Corte di Cassazione, penale, Sentenza|15 marzo 2021| n. 10017.
In tema di condono edilizio disciplinato dalla legge 24 novembre 1994, n. 724, nel caso di unico immobile, rispetto al quale non sia stata effettuata alcuna divisione né siano stati costituiti diritti di proprietà o di godimento su singole porzioni, non sono legittimati a presentare distinte istanze di sanatoria coloro che abbiano la mera disponibilità di fatto di specifiche porzioni del bene, configurando ciò un artificioso frazionamento della domanda volto ad eludere il limite legale di volumetria dell’opera per la concedibilità della sanatoria.
Sentenza|15 marzo 2021| n. 10017
Data udienza 3 marzo 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Abuso edilizio – Revoca ordine di demolizione – Sanatoria – Concedibilità – Comproprietari porzione unico immobile – Due diverse e autonome istanze – Ammissibilità – Condizioni
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente
Dott. BELLINI Ugo – Consigliere
Dott. CENCI Daniele – Consigliere
Dott. PICARDI Frances – rel. Consigliere
Dott. PROTO PISANI Paola – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto dalla Procura Generale presso la Corte APPELLO di NAPOLI;
(OMISSIS) e (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 25/09/2019 della CORTE APPELLO di NAPOLI;
udita la relazione svolta dal Consigliere PICARDI FRANCESCA;
lette le conclusioni della Procura Generale presso la Corte di Cassazione e delle parti private.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Napoli, all’esito dell’annullamento del precedente provvedimento da parte della Corte di Cassazione (Sez. 3, n. 12915 del 2019), ha revocato l’ordine di demolizione delle opere edili disposto con la sentenza n. 998 del 1996 del Tribunale di Napoli – Sezione distaccata di Pozzuoli, nel procedimento nei confronti di (OMISSIS) (sentenza riformata in appello limitatamente al capo c e, per il resto, confermata e divenuta irrevocabile).
2. Nel provvedimento di annullamento, la Sez. 3 di questa Corte, pur escludendo che l’istanza di revoca dell’ordine di demolizione, presentata da (OMISSIS) e (OMISSIS), costituisse la mera riproposizione di altra richiesta gia’ rigettata, attesa la diversita’ soggettiva della parte ricorrente (nel precedente provvedimento la Procura Generale presso la Corte di appello di Napoli), ha evidenziato che la Corte territoriale non aveva affrontato la questione, avente carattere preliminare, relativa alla legittimazione dei ricorrenti a presentare la domanda di condono, tenendo conto che, come emerge dalla sentenza della Corte di appello di Napoli del 04/02/1998, la richiesta di declaratoria di estinzione delle contravvenzioni per intervenuta sanatoria avanzata dalla (OMISSIS) nel corso del processo a suo carico era stata rigettata “in quanto agli atti non si rinviene un provvedimento in sanatoria a nome dell’attuale imputata (p. 2)”, e ha, altresi’, sottolineato che “la carenza di legittimazione… si riflette sui presupposti per il rilascio delle sanatorie, in quanto la presentazione separata delle due istanze relative a un immobile facente capo al medesimo soggetto ha consentito di aggirare il limite volumetrico di 750 mc. richiesto dalla L. n. 724 del 1994, articolo 39”.
3. La Corte di Appello di Napoli, con il provvedimento oggi impugnato, richiamando la sentenza della Corte costituzionale n. 302 del 1996, ha ritenuto pienamente legittimati (OMISSIS) e (OMISSIS) alla presentazione delle due separate ed autonome istanze di condono “visto che hanno ad oggetto le porzioni di fabbricato di cui erano, al momento della domanda, possessori di fatto e di cui, poi, sono divenuti legittimi proprietari iure hereditatis”. Ha, inoltre, verificato che “ciascuna unita’ immobiliare oggetto di istanza di condono non ha superato il limite volumetrico di 750 metri cubi”.
