiare dell’imputato, la difesa oppone a quelli utilizzati dalla Corte di appello, invero ancorati a un razionale intreccio di dati oggettivi e presuntivi, differenti criteri di valutazione, che tuttavia non possono ritenersi piu’ affidabili, di quelli cui ha fatto ricorso la sentenza impugnata, posto che la norma sulla cd. confisca allargata non individua parametri unitari del -giudizio di sproporzione, limitandosi a indicare il presupposto dell’ablazione, ossia che il condannato non possa giustificare la provenienza di determinati beni, di cui egli risulti essere titolare a qualsiasi titolo, in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivita’ economica.
Dunque, ai fini della cd. confisca allargata, la valutazione sulla sproporzione tra i beni nella disponibilita’ del condannato per determinati reati e i redditi di quest’ultimo e’ riservata al giudice di merito e, ove la stessa sia congruamente motivata con il ricorso a parametri suscettibili di verifica e sia preceduta da un adeguato e razionale Confronto con le avverse deduzioni difensive, come appunto avvenuto nel caso di specie, non risulta censurabile in sede di legittimita’.
Di qui l’infondatezza delle doglianze in punto di confisca.
6.2.5. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente all’aggravante di cui all’articolo 416 bis.1 c.p., con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro, mentre il ricorso deve essere rigettato nel resto.
6.3. Venendo ai due ricorsi proposti nell’interesse di (OMISSIS), ritiene il Collegio che gli stessi non sono meritevoli di accoglimento.
6.3.1. Iniziando dalla censura processuale sollevata con il primo motivo del ricorso a firma dell’avvocata (OMISSIS), occorre evidenziare che la stessa e’ inammissibile, sia perche’ non proposta in sede di giudizio di secondo grado, sia perche’ in ogni caso manifestamente infondata, non essendo ravvisabile alcuna nullita’ rispetto alle contestazioni elevate a carico del ricorrente.
Ed invero le imputazioni in ordine alle quali (OMISSIS) e’ stato condannato (capi A, G e H) contengono un’adeguata descrizione non solo del fatto storico contestato, ma anche del ruolo dell’imputato, indicato come partecipe dell’associazione, con il ruolo di organizzatore e di soggetto preposto al trasporto e alla vendita dello stupefacente (capo A), secondo le modalita’ che sono state poi sufficientemenze specificate, anche sotto il profilo spazio-temporale, rispetto a ciascuno dei due reati fine (capi G e H), per cui deve concludersi che l’imputato e’ stato senz’altro in grado di articolare le due difese in ordine a ciascuna accusa a suo carico.
Anche nel merito la doglianza difensiva va dunque ritenuta inammissibile.
6.3.2. Passando alle doglianze riferite al giudizio di responsabilita’ e iniziando da quelle dedicate al capo G (contenute nei primi due motivi del ricorso dell’avvocato Staiano, integrati dal primo motivo nuovo, oltre che nel secondo motivo del ricorso dell’avvocata (OMISSIS)), deve osservarsi che le valutazioni compiute dalla Corte territoriale risultano prive di incongruenze argomentative. La sentenza impugnata, al riguardo, ha innanzitutto operato una ricostruzione puntuale dei fatti di causa, integrativa di quella piu’ scarna formulata in primo, grado, riportando le conversazioni telefoniche relative ai mesi di marzo, aprile e maggio 2015, nei quali sono stati monitorati i contatti tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), volti a organizzare l’importazione di sostanza stupefacente dalla Spagna, operazione in vista della quale (OMISSIS) e (OMISSIS) investivano la somma di 50.000 Euro, ovvero 25.000 Euro a testa. Sono stati ripercorsi in particolare i frequenti contatti tra (OMISSIS) e yetulla’, il quale a sua volta si avvaleva della collaborazione di una terza persona, tale ” (OMISSIS)”, soggetto rimasto non identificato, mentre nella vicenda interveniva anche il fratello di (OMISSIS), (OMISSIS), il quale rimproverava pesantemente (OMISSIS) di aver portato sostanza scadente, il che induceva (OMISSIS) a contattare ” (OMISSIS)” e a spiegargli che si stavano creando “problemi seri”. In effetti l’affare non andava in porto, nonostante (OMISSIS) si fosse recato in Spagna per conto di (OMISSIS) e (OMISSIS) al fine di sbloccare la situazione.
In tal caso, dunque, alla luce delle gia’ citate coordinate interpretative (Sez. 3, n. 29655 del 29/01/2018, Rv. 273717), puo’ ritenersi corretta la qualificazione giuridica della condotta in termini di tentativo, posto che, se e’ innegabile che un vero e proprio accordo sui dettagli dell’importazione non e’ stato raggiunto, risulta tuttavia provato che tra i fornitori spagnoli (uno dei quali il 27 maggio 2015 interloquiva direttamente con (OMISSIS) durante la trasferta di (OMISSIS) in terra iberica) e i calabresi furono avviate nel corso di un arco temoorale non breve (circa tre mesi) trattative serie e concrete, nel corso delle quali furono anche investiti significativi importi di denaro da parte di (OMISSIS) e di (OMISSIS), il che induce a ritenere che siano stati commessi atti idonei diretti in modo non equivoco a importare in Italia rilevanti quantitativi di sostanza stupefacente.
Cio’ si evince in particolare dalla conversazione ambientale del 15 dicembre 2016 (progr. 43017, RIT 782/15), nel corso della quale (OMISSIS), parlando con l’amante (OMISSIS), riferisce che lui e (OMISSIS) hanno corrisposto 25.000 Euro a (OMISSIS), il quale stava per restituire loro qualcosa.
Rispetto a tale conversazione, oggettivamente eloquente, e’ stato osservato nella sentenza impugnata, in maniera non illogica, da un lato, che l’attendibilita’ della rivelazione e’ attestata dalla spontaneita’ del racconto, per molti versi auto-indiziante e comunque coerente con il tenore delle conversazioni monitorate in precedenza, dall’altro lato che, per quanto successivo di qualche mese ai fatti, il riferimento di (OMISSIS) all’operazione cristallizzata al capo G e’ senz’altro credibile, inserendosi l’argomento in un discorso piu’ ampio nel quale (OMISSIS) raccontava alla compagna i giri di affari e i profitti del gruppo, peraltro precisando che i 50.000 messi a disposizione da lui e da (OMISSIS) erano il reinvestimento di precedenti guadagni (“li abbiamo presi da quello che avevamo fatto”).
Quanto poi all’identificazione in (OMISSIS) del “(OMISSIS)” menzionato da (OMISSIS) nella conversazione ambientale del 15 dicembre 2016, i giudici di appello hanno spiegato, in modo convincente, che il ricorrente, nei vari dialoghi intercettati (come nei progr. 7216, 7880, 7972, 108 e 363) veniva chiamato con l’appellativo di “(OMISSIS)”, essendo significativo che in un’altra conversazione (prog. 155) abbia usato questo diminutivo anche il fratello del ricorrente.
L’ascrivibilita’ della condotta illecita a (OMISSIS) non risulta dunque contraddistinta da profili di illogicita’, per cui la valutazione sulla colpevolezza del ricorrente resiste alle doglianze difensive, che sollecitano una diversa lettura degli elementi investigativi e della loro valenza probatoria, operazione che, come gia’ anticipato e come piu’ volte ribadito da questa Corte, non puo’ ritenersi consentita in sede di legittimita’, stante la preclusione per la Corte di cassazione – di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (cfr. Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601 e Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273217).
6.3.3. Anche le censure riferite al capo H (quarto motivo del ricorso dell’avvocato Staiano, secondo e terzo motivo del ricorso dell’avvocato (OMISSIS)) non appaiono meritevoli di accoglimento.
Deve premettersi che, all’esito del giudizio di primo grado, (OMISSIS) e’ stato ritenuto colpevole dei capi H e’ H1, aventi ad oggetto due forniture di sostanze stupefacenti effettuate dai gemelli Antonino e (OMISSIS) a (OMISSIS) e a (OMISSIS), il quale si occupava di trasportare il car co di droga a Palermo ad (OMISSIS); questi, tuttavia, non aveva gradito la fornitura, che era stata quindi restituita ai calabresi, venendo consegnata a (OMISSIS) di (OMISSIS) allo stesso (OMISSIS) da (OMISSIS) e (OMISSIS) (capo H).
Veniva quindi effettuata una seconda fornitura dai medesimi soggetti e stavolta, in data 17 luglio 2015, (OMISSIS) veniva arrestato da personale della Guardia di. Finanza di Termini Imerese, nei pressi del casello autostradale di (OMISSIS) (PA), con il contestuale sequestro di 2,350 chili di cocaina.
Cio’ posto, la Corte territoriale ha correttamente dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) in ordine al reato a lui ascritto al capo H1, posto che, rispetto alla vicenda in esso descritta, l’imputato era stato gia’ giudicata e condannato dal Tribunale di Termini Imerese con sentenza del 2 marzo 2016, essendosi dunque in un presenza del “medesimo fatto”, tale da determinare la preclusione del ne bis in idem ai sensi dell’articolo 649 c.p.p..
Quanto al capo H, relativo alla prima fornitura, e’ istato invece confermato il giudizio di colpevolezza dell’imputato, avuto riguardo alla scansione dei contatti intercorsi tra i protagonisti della vicenda tra il 28 maggio e il 15 luglio 2015.
Tali contatti sono stati ricostruiti con attenzione nella sentenza impugnata (pag. 861-879), senza che al riguardo appaiono ravvisabili i profili di travisamento delle prove evocati dalla difesa, non risultando affatto forzato o equivocato il testo delle conversazioni, del resto riportate per esteso nel loro contenuto; la Corte territoriale ha invero legittimamente decifrato il linguaggio criptico di taluni dialoghi alla luce dei rapporti, degli spostamenti e degli incontri tra i soggetti coinvolti, fermo restando che in alcune conversazioni, come quelle di cui ai progr. 230, 4308 e 410 (riferite al capo H1, strettamente collegato alla vicenda di cui al capo H2), si parla esplicitamente di “roba”, di “cocaina” e della sua qualita’ “buona”, cio’ a conferma della sostanziale continuita’ dei temi trattati dagli imputati nei loro vari dialoghi, la cui lettura non puo’ essere atomistica.
Pur in presenza della declaratoria di improcedibilita’ per ne bis in idem per il capo H1, i due episodi sono stati infatti ragionevolmente correlati tra loro, stante la evidente connessione degli stessi,o’ giustificata dall’evoluzione dei fatti: dalle conversazioni captate e’ infatti emerso che, dopo alcuni contatti preliminari tra (OMISSIS) e (OMISSIS) (quest’ultimo presente in Calabria per circa due settimane), il 7 luglio 2015 veniva effettuata una prima cessione di droga dal primo al secondo, avendo in precedenza (OMISSIS), cugino di Iarnello, ricevuto a Rosarno la droga procuratagli dai gemelli (OMISSIS).
Dopo 10 giorni, il 17 luglio, (OMISSIS) si recava nuovamente in Sicilia, in quanto la precedente consegna non aveva soddisfatto l’acquirente palermitano (OMISSIS) e l’genitori di questi, (OMISSIS) e (OMISSIS), complici nell’affare, si erano incontrati a (OMISSIS) in (OMISSIS), nel vibonese, per risolvere il problema legato alla scarsa qualita’ della prima fornitura.
Del resto, la distanza temporale tra i due viaggi compiuti da (OMISSIS) in Sicilia e’ tale da rendere piu’ che plausibile la tesi secondo cui il secondo viaggio era una diretta conseguenza del primo, tanto piu’ ove si consideri che, il giorno prima della partenza per la Sicilia (progr. 412 del 16 luglio. 2015), (OMISSIS), parlando con (OMISSIS), aveva fatto riferimento alla scarsa qualita’ della precedente fornitura, dicendogli di aver concordato con (OMISSIS) che, se la.qualita’ non veniva ritenuta della qualita’ sperata, gliela avrebbe riportata indietro.
Il coinvolgimento di (OMISSIS) nella prima fornitura contestata al capo H appare dunque sorretto da considerazioni non illogiche e non distoniche rispetto alle acquisizioni probatorie, e cio’ senza voler considerare che gli altri concorrenti di questa vicenda non hanno fornito elementi di smentita della ricostruzione accusatoria, posto che i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno concordato la pena in appello, mentre (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno rinunciato ai motivi sulla responsabilita’ ( (OMISSIS) e’ invece nelle more deceduto).
Di qui l’infondatezza delle censure difensive sollevate sul punto.
