Intermediazione finanziaria e la forma scritta del contratto-quadro

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|17 gennaio 2022| n. 1250.

Intermediazione finanziaria e la forma scritta del contratto-quadro.

In tema d’intermediazione finanziaria, il requisito della forma scritta del contratto-quadro, previsto dall’art. 6, lett. c), della l. n. 1 del 1991 (ratione temporis applicabile), va inteso in senso non strutturale ma funzionale, avuto riguardo alla finalità di protezione dell’investitore assunta dalla norma, sicché tale requisito deve ritenersi rispettato, a pena di nullità (c.d. di protezione), ancorché non prevista espressamente, ove il contratto sia redatto per iscritto ed è sufficiente che vi sia la sottoscrizione del cliente e non anche quella dell’intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti.

Ordinanza|17 gennaio 2022| n. 1250. Intermediazione finanziaria e la forma scritta del contratto-quadro

Data udienza 17 settembre 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Banca – Investimenti – Titoli speculativi – Intermediazione finanziaria – Contratto quadro – Forma scritta a pena di nullità – Requisito funzionale – Sufficiente la presenza della sottoscrizione del cliente – Non necessaria quella dell’intermediario

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 25423/2017 proposto da:
(OMISSIS) Societa’ per Azioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura speciale per Notaio Dott.ssa (OMISSIS) di (OMISSIS) – rep. n. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1095/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 24/08/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 17/09/2021 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

