Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 35489.
In materia di concordato preventivo e l’errore professionale addebitabile all’avvocato
In materia di concordato preventivo, l’errore professionale addebitabile all’avvocato, che abbia determinato la definitiva perdita della possibilità per il cliente di regolare la crisi mediante lo strumento concordatario, rende del tutto inutile l’attività difensiva precedentemente svolta, sicché, dovendosi ritenere la prestazione professionale inadempiuta ed improduttiva di effetti favorevoli, non è dovuto alcun compenso, quand’anche l’adozione del mezzo difensivo rivelatosi pregiudizievole sia stata sollecitata dal cliente medesimo. (Fattispecie in tema di revoca dell’ammissione al concordato ex art. 173 l.fall.).
Ordinanza|| n. 35489. In materia di concordato preventivo e l’errore professionale addebitabile all’avvocato
Data udienza 21 novembre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Avvocato e procuratore – Responsabilita’ civile – Errori ed omissioni concordato preventivo – Errore professionale dell’avvocato – Perdita della possibilità di regolare la crisi – Diritto al compenso – Esclusione – Adozione del mezzo difensivo sollecitato dal cliente – Irrilevanza – Fattispecie in tema di revoca dell’ammissione al concordato ex art. 173 l.fall.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere
Dott. VELLA Paola – Consigliere
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2023-2018 proposto da:
(OMISSIS), e (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli Avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS), per procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L., rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS), per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il DECRETO n. 18138/2017 del TRIBUNALE DI CAGLIARI, depositato il 2/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 21/11/2023 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.
In materia di concordato preventivo e l’errore professionale addebitabile all’avvocato
FATTI DI CAUSA
1.1. (OMISSIS), dottore commercialista, e (OMISSIS), avvocato, hanno proposto opposizione allo stato passivo del fallimento della (OMISSIS) s.r.l., dichiarato con sentenza del (OMISSIS), contestando il decreto con il quale il giudice delegato aveva disposto l’esclusione dei crediti in prededuzione dagli stessi vantati per i compensi rispettivamente maturati per aver prestato, in favore della societa’ fallita, la propria opera professionale con la predisposizione di una proposta e di un piano di concordato preventivo e per aver patrocinato il relativo procedimento nonche’ alcuni giudizi asseritamente funzionali allo stesso.
1.2. Il tribunale, con il decreto in epigrafo, ha respinto le opposizioni.
1.3. Il tribunale, in particolare, ha ritenuto, innanzitutto, la fondatezza dell’eccezione d’inadempimento formulata dal Fallimento, in relazione ai fatti che avevano determinato la revoca dell’ammissione al concordato preventivo, rispetto alle obbligazioni assunte dai professionisti opponenti con il contratto d’opera intellettuale stipulato dagli stessi con la societa’ poi fallita.
1.4. Il tribunale, al riguardo, dopo aver evidenziato che:
– “le maggiori e piu’ gravi contestazioni che hanno portato alla revoca della domanda di concordato sono costituite da tre distinte vicende riconducibili alla L.Fall., articolo 173, comma 1, gia’ segnalate dai commissari giudiziali”; – “la prima operazione censurata concerne il lease back del (OMISSIS) con il quale (OMISSIS) cedette alla (OMISSIS) spa il fabbricato industriale contestualmente ceduto in locazione finanziaria alla societa’”, che ha, per un verso, sottratto ai creditori “una importante… garanzia, costituita dal fabbricato, sul quale gravavano iscrizioni pregiudizievoli inferiori al valore dell’immobile”, e, per altro verso, generato una liquidita’ che, in parte, “venne utilizzata dalla (OMISSIS) per rimborsare al socio ed amministratore (OMISSIS) un finanziamento appena effettuato in favore della societa’ per Euro 600.000,00”; – “la seconda operazione concerne sempre la restituzione di un finanziamento al socio e amministratore (OMISSIS) dell’importo di Euro 314.000,00, avvenuta con quattro pagamenti…”; – “il (OMISSIS), socio di maggioranza ed amministratore della societa’ all’epoca delle operazioni contestate, contraendo con se’ stesso, ha ottenuto la restituzione di finanziamenti effettuati in un periodo in cui sarebbe stato necessario un conferimento”; – “cio’ vale per entrambi i finanziamenti, in quanto avvenuti proprio in concomitanza con l’esplosione delle perdite, artatamente evidenziatesi solo nel (OMISSIS) ma in realta’ gia’ verificatesi negli esercizi precedenti”, dovendosi ritenere, pertanto, pacifico che “gia’ nel (OMISSIS) la societa’ fosse in forte crisi finanziaria”; – “i prestiti eseguiti dal (OMISSIS)” rientrano, pertanto, a pieno titolo tra i finanziamenti previsti dall’articolo 2467 c.c., il quale, “sanzionando il tentativo del socio di eludere le norme che regolano l’apporto di capitale di rischio con la postergazione del credito”, intende “evitare che il socio, mediante la concessione di finanza, possa sottrarsi al proprio rischio tipico”; ha proceduto a “valutare la condotta dei professionisti che, esaminati con scrupolo ed attenzione le scritture contabili, abbiano studiato le operazioni, i suoi risultati economici e i rivoli in cui si e’ dispersa la liquidita’ generata”, evidenziando, tra l’altro, che: – “tali operazioni furono senz’altro sottoposte ad attento vaglio da parte dei professionisti proprio perche’ costituirono l’antecedente logico ed economico della domanda di concordato”; – “la restituzione dell’importo di Euro 314.000,00 venne stigmatizzata dall’allora collegio sindacale”, il quale, “nel verbale del (OMISSIS), in relazione al finanziamento di Euro 314.000,00,… espresse in maniera chiara ed inequivoca che “tali operazioni