6.3.4. Ad analoga conclusione deve pervenirsi anche per le doglianza sulla ritenuta partecipazione di (OMISSIS) al sodalizio contestato al capo A (quarto motivo del ricorso dell’avvocato Staiano, integrato dal secondo motivo nuovo; secondo e terzo motivo del ricorso dell’avvocata (OMISSIS)).
Il giudizio sulla partecipazione di (OMISSIS) all’associazione ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 e’ stato infatti fondato nella sentenza impugnata.(pag. 1110 ss.) sul rilievo secondo cui egli ha assunto iniziative di particolare pregnanza, come il finanziamento di una tentata importazione di droga dalla Spagna (capo G) e il trasporto di sostanze stupefacenti fuori dalla Calabria (capo I-1), dando prova di essere stabilmente inserito nelle vicende associative, come dimostrato anche dal fatto che il ricorrente, come riferito dalla collaboratrice di giustizia (OMISSIS), si reco’ presso la sua abitazione durante il periodo di permanenza di (OMISSIS), emissario del cartello colombiano, risultando anche tale circostanza emblematica della stabile adesione di (OMISSIS) al programma associativc; tale adesione e’ stata favorita anche dal legame di parentela con (OMISSIS), per conto del quale l’imputato si occupava della vendita di droga sul territorio, come desumibile del resto non solo dalle dichiarazioni della (OMISSIS), riscontrare dai dialoghi, come ad esempio quello del 18 febbraio 2016, in cui (OMISSIS) le racconta dei suoi affari illeciti con il ricorrente, ma pure dal tenore della conversazione ambientale di cui al progr. 2943 intercettata sull’autovettura di (OMISSIS), da cui si evince che (OMISSIS), al pari di (OMISSIS), era un pusher a suo servizio.
Ancora, nell’ottica della partecipazione di (OMISSIS) al sodalizio, e’ significativa la conversazione del 28 luglio 2015 (progr. 5189), dalla quale si evince che (OMISSIS) e (OMISSIS), entrambi appartenenti all’associazione, si erano recati a Rosarrio dai fratelli (OMISSIS) per spiegare loro che l’arresto di (OMISSIS) aveva causato un duro colpo all’organizzazione vibonese, motivo per cui l due interlocutori erano impossibilitati a recuperare il denaro necessario a saldare l’acquisto della droga. (OMISSIS), in definitiva, non era un corriere occasionale della droga, ma era colui che aveva finanziato direttamente un’operazione illecita su scala Europea e che, anche in virtu’ dei suoi rapporti privilegiati con (OMISSIS), aveva un’ampia rete di contatti sia con fornitori locali, sia con emissari esteri, il che rende non illogica la valutazione dei giudici di merito circa la partecipazione del ricorrente alla struttura associativa, stante la pluralita’ degli interventi illeciti di (OMISSIS), protrattisi per un arco temporale non proprio esiguo, e cio’ a prescindere dall’approfondimento circa la consistenza economica del gruppo e gli eventuali guadagni percepiti, aspetti questi in se’ non dirimenti in un senso o in un altro.
Ne consegue che non vi e’ spazio per l’accoglimento delle censure difensive, che anche in tal caso sollecitano di fatto un differente e non consentito apprezzamento dello spessore indiziario delle risultanze investigative disponibili.
6.3.5. Anche il, giudizio sulla sussistenza delle aggravanti di, cui all’articolo 112 c.p., comma 1, n. 1 (oggetto del terzo motivo del ricorso dell’avvocato (OMISSIS)) e della transnazionalita’ (contestata con il quarto motivo del ricorso dell’avvocata (OMISSIS)) appare immune da censure.
In ordine allaprima aggravante, riferita al capo G, deve premettersi che la Corte di appello ha correttamente ritenuto assorbita l’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 6, che riguarda il concorso di tre o piu’ persone, in quella ex articolo 112 c.p., comma 1, n. 1, la quale invece e’ operativa quando il humero di concorrenti nel reato sia pario superiore a cinque. Cio’ posto, la sentenza impugnata ha legittimamente ritenuto configr rabile quest’ultima aggravante, osservando che il numero delle persone coi volte nell’operazione illecita contestata e’ risultato superiore a cinque (a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) si devono aggiungere anche (OMISSIS) e il non meglio identificato ” (OMISSIS)”), a nulla rilevando che non tutti i concorrenti siano stati identificati o conosciuti dal ricorrente, cio’ in coerenze con l’affermazione di questa Corte (Sez. 4, n. 27523 del 10/05/2017, Rv. 271126), secondo cui, in tema di concorso di persone nel reato, la circostanza aggravante di cui all’articolo 112 c.p., comma 1, n. 1 (numero delle persone) non richiede la consapevolezza della partecipazione di altri concorrenti nel numero sufficiente a Integrare l’aggravante stessa, poiche’ essa, concernendo le modalita’ dell’azione, ha natura oggettiva e, conseguentemente, si comunica a tutti tolora che concorrono nel reato, avendo la giurisprudenza di legittimita’ altresi’ precisato (cfr. Sez. 2, n. 9857 del 28/10/2020, dep. 2021, Rv. 280767) che e’ configt rabile la circostanza aggravante di cui all’articolo 112 c.p. quando il giudice abbia riscontrato il dato storico della partecipazione al reato di cinque o piu’ persone, senza che occorra il formale accertamento della colpevolezza di ciascuno di essi, purche’, come avvenuto nel caso in esame, la partecipazione del numero necessario di correi sia stata ritenuta, anche incidentalmente, mediante valorizzazione delle vicende contestate nei capi di imputazione, corroborate dal riepilogo delle fonti prova, e non esclusa in modo definitivo nella sua materialita’. Quanto all’aggravante di cui alla L. n. 146 del 2006, articolo 4, riferita al solo capo A (per il capo G e’ stata esclusa gia’ in primo grado), non puo’ che farsi rinvio alle considerazioni gia’ espresse nel paragrafo 5.6.3, cui deve aggiungersi solo il rilievo della genericita’ della doglianza, che si sostanzia in una serie di richiami giurisprudenziali non parametrati al caso concreto e non rapportati alle specifiche considerazioni della sentenza impugnata, formulate, rispetto al capo A, alle pag. 90 e 91, e rivelatesi coerenti con i principi elaborati dalle Sezioni Unite con la gia’ citata sentenza n. 18374 del 31 gennaio 2013, ricorrente Adami.
6.3.6. Anche in punto di trattamento sanzionatorio (censurato con il sesto motivo del ricorso dell’avvocato (OMISSIS) e con il quinto motivo del ricorso dell’avvocata (OMISSIS)), non si ravvisano affatto profili di criticita’.
Ed invero la Corte di appello, anche per effetto dell’assoluzione dal capo W e della declaratoria di improcedibilita’ per “ne bis In Idem” rispetto al capo 111, ha rideterminato la pena a carico di (OMISSIS), per i fatti giudicati in questo processo, in 7 anni e 4 mesi di reclusione, cui si e’ pervenuti partendo dalla pena base per il reato associativo di anni 10, pari al minimo edittale, pena poi aumentata a 13 anni e 4 mesi per effetto dell’attenuante della transnazionalita’, applicata nella misura minima di un terzo; su tale pena e’ stata operata prima la riduzione per la prevalenza delle attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti in bilanciamento e, sulla pena cosi’ scaturita, pari ad anni 8, mesi 10 e giorni 20, sono stati applicati gli aumenti per la continuazione, pari rispettivamente al anni 1 e mesi 3 per il capo G e a mesi 10 e giorni 10 per il capo H, con successiva riduzione della pena di un terzo per la scelta del rito nella misura sopra indicata. Sulla pena di anni 7 e mesi 4 e’ stato infine operato l’aumento di anni 1 e mesi 6 per la continuazione esterna con il reato giudicato in via definitiva dal Tribunale di Termini Imerese, con de’terminazione della pena finale in anni 8 e mesi 10.
Gli aumenti per la continuazione interna, invero non eccessivi, sono stati congruamente giustificati dalla Corte territoriale in ragione del ruolo svolto dall’imputato, il quale, nell’ambito della vicenda di cui al capo G, e’ stato finanziatore dell’operazione per 25.000 Euro, mentre, quanto al capo li, e’ stato acquirente e trasportatore di una ingente quantita’ di sostanza stupefacente.
Con tali pertinenti argomentazioni, i ricorsi non si sono adeguatamente confrontati, il che vale a rendere inammissibili le censure in punto di pena.
6.3.7. Da cio’ consegue che entrambi i ricorsi proposti nell’interesse di (OMISSIS) devono essere quindi disattesi, con conseguente onere per il ricorrente, ex articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. 6.4. Venendo alla posizione di (OMISSIS), ritiene il Collegio che e’ fondato solo il quarto motivo riguardante il giudizio sulla configurabilita’ dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa, mentre i restanti motivi di ricorso non sono fondati.. 6.4.1. Iniziando dalle censure riguardanti il giudizio di colpevolezza dell’imputato rispetto ai capi D ed E, deve osservarsi che, rispetto a entrambe le contestazioni, la Corte di appello ha delineato il contributo dell’imputato in modo chiaro e coerente con le risultanze acquisite confluite nel giudizio abbreviato.
In particolare, in ordine alla vicenda oggetto del capo D, la sentenza impugnata (pag. 479 ss.) ha ricordato che la figura di (OMISSIS) e’ emersa il 16 agosto 2015, allorquando egli e’ stato ripreso dalle telecamere di un bar (OMISSIS), in provincia di Lucca, dove l’imputato si e’ incontrato con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), venendo nell’occasione immortalato un passaggio di fogli tra (OMISSIS) e (OMISSIS), il quale subito dopo e’ andato via a bordo della sua autovettura, mentre i due colombiani e (OMISSIS) sono poi ripartiti alla volta della Calabria. Il senso della consegna dei fogli e’ stato chiarito dalla scansione degli avvenimenti dei giorni precedenti, dovendosi rammentare che la nave con il carico di cocaina era partita il 2 agosto 2015 dal porto colombiano di Turbo.
Occorrendo 15 giorni per l’arrivo della nave, dopo la partenza (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) si sono attivati per ricevere un’informazione essenziale, ovvero quella sul container dove era occultata la droga.
Questa informazione e’ stata portata in Italia direttamente da (OMISSIS), il quale e’ arrivato all’aeroporto di Fiumicino la sera del (OMISSIS): al suo arrivo erano presenti (OMISSIS) e (OMISSIS), con i quali (OMISSIS) si e’ diretto in macchina fino ad (OMISSIS), dove e’ avvenuto l’incontro con (OMISSIS) alle tre di notte.
Dunque, il foglio consegnato a (OMISSIS) non poteva che essere il documento che conteneva le informazioni sulla collocazione del container con all’interno le scatole contenenti il carico di cocaina, documento della cui importanza e del cui imminente arrivo aveva parlato anche (OMISSIS) nella conversazione intercettata il giorno prima dell’arrivo di (OMISSIS) a casa della (OMISSIS).
Peraltro, quando i due colombiani sono arrivati in Calabria, e’ stata intercettata il 18 agosto 2015 una ulteriore conversazione, nel corso della quale (OMISSIS), parlando a casa della (OMISSIS) con (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS), ha fornito i dettagli dello stivaggio, che hanno trovato conferma negli esiti della successiva perquisizione della P.G., essendo intervenuto nella conversazione in esame anche (OMISSIS), il quale ha concluso il discorso dicendo di attendere il messaggio di conferma della riuscita dell’operazione, a conferma del fatto che (OMISSIS) e (OMISSIS) agivano in sinergia tra di loro, il primo dalla Calabria, il secondo dalla Toscana. Alla stregua di tali risultanze, e’ stato dunque correttamente ravvisato il concorso nel reato da parte di (OMISSIS), il cui apporto non e’ stato affatto marginale, atteso che il ricorrente si e’ incontrato con i due narcotrafficanti colombiani, ricevendo da uno di essi il documento necessario per individuare sulla nave il, carico di cócaina proveniente dal Sudamerica, delineando cio’ un ruolo tutt’altro che secondario del ricorrente, preposto al recupero della partita di stupefacenti e dunque in stretto contatto con gli organizzatori dell’operazione illecita.
Ne’ la condotta di (OMISSIS) puo’ essere inquadrata. nello schema del tentativo, posto che il ricorrente, offrendo la sua materiale disponibilita’ al recupero del carico di droga, ha fornito un contributo qualificato all’importazione dello stupefacente, essendo del tutto irrilevante che l’intervenuto sequestro della P.G. abbia impedito l’iniziativa dell’imputato, il quale, prima dell’operazione della Guardia di Finanza, aveva gia’ ricevuto il documento riservato da (OMISSIS), inserendosi in tal modo nella sequenza delle attivita’ illecite funzionali all’importazione della droga.