4. Avverso tale provvedimento ha proposto tempestivo ricorso per cassazione la Procura Generale presso la Corte di Appello di Napoli, denunciando: 1) la violazione degli articoli 666, 623 e 627 c.p.p. e della L. n. 724 del 1994, articolo 39; 2) il vizio di motivazione. In particolare, nel ricorso si e’ evidenziato che il giudice del rinvio non si e’ attenuto al principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte, avendo riconosciuto la legittimazione dei germani (OMISSIS) alla presentazione delle due diverse istanze di condono, relative al medesimo immobile, nonostante gli stessi, a quell’epoca, non rivestissero alcuna funzione qualificata rispetto all’immobile e fossero solo i figli e futuri eredi della proprietaria. Si e’, inoltre, sottolineato che la qualifica di (OMISSIS) e di (OMISSIS) in termini di possessori delle singole porzioni dell’unico immobile e’ contraddetta dal contenuto delle stesse domande di concessione in sanatoria, da cui risulta che il fabbricato era allo stato grezzo e, quindi, insuscettibile di occupazione e possesso.
5. (OMISSIS) ed (OMISSIS) hanno depositato una memoria difensiva con cui hanno chiesto il rigetto del ricorso, sostenendo derivare la loro legittimazione a presentare l’istanza di condono dall’atto del 4 gennaio 1995, con cui (OMISSIS) ha attribuito ai figli la disponibilita’ materiale ed il godimento dei beni in esame, e depositando la documentazione relativa a dimostrare tale assunto e l’esecuzione, da parte loro, delle opere relative agli immobili.
6. La Procura Generale presso la Corte di Cassazione ha concluso per l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato.
2. Occorre brevemente premettere che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimita’, non e’ ammissibile il condono edilizio di una costruzione quando la richiesta di sanatoria sia presentata frazionando l’unita’ immobiliare in plurimi interventi edilizi, in quanto e’ illecito l’espediente di denunciare fittiziamente la realizzazione di plurime opere non collegate tra loro, quando, invece, le stesse risultano finalizzate alla realizzazione di un unico manufatto e sono a esso funzionali, si’ da costituire una costruzione unica (Sez. 3, n. 20420 del 08/04/2015 cc.- dep. 18/05/2015, Rv. 263639 – 01). Invero, sebbene il legislatore non ponga alcun divieto al frazionamento ovvero all’accorpamento di unita’ immobiliari, tuttavia, tali operazioni possono configurare ipotesi elusive dei limiti legali di consistenza degli immobili, sicche’ ogni edificio deve intendersi come un complesso unitario facente capo ad un unico soggetto legittimato e le relative istanze di oblazione eventualmente presentate in relazione alle singole unita’ che compongono tale edificio devono essere riferite ad una unica concessione in sanatoria, la quale dovra’ riguardare lo stesso nella sua totalita’. La regola e’, pertanto, rappresentata dalla unicita’ della concessione edilizia per tutte le opere riguardanti un edificio o un complesso unitario, escludendosi la possibilita’ per lo stesso soggetto legittimato di servirsi di separate domande di sanatoria per aggirare il limite legale volumetrico, con la sola eccezione della consentita presentazione di una serie di istanze da parte di quanti sono i proprietari o i soggetti aventi titolo al momento della domanda, che abbia ad oggetto le sole porzioni di appartenenza, anche se comprese in una unica costruzione unitaria (ipotesi in cui la volumetria dovra’ essere calcolata rispetto a ciascuna separata domanda di sanatoria, non potendosi comunque superare il limite complessivo di 3000 metri cubi, cosi’ Cass., Sez. IV, 5 aprile 2018, n. 21284). Analogamente si esprime la giurisprudenza amministrativa secondo la quale deve ritenersi illegittimo l’inoltro di diverse domande tutte imputabili ad un unico centro sostanziale di interesse, in quanto tale espediente rappresenta un evidente tentativo di aggirare i limiti consentiti per il condono relativamente al calcolo della volumetria consentita (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 settembre 2018, n. 5211; Cons. Stato, Sez. VI, 23 luglio 2018, n. 4483; Cons. Stato, Sez. VI, 05/09/2012 n. 4711). Dovra’, quindi, farsi riferimento all’unitarieta’ dell’immobile o del complesso immobiliare, ove sia stato realizzato l’abuso edilizio in esecuzione di un disegno unitario, essendo irrilevante la suddivisione dell’opera in piu’ unita’ abitative, fatta salva l’ipotesi in cui porzioni della medesima costruzione costituiscano oggetto di diritto di diversi soggetti, ciascuno dei quali sara’ legittimato a presentare istanza di sanatoria per la porzione allo stesso riferibile.