sono state poste in essere, univocamente ed esclusivamente, dall’allora Amministratore Unico ( (OMISSIS)) che, in qualita’ di Amministratore, ha disposto la restituzione di un finanziamento a se’ stesso, in qualita’ di socio”; – “nello stesso verbale, il collegio sindacale ha definito “scellerata” la decisione dell’amministratore considerandola “in totale violazione, oltre che dei piu’ elementari principi di corretta amministrazione, sui quali il Collegio Sindacale e’ chiamato a vigilare, anche delle disposizioni previste dagli articoli 2391 e 2467 c.c.”, chiedendo “espressamente al socio (OMISSIS) di restituire quelle somme indebitamente rimborsate a se’ stesso ed invita gli altri amministratori… ad attivarsi rapidamente in tal senso ed a chiedere al Presidente (OMISSIS) la restituzione alla societa’ della somma di 314.000 Euro”; – “ciononostante, benche’ si trattasse di operazioni fatte alla luce del sole gia’ stigmatizzate dal collegio sindacale nei relativi verbali, esse vennero taciute dalla societa’ in sede di predisposizione del piano ed emersero all’attenzione giudiziaria a seguito dei rilievi dei commissari”; – “piu’ precisamente, la societa’ indico’ la realizzazione delle due operazioni… affermando tuttavia che tali operazioni apportarono una importante liquidita’ destinata al sostenimento dell’attivita’ imprenditoriale mediante il pagamenti di debiti pregressi”; – “nessun cenno invece e’ stato fatto alla dispersione di una buona parte della liquidita’ nella restituzione al socio (OMISSIS) di finanziamenti, ne’ all’utilizzo della stessa per il rientro dai debiti garantiti dallo stesso (OMISSIS)”; – “l’integrale omissione non solamente integra l’ipotesi dell’atto in frode, nell’accezione accolta dalla piu’ recente giurisprudenza, ma anche quella della omissione di attivo”; – “la mancata enunciazione ed esplicazione delle operazioni nel loro significato economico intimo costituisce una espressione della volonta’ dell’imprenditore di nascondere ai creditori atti pregiudizievoli che hanno determinato una diminuzione della garanzia ed il pagamento preferenziale in favore di alcuni di essi (il socio di maggioranza ed amministratore)”; – “sotto altro profilo, l’omissione appare ancor piu’ grave se ragguardata sotto l’aspetto patrimoniale” posto che “omettendo di dare rilievo alle operazioni… l’impresa ha occultato l’esistenza di crediti verso il socio amministratore di importo anche rilevate, derivanti dall’illecito rimborso dei finanziamenti eseguiti in periodo di crisi”; – “come si e’ avuto modo di chiarire, tali vicende dovevano costituire senza dubbio patrimonio acquisito di conoscenza da parte dei professionisti, con la conseguenza che l’avere completamente omesso di fare i conti con tali operazioni costituisce una violazione grave degli obblighi da essi assunti”.
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1.5. Il tribunale ha ritenuto che, in effetti, questo era “l’aspetto piu’ grave della condotta dei professionisti incaricati, avendo essi eseguito la prestazione in maniera negligente nel momento in cui hanno avallato una proposta ed un piano inficiati da un vizio cosi’ grave, nonostante fosse abbondantemente leggibile il senso dell’intera vicenda”, specie per il “rilievo svolto dal collegio sindacale sulla restituzione dell’importo di Euro 314.000,00, cio’ che avrebbe dovuto indurre i professionisti a prudenza ed attenzione”, e che “la completa omissione della vicenda integra pertanto gli estremi del grave inadempimento da parte dei professionisti, in quanto essi avrebbero sin da subito dovuto far rilevare alla societa’ la necessita’ di far emergere alla luce del sole la complessa operazione economica realizzata dal (OMISSIS) e, portando alle conseguenze economico-giuridiche, iscrivere nell’attivo concordatario un credito equivalente alla somma dei rimborsi erogati al (OMISSIS) e, in ogni caso, informare i creditori dell’operazione e dei risultati economici che tali operazioni avevano determinato”.
1.6. Il tribunale, inoltre, ha ritenuto che “altrettanto caratterizzata da gravita’ e’ la svista commessa dai professionisti nel trattamento del credito vantato, sempre dal (OMISSIS), per Euro 1.527.247,03 indicato come chirografario nella prima proposta con previsione di soddisfacimento nella misura del 30%”, evidenziando che: – “a fronte dei rilievi del tribunale, la societa’ integro’ la proposta mediante la rinuncia del (OMISSIS) al credito, eccettuata la parte di Euro 100,00 inserita in una apposita classe, circostanza che ha costituito ulteriore motivo di critica alla prestazione dei professionisti”; – “sennonche’, l’esame delle scritture contabili effettuate dai commissari ha messo in luce l’illecita provenienza di una cospicua parte di tale credito”; – “l’attribuzione di un riparto nella misura del 30% in favore del (OMISSIS) avrebbe pertanto determinato la assegnazione in favore del (OMISSIS) di un credito inesistente, con conseguente sottrazione di risorse al chirografo e, nella mi(gli)ore delle ipotesi, avrebbe consentito al (OMISSIS) una importante evasione d’imposta posto che gli si sarebbe giovato di una restituzione di finanziamento e non di una distribuzione di utili”; – “anche tale contegno da parte dei professionisti assume i contorni di una prestazione gravemente negligente, poiche’ la costruzione di una proposta di concordato presuppone nei soggetti incaricati una conoscenza approfondita delle movimentazioni contabili pregresse (peraltro neppure risalenti), tanto piu’ nel caso specifico in cui l’attenzione sarebbe dovuta essere massima in considerazione degli importi considerevoli e del soggetto beneficiario di tali artifici contabili”; – “… le operazioni in esame, seppure pregiudizievoli per i creditori, non sono di per se’ ostative ad una soluzione concordata della crisi: cio’ che conta e’ che i creditori ne siano consapevoli e siano chiamati ad esprimere il loro consenso su una base informativa piena e completa”.