Analogamente, quanto al capo E, la Corte territoriale ha compiutamente descritto (pag. 766 ss. della sentenza impugnata) il ruolo di (OMISSIS), il quale, dopo il sequestro dello stupefacente al porto di Livorno, non e’ affatto scomparso dalla scena, tanto e’ vero che (OMISSIS), il 26 agosto 2015, discutendo con (OMISSIS), lo invitava a concordare una nuova importazione, riferendo al narcotrafficante di aver parlato con “il pelato”, ossia. con (OMISSIS) (che e’ calvo e la cui identificazione, anche quando veniva chiamato “(OMISSIS)”, non e’ risultata dubbia), il quale gli aveva detto di non voler piu’ “perdere la merce”, iniziando da questo momento una trattativa conclusasi poi il 17 ottobre con la definizione dell’accordo
Ora, richiamando le considerazioni esposte al par. 6.1.1., deve ribadirsi che, se anche fosse vero che i colombiani avevano preteso un indennizzo per la perdita del carico di cocaina, e’ altrettanto vero che tale circostanza non esclude la configurabilita’ di un nuovo accordo finalizzato a un’altra importazione dl cocaina. Il dato fattuale emerso dalle captazioni e’ che (pur tralasciando un precedente incontro del 4 settembre) il 16 dicembre 2015 (OMISSIS) e (OMISSIS) si sono recati ad (OMISSIS), dove hanno incontrato (OMISSIS), ricevendo da questi una somma di denaro, che (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno poi contato in auto.
Dunque, come osservato dalla Corte di appello in maniera non illogica, ove pure tale versamento di denaro fosse ricollegabile all’indennizzo preteso dal cartello dei colombiani, e’ tuttavia innegabile che il pagamento in esame si e’ rivelato funzionale a sbloccare l’importazione, posto che, senza questo passaggio, non avrebbe potuto avere avvio l’operazione finalizzata all’arrivo del nuovo carico. Non a caso, una settimana dopo, il (OMISSIS), e’ intervenuta la consegna della prima tranche di denaro nelle mani della colombiana ” (OMISSIS)”.
E dello stretto collegamento tra “l’indennizzo” e la nuova importazione (OMISSIS) non era certo all’oscuro, visti i suoi rapporti qualificati con i sodali coinvolti. Ne’ appaiono dirimenti le obiezioni difensive circa l’incompatibilita’ tra la natura tentata del reato e l’atteggiamento psicologico’ del ricorrente, qualificabile in termini di dolo eventuale, dovendosi richiamare le considerazioni gia’ svolte nel paragrafo 5.6.1. sull’idoneita’ della condotta a integrare la fattispecie in forma non tentata, ma consumata, posto che, dopo le trattative, l’accordo sull’importazione della droga tra narcotrafficanti e sodali italiani era stato gia’ raggiunto, avendo gia’ avuto luogo la raccolta e la consegna del denaro, il che sarebbe stato sufficiente a far ritenere integrato il reato in forma consumata. Alla luce di tali considerazioni, occorre pertanto ribadire che la sentenza impugnata non presenta profili meritevoli di censura riSpetto all’affermazione della penale responsabilita’ di (OMISSIS) in ordine ai reati-fine di cui ai capi D ed E.
6.4.2. A identiche conclusioni deve pervenirsi in relazione al giudizio di colpevolezza di (OMISSIS) riferito al reato associativo contestato al capo A.
Al riguardo, i giudici di appello, nel trattare la posizione di (OMISSIS) insieme a quella di (OMISSIS) (pag. 1000 ss.), hanno rimarcato il ruolo di organizzatore e di
finanziatore dell’imputato, il quale ha assunto il compito di coordinare sul posto le operazioni di recupero dello stupefacente, venendo tempestivamente avvisato dell’arrivo in Italia di (OMISSIS), da cui ha ricevuto il documento con le indicazioni utili per prelevare la cocaina dal container, iniziativa questa che pone il ricorrente in una posizione di primo piano nell’ambito dei componenti del sodalizio.
Di cio’ si e’ avuta conferma anche nello sviluppo della vicenda, avendo (OMISSIS) interagito con (OMISSIS) anche nella programmazione della nuova importazione, in vista della quale ha corrisposto una somma di denaro che, quand’anche dovesse essere intesa come indennizzo per il precedente sequestro, era comunque un passaggio obbligato per sbloccare il nuovo arrivo dello stupefacente.
L’attribuzione anche a (OMISSIS) del ruolo verticistico nell’ambito dell’associazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 non presenta dunque vizi logici o argomentativi, dovendosi considerare, da un lato, che l’attivita’ illecita del ricorrente si e’ protratta per un periodo circoscritto ma non breve, e dall’altro che (OMISSIS) ha avuto rapporti diretti non solo con i principali sodali italiani, come (OMISSIS), (OMISSIS) e anche (OMISSIS), ma pure con i narcotrafficanti colombiani (OMISSIS) e (OMISSIS), con cui ha avuto incontri in fasi decisive delle trattative e dell’organizzazione delle modalita’ di recupero del carico di droga.
– Di qui l’infondatezza delle doglianze difensive, rispetto alle quali deve solo aggiungersi che il coinvolgimento di (OMISSIS) nelle vicende Ai cui ai capi D ed E non puo’ essere inteso e qualificato solo nell’ottica del concorso di persone nei reati fine, desumendosi dalle forme di manifestazione della condotta del ricorrente un modus agendi che, per la sua incidenza ai fini della progressione degli affari illeciti, e’ destinato a travalicare la mera dimensione concorsuale riferita’ ai due delitti singolarmente considerati, per assumere una piu’ ampia valenza generale in ordine allo schema associativo, essendo i due episodi in esame tra i piu’ illuminanti rispetto al funzionamento delle dinamiche del gruppo. 6.4.3. E’ invece fondato il quarto motivo di ricorso.
Deve premettersi al riguardo che la sentenza impugnata, nel ritenere sussistente l’aggravante dell’agevolazione mafiosa rispetto ai reati-fine di cui ai capi D ed E, ha evidenziato (pag. 798) che “la finalizzazione al sodalizio mafioso delle attivita’ nelle quali ( (OMISSIS)) risulta pienamente coinvolto in relazione ai capi D ed E si ricava dalle stesse modalita’ con cui si sono svolti i fatti, modalita’ che denotano la chiara consapevolezza di (OMISSIS) di operare in ambito âEuroËœndranghetistico, attese le particolari cautele adottate per comunicare evitando conversazioni telefoniche, che non sono state mai captate, tanto che e’ stato possibile identificarlo solo nei momento in cui (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) si sono recati ad (OMISSIS) e la PG ha tempestivamente installato un dispositivo GPS sotto l’autovettura utilizzata da (OMISSIS) (in quella particolare circostanza l’autovettura di (OMISSIS) sia di (OMISSIS)), riuscendo solo in tal modo’a tracciare gli sposramenti di (OMISSIS) e dei colombiani e acquisendo in un momento successivo i filtrati delle telecamere del bar all’interno del quale il colombiano ha consegnato a (OMISSIS) il documento relativo alla spedizione del carico di cocaina”.
Orbene, anche in tal caso l’apparato argomentativo della sentenza impugnata risulta oggettivamente apodittico e insufficiente ai fini dell’attribuzione della circostanza aggravante de qua, non potendosi sottacere che il profilo delle cautele adottate dal ricorrente per non essere scoperto attiene al piu’ e in astratto al non contestato profilo del “metodo”, mentre, rispetto al tema dell’agevolazione mafiosa, alla luce dei principi elaborati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, Rv. 278734, ricorrente Chioccini (principi sintetizzati nel paragrafo 6.1.3 al quale si rinvia), sarebbe stato necessario che fosse accertata in concreto l’eventuale consapevolezza da parte di (OMISSIS) di rafforzare con il proprio contributo una delle tre cosche indicate in ciascuno dei due capi di imputazione D ed E, ovvero la cosca (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS) di (OMISSIS), la cosca (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS) di (OMISSIS) e la cosca di (OMISSIS), mentre alcun legame (attuale o pregresso) e’ stato descritto nella sentenza impugnata tra tali cosche e il ricorrente.
Limitatamente al giudizio sulla configurabilita’ a carico di (OMISSIS) della circostanza aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 (oggi articolo 416 bis.1 c.p.), con le possibili ricadute in punto di trattamento sanzionatorio, si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro, al fine di compiere, nel solco dei criteri ermeneutici prima delineati, il necessario approfondimento di merito circa l’eventuale esistenza da parte dell’imputato di un’effettiva finalita’ agevoiatrice rispetto alle attivita’ di una di tutte e tre le cosche indicate nelle imputazioni, rispetto alle quali occorre altresi’ che siano specificati i rapporti con (OMISSIS).
6.4.4. Passando al quinto motivo di ricorso, relativo alla configurabilita’ della circostanza aggravante della transnazionalita’; se ne deve invece rimarcare la infondatezza, alla luce delle argomentazioni gia’ esposte nel paragrafo 5.6.3 circa i presupposti per l’operativita’ dell’aggravante e, in particolare, in ordine al pieno il coinvolgimento dei narcos colombiani nei traffici in Italia degli stupefacenti e alla non sovrapponibilita’ tra il gruppo organizzato estero e il sodalizio calabrese. A cio’ deve solo aggiungersi, sul versante dell’ascrivibilita’ dell’aggravante al ricorrente sul piano soggettivo, che la Corte territoriale ha in modo ragionevole valorizzato a tal fine (pag. 799 della sentenza impugnata) il fatto che (OMISSIS) abbia avuto rapporti âEuroËœpersonali diretti con gota gota, dal quale ha ricevuto il documento per il recupero dello stupefacente dal container, avendo inoltre rapporti anche con (OMISSIS) nello sviluppo della vicenda di cui al capo E, dovendosi quindi ritenere che il ricorrente sia stato ben consapevole della circostanza che nell’iniziativa delittuosa in corso era coinvolto un gruppo criminale straniero.
Per quanto concerne l’aggravante del numero di persone contestata rispetto ai capi D ed E,. e’ stato infine correttamente evidenziato nella sentenza impugnata (pag. 801) che (OMISSIS), in entrambe le vicende, si e’ relazionato con almeno tre persone, ovvero (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nella vicenda del capo D, e
con (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) rispetto alla vicenda di cui al capo E, per cui alcun dubbio sussiste, anche sotto il versante soggettivo, sulla configurabilita’ dell’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 6.
6.4.5. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente all’aggravante di cui all’articolo 416 bis.1 c.p., con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro, mentre il ricorso deve essere rigettato nel resto.
6.5. Passando alla posizione di (OMISSIS), ritiene il Collegio che, anche in tal caso, sia fondata unicamente la censura riguardante il giudizio sulla configurabilita’ dell’aggravante di cui all’articolo 416 bis.1 c.p..
6.5.1. Iniziando la disamina delle doglianze riferite all’affermazione della penale responsabilita’ e in particolare da quelle concernenti i reati-fine (capi D, E e T), deve osservarsi che sul punto non sono ravvisabili vizi di legittimita’. Ed invero la Corte territoriale, per ciascuna imputazione, ha ripercorso i fatti di causa, sofferhnandosi poi sul ruolo ricoperto in concreto dal ricorrente.
Nello specifico, quanto al capo D, richiamata la scansione della vicenda gia’ in precedenza sintetizzata, deve osservarsi che, come ricordato dalla Corte di appello (pag. 466 ss. della sentenza impugnata), (OMISSIS) e’ intervenuto nella fase organizzativa dell’importazione della cocaina, essendo emerso balle attivita’ investigative che (OMISSIS), all’indomani dell’arrivo in Italia di (OMISSIS), ha avuto vari incontri con il ricorrente, tra i quali uno particolarmente rilevante e’ stato quello del 25 maggio 2015; in tale occasione, infatti, (OMISSIS) si e’ recato da (OMISSIS) insieme a (OMISSIS) e (OMISSIS), nella stessa giornata in cui (OMISSIS) aveva mandato una mail con,le fotografie ritraenti la cocaina e le scatole contenenti banane, da usare come carico di copertura della droga. L’arrivo a casa di (OMISSIS) a Rosarno e’ avvenuto subito dopo la stampa delle foto (chiamate “documenti”) da parte di (OMISSIS) e di (OMISSIS).