Intermediazione finanziaria e la forma scritta del contratto-quadro

RILEVATO

che:
(OMISSIS) conveniva in giudizio, davanti al tribunale di Bari, la (OMISSIS) soc. coop. per azioni (in seguito per brevita’, (OMISSIS)) e premesso di essere stato indotto nei primi mesi del 2000 da un funzionario della predetta banca, che lo rassicurava sull’assenza di rischi per la conservazione del capitale, ad investire tutti i suoi risparmi in titoli poi rivelatisi altamente speculativi, chiedeva che fosse accertata la nullita’ e/o l’annullabilita’ del contratto d’investimento relativo ai fondi indicati e che la banca fosse condannata alla restituzione della somma di Euro 96.576,92, oltre interessi e rivalutazione ovvero in subordine, che ne fosse accertato il grave inadempimento contrattuale per aver violato le regole imposte a tutela del risparmiatore e per l’effetto fosse condannata, previa risoluzione del contratto, al risarcimento del danno, quantificato nella differenza tra i risparmi impiegati nelle operazioni illegittime e i valori dei fondi al di del soddisfo, oltre interessi.
Il tribunale, premessa l’inammissibilita’ della questione di nullita’ del contratto-quadro per mancata sottoscrizione dello stesso da parte della banca, trattandosi di questione nuova e di nuova causa petendi, sollevata per la prima volta in sede di memoria conclusionale, accoglieva la domanda degli attori per il minor importo di Euro 3.982,82, perche’ non vi era prova dell’ordine scritto delle quote del fondo “Arca 27 azioni estere”, sicche’ limitatamente a tali titoli sussisteva l’inadempimento contrattuale della banca e il diritto al risarcimento del danno, quantificato nel cd. danno da minusvalenza.
(OMISSIS) proponeva appello che veniva accolto.
A supporto di tale decisione di accoglimento, la Corte del merito ha ritenuto che la questione della nullita’ del contratto quadro del 7 dicembre 1995, per mancata sottoscrizione dello stesso da parte della banca, era una questione sollevata fin dall’atto introduttivo dall’attrice (e solo sviluppata in sede di comparsa conclusionale, oltre al fatto che poteva essere rilevata d’ufficio dal giudice); esaminata quindi la questione nel merito, l’ha ritenuta fondata con conseguente condanna della banca alla restituzione dell’importo richiesto fin dall’atto di citazione.
La (OMISSIS) soc. coop. per azioni ricorre per cassazione contro la predetta sentenza della Corte d’appello di Bari, affidando l’impugnazione a un motivo, illustrato da memoria. (OMISSIS) ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il motivo di ricorso, la banca ricorrente deduce la violazione dell’articolo 23 TUF e dell’articolo 1326 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e il vizio di omessa e/o erronea valutazione dei fatti e dei documenti di causa, perche’ erroneamente la Corte d’appello aveva reputato invalido il contratto quadro di investimento che risultava sottoscritto dal solo investitore (e non anche dalla banca).
Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 898 del 2018, hanno chiarito che, in tema d’intermediazione finanziaria, il requisito della forma scritta del contratto-quadro, posto a pena di nullita’ (azionabile dal solo cliente) del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23, va inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalita’ di protezione dell’investitore assunta dalla norma, sicche’ tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed e’ sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest’ultimo, e non anche quella dell’intermediario, il cui consenso ben puo’ desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti.
Il controricorrente osserva, tuttavia, che nella specie non trova applicazione l’articolo 23 cit., bensi’ la L. n. 1 del 1991, articolo 6, che non prevede, a differenza del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23, una nullita’ di protezione, bensi’ un mero requisito di forma, rilevante agli effetti dell’articolo 1325 c.c., n. 4, e dunque della nullita’ pura e semplice per difetto di forma scritta.
Occorre allora in proposito rammentare che:
-) della L. 2 gennaio 1991, n. 1, articolo 6, lettera c), ha introdotto l’obbligo della forma scritta per i “contratti-quadro” che disciplinano servizi di investimento, stabilendo che nello svolgimento delle loro attivita’ le societa’ di intermediazione mobiliare “devono stabilire i rapporti con il cliente stipulando un contratto scritto nel quale siano indicati la natura dei servizi forniti, le modalita’ di svolgimento dei servizi stessi e l’entita’ e i criteri di calcolo della loro remunerazione, nonche’ le altre condizioni particolari convenute con il cliente; copia del contratto deve essere consegnata contestualmente al cliente”;
-) tale disposizione e’ stata abrogata dal Decreto Legislativo 23 luglio 1996, n. 415, articolo 66, comma 2, lettera b), il quale, all’articolo 18, sotto la rubrica “Contratti”, ha stabilito al comma 1 che: “I contratti relativi ai servizi previsti dal presente decreto sono redatti in forma scritta e un esemplare e’ consegnato ai clienti… In caso d’inosservanza della forma prescritta il contratto e’ nullo”;
-) quest’ultimo D.Lgs., e’ stato abrogato, con eccezioni che qui non interessano, dal Decreto Legislativo febbraio 1998, n. 58, articolo 214, lettera jj), il quale, all’articolo 23, comma 1, nel testo originario, ha ribadito che: “I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori sono redatti per iscritto e un esemplare e’ consegnato ai clienti… Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto e’ nullo” (non rileva qui che il comma sia stato poi modificato dal Decreto Legislativo 17 settembre 2007, n. 164, articolo 4, comma 3, lettera a) e b), con la decorrenza indicata nell’articolo 19 dello stesso Decreto, e successivamente sostituito del Decreto Legislativo 3 agosto 2017, n. 129, articolo 2, comma 19, lettera a)).
L’essenziale differenza che corre tra la formulazione della piu’ antica disposizione e quella delle norme sopravvenute prima nel 1996 e poi nel 1998, risiede, evidentemente, nella mancanza di una espressa previsione di nullita’ del contratto, successivamente introdotta, per difetto del requisito formale.