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1.7. Il tribunale, quindi, ha ritenuto che: – “… la prestazione dei professionisti, in quanto chiamata a esprimersi in un settore specialistico di elevata complessita’ che non giustifica improvvisazione, sia stata al di sotto dello standard qualitativo adeguato al caso concreto, in quanto sono stati omessi fatti di grande rilievo facilmente evincibili da un esame superficiale dei libri sociali che hanno condotto alla irrimediabile revoca dell’ammissione al concordato preventivo”; – “tutte le omissioni hanno teso a beneficiare il socio ed ex-amministratore (OMISSIS) con la conseguenza che sono condivisibili le conclusioni dei commissari secondo cui la concatenazione logica e temporale dei fatti sopra descritti sia ascrivibile ad un unico disegno, la cui conclusione e’ individuabile nella proposta di concordato, nelle sue successive versioni, volta a frodare le ragioni dei creditori”; – “gli opponenti, su cui incombe l’onere della prova dell’adempimento”, non hanno, del resto, “fornito una rappresentazione diversa dei fatti esposti”.
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1.8. Il tribunale, infine, “per quanto riguarda il credito dell’avv. (OMISSIS) relativo al patrocinio nell(e) cause asseritamente funzionali alla domanda di concordato”, ha ritenuto di “dover confermare la decisione del giudice delegato alla luce di quanto sinora affermato”, sul rilievo che: – “il credito del professionista che ha predisposto la documentazione necessaria per l’ammissione al concordato preventivo non e’ prededucibile nel successivo fallimento, ove l’ammissione alla procedura minore sia stata revocata per atti di frode dei quali il professionista stesso sia stato a conoscenza, posto che, in tale ipotesi, non solo la prestazione svolta non e’ stata di alcuna utilita’ per la procedura, ma si e’ rivelata addirittura potenzialmente dannosa per i creditori, tenuto conto della erosione del patrimonio a disposizione della massa per effetto della continuazione dell’attivita’ di impresa”; – “tale principio deve essere esteso a tutte le attivita’ compiute dai professionisti che hanno assistito l’imprenditore nella domanda concordataria, anche a quelle ulteriori rispetto alla presentazione della domanda di concordato”; – “tali prestazioni rese in favore della societa’ godranno del privilegio di cui all’articolo 2751 bis c.c., n. 2 in quanto prestate con la richiesta diligenza, ma non potranno godere della qualita’ prededuttiva in quanto posta in essere dallo stesso professionista che ha dato causa alla inammissibilita’ della proposta con la sua inesatta prestazione e, come tale, appartenente ad una unica e complessiva operazione contraria all’interesse del ceto creditorio”; – “pertanto, le attivita’ professionali svolte dall’avv. (OMISSIS) non possono ritenersi prededucibili in quanto funzionali ad un piano di concordato che non e’ stato ammesso per una negligenza dello stesso professionista”.
2.1. (OMISSIS) e (OMISSIS), con ricorso notificato il 3/1/2018, illustrato da memoria, hanno chiesto, per quattro motivi, la cassazione del decreto, comunicato, come da pec depositata insieme al ricorso, in data 5/12/2017.
2.2. Il Fallimento della (OMISSIS) s.r.l. ha resistito con controricorso.
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RAGIONI DELLA DECISIONE
3.1. Con il primo motivo, il ricorrente (OMISSIS), lamentando la violazione e falsa applicazione degli articolo 1176 c.c., comma 2, articoli 1460, 2233 c.c., comma 2 e articolo 2236 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha accolto l’eccezione d’inadempimento sollevata dal Fallimento in ragione della grave negligenza che ha imputato all’opponente senza, tuttavia, considerare che l’eccezione d’inadempimento sollevata nei confronti del professionista intellettuale comporta la perdita in capo a quest’ultimo del diritto al compenso solo se, sulla base di criteri probabilistici, sia accertato che l’esatto adempimento avrebbe comportato il conseguimento del risultato o dell’utilita’ e che l’inadempimento, anche grave, del professionista non comporta la perdita del compenso maturato se non e’ accertato, sia pur in termini di ragionevole e qualificata probabilita’, che il cliente ne abbia risentito un danno effettivo, laddove, nel caso in esame, il Fallimento non ha allegato ne’ provato che la societa’ fallita abbia subito un danno in conseguenza dell’inadempimento contestato al ricorrente, sicche’, al piu’, il compenso poteva essere ridotto rispetto a quanto domandato con la domanda di ammissione al passivo ma non poteva essere negato del tutto.
3.2. D’altra parte, ha proseguito il ricorrente, l’opponente aveva assolto, come emerge dai documenti prodotti in giudizio, l’onere di provare lo svolgimento di una articolata attivita’ di consulenza in favore della societa’ poi fallita, che si e’ tradotta nella predisposizione di una proposta di concordato per cessio bonorum senz’altro fattibile sia sul piano economico che giuridico.