Dai contatti successivi tra i due narcotrafficanti colombiani, (OMISSIS) e (OMISSIS)Jota (OMISSIS)Paladino (OMISSIS)
(OMISSIS) (OMISSIS), da poco rientrato dalla Colombia, si incontrava ai circolo “(OMISSIS)” con (OMISSIS) che poi si recava a Rosarno da (OMISSIS), desumendosi dai dialoghi intercettati che l’incontro tra (OMISSIS) e (OMISSIS) era finalizzato a consegnare al secondo il documento riguardante la spedizione della droga, documento che (OMISSIS) si era’ procurato nel corso del suo viaggio in Colombia. Ne’ lo spostamento di (OMISSIS) a Rosarno appariva giustificato se, come suggerito dalla difesa, la persona cui consegnare i documenti fosse stata gia’ nel Circolo.
(OMISSIS) si recava inoltre da (OMISSIS) in altri momenti rilevanti dell’operazione, ovvero nei giorni di meta’ aprile, sia precedenti che successivi alla consegna del denaro al libanese (OMISSIS), oltre che il 28 luglio 2015, ossia dopo che si era deciso di far approdare la droga al porto di Livorno, e il 10 agosto 2015, cioe’ dopo la partenza della nave dalla Colombia, venendo in tal caso (OMISSIS) accompagnato da (OMISSIS), mentre un ulteriore contatto risulta risalente al 20 agosto 2015, cioe’ a quando i sodali avevano appreso che (OMISSIS) non era riuscito a recuperare il carico di cocaina, sequestrato il giorno prima.
Ora, nel ritenere provato il coinvolgimento nell’operazione di (OMISSIS), i giudici di secondo grado sono pervenuti alla conclusione che il ruolo del ricorrente fosse non tanto quello di finanziatore, ma piuttosto quello di otganizzatore.
Tale affermazione risulta coerente con il tenore della conversazione del 20 novembre 2015 intercorsa tra (OMISSIS) e (OMISSIS), nel corso della quale i primo rivela al secondo che (OMISSIS) non ha aveva contribuito al finanziamento della operazione, ma’ si era dichiarato disponibile ad acquistare la droga importata, spiegandosi in tal senso gli incontri nei quali il ricorrente veniva messo al corrente delle fasi salienti dell’evoluzione dell’affare con il cartello colombiano. Anche in relazione alla vicenda di cui al capo E, la Corte di appello (pag. 754 ss. della sentenza impugnata) ha qualificato il contributo di (OMISSIS) in termini non di finanziamento ma di organizzazione, valorizzando il fatto che, nella fase di pianificazione della seconda importazione, poi non avvenuta, vi e’ stato un incontro a Rosarno tra (OMISSIS) e il duo (OMISSIS)- (OMISSIS), ovvero a ridosso del momento in cui, il 17 ottobre 2015, a seguito delle trattative intercorse, e’ stato raggiunto l’accordo per l’importazione, essendo avvenuto in quei giorni il trasferimento in Calabria di (OMISSIS) (figura di raccordo tra i narcotrafficanti colombiani e i sodali calabresi) al solo fine di concretizzare il consenso del gruppo italiano, prima di avviare la fase finalizzata al reperimento del denaro. In questa fase, tuttavia, (OMISSIS) non ha assunto un ruolo attivo, avendo (OMISSIS) spiegato a (OMISSIS), nella gia’ citata conversazione del 20 novembre 2015, che il ricorrente, pur non volendo assumere il ruolo di o’ finanziatore, tuttavia era disponibile a “comprare”, intenzione questa riferibile sia alla prima importazione di cui al capo D, sia al successivo tentativo di importazione ascrittogli al capo E. Ora, alla disamina operata dalla sentenza impugnata, scaturita da Una lettura (OMISSIS) e non atomistica delle conversazioni intercettate e dei relativi riscontri di P.G., la difesa ha contrapposto una differente lettura dei contenuti dei dialoghi che non puo’ tuttavia trovare ingresso in questa sede, non avendo mancato la Corte di appello di confrontarsi, con argomentazioni non illogiche, con le deduzioni difensive nel commentare l’evoluzione dei contatti intercorsi, concordando peraltro con la difesa circa la mancata prova dell’erogazione di denaro da parte di (OMISSIS) nella fase preparatoria delle distinte importazioni. Cio’, tuttavia, non ha impedito alla Corte territoriale di valutare diversamente il ruolo del ricorrente, all’esito di una legittima opzione interpretativa che deve ritenersi priva di ripercussioni rispetto alle prerogative difensive dell’imputato.
Al riguardo deve infatti osservarsi che, sia nel capo D che nel capo E, a (OMISSIS) e’ stato contestato di aver finanziato e di aver commissionato gli acquisti della droga, potendo ricomprendersi in quest’ultima locuzione anche la manifestata disponibilita’ a rendersi acquirente dello stupefacente da importare.
Dunque, tenuto conto che il ruolo attribuito all’imputato non risulta distonico rispetto ne’ al tenore sostanziale delle imputazioni, ne’ âEuroËœal contenuto delle conversazioni gia’ disponibili sin dalla fase investigativa,. deve escludersi che vi sia stata nel caso di specie la dedotta violazione dell’articolo 521 c.p.p., dovendosi richiamare in tal senso la costante affermazione di questa Corte (cfr. ex multis Sez. 6, n. 34879 del 10/01/2007, Rv. 237415), secondo cui la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza sussiste solo quando, nella ricostruzione del fatto posta a fondamento della decisione, la struttura dell’imputazione sia modificata quanto alla condotta, al nesso causale e all’elemento soggettivo del reato, al punto che, per effetto delle divergenze introdotte, la difesa apprestata dall’imputato non abbia potute utilmente sostenere la propria estraneita’ ai fatti criminosi globalmente considerati,
– dovendosi altresi’ precisare che, ai fini della valutazione della corrispondenza tra pronuncia e contestazione di cui all’articolo 521 c.p.p., deve tenersi conto non solo del fatto descritto in imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell’imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione, sicche’ questi, come nel caso di specie, abbia avuto modo di esercitare le sue difese sul materiale probatorio posto a fondamento della decisione (cfr. Sez. 3, n. 15655 del 27/02/2008, Rv. 239866). 6.5.2. Quanto alle censure afferenti il giudizio di colpevolezza relativo al capo T, deve evidenziarsi che le valutazioni compiute al riguardo nella sentenza impugnata (pag. 955 ss.) non risultano contaminate da profili di irrazionalita’. Occorre premettere che, nell’ambito di tale contestazione, e’ stato addebitato a (OMISSIS) di aver concorso a un tentativo di acquisto di hashish a Milano, dove egli si recava per concordare l’acquisto con (OMISSIS) e (OMISSIS). Anche sul punto la ricostruzione operata dalla Corte territoriale e’ stata puntuale. I giudici di secondo grado hanno infatti richiamato una serie di conversazioni significative, tra cui quella del 12 aprile 2016 (progr. 19724), nel corso della quale (OMISSIS) informava (OMISSIS) di essere stato contattato da “(OMISSIS)” per andare con ” (OMISSIS)” a Milano a prendere il “fumo”, per 2.000 Euro, per poi dividere per tre i proventi; come risulta dai contestuali contatti tra (OMISSIS) e la fidanzata (progr. 22862 e 22864), la partenza avveniva il 15 aprile 2016 e al ritorno il veicolo veniva fermato da una pattuglia della Guardia di Finanza di Lamezia Terme, venendo accertato in quella sede che all’interno dell’automezzo era stata creata un’apposita intercapedine, cio’ a conferma del fatto che (OMISSIS) doveva occuparsi del trasporto della droga. Risulta comunque che a Milano si era recato anche (OMISSIS), come si evince dalle sue conversazioni del 16 aprile 2015 con la moglie e con il figlio (progr. 74 e 76). Ora, nel rimarcare la peculiare valenza probatoria della conversazione del 12 aprile 2016 tra (OMISSIS) e la (OMISSIS), in cui il primo, in maniera spontanea e chiara, racconta alla seconda i tratti essenziali dell’operazione (come confermato peraltro dalla collaboratrice di giustizia (OMISSIS) negli interrogatori dell’8 e del 9 febbraio 2017), la Corte di appello ha osservato che le dichiarazioni auto ed etero indizianti di (OMISSIS) hanno trovato adeguata conferma nelle intercettazioni e negli accertamenti investigativi operati nei giorni immediatamente successivi. Il fatto poi che (OMISSIS), regista dell’operazione, si trovasse a Milano per motivi di lavoro leciti ragionevolmente non e’ stato considerato decisivo, non essendo la legittima presenza del ricorrente nel capoluogo lombardo incompatibile con l’esigenza di coltivare contestualmente interessi illeciti ulteriori, interessi desumibilu chiaramente dalla trama dei rapporti in corso con (OMISSIS) e (OMISSIS). Correttamente e’ stata dunque ritenuta configurabile nel caso di specie la – fattispecie tentata del reato ex articolo 73 Decreto del Presidente della Repubblica n. 309, dovendosi escludere che l’operazione imbastita fosse velleitaria e improvvisata e dunque priva della necessaria offensivita’, posto che le parole di (OMISSIS) e gli spostamenti dalla Calabria a Milano di (OMISSIS) nei giorni in cui era stato concordato l’affare inducono a ritenere che il progetto di acquisto della droga avesse un grado di concretezza tale poter essere inquadrato nello schema del delitto tentato. Di qui l’infondatezza delle censure difensive.
6.53. Anche le doglianze sulla ritenuta appartenenza di (OMISSIS) con ruolo verticistico al sodalizio di cui al capo A non possono trovare accoglimento. La Corte territoriale, infatti, trattando la posizione di (OMISSIS) unitamente a quella di (OMISSIS) (pag. 998 ss. della sentenza impugnata), ha sottolineato che il ricorrente ha avuto un ruolo importante nelle due principali iniziative illecite dell’associazione, ovvero le importazioni, tentate e consumate, di cocaina dalla Colombia, rendendosi disponibile ad acquistare la droga una volta importata.
Il fatto poi che la condotta di (OMISSIS) sia stata qualificata come quella di un promotore piuttosto che di un finanziatore vero e proprio quale era (OMISSIS), e’ destinata come detto a restare priva di conseguenze, dovendosi aggiungere ai rilievi gia’ esposti nel paragrafo 6.5.2. che il capo A, per (OMISSIS) come per altri coimputati ritenuti in posizione apicale, utilizza le espressioni di “promotori, direttori, organizzatori e finanziatori” dell’associazione, per cui la differente valutazione del ruolo del ricorrente non puo’ essere considerata una statuizione a sorpresa, tenuto conto dell’ampiezza definitoria che caratterizza l’imputazione.
Ribadito poi sia che la prova dell’appartenenza al sodalizio puo’ essere desunta anche dal compimento di un singolo reato fine, qualora dallo stesso siano evincibili profili sintomatici della stabile adesione alla struttura associativa, sia che, ove ricorra la medesima condizione, la ristrettezza temporale dell’attivita’ illecita rispetto al piu’ vasto ambito cronologico in cui ha operato l’associazione non e’ di per se’ ostativa alla configurabilita’ di una posizione di primazia nell’ambito della struttura delinquenziale, deve osservarsi che (OMISSIS) non ha avuto rapporti solo con (OMISSIS), ma ha interagito anche con altri personaggi coinvolti nelle vicende illecite, tra, cui ad esempio (OMISSIS), che era una sorta di cerniera tra il gruppo calabrese e il cartello dei narcos colombiani. Deve pertanto concludersi che le doglianze riferite al capo A non possono trovare accoglimento, e cio’ anche nella parte in cui e’ stata messa in discussione la stessa esistenza del sodalizio, avendo la Corte territoriale adeguatamente esposto le ragioni in base alle quali debba ritenersi sussistente un’associazione inquadrabile nel perimetro normativo dettato dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74; e’ stata infatti provata l’esistenza di un gruppo organizzato che si e’ rivelato in grado di movimentare nel tempo ingenti quantitativi di droga sul mercato internazionale e di disporre di consistenti risorse di denaro, reperite attraverso una pluralita’ di finanziatori che si alternavano tra loro assicurando le provviste necessarie ai soggetti indicati come intermediari (ovvero (OMISSIS) e ” (OMISSIS)”). La rapidita’ con cui venivano veicolate tra i sodali le informazioni contestualmente al progredire delle operazioni e la disponibilita’ di mezzi e uomini (“la squadra” di cui parlava (OMISSIS) in vista dello sbarco della nave a Livorno) per recuperare i quantitativi di cocaina pervenuti in Italia sono ulteriori elementi confermativi della presenza di una struttura solida, capace di avvalersi di collegamenti in varie parti del territorio nazionale, corrie dimostra l’esistenza della “cellula bolognese” facente capo a (OMISSIS), o la disponibilita’ della struttura alberghiera di (OMISSIS) nella provincia di Bergamo, dove per un periodo e’ stato ospitato il colombiano (OMISSIS).
