Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|11 novembre 2020| n. 25318.
In materia di concordato fallimentare, può ricorrere l’abuso del diritto quando il fine della procedura ecceda il sacrificio imposto al patrimonio del fallito per la parte non necessaria al soddisfacimento dei creditori, come in ipotesi in cui si registri un divario particolarmente consistente tra attivo ceduto e passivo rilevato, secondo un criterio di valutazione dell’attivo concordatario necessariamente ancorato al tempo della proposta e non a quello del sindacato del tribunale in sede di omologa. (In applicazione del predetto principio, la S.C. ha cassato la decisione della corte d’appello che, nell’accogliere il reclamo del fallito avverso il decreto di omologa del concordato emesso dal tribunale, aveva valorizzato la stima dell’attivo concordatario al momento della decisione anziché alla data della domanda di concordato).
Ordinanza|11 novembre 2020| n. 25318
Data udienza 21 ottobre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Concordato fallimentare – Natura – Opposizione del fallito – Abuso del diritto – Valore dell’atto eccedente il passivo – Spese – Omologabilità – Limiti – Questioni
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere
Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SOCIETA’ (OMISSIS) r.l., in persona del l.r.p.t., rappr. e dif. dall’avv. (OMISSIS), elettera dom. presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), in (OMISSIS), come da procura in calce all’atto;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappr. e dif. dall’avv. (OMISSIS), elettera dom. presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), in (OMISSIS), come da procura in calce all’atto;
– controricorrente –
FALLIMENTO SOCIETA’ (OMISSIS) S.N.C., nonche’ dei soci ill. resp., in persona del cur. fall. p.t.;
(OMISSIS) s.p.a., quale mandataria di (OMISSIS) s.p.a.;
– intimati –
per la cassazione del decreto App. Catania 15.6.2017, n. 2684/2017, in R.G. 96/2015;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro alla Camera di consiglio del 21.10.2020.
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
1. SOCIETA’ (OMISSIS) r.l., nella veste di gia’ proponente il concordato fallimentare nella procedura di fallimento a carico di (OMISSIS) S.n.c. e dei soci illimitatamente responsabili, impugna la sentenza App. Catania 15.6.2017, n. 2684/2017, in R.G. 96/2015 che, in accoglimento del reclamo del fallito (OMISSIS), ha rigettato la omologazione del concordato, per come pronunciata il 29.1.2015 dal Tribunale di Siracusa;
2. la corte ha rilevato: a) il concordato fallimentare era stato omologato dopo che un primo conforme decreto (del 5.2.2014) era stato ritenuto dalla stessa corte d’appello viziato, con rimessione degli atti al Tribunale di Siracusa che, assicurato il contraddittorio, aveva reiterato la decisione positiva nel merito; b) nel corso della nuova istruttoria, era stata espletata c.t.u. sulla consistenza della “casa di riposo per anziani”, inerente all’azienda fallita ed oggetto di affitto;
3. la corte ha ritenuto, per quanto in questa sede rileva: a) applicabile alla fattispecie il testo della L. Fall., articolo 129, come gia’ inciso dal Decreto Legislativo n. 5 del 2006, ma nella versione anteriore alle modifiche del Decreto Legislativo n. 169 del 2007, posto che il ricorso originario era stato depositato dalla proponente l’8.11.2007, cosi’ ribadendo una statuizione gia’ espressa nel primo decreto di accoglimento del reclamo e dallo stesso decreto del tribunale oggetto del nuovo reclamo; b) infondata la eccezione di carenza di legittimazione e di interesse ad agire di (OMISSIS), sollevata per la prima volta in sede di reclamo dalla societa’ (OMISSIS) sul presupposto che quegli avrebbe perduto la qualita’ di socio della societa’ fallita (interessata al concordato), in quanto gia’ in precedenza dichiarato fallito dal medesimo tribunale, e ancora come socio illimitatamente responsabile, di altra societa’ di persone (la (OMISSIS) s.n.c.), dunque escluso di diritto dalla seconda societa’ e con spettanza di ogni azione al solo curatore del primo fallimento; b-1) invero il difetto di legittimazione non sussisteva, posto che la seconda sentenza di fallimento contemplava lo (OMISSIS) come tale, con affermazione passata in giudicato, mentre il suo interesse ad agire, opponendosi all’omologazione del concordato fallimentare, era giustificato dall’ampia latitudine assegnata dalla L. Fall., articolo 129, alla nozione di qualunque interessato, ricorrendo