3.3. I rilievi esposti dal tribunale, inoltre, ha aggiunto il ricorrente, non integrano affatto una grave negligenza del professionista, posto che: a) innanzitutto, e’ ragionevole dubitare della qualificazione dell’apporto del socio alla (OMISSIS) come finanziamento, trattandosi, in realta’, di un’operazione a brevissimo termine effettuata per fornire alla societa’ la liquidita’ necessaria per perfezionare l’operazione di lease-back, laddove il finanziamento individua un’operazione quantomeno di medio termine e non certo della durata di settantadue ore, come quella di cui si discute, sicche’ l’applicazione dell’articolo 2467 c.c. non puo’ ritenersi scontata; – del resto, anche a voler ammettere la sussistenza di un credito da rimborso di un finanziamento postergato, esso non avrebbe potuto essere ragionevolmente assunto senza verificare la possibilita’ effettiva del suo recupero, laddove, nel caso in esame, la consistenza patrimoniale del socio (OMISSIS) all’epoca del deposito della domanda non consentiva di prevedere l’esito del recupero, per cui “e’ lecito chiedersi quale valore avrebbe potuto essere obiettivamente… iscritto nell’attivo patrimoniale”; – la mancata appostazione nell’attivo concordatario del credito restitutorio di Euro. 600.000,00 non puo’, dunque, configurarsi come una grave negligenza da parte del professionista; b) in secondo luogo, la restituzione di un finanziamento al socio e amministratore di (OMISSIS) (OMISSIS) dell’importo di Euro. 314.000,00, avvenuta con quattro pagamenti, e’ stata eseguita rispettando la ratio dell’articolo 2467 c.c.; – il socio (OMISSIS), infatti, ha liberato la quota parte di Euro. 750.000,00 dell’aumento di capitale di (OMISSIS) per complessivi Euro 1.500.00,00, per Euro 436.000,00 in contanti e per Euro 316.000,00 tramite rinuncia di un preesistente credito da finanziamento dello stesso (OMISSIS), contabilizzato in bilancio tra i debiti; – il rimborso di Euro 314.000,00, pertanto, equivale, di fatto, ad un aumento di capitale eseguito attraverso la rinuncia del socio al suo credito; – la mancata inclusione del credito de quo nell’attivo concordatario non costituisce, pertanto, una “dolosa omissione” o una grave negligenza ma rappresenta l’esito di un fondato e motivato giudizio, incensurabile sotto il profilo giuridico, patrimoniale e contabile; c) in terzo luogo, il trattamento del credito vantato dal socio (OMISSIS) per Euro 1.527.247,03, indicato come chirografario nella prima proposta concordataria con previsione di soddisfacimento nella misura del 30%, non ha integrato alcuna negligenza da parte del professionista posto che tale pretesa, espressa nella contabilita’ della societa’ per Euro 878.783,84 nel conto “soci c/finanziamenti (infrutt.)” e per Euro 648.643,08 nel conto “versamenti soci in c/capitale”, e’ stata oggetto di rinuncia nella seconda proposta di concordato e poi ribadita nella terza ed e’ stata, dunque, stralciata dal passivo concordatario; – la seconda proposta di concordato, in particolare, aveva espressamente ricostruito l’origine del credito del socio (OMISSIS) per i finanziamenti messi a disposizione della societa’, evidenziando che lo stesso soggiaceva alla postergazione legale limitatamente alla quota parte di Euro 59.530,09, in quanto erogata allorquando essa “gia’ versava in una condizione di squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto”, e che, pur se i finanziamenti di cui si tratta non ricadevano se non per minima parte nella previsione dell’articolo 2467 c.c., lo stesso socio aveva comunicato la sua volonta’ di rinunciare a una quota parte di Euro 1.527.147,03 del proprio credito per finanziamenti, riducendolo all’importo di Euro 100,00, che ha conservato per manifestare il suo voto sulla proposta di concordato.
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3.4. Con il secondo motivo, il ricorrente (OMISSIS), lamentando la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1176 c.c., comma 2, articoli 1460, 2233 c.c., comma 2 e articolo 2236 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha escluso dallo stato passivo il suo credito per Euro 24.700,00 a titolo di corrispettivo compenso maturato per le attivita’ di assistenza svolte in favore della societa’ fallita in relazione al procedimento concordatario, invocando a tal fine le medesime ragioni espresse nel primo motivo dal ricorrente (OMISSIS).
4.1. Il primo e il secondo motivo sono, per molti aspetti, inammissibili e, per il resto, infondati.
4.2. I ricorrenti, in effetti, non si confrontano effettivamente con il decreto che hanno impugnato: il quale, invero, ha accolto l’eccezione d’inadempimento sollevata dal Fallimento non gia’, come hanno opinato i ricorrenti, perche’ la prestazione professionale dagli stessi eseguita non aveva procurato, con l’omologazione della proposta di concordato preventivo dagli stessi predisposta e patrocinata, il risultato evidentemente voluto dalla societa’ committente, poi fallita, avendo, piuttosto, ritenuto che la prestazione professionale eseguita dagli opponenti non era stata svolta con la diligenza richiesta dall’articolo 1176 c.c., comma 2.