6.5.4. Sono invece, fondate anche per (OMISSIS) le censure difensive sulla sussistenza dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa ex Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, convertito dalla L. n. 203 del 1991 (oggi articolo 416 bis.1 c.p.).
Richiamate le coordinate interpretative elaborate dalla giurisprudenza di legittimita’ circa la struttura della predetta aggravante (par. 6.1.3), deve osservarsi che, anche in tal caso, la Corte di appello non ha adeguatamente spiegato in base a quali elementi debba ritenersi provata la Consapevolezza da parte di (OMISSIS) di agevolare una delle tre cosche indicate in ciascuno dei due capi di imputazione D- ed E, ovvero la cosca (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS) di Mileto, la cosca (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS) di (OMISSIS) e la cosca di (OMISSIS), descritte nella parte introduttiva della sentenza (pag. 92-100), senza pero’ un aggancio concreto e attuale alle singole posizioni dei ricorrenti.
Nella parte conclusiva dell’esposizione dei reati fine di cui ai capi D ed E (pag. 797 e 798), la sentenza impugnata contiene richiami alla posizione di (OMISSIS), ma in termini non specifici, non potendo ritenersi esauriente in tal senso la circostanza che (OMISSIS) e (OMISSIS) comunicavano adottate varie cautele per non essere scoperti, attenendo cio’, al piu’, al non contestato profilo del “metodo”.
Anche il riferimento al fatto che, nella conversazione del 17 febbraio 2015, (OMISSIS) menzioni i componenti delle famiglie mafiose del vibonese non e’ di per se’ decisivo, atteso che, ai fini della sussistenza della contestata aggravante, rileva non tanto la conoscenza da parte dell’agente dei clan di un determinato territorio, ma la consapevolezza di rafforzare, con il proprio contribuito, le attivita’ illecite di una delle consorterie mafiose operative nel contesto territoriale. Ne’ infine appare determinante l’altra circostanza valorizzata nella sentenza impugnata, ovvero quella secondo cui (OMISSIS), poco prima dell’arrivo della nave nel porto di Livorno, si e’ rapportato, oltre che con (OMISSIS), anche con (OMISSIS), non essendosi chiarito in che senso tale elemento sarebbe rivelatore dell’eventuale consapevolezza da parte di (OMISSIS) di agire al fine di agevolare le âEuroËœndrine.
Limitatamente al giudizio sulla configurabilita’ a carico di (OMISSIS) della circostanza aggravante di cui alla Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 (oggi articolo 416 bis.1 c.p.), con le possibili ricadute in punto di trattamento sanzionatorio, si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro, al fine di compiere, nel solco dei criteri ermeneutici prima delineati, il necessario approfondimento di merito circa l’eventuale esistenza da parte dell’imputato di un’effettiva finalita’ agevolatrice rispetto alle attivita’ di una o di tutte e tre le cosche indicate nelle imputazioni, rispetto alle quali occorre altresi’ che siano specificati i rapporti con (OMISSIS).
6.5.6. Passandó all’ottavo motivo di ricorso, relativo alla configurabilita’ della. circostanza aggravante della transnazionalita’, se ne deve invece smarcare la infondatezza, alla luce delle argomentazioni gia’ esposte nel paragrafo 5.6.3 circa i presupposti per l’operativita’ dell’aggravante e, in particolare, in ordine al pieno il coinvolgimento dei narcos colombiani nei traffici in Italia degli stupefacenti e alla non sovrapponibilita’ tra il gruppo organizzato estero e il sodalizio calabrese. Sul punto deve solo aggiungersi, quanto all’ascrivibilita’ dell’aggravante al ricorrente, che la Corte territoriale ha in modo pertinente valorizzato a tal fine (pag. 799 della sentenza impugnata) il fatto che (OMISSIS) ha ricevuto da (OMISSIS) informazioni riguardanti chiaramente l’attivita’ di importazione dalla Colombia, non potendosi altresi’ sottacere che il ricorrente ha avuto rapporti diretti con (OMISSIS), allorche’ questi, insieme a (OMISSIS) e (OMISSIS), lo ha incontrato per mostrargli le fotografie mandate dalla Colombia che ritraevano lo stupefacente, cio’ a ulteriore conferma che il ricorrente era ben consapevole della circostanza che nell’iniziativa delittuosa in corso era coinvolto un gruppo criminale straniero.
6.5.6. Il nono motivo, in punto di trattamento sanzionatorio, resta assorbito dall’accoglimento del settimo, relativo; all’aggravante ex articolo 416 bis.1 c.p., per le possibili ricadute di tale giudizio sulla determinaziOne della pena finale.
6.5.7. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente alla circostanza aggravante di cui all’articolo 416 bis.1 c.p., con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro, mentre il ricorso deve essere rigettato nel Sto.
6.6. Venendo alla posizione di (OMISSIS), ritiene il Collegio che siano meritevoli di accoglimento, nei limiti che saranno esposti, le sole censure sul riconoscimento dell’aggravante ex articolo 416 bis.1 c.p. e sulla confisca.
6.6.1. Iniziando la disamina delle doglianze riferite all’affermazione della, penale responsabilita’ e in particolare da quelle concernenti i reati-fine (capi D, E, L, L1, P3, Z2 e Z3), occorre evidenziare che la sentenza impugnata non presenta al riguardo alcun profilo di illegittimita’ meritevole di censura in questa sede.
Per ognuna di queste imputazioni, infatti, la Corte di appello si e’ soffermata adeguatamente prima sulla scansione degli eventi e poi sulla posizione dell’imputato, con considerazioni non manifestamente illogiche.
Cio’ e’ avvenuto innanzitutto rispetto al capo D, a proposito del quale e’ stato osservato (pag. 483 ss. della sentenza impugnata) che (OMISSIS) non si e’ limitato ad aiutare il padre (OMISSIS) in occasioni sporadiche, ma ha fornito un contributo non trascurabile all’importazione dei 63 chili di cocaina, essendo consapevole dei traffici illeciti perseguiti non solo dal padre, ma anche da altri sodali, con i quali egli ha interloquito in maniera diretta: in tal senso, sono state richiamate dalla Corte territoriale le conversazioni del 21, 26 e 30 marzo, del 6, 14 e 23 aprile e del 2, 7, 13, 15 e 20 maggio, oltre che del 20 agosto 2015, da cui si evince che (OMISSIS) si relazionava non solo con (OMISSIS), accompagnandolo nei suoi spostamenti sul territorio calabrese, ma anche con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), evincendosi dai dialoghi captati che il ricorrente era ben consapevole dei traffici illeciti organizzati dal padre e non mancava di intervenire a suo supporto, come avvenuto il (OMISSIS), allorquando l’imputato, appresa da (OMISSIS) la volonta’ di interrompere l’organizzazione dell’importazione, immediatamente telefonava il padre, mettendolo al corrente delle intenzioni del colombiano, che avrebbero pregiudicato gli interessi economici del gruppo, posto che in quel periodo era gia’ avvenuta la consegna del denaro al cartello colombiano tramite l’intermediazione del libanese (OMISSIS).
La condotta di (OMISSIS), dunque, non era quella di un connivente non puriibile, ma di un concorrente nel reato, avendo egli assunto iniziative volti a incidere concretamente sul raggiungimento dell’obiettivo illecito che in quel momento si erano prefissati gli esponenti del sodalizio.
A conclusioni analoghe la Corte territoriale e’ pervenuta anche rispetto al capo E, a proposito del quale e’ stato rilevato (pag. 771 ss. della sentenza impugnata) che il ricorrente, all’indomani del sequestro al porto di Livorno, si e’ recato il 26 agosto 2015 con la madre (OMISSIS) a Rosarno per incontrare (OMISSIS), per fissare un appuntamento tra questi e il padre, intervenendo anche nelle fasi successive dell’operazione, in particolare nel mese di novembre 2015, allorquando (OMISSIS) si e’ adoperato, insieme al fratello (OMISSIS), per scansionare un documento che (OMISSIS) aveva ricevuto via mail, con le informazioni sulla ditta che avrebbe dovuto effettuare il carico di copertura. Peraltro, come si evince dalla conversazione ambientale del 17 novembre 2015, (OMISSIS) ha accompagnato (OMISSIS) a casa della (OMISSIS) dove in quel periodo era ospitato (OMISSIS) e ha assistito al dialogo in occasione del quale l’emissario colombiano e (OMISSIS) hanno parlato di come far pervenire il carico di copertura, facendo riferimento all’utilizzo delle “buste antiscanner” gia’ utilizzate per la precedente importazione. Parimenti significativi si sono poi rivelatele conversazioni del 21 dicembre 2015 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), da cui si desume che entrambi erano al corrente del fatto che quella sera ci sarebbe stata una riunione importante presso il ristorante di (OMISSIS), cio’ nell’imminenza del momento in cui, due giorni dopo, sarebbe avvenuta nelle mani dell’escort ” (OMISSIS)” a Roma la consegna della prima tranche del finanziamento dell’operazione.
Di qui la conclusione che (OMISSIS) non era solo l’accompagnatore di (OMISSIS) su richiesta del padre, ma era pienamente coinvolto nelle iniziative del gruppo, di cui ha mostrato di conoscere le dinamiche, fornendo il suo contributo ove necessario, il che pone la condotta dell’imputato ben oltre il limite della connivenza non punibile, cio’ in conformita’ con la condivisa affermazicne di questa Corte (cfr. Sez. 4, n. 34754 del 20/11/2020, Rv. 280244 – 02), secondo cui la distinzione tra l’ipotesi della connivenza non punibile e il concorso nel delitto, con specifico riguardo alla disciplina degli stupefacenti, va ravvisata nel fatto che, mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso di persone ex articolo 110 c.p., e’ invece richiesto un consapevole contributo che puo’ manifestarsi anche in forme che agevolino il proposito criminoso del concorrente, garantendogli una certa sicurezza o, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale poter contare. Quanto ai capi L ed L1, descritti alle pag. 919 ss. della sentenza impugnata, occorre premettere che gli stessi hanno ad oggetto due episodi di, detenzione illecita e cessione di stupefacenti di tipo cocaina, risalenti, il primo, al (OMISSIS) e, il secondo al (OMISSIS): in occasione del prinio episodio, e’ emerso che la moglie e il figlio di (OMISSIS) si recavano a Falerno e, fermatisi nel piazzale del bar “(OMISSIS)”, consegnavano la sostanza, a tale (OMISSIS), mentre, nel secondo episodio, (OMISSIS), madre di (OMISSIS), si recava con quest’ultimo presso il centro commerciale “(OMISSIS)” di (OMISSIS), nei pressi dell’esercizio commerciale “(OMISSIS)”, dove veniva consegnata a una persona non meglio identificata lo stupefacente procurato da (OMISSIS).
In entrambi i casi, dunque, (OMISSIS), insieme alla madre, ha svolto le funzioni di corriere per conto del padre, come si evince chiaramente, quanto all’episodio di ottobre, dalle conversazioni di cui ai progr. 7150, 23782 e 23783 del (OMISSIS) 2015 e, quanto all’episodio di dicembre, dalle conversazioni di cui ai progr. 33141, 9232, 9236, 53743 e 9239 del (OMISSIS), conversazioni tutte riportate per esteso nella sentenza impugnata e razionalmente esaminate – dalla Corte territoriale nel contesto dell’intero materiale probatorio acquisito.