poi specifici effetti potenziali sulla sfera patrimoniale e giuridica anche del fallito; c) fondati i motivi nono e decimo, con cui il fallito aveva fatto valere la sproporzione tra le prestazioni dell’assuntore e il valore dell’attivo fallimentare, non per ragioni di convenienza economica (giudizio precluso al giudice), ma come difetto di adeguate informazioni fornite alle parti e difetto di equilibrio tra le pretese creditorie e quelle del debitore al rispetto dei propri beni, essendo stato accertato un sacrificio superiore a quello necessario per il soddisfacimento dei primi e il pagamento delle spese di procedura; c-1) considerato che il passivo era di circa 173 mila Euro al privilegio e quasi 60 mila al chirografo, vi era dunque sproporzione rispetto all’attivo, gia’ pari a somme liquide per 120 mila Euro al 10.10.2013 e idoneo, per il curatore, ad ascendere ad una liquidita’ di 180 mila Euro, se confrontato con un fabbisogno concordatario stimato di circa 230 mila Euro, mentre la stima dell’immobile in corso di giudizio indicava un valore di 406 mila Euro e dunque dell’azienda (affittata alla proponente assuntrice) un valore di mercato di 460 mila Euro circa all’attualita’ (e considerando anche la negativita’ della proposta, quanto all’immobile, se riferita al maggior valore che esso aveva al momento del ricorso iniziale); c-2) l’omologabilita’ del concordato era dunque da escludere, trattandosi di strumento adottato per finalita’ diverse da quelle sue proprie, esorbitando dalla definizione anticipata della crisi d’impresa il pregiudizio eccessivo del fallito, posto che, con un passivo di soli 240 mila Euro, l’attivo acquisibile era di almeno 526 mila Euro, aggiungendosi al valore dell’immobile i 120 mila Euro dei canoni locativi disponibili, oltre ai successivi in corso;
4. il ricorso e’ su cinque motivi e ad esso resiste (OMISSIS) con controricorso; il ricorrente ha anche depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che:
1. con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli articoli 100 e 105 c.p.c., in relazione all’articolo 2288 c.c. e L. Fall., articolo 129, per avere la corte trascurato che (OMISSIS) era gia’ stato escluso di diritto dalla qualita’ di socio della seconda societa’, per via del primo fallimento in proprio, ne’ egli o il curatore del primo fallimento avevano esercitato in termini il diritto alla liquidazione della quota sociale;
2. con il secondo motivo s’invoca il vizio di motivazione, per omesso esame della intervenuta esclusione di diritto del socio (OMISSIS) dalla societa’ (OMISSIS) s.n.c. e dell’omesso esercizio del diritto alla liquidazione della quota da parte del curatore della prima societa’ in cui egli era stato dichiarato fallito;
3. con il terzo motivo si solleva il vizio del decreto per violazione della L. Fall., articolo 129 e articoli 1418, 1343 e 1953 c.c., avendo ecceduto la corte nei poteri di controllo sul concordato, trasmodati in una verifica della convenienza, anziche’ concentrarsi sull’abuso dell’istituto al momento di inoltro della proposta, cioe’ per vizio genetico della sua causa tipica e dunque evitando di dare rilievo all’abnorme durata della procedura stessa;
4. con il quarto motivo si censura la omessa valutazione dell’esito infruttuoso della esecuzione sull’immobile della societa’, ai fini di determinarne all’attualita’ il valore, posto che vi era stata deserzione degli incanti dal 2002 al 2008 e per 8 volte, con estinzione finale per via di inattivita’ del creditore fondiario procedente ed il valore di perizia, del tutto irragionevolmente, era pari al doppio di quello dimostrato dalle aste infruttuose;
5. il quinto motivo contesta, ancora come vizio di motivazione, l’omesso esame dello stato dell’immobile e delle sue caratteristiche costruttive, per determinarne il valore effettivo anche all’attualita’;
6. il primo e il secondo motivo possono essere esaminati congiuntamente, per indubbia connessione e sono infondati; e’ pacifico che l’attuale controricorrente e’ stato dichiarato fallito due volte, in entrambe quale socio illimitatamente responsabile di due societa’ di persone e dunque, ai sensi della L. Fall., articolo 147, per ripercussione dell’insolvenza accertata, con sentenze passate in giudicate, di due distinti soggetti giuridici; il fondamento del suo diritto ad opporsi all’omologazione del concordato fallimentare, come nel caso, proposto da un terzo e per la seconda societa’, deriva dunque direttamente dalla disciplina positiva dell’istituto che, anche avendo