Come precisato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 302 del 1996, la possibilita’ (derogatoria e, come tale, di stretta interpretazione), prevista esclusivamente per le nuove costruzioni, di calcolare la volumetria per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria, ritenendo legittima ed ammissibile la scissione della domanda di sanatoria riferita ad unico edificio (con la conseguente applicazione a ciascuna domanda del limite volumetrico dei 750 mc), vale soltanto nei casi in cui vi sono diversi soggetti legittimati per effetto della suddivisione della costruzione o della limitazione quantitativa del titolo, come puo’ avvenire a seguito di alienazione o di singole opere da sanare (L. n. 47 del 1985, articolo 31, comma 1), di attribuzione del diritto di usufrutto o di abitazione (ad es. limitata a singola porzione di immobile) o del diritto personale di godimento, quando la legge o il contratto abiliti a fare le opere (articolo 31, comma 3,. cit., in relazione alla L. n. 10 del 1977, articolo 4), o quando vi sia un soggetto interessato al conseguimento della sanatoria (L. n. 47 del 1985, articolo 31, comma 3, articolo 31, comma 3), come l’istituto di credito mutuatario, con ipoteca su singola porzione di immobile, il locatario o altri aventi titolo a godere della porzione di immobile.
In definitiva, ai fini della individuazione dei limiti stabiliti per la concedibilita’ della sanatoria, ogni edificio va inteso quale complesso unitario qualora faccia capo ad un unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono, con la conseguenza che le eventuali singole istanze presentate in relazione alle separate unita’ che compongono tale edificio devono riferirsi ad un’unica concessione in sanatoria, onde evitare l’elusione del limite legale di consistenza dell’opera; qualora, invece, per effetto della suddivisione della costruzione o della limitazione quantitativa del titolo abilitante la presentazione della domanda di sanatoria, vi siano piu’ soggetti legittimati, e’ possibile proporre istanze separate relative ad un medesimo immobile (Sez. 3, n. 44596 del 20/05/2016 cc. – dep. 24/10/2016, Rv. 269280 – 01; cfr. anche Sez. 3, n. 12353 del 02/10/2013 cc. – dep. 17/03/2014, Rv. 259292 – 01, secondo cui, ai fini della individuazione dei limiti stabiliti per la concedibilita’ della sanatoria, ogni edificio va inteso quale complesso unitario che faccia capo ad unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono, con la conseguenza che le eventuali singole istanze presentate in relazione alle separate unita’ che compongono tale edificio devono riferirsi ad una unica concessione in sanatoria, onde evitare la elusione del limite di 750 mc. attraverso la considerazione di ciascuna parte in luogo dell’intero complesso).
3. Nel caso di specie, il provvedimento impugnato ha riconosciuto la legittimazione dei fratelli (OMISSIS) alla presentazione di due diverse istanze di concessione in sanatoria, con riferimento all’immobile in esame, di cui era unica proprietaria, all’epoca, la madre (OMISSIS), in quanto possessori di fatto delle due porzioni dell’unico fabbricato, di cui sono successivamente divenuti legittimi proprietari iure hereditatis. Tale motivazione risulta, tuttavia, come denunciato dalla Procura ricorrente, lacunosa ed apodittica, atteso che non vengono in alcun modo individuati i presupposti di fatto e di diritto dell’asserito possesso di (OMISSIS) ed (OMISSIS). In proposito deve precisarsi che questi ultimi, laddove manchi un titolo giuridico che attribuisca loro il possesso (ad esempio, contratto con cui si costituisce il diritto di usufrutto a loro favore) o, in alternativa, la detenzione (ad esempio, contratto di locazione o comodato) ed in assenza di un’azione di spoglio nei confronti del proprietario/possessore, devono considerarsi agire per conto della madre, che resta l’unica proprietaria e l’unico possessore di tutto l’immobile.