Venendo al capo P3, deve osservarsi che, nell’ambito di un’imputazione avente ad oggetto sia la detenzione illecita di un quantitativo imprecisato di cocaina, sia la cessione a tale (OMISSIS) di un quantitativo di marjuana (10 chili secondo l’imputazione, 6 chili secondo la sentenza impugna), (OMISSIS) e’ stato ritenuto colpevole solo di quest’ultimo segmento di condotta, avendo la Corte di appello osservato (pag. 944 ss. della sentenza impugnata) che, mentre rispetto alla detenzione della cocaina non erano emersi profili di responsabilita’ del ricorrente, viceversa, in ordine alla vicenda relativa alla cessione della marjuana, il quadro probatorio delineatosi a carico di (OMISSIS) si era rivelato chiaro ed esauriente. In tal senso sono state in particolare valorizzate le conversazioni di cui ai progr. 41606 e 41611 del 29 novembre 2016, nelle quali (OMISSIS), parlando con l’amante (OMISSIS), comunica alla donna che la marjuana consegnata a (OMISSIS) e destinata a (OMISSIS), era stata reperita dal figlio (OMISSIS) e che egli si era limitato solo a raccoglierla (“questo tutto (OMISSIS) e’ andato a trovarla lui…nelle terre…pero’ ieri sera sono andato lo a prenderla”), avendo poi aggiunto (OMISSIS) che lui e il figlio, da questi “sei chili di erba” (la precisazione della Corte di appello sul quantum della droga ceduta risulta coerente con la lettura complessiva dell’intercettazione) avevano conseguito un guadagno di 1.500 Euro a testa, essendo altresi’ emerso in maniera pacifica dalla disamina del materiale intercettivo che il padre era solite fare riferimento al figlio utilizzando il diminutivo di ” (OMISSIS)”, come si desume ad esempio dalla conversazione di cui al progr. 43116, nella quale (OMISSIS) ritorna sulla vicenda, confermando che i guadagni della cessione in favore di (OMISSIS) erano di 1.500 Euro per lui e appunto per il figlio ” (OMISSIS)”.
Rispetto a tali conversazioni, devono ritenersi senz’altro pertinenti le valutazioni della Corte di appello circa la qualificata valenza probatoria delle dichiarazioni intercettate di (OMISSIS), il quale, in maniera del tutto spontanea e con dovizia di particolari, ha parlato di vicende molto recenti in cui egli stesso era pienamente coinvolto, usando un linguaggio che invero non si presta a equivoci. Infine, quanto ai capi Z2 e Z3, aventi ad oggetto due distinti episodi di ricettazione, detenzione e porto In luogo pubblico di un’arma comune da sparo, occorre rilevare che anche in tal caso la disamina compiuta dalla Corte territoriale risulta chiara, completa e non connotata da vizi logici, avendo la sentenza impugnata (paga 984 ss.) riportato per esteso l’eloquente conversazione di cui al progr. n. 24585 del 3 marzo 2016, nella quale (OMISSIS) raccontava all’amante (OMISSIS) di avere avuto un pesante litigio con la moglie (OMISSIS), la quale gli aveva puntato contro una pistola che il figlio (OMISSIS) non aveva ben nascosto nell’orto, aggiungendo altresi’ il dichiarante che il figlio disponeva anche di un’altra pistola che gli era stata data “da un tizio di Tropea” per aggiustarla; dalle risposte della (OMISSIS) si desume inoltre che pure costei sapeva che il figlio del suo amante aveva la disponibilita’ della pistola per conto del padre, pistola di evidente provenienza illecita, posto che altrimenti non avrebbe avuto senso nasconderla nell’orto.
Anche in questo caso, legittimamente e’ stato attribuito un elevato valore dimostrativo alle dichiarazioni di (OMISSIS), il quale ha fornito un quadro chiarissimo dei fatti, che peraltro riguardavano sue situazioni molto personali, raccontate nei particolari e quasi “in tempo reale” rispetto al loro verificarsi.
In definitiva, per ciascuna delle predette imputazioni, i giudici di merito nanna compiutamente ricostruito sia le vicende storiche, sia le condotte del ricorrente che si sono in esse inserite, essendosi la Corte territoriale confrontata con tutte le obiezioni difensive, superandole con argomentazioni non illogiche.
6.6.2. Passando alle doglianze articolate con il primo motivo, con cui sono state censurate la ritenuta appartenenza di (OMISSIS) al sodalizio di cui al capo A e, prima ancora, la stessa esistenza dell’associazione ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, deve osservarsi che anche su questi due aspetti la sentenza impugnata offre un apparato argomentativo immune da censure.
In particolare, come gia’ evidenziato nella seconda parte del paragrafo 6.5.3., la configurabilita’ dell’associazione finalizzata ai traffici illeciti di sostanze stupefacenti non appare suscettibile di essere posta in discussione, avendo le due conformi sentenze di merito rilevato, attraverso una puntuale disarnina delle fonti dimostrative disponibili, che si tra sviluppata nel territorio del vibonese, ma con propaggini significative anche in altre parte di Italia (si pensi glia “cellula bolognese” facente capo a (OMISSIS), o ai collegamenti con esponenti dimoranti ad (OMISSIS), come (OMISSIS), o nella provincia di Bergamo, come (OMISSIS)), una compagine delinquenziale in grado di movimentare ingenti quantitativi di stupefacenti sul mercato internazionale e capace di disporre e di reperire consistenti risorse di denaro, attraverso il ricorso una pluralita’ di finanziatori che si alternavano tra loro assicurando le provviste necessarie ai soggetti indicati come intermediari: Del resto, la rapidita’ con cui venivano veicolate tra i sodali le informazioni contestualmente al progredire delle operazioni e la disponibilita’ di mezzi e uomini (“la squadra” di cui parlava (OMISSIS) in vista dello sbarco della nave a Livorno) evocano chiaramente l’esistenza di una struttura non improvvisata, ma al contrario solida e dotata di risorse materiali e umane idonee a garantire l’esecuzione delle attivita’ illecite, protrattesi per circa due anni e mezzo.
Ribadita la configurabilita’ del delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, contestata invero con deduzioni non adeguatamente specifiche, deve altresi’ osservarsi che, nell’ambito di tale sodalizio, e’ stato ragionevolmente assegnato a (OMISSIS) il ruolo di partecipe; questi, infatti, come ben evidenziato nella sentenza impugnata (pag. 1002 ss.), ha fornito il suo apporto al gruppo, consistito nell’agevolazione degli spostamenti degli altri sodali e nella trasmissione di informazioni, attivita’ questa non coincidente con il semplice essersi messo a disposizione del padre (OMISSIS) a titolo di cortesia, posto che il ricorrente si e’ relazionato anche con altri componenti del sodalizio, come (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), essendo al corrente delle finalita’ del gruppo, venendo peraltro coinvolto non solo nelle vicende di cui ai capi D ed E, ma anche in altri reati-fine, come quelli contestati nei capi L ed L1, a loro volta rientranti nel programma associativo.
L’adesione di (OMISSIS) al sodalizio appare del resto confermata da fatto che, il (OMISSIS), quando (OMISSIS) ha manifestato l’intenzione di interrompere le attivita’ finalizzate all’importazione, egli ha subito avvisato il padre, essendo altresi’ significativo che poi, il 17 novembre dello stesso anno, (OMISSIS) si sia recato con (OMISSIS) da (OMISSIS), assistendo a tutta la conversazione nella quale e’ stata affrontata la questione della ditta che avrebbe dovuto trasportare il carico di copertura dove sarebbe stata occultata la sostanza stupefacente; tali elementi risultano confermativi di una partecipazione dell’imputato alle dinamiche associative, rimarcata nella sentenza impugnata con argomenti non illogici. Di qui l’infondatezza del primo, motivo di ricorso-.
6.6.2.1. A cio’ deve solo aggiungersi che, sia rispetto alla condanna riferita al reato associativo, sia in ordine all’affermazione di responsabilita’ per i reati-fine, la ricostruzione operata dai giudici di merito non si pone in contrasto (per (OMISSIS) come per gli altri ricorrenti) con le statuizioni della sentenza del Tribunale di Vibo Valentia del 15 giugno 2020 che ha definito il giudizio di primo grado per coloro per hanno optato per il rito ordinario: e invero, al di la’ del rilievo formale circa la sua, non definitivita’, deve osservarsi la decisione allegata dalla difesa in realta’ ha confermato gran parte delle ipotesi accusatorie, riferendosi le assoluzioni di singoli imputati (che invero non sono affatto mancate neanche nel procedimento a carico di coloro che hanno optato per il rito abbreviato) a posizioni processuali per le quali non e’ stato raggiunto un quadro probatorio sufficiente, ma senza che da cio’ sia affatto possibile trarre la conclusione di una inconciliabilita’ tra le distinte statuizioni rese dei due giudizi, ordinario e abbreviato, trattati nell’ambito del procedimento unitariamente inteso.
6.6.3. Quanto alle censure sollevate con il terzo motivo, deve rilevarsi che non sono meritevoli di accoglimento le doglianze riferite alle aggravanti della transnaziOnalita’, del numero di persone e dell’ingente quantita’ della droga. Quanto alla configurabilita’ della circostanza aggravante della transnazionalita’, devono richiamarsi in questa sede le argomentazioni gia’ esposte nel paragrafo 5.6.3 circa i presupposti per l’operativita’ dell’aggravante e, in particolare, in ordine al pieno coinvolgimento dei narcos colombiani nei traffici in Italia degli stupefacenti e alla non sovrapponibilita’ tra il gruppo organizzato estero e il sodalizio calabrese, a cio’ dovendosi solo aggiungere, quanto all’ascrivibilita’ dell’aggravante al ricorrente, che la Corte territoriale ha’ in modo pertinente valorizzato a tal fine (pag. 799 della sentenza impugnata) il fatto che (OMISSIS) aveva un contatto diretto con il colombiano (OMISSIS), cio’ a ulteriore conferma del fatto che il ricorrente era ben consapevole della circostanza che nell’iniziativa delittuosa in corso era coinvolto un gruppo criminale straniero. Per quanto concerne l’aggravante del numero di persone, occorre evidenziare, in via preliminare, che, rispetto ai capi L ed L1, in cui sono state contestate o’ entrambe le aggravanti ex articolo 112 c.p., comma 1, n. 1 e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 6, la Corte di appello ha ritenuto configurabile solo la prima aggravante, In quanto destinata ad assorbire la seconda, che richiede per la sua sussistenza un numero di persone inferiore rispetto -all’aggravante codicistica. In ordine al capo P3, e’ stata invece esclusa l’aggravante ex articolo 112 c.p., comma 1, n. 1, in quanto il numero delle persone coinvolte e’ inferiore a cinque. Per tale reato e’ stata tuttavia ritenuta ravvisabile l’aggravante ex articolo 73, comma 6 Decreto del Presidente della Repubblica cit., contestata anche rispetto ai Capi D ed E, in base al corretto rilievo secondo cui l’azione illecita e’ stata compiuta da piu’ di tre persone, essendo il dato numerico a conoscenza dell’imputato, il quale ha agito in sinergia con il padre, avendo ben chiaro il coinvolgimento nelle vicende anche di altre persone, come efficacemente argomentato nella sentenza impugnata. Quanto all’aggravante ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, contestata rispetto ai capi D ed E, la Corte territoriale ha rimarcato che sia l’importazione oggetto del capo D, sia il successivo tentativo di importazione di cui al capo E nanno riguardato ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, atteso che nel primo caso si era in presenza di 63 chili di cocaina, mentre nel secondo,caso l’investimento di denaro operato dal sodalizio era pari ad almeno 180.000 Euro.
Dell’entita’ di queste operazioni il ricorrente era senz’altro a conoscenza, come si evince dalla conversazione del 7 novembre 2015, in cui (OMISSIS) dice alla (OMISSIS) che il figlio era al corrente dei traffici illeciti, per cui, anche sul versante dell’attribuzione soggettiva dell’aggravante, deve escludersi che la valutazione della Corte di appello sia connotata da profili di irragionevolezza.
6.6.4. Anche per (OMISSIS) sono invece meritevoli di accoglimento le doglianze sulla sussistenza dell’aggravante ex Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, convertito dalla L. n. 203 del 1991 (oggi articolo 416 bis.1 c.p.).
Deve premettersi al riguardo che la sentenza impugnata ha cosi’ motivato (pag. 798) il giudizio sulla configurabilita’ a carico dell’imputato: “per quanto concerne (OMISSIS), deve ritenersi provata la finalizzazione al sodalizio mafioso delle attivita’ nelle quali risulta coinvolto in relazione ai capi D) ed E), attesa la vicinanza dell’Imputato all’ambiente criminale nell’ambito del quale e’ stato realizzato il reato e la sua diretta conoscenza dei soggetti coinvolti”.
Ora, alla luce delle premesse ermeneutiche gia’ richiamate (par. 6.1.3), non c’e’ dubbio che l’apparato argomentativo della sentenza impugnata in parte qua risulta oggettivamente lacunoso e assertivo, non potendosi ritenere sufficiente a giustificare l’applicazione dell’aggravante in esame il mero richiamo alla stretta vicinanza dell’imputato con alcuni sodali, dovendo viceversa essere approfonditi gli elementi dai quali debba eventualmente desumersi, “al di la’ di ogni ragionevole dubbio”, la consapevolezza da parte di (OMISSIS) di agevolare una delle tre cosche indicate in ciascuno dei due capi di imputazione E) e’d E, ovvero la cosca la cosca (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS) di (OMISSIS), la cosca (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS) di (OMISSIS) e la cosca di (OMISSIS).