4.3. Il tribunale, infatti, dopo aver illustrato i fatti che avevano determinato la revoca del concordato a norma della L.Fall., articolo 173 e cioe’, in sostanza, le operazioni, “poste in essere, univocamente ed esclusivamente, dall’allora Amministratore Unico ( (OMISSIS))”, con le quali lo stesso, “in qualita’ di Amministratore, ha disposto la restituzione… a se’ stesso, in qualita’ di socio” di due finanziamenti da lui eseguiti in favore della societa’ (il primo “per Euro 600.000,00”, il secondo “di Euro 314.000,00”), ha rilevato che “tali operazioni”, pur se “gia’ stigmatizzate dal collegio sindacale” in quanto operate in violazione degli articoli 2391 e 2476 c.c., sono state “taciute dalla societa’ in sede di predisposizione del piano”, ed ha, quindi, ritenuto che la mancata illustrazione delle stesse nella proposta di concordato ha costituito, anche in ragione dell’occultamento del credito restitutorio conseguentemente maturato in capo alla stessa societa’ proponente (“l’integrale omissione non solamente integra l’ipotesi dell’atto in frode… ma anche quella della omissione di attivo”), un grave inadempimento, da parte dei professionisti incaricati, che pure le avevano attentamente valutate (“perche’ costituirono l’antecedente logico ed economico della domanda di concordato”), degli obblighi contrattualmente assunti con la societa’ committente a seguito dell’accettazione dell’incarico di predisporre la proposta di concordato e di patrocinarla in giudizio.
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4.4. Ed infatti, ha aggiunto il tribunale, “la mancata enunciazione ed esplicazione delle operazioni nel loro significato economico intimo costituisce una espressione della volonta’ dell’imprenditore di nascondere ai creditori atti pregiudizievoli che hanno determinato una diminuzione della garanzia ed il pagamento preferenziale in favore di alcuni di essi (il socio di maggioranza ed amministratore)”, nello stesso modo in cui, “omettendo di dare rilievo alle operazioni… l’impresa ha occultato l’esistenza di crediti verso il socio amministratore di importo anche rilevate, derivanti dall’illecito rimborso dei finanziamenti eseguiti in periodo di crisi”.
4.5. I professionisti incaricati, quindi, hanno, in tal modo, negligentemente avallato “una proposta ed un piano inficiati da un vizio cosi’ grave” da avere, poi, determinato, a seguito dei rilievi espressi dai commissari, la revoca dell’ammissione della societa’ istante al concordato preventivo richiesto: se e’ vero, infatti, che “… le operazioni in esame, seppure pregiudizievoli per i creditori, non sono di per se’ ostative ad una soluzione concordata della crisi”, e’ anche vero, tuttavia, che “cio’ che conta e’ che i creditori ne siano consapevoli e siano chiamati ad esprimere il loro consenso su una base informativa piena e completa”, sicche’ “la completa omissione della vicenda integra… gli estremi del grave inadempimento da parte dei professionisti, in quanto essi avrebbero sin da subito dovuto far rilevare alla societa’ la necessita’ di far emergere alla luce del sole la complessa operazione economica realizzata dal (OMISSIS)… e, in ogni caso, informare i creditori dell’operazione e dei risultati economici che tali operazioni avevano determinato”, e cioe’, in sostanza, che il (OMISSIS), “socio di maggioranza ed amministratore della societa’ all’epoca delle operazioni contestate, contraendo con se’ stesso”, aveva “ottenuto la restituzione di finanziamenti effettuati in un periodo in cui sarebbe stato necessario un conferimento” e che, in applicazione dell’articolo 2467 c.c. (e “cio’ vale per entrambi i finanziamenti, in quanto avvenuti proprio in concomitanza con l’esplosione delle perdite, artatamente evidenziatesi solo nel (OMISSIS) ma in realta’ gia’ verificatesi negli esercizi precedenti”), era, di conseguenza, necessario iscrivere “nell’attivo concordatario un credito equivalente alla somma dei rimborsi erogati” allo stesso.
4.6. Tali statuizioni, insindacabili in relazione agli apprezzamenti in fatto sui quali risultano fondate, sono, sul piano giuridico, senz’altro corrette. Ed infatti, premesso che: – l’eccezione d’inadempimento non e’ subordinata alla presenza degli stessi presupposti richiesti per la risoluzione del contratto in quanto la gravita’ (e, a fortiori, la dannosita’) dell’inadempimento e’ un requisito specificamente previsto dalla legge per la risoluzione dello stesso (e per l’azione di risarcimento dei danni conseguentemente arrecati) e trova ragione nella radicale definitivita’ di tale rimedio, e cioe’ lo scioglimento del rapporto contrattuale, mentre l’eccezione d’inadempimento, che puo’ essere dedotta anche in caso di adempimento solo inesatto, si limita a consentire alla parte che la solleva il legittimo rifiuto di adempiere in favore dell’altro contraente che gia’ non ha adempiuto (o ha adempiuto inesattamente) la propria obbligazione (cfr. Cass. n. 12719 del 2021); – il curatore del fallimento della societa’ committente e’ legittimato a sollevare, nel giudizio di verifica conseguente alla domanda di ammissione del credito vantato dal professionista al compenso asseritamente maturato, l’eccezione d’inadempimento, secondo i canoni diretti a far valere la responsabilita’ contrattuale, con il (solo) onere di contestare, in relazione alle circostanze del caso, la non corretta (e cioe’ negligente) esecuzione, ad opera del contraente in bonis, della prestazione o l’incompleto adempimento da parte dello stesso, restando, per contro, a carico di quest’ultimo (al di fuori di una obbligazione di risultato, pari al successo pieno della procedura) l’onere di dimostrare l’esattezza del suo adempimento per la rispondenza della sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui e’ intervenuto con la propria opera ovvero l’imputazione a fattori esogeni, imprevisti e imprevedibili, dell’evoluzione negativa della procedura, culminata nella sua cessazione (anticipata o non approvata giudizialmente) e nel conseguente fallimento (Cass. SU n. 