Il giudice del rinvio dovra’, dunque, riesaminare la questione della legittimazione di (OMISSIS) ed (OMISSIS) alla presentazione delle due diverse ed autonome istanze di concessione in sanatoria, verificando se effettivamente gli stessi avessero il possesso di specifiche porzioni dell’immobile o se, al contrario, ne avessero una mera disponibilita’ di fatto per tolleranza della madre (per la distinzione si rinvia alla giurisprudenza civile di legittimita’: v., ad esempio, Sez. 2, n. 5746 del 30/06/1987, Rv. 454160 – 01, secondo cui, a differenza della detenzione di una cosa conseguita a titolo di comodato che deriva da un contratto che, sebbene essenzialmente gratuito, attribuisce lo ius detentionis fino al termine pattuito o, se trattasi comodato senza determinazione di durata, fino a quando il comodante non chieda la restituzione della cosa, la disponibilita’ del bene per tolleranza del proprietario o possessore e’ caratterizzata, oltre che dalla normale, ma non essenziale, brevita’ della stessa, soprattutto dall’animus, in chi la concede, di conservare tutte le facolta’ connesse alla sua qualita’ di proprietario o di possessore e dalla consapevolezza, in chi la consegue, della inidoneita’ della concessione o permissio a far sorgere a suo favore un qualsiasi potere in contrasto con quello del permittente). La mera disponibilita’ di fatto di una parte del bene per tolleranza del proprietario non legittima, difatti, la presentazione di un’autonoma e separata domanda di concessione in sanatoria relativamente a tale porzione dell’immobile.
Va, inoltre, ricordato che Sez. 3, n. 27977 del 04/04/2019 cc. – dep. 26/06/2019, Rv. 276084 – 01, ha escluso la legittimazione alla presentazione di piu’ domande anche da parte dei comproprietari prima dell’intervenuta divisione (in tema di condono edilizio, nel caso di bene immobile in comproprieta’, per il quale non sia stata operata alcuna divisione ne’ costituito un distinto diritto di proprieta’ su una porzione dello stesso, la presentazione di distinte istanze di sanatoria da parte di diversi soggetti legittimati in forza della L. 28 febbraio 1985, n. 47, articolo 6 e articolo 38, comma 5, richiamati dalla L. 23 dicembre 1994, n. 724, articolo 39, comma 6, costituisce un frazionamento artificioso della domanda, da imputare ad un unico centro sostanziale di interesse onde non consentire l’elusione del limite legale di volumetria dell’opera per la concedibilita’ della sanatoria), mentre, nel caso di specie, gli istanti non erano ancora neppure comproprietari dell’immobile, ma semplicemente aspiravano a divenire tali in virtu’ della successione ereditaria della madre e, cioe’, di un evento incerto non solo nel quando, ma anche nell’an, in considerazione della possibilita’ della premorienza dei figli alla madre e dell’alienazione a terzi del cespite prima del decesso.
Per completezza, occorre, infine, evidenziare che nessun riferimento, nella motivazione del provvedimento impugnato, e’ stato fatto ai documenti indicati nella memoria difensiva depositata da (OMISSIS) e (OMISSIS) (e, cioe’, al testamento della oramai defunta proprietaria, che risale al 4 gennaio 1995, ma che ha esplicato i suoi effetti solo successivamente al decesso della de cuius, ed alla documentazione relativa alle spese, sostenute da (OMISSIS) ed (OMISSIS), per l’esecuzione dei lavori sull’immobile) documenti la cui valutazione esula, pertanto, da questo giudizio, non essendo stata denunciata da nessuna delle parti la lacunosita’ o contraddittorieta’ della motivazione rispetto agli stessi.
In definitiva, il provvedimento impugnato deve essere annullato ed il giudice del rinvio deve verificare la legittimazione di (OMISSIS) ed (OMISSIS) alla presentazione di due diverse istanze di concessione in sanatoria relativamente all’immobile di proprieta’ della madre alla luce dei principi richiamati nel presente provvedimento.
4. In conclusione, il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio alla Corte di Appello di Napoli per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte d’appello di Napoli.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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