Il relativo giudizio, in definitiva, deve essere ancorato non solo e non tanto a meri dati anagrafici, ma a elementi concreti, correlati alle modalita’ delle condotte illecite tenute e ai rapporti tra l’imputato e il gruppo criminale di riferimento. Limitatamente al giudizio sulla configurabilita’ a carico di (OMISSIS) della circostanza aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 (oggi articolo 416 bis.1 c.p.), con le possibili ricadute in punto di trattamento sanzionatorio, si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro, al fine di compiere, nel solco dei criteri ermeneutici prima delineati, il necessario approfondimento di merito circa l’eventuale esistenza da parte dell’imputato di un’effettiva finalita’ adevolatrice rispetto alle attivita’ di una o di tutte e tre le cosche indicate nelle imputazioni, rispetto alle quali occorre altresi’ che siano chiariti gli eventuali legami con (OMISSIS).
6.6.5. Il quarto motivo in punto di trattamento sanzionatorio resta assorbito dall’accoglimento della doglianza relativa all’aggravante ex articolo 415 bis.1 c.p., per le possibili ripercussioni ili ordine alla determinazione della pena finale.
6.6.6. Il quinto motivo sulla confisca e’ parimenti fondato.
Deve premettersi al riguardo, con la sentenza di primo grado, sono stati confiscati i seguenti beni: il 50% delle quote societarie della “(OMISSIS) s.r.l.” nella titolarita’ del ricorrente, un’autovettura Volkswagen golf 2.0 di proprieta’ di (OMISSIS), i rapporti bancari con saldo positivo a lui intestati e infine 13 terreni siti nel Comune di (OMISSIS), sempre nella titolarita’ dell’imputato.
Ora, con l’atto di appello, la difesa aveva censurato la statuizione del G.U.P. rispetto a soli terreni, siti in (OMISSIS) e identificati rispettivamente e i fogl. 15, p.lle (OMISSIS) e al fogl. (OMISSIS).
All’esito del giudizio di secondo grado, la Corte di appello ha revocato la confisca, disponendo la restituzione all’avente diritto, dei terreni di cui al fogl. 23, p.lle 15, 16, 17, 133 e 151, rilevando che per essi era provato che il denaro utilizzato per l’acquisto dei beni proveniva da soggetti ( (OMISSIS)) che gravitavano fuori dal nucleo familiare di (OMISSIS), per cui, anche in considerazione della tracciabilita’ dell’operazione, realizzata con assegno circolare, si e’ ritenuta superata la presunzione di illegittima provenienza del denaro utilizzato.
A conclusioni diverse e’ invece pervenuta la Corte territoriale rispetto ai terreni di cui al fogl. 15, p.lle (OMISSIS): in tal caso, infatti, e’ stato innanzitutto premesso che tali unita’ immobiliari derivano da un decreto di trasferimento emesso il 27 novembre 2012 dal Tribunale di Vibo Valentia, registrato in data 21 dicembre 2012 per il valore di 9.660 Euro.
Pur a fronte di un esborso non particolarmente esoso per l’acquisto, e’ stato sottolineato che la situazione reddituale del ricorrente, privo di reddito, non era tale da giustificare l’acquisto, per cui e’ stata ritenuta in tal caso legittima la statuizione della confisca, stante la sproporzione tra il valore di acquisto de. bene e i redditi dichiarati e prodotti dall’imputato fino all’epoca dell’acquisto.
Tale conclusione e’ stata ritenuta non neutralizzata dalle allegazioni difensive, con le quali sono stati dedotti il riscatto di una polizza assicurativa contratta negli anni dal padre (OMISSIS) con il gruppo (OMISSIS) per un importo pari a 5.355,60, e due prestiti, concessi all’imputato dalla madre (OMISSIS) per 1.875 Euro, oltre che dai nonni paterni (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ dalla zia (OMISSIS), per 2.369,40 Euro.
Rispetto a tali allegazioni, nella sentenza impugnata, e’ stato tuttavia rilevato che, quanto alla somma frutto del riscatto della polizza assicurativa, non vi era prova che la stessa sia stata effettivamente consegnata a (OMISSIS) e sia stata da questi impiegata per l’acquisto; analogamente, quanto al prestito di 2.369,40 Euro, si e’ osservato che; pur a fronte delle dichiarazioni rese dai diretti interessati, non vi era alcuna prova che le somme in questioni, versate in contanti, siano state realmente consegnate a (OMISSIS) e da questi siano state investite nell’acquisto dei terreni, non essendovi alcun documento cartaceo che, come era ragionevolmente che avvenisse, avesse accompagnato la consegna del denaro, peraltro non versato sul conto corrente dell’imputato.
Dunque, ritenendo provata l’origine lecita del solo denaro proveniente dal prestito concesso dalla madre, per Euro 1.875, i giudici di appello hanno ritenuto persistente una netta e oggettiva sperequazione tra redditi leciti dell’imputato e valore di acquisto dei terreni, tale da far ritenere che tali beni fossero frutto delle attivita’ illecite riconducibili al sodalizio di cui (OMISSIS) faceva parte.
Orbene, l’impostazione seguita dalla Corte territoriale in tal caso non puo’ essere condivisa: non puo’ sottacersi, infatti, che l’acquisto dei terreni risale al 2012, ovvero a circa due anni dall’epoca di inizio dell’attivita’ dell’associazione criminale e a circa tre anni dal 2015, anno in cui (OMISSIS) e’ comparso sulla scena. Dunque, richiamato il canone della “ragionevolezza temporale” in precedenza illustrato (par. 6.2.5), deve osservarsi che in tal caso il dato cronologico milita a favore dell’imputato, a cio’ dovendosi aggiungere due ulteriori elementi di valutazione, ovvero: il fatto che quello che ha dato origine all’acquisto dei terreni e’ un titolo giuridico sottoposto a stringenti controlli preventivi, cioe’ un decreto di trasferimento emesso dal Tribunale di Vibo Valentia, e l’ulteriore circostanza che il prezzo di acquisto dei terreni non risulta particolarmente esoso, e cio’ anche a fronte del fatto che risulta fornita una traccia di prova rispetto alla disponibilita’ di somme provenienti dagli stretti congiunti dell’imputato, somme che, avuto riguardo al loro importo e ai rapporti personali tra le parti coinvolte, non e’ inverosimile che siano state prestate in contanti e senza il contestuale rilascio di un documento attestante l’avvenuta elargizione delle somme, dovendosi altresi’ considerare in proposito che; come risulta dalla documentazione prodotta dalla difesa nel giudizio di merito e allegata anche al ricorso, il versamento in contanti ha preceduto l’emissione degli assegni circolari utilizzati per l’acquisto, il che conforta la prospettazione difensiva circa la preventiva ricezione dei prestiti.
Deve pertanto concludersi che anche la confisca dei terreni di cui al fogl. 15, p.lle (OMISSIS) (al pari di quella dei terreni di cui al fogl. 23, p.lle 15, 16, 17, 133 e 151, gia’ dissequestrati), deve essere ritenuta illegittima, dovendosi ritenere che anche per tali beni la difesa abbia adeguatamente assolto all’onere probatorio ad essa spettante circa la verosimile legittimita’ della disponibilita’ economica dell’imputato, valutata in rapporto all’epoca, alla forma giuridica e al prezzo dell’acquisto dei terreni in esame.
6.6.7. Alla stregua delle considerazioni svolte, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente alla circostanza aggravante di cui all’articolo 416 bis.1 c.p., con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro; la sentenza impugnata deve essere invece annullata senza rinvio, limitatamente alla disposta confisca del terreni siti in (OMISSIS) fogl. 15, p.lle (OMISSIS), beni dei quali deve essere disposta la restituzione all’evente diritto.
Il ricorso di (OMISSIS) deve essere invece rigettato nel resto.
6.7. Il ricorso di (OMISSIS) non e’ infine meritevole di accoglimento.
6.7.1. Iniziando dalle censure sollevate rispetto al capo F (secondo e terzo motivo), deve osservarsi che le valutazioni compiute al riguardo dai giudici di merito resistono alle censure difensive, sostanzialmente ripropositive di questioni gia’ adeguatamente affrontate, soprattutto da parte della.Corte di appello. Occorre premettere che la vicenda cristallizzata nel capo F attiene a un tentativo di importazione di cocaina dal Sudamerica verso l’Italia, dapprima via mare e successivamente per via aerea, addebitandosi in particolare a (OMISSIS) di avere tentato, in concorso tra gli altri con (OMISSIS) e (OMISSIS) (rinuncianti in appello ai motivi sulla responsabilita’), tra l’aprile e l’agosto del 2015, di far giungere dalla Colombia un ingente quantitativo di cocaina, da occultare secondo i piani in un container o all’interno della stiva di un aereo. La vicenda e’ stata ricostruita con dovizia di particolari dalla Corte territoriale (pag. 802 ss. della sentenza impugnata), che, riportando e commentando il contenuto delle conversazioni rilevanti e sviluppando in maniera piu’ esaustiva la ricostruzione operata nel giudizio di primo grado, ha rilevato che l’operazione in esame’ partiva nell’aprile 2015, allorquando (OMISSIS) contattava il narcotrafficante (OMISSIS) e, per Conto dello zio (OMISSIS), gli chiedeva informazioni per procurarsi un incontro con lui o con un suo. rappresentante.
Successivamente, il ruolo di intermediario tra il sudamericano e (OMISSIS) veniva svolto da (OMISSIS) e (OMISSIS); (OMISSIS), in particolare, spesso accompagnato da (OMISSIS) o comunque in sua presenza, gestiva i rapporti con il sudamericano gota gota (che nel rapportarsi con (OMISSIS) e i suoi sodali si faceva chiamare (OMISSIS)), proprietario dello stupefacente da importare in Italia, attraverso l’ausilio di (OMISSIS) e sotto la supervisione di (OMISSIS), da tutti conosciuto come ” (OMISSIS)”; dal canto suo, (OMISSIS) si occupava degli aspetti logistici per la materiale spedizione della droga, interfacciandosi con (OMISSIS), di stanza in Sudamerica, per la materiale spedizione della sostanza stupefacente, del valore di 500.000 dollari (8.000 dollari al chilo), pronta per essere spedita in una data compresa tra il 6, il 9 e il 20 agosto 2015.
L’operazione di invio subiva tuttavia degli intoppi, dovuti dapprima a un precedente sequestro di droga avvenuto il 17 giugno (in altro procedimento) – presso il porto di Genova, luogo concordato quale sede di destinazione del carico, e poi per i problemi legati al passaporta’ di (OMISSIS), che i fornitori sudamericani volevano effettuasse il viaggio insieme alla sostanza stupefacente. Ora, l’insieme di tali condotte, ad avviso della Corte territoriale, integrava gli estremi del tentativo punibile, essendo stati posti in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a importare sul territorio nazionale un ingente quantitativo di cocaina, gia’ messo a disposizione dal cartello sudamericano, tanto e’ vero che il carico era in procinto di essere spedito in Italia il 6, il 9 o il 20 agosto 2015.
Cio’ consente di escludere la fondatezza delle censure sulla qualificazione giuridica operata dai giudici di merito, dovendosi evidenziare che anche in tal caso la fattispecie e’ in realta’ ravvisabile nella forma consumata piu’ che in quella tentata, e cio’ in base al gia’ richiamato principio espresso da questa Corte (Sez. 3, n. 29655 del 29/01/2018, Rv. 273717), secondo cui ai fini della consumazione del delitto di importazione di stupefacenti, e’ sufficiente la conclusione dell’accordo volto all’importazione dello stupefacente, accordo nel caso di specie gia’ perfezionato nelle sue linee essenziali, potendo configurarsi il tentativo nella fase antecedente all’incontro delle volonta’, in ragione delle trattative intercorse, univoche e’idonee a conseguire seriamente, pur senza perfezionarlo, il reciproco consenso all’effettivo trasferimento della droga nel territorio nazionale.