42093 del 2021); – il credito del professionista incaricato dal debitore di predisporre gli atti per accedere alla procedura di concordato preventivo, puo’ essere, di conseguenza, escluso dal concorso nel successivo e consecutivo fallimento, ove, sulla base delle prove raccolte in giudizio, si accerti, com’e’ accaduto nel caso in esame, l’inadempimento dell’istante alle obbligazioni assunte ovvero la sua partecipazione ad attivita’ fraudatorie poste in essere dal debitore (Cass. SU n. 42093 del 2021, in motiv.; conf., Cass. n. 36319 del 2022); rileva la Corte come, in effetti, non puo’ dubitarsi che tanto il commercialista, quanto l’avvocato, dopo aver accettato l’incarico di preparare e patrocinare una domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, hanno l’obbligo di eseguire la corrispondente prestazione professionale con la diligenza richiesta, a norma dell’articolo 1176 c.c., comma 2, dalla natura dell’incarico assunto, vale a dire, tra l’altro, con la predisposizione di una proposta di concordato che, dovendo essere funzionale al conseguimento del risultato perseguito dal debitore, e cioe’ l’ammissione al concordato preventivo, l’approvazione della proposta da parte dei creditori e l’omologazione della stessa da parte del tribunale, sia, quanto meno, rispettosa, nella forma processuale e nel contenuto negoziale, delle norme giuridiche inderogabili a tal fine previste dalla legge (cfr. Cass. n. 11522 del 2020): a partire, evidentemente, da quella che impone al debitore proponente (oltre che di indicare analiticamente le modalita’ e i tempi di adempimento della proposta e le utilita’ specificamente individuate ed economicamente valutabili assicurate a ciascun creditore: L.Fall., articolo 161, comma 2, lettera e), di fornire ai creditori (come poi espressamente stabilito dall’articolo 4, comma 2, lettera a) c.c.i.) l’adeguata conoscenza di tutti gli elementi necessari per consentire agli stessi di decidere con piena cognizione la posizione da assumere nei confronti della proposta: con la conseguenza, evidentemente, che l’indicazione nella domanda o nel piano di dati patrimoniali incompleti o parziali, che potrebbero indurre i creditori a ritenere l’inesistenza di alternative e migliori possibilita’ di realizzo in realta’ sussistenti, da’ luogo ad una violazione dei presupposti giuridici della procedura e puo’, di conseguenza, comportare, di volta in volta, la mancata ammissione, la revoca dell’ammissione ovvero il rigetto dell’omologazione (cfr. Cass. n. 17106 del 2023, la quale, infatti, ha, in sostanza, ritenuto che la proposta di concordato, come del resto previsto dall’articolo 87, comma 1, lettera h) c.c.i., deve contenere, tra l’altro, le necessarie valutazioni in ordine alle azioni risarcitorie o recuperatorie eventualmente esperibili, risultando le stesse necessarie, al pari di quelle proponibili solo in caso di fallimento, ai fini della corretta valutazione del possibile attivo ricavabile in sede di liquidazione rispetto all’alternativa fallimentare e, quindi, dell’adeguatezza delle informazioni fornite ai creditori onde consentire agli stessi di decidere quale posizione assumere nei confronti della proposta concordataria).
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4.7. Il commercialista al quale sia affidato un incarico di consulenza ha, d’altra parte, l’obbligo, a norma dell’articolo 1176 c.c., comma 2, al pari dell’avvocato incaricato di intraprendere una determinata iniziativa processuale, di: – fornire al cliente tutte le informazioni che siano di sua utilita’ e, quindi, di prospettare allo stesso, quale che sia l’oggetto specifico della prestazione, tanto le soluzioni praticabili, tanto le soluzioni che (ad es., non essendo rispettose delle norme giuridiche che presiedono l’attivita’ da compiere) non sono, evidentemente, suscettibili di essere percorse, cosi’ da porlo nelle condizioni di scegliere secondo il migliore interesse (cfr. Cass. n. 14387 del 2019); – fornire al cliente le necessarie informazioni per consentirgli di valutare i rischi insiti nell’iniziativa giudiziale programmata (cfr. Cass. n. 8494 del 2020); – sollecitare il cliente a consegnargli la documentazione necessaria all’espletamento dell’incarico (cfr. Cass. n. 15271 del 2023).
4.8. E’ vero, dunque, che le obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attivita’ professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l’incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato ma non a conseguirlo, e che l’inadempimento del professionista non puo’ essere, pertanto, desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, dovendo essere, piuttosto, valutato alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell’attivita’ professionale ed, in particolare, al dovere di diligenza professionale fissato dall’articolo 1176 c.c., comma 2: e’ anche vero, tuttavia, che la scelta di una determinata strategia processuale puo’ integrare l’inadempimento del professionista verso il cliente quando, in relazione alla natura e alle caratteristiche della controversia e all’interesse del cliente ad affrontarla con i relativi oneri, il giudice abbia, sia pur ex ante (e non ex post, in relazione all’esito del giudizio), accertato (com’e’ accaduto nel caso in esame) l’inadeguatezza della prestazione svolta rispetto al raggiungimento del risultato perseguito dal cliente (cfr. Cass. n. 30169 del 2018; Cass. n. 11906 del 2016). Il diritto del professionista al compenso, infatti, se non implica il raggiungimento del risultato programmato con il conferimento del relativo incarico, richiede che il giudice di merito accerti, in fatto, la concreta ed effettiva idoneita’ funzionale delle prestazioni svolte a conseguire tale risultato, essendo, in effetti, evidente che, in difetto, pur in mancanza di una responsabilita’ contrattuale del professionista a tal fine incaricato, non potrebbe neppure parlarsi di atto di adempimento degli obblighi contrattualmente assunti dallo stesso (cfr. Cass. n. 36071 del 2022, in motiv.).