Orbene, nel prendere posizione sulla menzionata successione temporale di leggi, le Sezioni Unite, a fronte di un contratto-quadro come si diceva del 1994 ed essendo le operazioni di investimento successive al 1998, hanno ritenuto doversi “vagliare detto profilo avuto riguardo alla disciplina applicabile alla data delle operazioni di investimento, il che vuol dire che, pur risalendo al 25/1/1994 la scrittura a cui le parti hanno fatto riferimento, ed essendo applicabile a detta data ratione temporis, la L. 2 gennaio 1991, n. 1, il cui articolo 6 e’ stato abrogato dal Decreto Legislativo 23 luglio 1996, n. 415, e l’intera legge e’ stata abrogata del Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 214, comma 1, lettera aa), e’ alla successiva disciplina di cui al Decreto Legislativo n. 58 del 1998, ed al regolamento Consob n. 11522 del 1998 che occorre avere riguardo, proprio perche’ rileva il collegamento tra le operazioni del 1999 ed il contratto-quadro, la cui regolamentazione e’ mutata nel tempo”.
Preme al Collegio osservare, a tal riguardo, che l’affermazione effettuata dalle Sezioni Unite, del tutto fermo restando il principio che esse hanno enunciato in ordine alla validita’ del contratto monofirma, dev’essere precisata nel senso che i contratti-quadro stipulati nel vigore della Legge del 1991 non sono soggetti, ne’ possono esserlo, alla disciplina, ancora di la’ da venire, successivamente dettata dalle leggi del 1996 e poi del 1998, articoli 18, comma 1 e articolo 23, comma 1, che, secondo la regola generale prevista dall’articolo 11 preleggi, non hanno disposto che per l’avvenire: sicche’ e’ da escludere che la sanzione di nullita’ del contratto quadro (non degli ordini di investimento, che non richiedevano forma scritta ne’ allora, v. Cass. 7 settembre 2001, n. 11495, ne’ oggi, v. Cass. 31 agosto 2020, n. 18122), introdotta nel 1996 e poi riconfermata nel 1998, possa operare retroattivamente anche in riferimento a pattuizioni stipulate nel vigore e nell’osservanza della legge del 1991. Pare invece al Collegio palese che il dato normativo piu’ risalente nel tempo abbia da essere letto, e correttamente inteso, alla luce del successivo sviluppo della disciplina dettata dal legislatore in tema di formalismo del contratto di intermediazione finanziaria.
Hanno stabilito le Sezioni Unite che la nullita’ per difetto di forma del c.d. contratto monofirma si giustifica quale nullita’ di funzione e non di struttura, e, cioe’, trova il suo punto di appoggio nell’esigenza di tutela dell’interesse del cliente, quale presidio volto “ad assicurare la piena indicazione al cliente degli specifici servizi forniti, della durata e delle modalita’ di rinnovo del contratto e di modifica dello stesso, delle modalita’ proprie con cui si svolgeranno le singole operazioni, della periodicita’, contenuti e documentazione da fornire in sede di rendicontazione, ed altro come specificamente indicato, considerandosi che e’ l’investitore che abbisogna di conoscere e di potere all’occorrenza verificare nel corso del rapporto il rispetto delle modalita’ di esecuzione e le regole che riguardano la vigenza del contratto, che e’ proprio dello specifico settore del mercato finanziario”. Si tratta, dunque, soggiungono le Sezioni Unite, di una manifestazione di “quel che e’ stato definito come neoformalismo o formalismo negoziale”, da intendersi secondo la funzione sua propria della norma, e non attraverso il richiamo alla disciplina generale sulla nullita’.
Ora, la L. n. 1 del 1991, articolo 6, lettera c), rispondeva al medesimo impianto.
Sul significato della previsione di forma scritta introdotta da quella norma la dottrina ha espresso opinioni eterogenee. Secondo alcuni, la forma scritta costituiva requisito del contratto di intermediazione finanziaria da valere a pena di nullita’, nonostante la sanzione di nullita’ non fosse espressamente contemplata; altri, tenuto conto della mancata previsione della nullita’, opinavano trattarsi di onere previsto a fini meramente probatori; altri ancora, sempre valorizzando la mancata previsione di nullita’, di obbligo comportamentale, sanzionato sul piano della responsabilita’ amministrativa, senza intaccare dal versante civilistico la validita’ della pattuizione.
In realta’, la mancanza di un’espressa sanzione di nullita’ possedeva sul piano interpretativo un rilievo tutt’altro che decisivo, sol che si consideri:
-) il perentorio dato letterale, espresso nel linguaggio del comando, alla luce del quale gli intermediari “devono” stipulare il contratto per iscritto;
-) la contrapposizione, nell’articolo 6, comma 1, lettera c), tra il precetto che imponeva l’obbligo di forma scritta e quello che contemplava che “copia del contratto deve essere contestualmente consegnata al cliente”, il che per un verso confermava l’indefettibile necessita’ del requisito formale, per l’ovvia considerazione che un contratto stipulato verbalmente non e’ consegnabile, e per altro verso testimoniava come il legislatore avesse ben chiara la distinzione tra obbligo di forma, rilevante sul piano della validita’, e obbligo di consegna, rilevante sul piano comportamentale, sicche’ il contratto mancante di forma scritta era nullo, neppure potendo porsi il problema della sua consegna, mentre il contratto scritto era sotto tale aspetto valido, anche se non consegnato;
-) le disposizioni regolamentari integrative del precetto legislativo (v. anzitutto l’articolo 9 del regolamento Consob n. 5387 del 1991, che ribadiva e precisava l’obbligo di forma scritta).
Cio’ detto, la qualificazione in termini di nullita’, e di nullita’ di protezione, del requisito formale previsto della L. 2 gennaio 1991, n. 1, articolo 6, lettera c), ha trovato sicura conferma nel successivo evolversi – nella medesima linea, ma con una piu’ appropriata formulazione tecnica – della normativa. E tuttavia gia’ il quadro normativo del tempo giustificava la medesima conclusione: si allude, in particolare, con riguardo alla natura della nullita’, quale nullita’ di funzione e non di struttura, con finalita’ di tutela del cliente, nei termini poi illustrati dalle Sezioni Unite, all’articolo 13 del citato regolamento Consob n. 5387 del 1991, che, quanto ai rapporti tra s.i.m. e operatori qualificati, richiamava si’ l’articolo 9 dello stesso regolamento, ma non quanto alla previsione di forma scritta, cosi’ palesando la ridetta funzione protettiva della disposizione, non applicabile a coloro che, come gli operatori qualificati, avessero dimestichezza con la materia e dunque non necessitassero di fruire della protezione apprestata.
Sulle questioni ritenute assorbite dalla Corte d’appello e riproposte dal controricorrente, si dovra’ pronunciare la Corte del merito in sede di rinvio.
In accoglimento del ricorso, la sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Bari, che si atterra’ al principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite, sopra riportato.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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