Le doglianze sul mancato raggiungimento della soglia del tentativo punibile non possono quindi essere accolte, posto che, nel caso di specie, non solo erano state avviate trattative serie circa il prezzo, il quantitativo e il luogo di consegna della droga, ma si era addirittura raggiunto l’accordo sui aspetti essenziali dell’operazione, tanto e’ vero che lo stupefacente era pronto per essere spedito, circostanza questa che, in base alla citata premessa interpretativa, avrebbe reso legittima la qualificazione del fatto in termini di reato consumato e non tentato. A maggior ragione, quindi, non possono ritenersi fondate le censure sulla configurabilita’ della desistenza, doVendosi sul punto solo osservare che, anche nell’ottica della qualificazione in termini di tentativo della condotta illecita, comunque non vi e’ spazio per ravvisare i presupposti richiesti dall’articolo 56 c.p., comma 3, atteso che il mancato arrivo dello stupefacente in Italia e’ dipeso non da una libera autodeterminazione degli imputati, ma solo da circostanze esterne, ovvero i problemi legati al passaporto di (OMISSIS), che avrebbe dovuto viaggiare con il carico, e i dubbi sulla “sicurezza” del porto di destinazione, dubbi alimentati dal precedente sequestro operato presso il porto di Genova.
Quanto alla partecipazione alla vicenda di (OMISSIS), i giudici di appello, nel confrontarsi con le obiezioni difensive, hanno evidenziato che il ricorrente, pur non mantenendo i contatti personalmente con i fornitori, ha in realta’ dato input alla vicenda, posto che suo nipote (OMISSIS) ha contattato (OMISSIS) per rappresentargli che lo zio (“(OMISSIS)”) voleva incontrare lui o un suo emissario.
Il fatto che (OMISSIS) sia stato poi assolto dalla Corte di appello da tale imputazione non indebolisce la ricostruzione accusatoria (e tanto sia nell’ottica del reato fine, che nella prospettiva del reato associativo), posto che l’assoluzione del nipote di (OMISSIS) e’ dipesa non dal fatto che sia stata messa in discussione la sua iniziativa da cui e’ scaturita l’operazione, ma unicamente dal rilievo secondo cui (OMISSIS), dopo i primi contatti; risalenti al 12 e 13 aprile 2015, e’ uscito di scena, mentre i contatti con i fornitori, nella fase in cui hanno raggiunto maggiore concretezza, ovvero a partire da maggio, sono proseguiti per conto di (OMISSIS) tramite altri due soggetti, (OMISSIS) e (OMISSIS), che infatti sono stati condannati per tale imputazione, rinunciando ai motivi di appello sulla responsabilita’ per questo reato e per il reato, associativo (come si e’ visto, le censure sollevate in questa sede dai due ricorrenti (OMISSIS) e Stagne sono state riferite, sia pure in termini inammissibili, solo in ordine al capo A, mentre rispetto al capo F alcuna obiezione e’ stata proposta, neanche in questa sede).
Dunque, (OMISSIS) e’ stato assolto per non aver piu’ preso parte alla evoluzione della trattativa, da lui pure intrapresa nella sua fase ernbrionale, per cui non vi e’ alcuna contraddizione tra tale statuizione e la condanna di (OMISSIS), che viceversa e’ stata fondata proprio sul considerazione che quest’ultimo ha continuato a interessarsi della vicenda, risultando provato che in qcasi tutte le occasioni in cui (OMISSIS) contattava (OMISSIS), le conversazioni avvenivano in presenza di (OMISSIS), che dava al correo le indicazioni da veicolare al fornitore sudamericano, come si evince dai progr. 168, 171, 172 e 173 del 14 luglio 2015, data in cui (OMISSIS) si recava presso la residenza di (OMISSIS) in provincia di Bologna (a (OMISSIS)), fornendo a (OMISSIS) un indirizzo mail sicuro.
Circa l’identificazione del ” (OMISSIS)” citato nelle conversazioni nell’imputato (OMISSIS), i giudici di merito hanno osservato che questi era conosciuto dai suoi interlocutori con il nome di ” (OMISSIS)”, come si evince dalle conversazioni del (OMISSIS) relative all’utenza telefonica nella sua accertata dispOmbilita’, avendo gli inquirenti verificato, previo attento ascolto delle chiamate, che la voce di (OMISSIS) ascoltata nella conversazioni in cui egli parlava direttamente coincideva con quella captata in sottofondo nelle telefonate che (OMISSIS) aveva effettuato, peraltro dalla citta’ di residenza di (OMISSIS) dove egli si era recato.
Ne’ il ” (OMISSIS)” citato nelle conversazioni poteva essere identificato nel cointagato (OMISSIS), avendo la sentenza impugnato escluso la fondatezza della tesi difensiva valutando unitariamente le conversazioni di cui ai progr. 16 e 20 del 22 maggio 2015: nella prima conversazione, registrata alle 20.37, (OMISSIS) contattava infatti, con l’utenza di (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), il quale si trovava evidentemente in un luogo distante da quello dei suoi interlocutori.
Nella seconda conversazione, avvenuta 10′ minuti dopo, alle 20.47, effettuata sempre con l’utenza di (OMISSIS), questi riferisce a (OMISSIS) di essere “liarrico di (OMISSIS)”, la cui voce viene captata in sottofondo, per cui, stante la brevissima distanza tra le due telefonate e considerato che nel frattempo (OMISSIS) non si ei-a spostato, essendo rimasta agganciata sempre la stessa cella, e’ stato desunto, in maniera non illogica, che (OMISSIS) non fosse in sua compagnia, per cui non poteva certamente essere questi il ” (OMISSIS)” menzionato nella conversazione.
Orbene, la conferma del giudizio sulla colpevolezza dell’imputato risulta dunque immune da censure, in quanto preceduta da una disamina razionale degli elementi investigativi disponibili, sviluppatasi attraverso un adeguato confronto con le deduzioni difensive, superate con argomenti non manifestamente illogici.
6.7.2. Passando al primo motivo, integrato dalle considerazioni difensive esposte nel mcitivo nuovo, deve osservarsi che anche l’ulteriore affermazione della appartenenza di (OMISSIS) al sodalizio ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 contestato al capo A non presenta vizi di legittimita’ rilevabili in questa sede.
Ed invero, premesso che la Corte territoriale, rispetto alla sentenza di primo grado, ha derubricato il ruolo del ricorrente da organizzatore a partecipe, occorre rilevare che, nella decisione impugnata, e’ stata valorizzata la circostanza che (OMISSIS) e’ risultato essere al vertice della “cellula bolognese” dell’associazione, sotto la cui direzione operavano i sodali (OMISSIS) e (OMISSIS).
(OMISSIS), storico broker del narcotraffico internazionale, come emerso dalle sentenze emesse a suo carico, e’ rimasto sempre collegato al suo contesto geografico di provenienza (l’imputato e’ nativo di (OMISSIS), nel vibonese), avendo egli mantenuto contatti qualificati con i narcotrafficanti colombiani, con i quali si e’ interfacciato tramite la intermediazione dei suoi accoliti.
Tuttavia, nonostante lo scaltro tentativo di non esporsi in prima persona, (OMISSIS) e’ risultato essere il regista dell’operazione finalizzata all’importazione dell’ingente quantitativo di cocaina, che sarebbe dovuto arrivare al porto di Genova.
Tale vicenda e’ stata ragionevolmente ritenuta pregnante in chiave assocativa, posto che, con tale iniziativa, protrattasi per vari mesi, il ricorrente ha dato prova di poter gestire l’investimento di una consistente somma di denaro (pari a circa 500.000 dollari), interagendo con narcotrafficanti colombiani a lui gia’ noti e sovrintendo a tutti i passaggi dell’operazione, compresi quelli piu’ critici, desumendosi da cio’ il suo pieno inserimento nelle dinamiche associative dal suo contesto di provenienza, con cui il ricorrente ha mantenuto stabili legami, avvalendosi peraltro degli stessi interlocutori sul mercato criminale straniero.
La circostanza che l’appartenenza al sodalizio sia stata ricollegata a un solo reato fine e la ristrettezza temporale dell’attivita’ illecita rispetto al piu’ vasto ambito cronologico in cui ha operato l’associazione sono state legittimamente ritenute non ostative all’affermazione della penale responsabilita’ dell’imputato, dovendosi richiamare i principi in precedenza esposti circa la sufficienza del coinvolgimento del partecipe in un singolo reato fine, qualora, come nel caso di specie, le connotazioni della condotta dell’agente, consapevolmente servitosi dell’organizzazione per commettere il fatto, ne rivelino, secondo massi me di comune esperienza, un ruolo nelle dinamiche operative del gruppo criminale
(Sez. 3, n. 36381 del 09/05/2019, Rv. 276701-06), come pure deve essere ribadito che, ai fini della verifica degli elementi costitutivi della partecipazione al sodalizio di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, e in particolare della cd. “affectio” di ciascun aderente ad esso, non rileva la durata del pericdo di osservazione delle condotte criminose, che puo’ essere anche breve, purche’ dagli elementi acquisiti possa appunto inferirsi l’esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito, benche’ per un periodo di tempo limitato (Sez. 4, n. 50570 del 26/11/2019, Rv. 278440-02).
Allo stesso modo, non appare decisiva l’obiezione difensiva secondo cui (OMISSIS) ha interagito solo con (OMISSIS) ed (OMISSIS), oltre che con (OMISSIS) (la cui assoluzione come detto e’ un elemento in se’ neutro, cne noi vale certo a smentire la tesi della persistenza dei legami dell’imputato con contesto di cui era originario), il che escluderebbe il suo stabile coinvolgimento nel sodalizio, dovendo essere riferita anche all’associazione prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 l’affermazione di questa Corte (Sez. 2, n. 55141 del 16/07/2018, Rv. 274250 e Sez. 2, n. 4976 del 17/01/1997, Rv. 207845), elaborata con precipuo riferimento alla struttura associativa di cui all’articolo 416 bis c.p., secondo cui la condotta di partecipazione all’associazione per delinquere e’ a forma libera e puo’ realizzarsi in forme e contenuti diversi, indipendenti dall’esistenza di un formale atto di inserimento nel sodalizio e da uno stretto contatto con gli altri sodali, sicche’ il partecipe puo’ anche non avere la conoscenza dei capi o degli altri affiliati, essendo sufficiente che, anche in modo non rituale, di fatto si inserisca nel gruppo per realizzarne gli scopi, con la consapevolezza che il risultato viene perseguito con l’utilizzazione dei netodi delinquenziali usati dall’associazione, che devono essere mafiosi nel caso del sodalizio ex articolo 416 bis c.p., mentre nel caso della struttura del neata dall’articolo 74 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, devono essere imperniati sull’impiego di mezzi e risorse, adoperati con schemi collaudati al fine di assicurare il costante reperimento sul mercato anche internazionale di sostanze stupefacenti.
Cio’ e’ avvenuto nel caso di specie, avendo (OMISSIS) potuto contare sugli stessi fornitori stranieri del sodalizio, contattati tramite l’intermediazione di soggetti residenti come lui nel territorio bolognese, ma comunque a loro volta col’egati,
proprio come il ricorrente, alla struttura associativa calabrese, avendo peraltro (OMISSIS) un rapporto privilegiato con il cognato (OMISSIS), con il quale, in una fase interlocutoria della vicenda descritta al capo F, si incontrava per valutare l’opportunita’ di far arrivare il carico a Lamezia Terme in aereo.
Piuttosto, e’ la circoscritta estensione delle relazioni interpersonali di Ven:rici a spiegare il motivo per cui la (OMISSIS) non abbia riferito nulla circa il ricorente,
posto che la predetta collaboratrice di giustizia era legata per motivi sentimentali a (OMISSIS), per, cui ella e’ stata in grado di riferire solo circotanze apprese nell’ambito del suo rapporto con (OMISSIS), tra cui evidentemente non rientravano i legami tra il suo amante e gli esponenti della “cellula bolognese”.
6.7.3. In definitiva, il giudizio sull’appartenenza del ricorrente al sodalizio, giustamente ricondotto dalla Corte di appello alla sola dimensione della partecipazione, non appare fondato su considerazioni irrazionali, per cui, alla stregua delle complessive considerazioni svolte, il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) deve essere disatteso, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), limitatamente alla circostanza aggravane di cui all’articolo 416 bis.1 c.p. e rinvia per nuovo giudizio sul punto acl altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro; rigetta nel resto i ricorsi dei predetti. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente alla circostanza aggravante di cui all’articolo 416 bis.1 c.p., con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzz ro, e, senza rinvio, limitatamente alla disposta confisca dei terreni siti in (OMISSIS) fogl. 15, pl. (OMISSIS), beni dei quali dispone la restituzione all’avente diritto; rigetta nel resto il ricorso del (OMISSIS).
Rigetta il ricorso di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) Domenica, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) Massirn fieno, (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) Animino, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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