4.9. Il mancato o inesatto adempimento da parte del professionista all’obbligo di dare esecuzione all’incarico ricevuto con la diligenza necessaria in relazione alla natura dell’opera affidatagli e a tutte le circostanze del caso, ove sia stato idoneo ad incidere sugli interessi del cliente (com’e’ accaduto nel caso in esame, nel quale la societa’ committente non ha conseguito il risultato evidentemente perseguito con il conferimento del relativo incarico, e cioe’ l’omologazione del concordato preventivo), consente a quest’ultimo (ovvero, in caso di fallimento, al suo curatore) di sollevare, ai sensi dell’articolo 1460 c.c., l’eccezione d’inadempimento e, quindi, di rifiutare legittimamente il pagamento (o l’ammissione al passivo del credito al) relativo compenso, non essendo di certo contrario a buona fede l’esercizio del potere di autotutela ove sia stata pregiudicata (con la presentazione di una domanda di ammissione al concordato preventivo che, in quanto priva di informazioni rilevanti per i creditori, era destinata a non essere omologata) la chance di vittoria in giudizio (cfr. Cass. n. 11304 del 2012; Cass. n. 25894 del 2016).
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4.10. L’errore professionale addebitabile al professionista, ove abbia determinato la definitiva perdita del diritto del cliente (come, ad es., quello alla regolazione concordataria della propria crisi d’impresa), rende, pertanto, del tutto inutile l’attivita’ difensiva precedentemente svolta, dovendosi ritenere la sua prestazione totalmente inadempiuta ed improduttiva di effetti in favore del proprio assistito, con la conseguenza che, in tal caso, non e’ dovuto alcun compenso al professionista (Cass. n. 4781 del 2013), anche se l’adozione dei mezzi difensivi rivelatisi pregiudizievoli al cliente sia stata, in ipotesi, sollecitata dal cliente stesso, poiche’ costituisce compito esclusivo del legale la scelta della linea tecnica da seguire nella prestazione dell’attivita’ professionale (Cass. n. 10289 del 2015).
4.11. Quanto al resto, questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare in modo del tutto convincente che: – la nozione di “finanziamento dei soci a favore della societa’” di cui all’articolo 2467 c.c. comprende, come si evince dal comma 2 di tale disposizione, i finanziamenti effettuati “in qualsiasi forma” e, quindi, ogni atto che comporti un’attribuzione patrimoniale accompagnata dall’obbligo della sua futura restituzione (Cass. n. 3017 del 2019); – il credito del socio, in presenza di un finanziamento concesso nelle condizioni di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto o laddove sarebbe stato ragionevole un conferimento, subisce una postergazione legale, la quale non opera una riqualificazione del prestito da finanziamento a conferimento con esclusione del diritto al rimborso ma incide sull’ordine di soddisfazione dei crediti (Cass. n. 12994 del 2019); – nel concordato preventivo, la proposta del debitore di suddivisione dei creditori in classi puo’ prevedere il riconoscimento del diritto di voto a quei creditori che siano stati inseriti in apposita classe e postergati perche’ titolari di crediti inerenti il rimborso ai soci di finanziamenti a favore della societa’, nelle ipotesi previste dall’articolo 2467 c.c., purche’ il trattamento previsto per detti creditori sia tale da non derogare alla regola del loro soddisfacimento sempre posposto rispetto a quello, integrale, degli altri chirografari (Cass. n. 16348 del 2018); – la postergazione disposta dall’articoli 2467 c.c. opera gia’ durante la vita della societa’ e non solo nel momento in cui si apra un concorso formale con gli altri creditori sociali, integrando una condizione d’inesigibilita’ legale e temporanea del diritto del socio alla restituzione del finanziamento, sino a quando non sia superata la situazione prevista dalla norma; – la societa’ e’, dunque, tenuta a rifiutare al socio il rimborso del finanziamento, in presenza della situazione di difficolta’ economico-finanziaria indicata dalla legge, ove sussistente sia al momento della concessione del finanziamento, sia al momento della richiesta di rimborso, che e’ compito dell’organo gestorio riscontrare mediante la previa adozione di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile della societa’; – lo stato di eccessivo squilibrio nell’indebitamento o di una situazione finanziaria in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento, prevista dall’articolo 2467 c.c., comma 2, costituisce, in effetti, un fatto impeditivo del diritto alla restituzione del finanziamento operato dal socio in favore della societa’, per cui, ove sussista (e fino a quando sussista la situazione di crisi prevista dall’articolo 2467 c.c., comma 2), la societa’ puo’ (anzi, deve) rifiutare la restituzione del finanziamento (Cass. n. 12994 del 2019), con la conseguenza che, ove la restituzione sia stata effettuata, la societa’ stessa ha, evidentemente, il diritto, in ragione della natura indebita del pagamento eseguito, ad averne il rimborso.
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4.12. I pagamenti accertati dal tribunale, del resto, in quanto eseguiti dall’amministratore unico della societa’ che, in tale qualita’, “ha disposto la restituzione… a se’ stesso, in qualita’ di socio” di due finanziamenti da lui eseguiti in favore della societa’ (“per Euro 600.000,00” e per “314.000,00”), risultano, sul piano oggettivo, evidentemente riconducibili, come prospettato dallo stesso tribunale, alle norme che, ai sensi della L.Fall., articolo 216, comma 3, articolo 223, comma 1 e articolo 236, comma 2, n. 1, puniscono, appunto, gli amministratori della societa’ che, prima del concordato preventivo, abbiano eseguito pagamenti allo scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi (Cass. pen. 54502 del 2018) e, come tali, attribuiscono al curatore del conseguente e successivo fallimento, al pari del liquidatore del concordato, la legittimazione a far valere il diritto (della societa’) al risarcimento dei conseguenti danni (Cass. n. 25610 del 2018, secondo la quale il curatore fallimentare e’ legittimato, tanto in sede penale, quanto in sede civile, all’esercizio di qualsiasi azione di responsabilita’ ammessa contro gli amministratori di societa’, anche per i fatti di bancarotta preferenziale commessi mediante pagamenti eseguiti in violazione della par condicio creditorum: nel caso di specie, la S.C., nel ribadire tale principio, ha ritenuto che anche la condotta dell’amministratore che abbia trattenuto, a soddisfazione di un proprio credito per il rimborso di un finanziamento nei confronti della societa’, la somma ricevuta quale corrispettivo della vendita di una partecipazione societaria, possa costituire oggetto di azione di responsabilita’ a norma della L.Fall., articolo 146; Cass. SU n. 1641 del 2017).
5. Con il terzo motivo, il ricorrente (OMISSIS), lamentando la violazione e la falsa applicazione della L.Fall., articolo 111, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha negato la natura prededucibile del credito, pari ad Euro 23.970,65, per i compensi maturati per l’attivita’ giudiziale e stragiudiziale prestata in favore di (OMISSIS), sul rilievo che le attivita’ professionali svolte dall’avv. (OMISSIS), in quanto funzionali ad un piano di concordato che non e’ stato ammesso per una negligenza dello stesso professionista, non possono ritenersi prededucibili, senza, tuttavia, considerare che: – l’ammissione al passivo fallimentare in prededuzione del credito del professionista che abbia assistito l’impresa nel concordato non presuppone la verifica della concreta utilita’ del risultato delle prestazioni svolte dal professionista ma solo la funzionalita’ dell’attivita’ di assistenza all’impresa in un concordato a cui succeda il fallimento; – le attivita’ professionali svolte dall’avv. (OMISSIS) sono state finalizzate alla tutela degli interessi della (OMISSIS) nella prospettiva del concordato preventivo ed al fine di rendere attuabile la relativa proposta; – la (OMISSIS) e la generalita’ del ceto creditorio, del resto, non solo non hanno subito alcun pregiudizio ma hanno oggettivamente beneficiato degli esiti e dei risultati delle attivita’ professionali svolte dal ricorrente, che ha tutelato gli interessi e i diritti della (OMISSIS).
6.1. Il motivo e’ infondato. Il credito del professionista che ha predisposto la documentazione necessaria per l’ammissione al concordato preventivo non e’, in effetti, prededucibile nel successivo fallimento, al pari, evidentemente, di quello riveniente dalle prestazioni rese in giudizi dichiaratamente funzionali alla proposta, tutte le volte in cui, com’e’ accaduto nel caso in esame, l’ammissione alla procedura minore sia stata revocata per atti di frode dei quali il professionista stesso sia stato a conoscenza, posto che, in tali ipotesi, le prestazioni svolte non solo non sono state di alcuna utilita’ per la procedura, ma si sono rivelate addirittura potenzialmente dannose per i creditori, tenuto conto della erosione del patrimonio a disposizione della massa per effetto della continuazione dell’attivita’ di impresa (cfr. Cass. n. 3218 del 2017). Nel concordato preventivo, invero, il credito del professionista incaricato dal debitore per il compimento degli atti funzionali al suo accesso alla procedura e’ considerato prededucibile, anche nel successivo e consecutivo fallimento, (solo) se la relativa prestazione, anteriore o posteriore alla domanda di cui alla L.Fall., articolo 161, sia stata, in fatto, funzionale, ai sensi della L.Fall., articolo 111, comma 2, alle finalita’ della prima procedura, e cioe’ ove si accerti, secondo un giudizio ex ante rimesso all’apprezzamento del giudice del merito, che tali prestazioni abbiano contribuito, con inerenza necessaria, alla conservazione o all’incremento dei valori aziendali dell’impresa (Cass. SU n. 42093 del 2021).
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6.2. Il decreto impugnato, li’ dove ha escluso la natura prededucibile del credito dell’avv. (OMISSIS) “relativo al patrocinio nell(e) cause asseritamente funzionali alla domanda di concordato”, sul rilievo, tra l’altro, che, a fronte della revoca dell’ammissione ai sensi della L.Fall., articolo 173, “non solo la prestazione svolta non e’ stata di alcuna utilita’ per la procedura, ma si e’ rivelata addirittura potenzialmente dannosa per i creditori, tenuto conto della erosione del patrimonio a disposizione della massa per effetto della continuazione dell’attivita’ di impresa”, risulta, pertanto, conforme ai principi esposti e si sottrae, come tale, alle censure svolte sul punto dal ricorrente.
7. Il ricorso, per l’inammissibilita’ e/o l’infondatezza di tutti i suoi motivi, dev’essere, come tale, rigettato.
8. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
9. La Corte, infine, da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
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P.Q.M.
La Corte cosi’ provvede: rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 9.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali pari al 15%; da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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