riguardo al testo della L. Fall., articolo 129, ratione temporis applicabile, significativamente al comma 2 statuiva che “Se la proposta e’ stata approvata, il giudice delegato dispone che ne sia data immediata comunicazione al proponente, al fallito e ai creditori dissenzienti e fissa un termine non inferiore a quindici giorni e non superiore a trenta giorni per la proposizione di eventuali opposizioni, anche da parte di qualsiasi altro interessato”; in tal modo, per esplicita previsione normativa, almeno fallito e creditori dissenzienti si trovano gia’ investiti di un interesse titolato ad opporsi, cui si aggiunge, con scrutinio assegnato al giudice di merito, la piu’ ampia categoria residuale, portatrice di uno specifico interesse; ne’ soccorre la distinzione, invocata nella vicenda, tra societa’ fallita e socio fallito, trattandosi di soggetti coinvolti in un’unitaria dichiarazione ai sensi della L. Fall., articolo 147, laddove la stessa chiusura della procedura, quale effetto dell’omologazione del concordato fallimentare della societa’, di per se’ incide in modo diretto sulla portata della responsabilita’ illimitata del socio;
7. la giurisprudenza di questa Corte ha con chiarezza, invero, circoscritto la legittimazione ad opporsi all’omologazione del concordato fallimentare limitandosi ad escluderla per il solo curatore, statuendo che nel relativo giudizio questi “non assume la qualita’ di parte in senso anche sostanziale, poiche’ la sua partecipazione al procedimento deriva dallo svolgervi la funzione pubblicistica che lo qualifica come organo della procedura e, a tale stregua, necessario contraddittore processuale, mediante i pareri sulla proposta, la relazione all’esito del voto, la relazione in caso di inerzia del comitato dei creditori, l’iniziativa per la messa al voto di proposte ulteriori rispetto a quella scelta dal predetto comitato, la comunicazione del decreto del giudice delegato con le modalita’ per l’inizio del giudizio” (Cass. 3274/2011); il citato dato letterale dunque preclude un’interpretazione antitestuale che distingua nei soggetti, gia’ per qualita’ formale definita nel processo di fallimento abilitati ad opporsi all’omologazione, una diversa veste di non legittimati alle stesse iniziative per regole giuridiche del diritto delle societa’, evidentemente meno speciali;
8. va percio’ considerato che se e’ vero – piu’ in generale – che la dichiarazione di fallimento del socio illimitatamente responsabile di societa’ di persone determina la sua esclusione di diritto dalla societa’, ai sensi dell’articolo 2288 c.c. – applicabile, come nella specie, ex articolo 2293 c.c., alla societa’ in nome collettivo (Cass. 6734/2011) – e che “il bilanciamento tra la tutela della societa’ e la massa creditoria del fallimento del socio si realizza, da un lato, evitando alla societa’ l’eventualita’ pregiudizievole di avere il fallimento nella compagine e precludendo al fallimento di vendere la quota in via esecutiva;
dall’altro, nel rendere oggetto della massa attiva fallimentare il credito di liquidazione della quota” (Cass. 5449/2015), occorre considerare quale circostanza di fatto – non piu’ oppugnabile – che il controricorrente ha assunto la qualita’ di fallito nella societa’ del cui concordato fallimentare ora si tratta e che egli, proprio per effetto di tale dichiarazione, ha – per diretta previsione normativa – un interesse presunto ex lege, sia morale che patrimoniale, all’esercizio di tutti i controlli sulla legittimita’ del processo concorsuale che comunque lo riguardi; ne consegue l’assorbimento degli altri profili di censura;
9. il terzo motivo e’ fondato, nei termini seguenti, con assorbimento dei restanti motivi; osta innanzitutto al pregiudiziale rilievo sulla dedotta valutazione di non convenienza, in cui sarebbe incorso il decreto, il principio, gia’ formulato in materia da questa Corte, per cui anche nel concordato fallimentare “puo’ ricorrere l’abuso del diritto quando il fine della procedura (cioe’ la soluzione anticipata della crisi con tutela dei creditori secondo le modalita’ approvate dalla maggioranza) ecceda il sacrificio imposto al patrimonio del fallito per la parte non necessaria al soddisfacimento dei creditori” (Cass. 3274/2011, 16738/2011, 24359/2013); si e’ infatti puntualizzato che la limitazione dei poteri del giudice, in sede di omologazione del concordato, al controllo di legalita’ della procedura, con la conseguente esclusione di ogni valutazione in ordine al merito della proposta, “non impedisce al tribunale di verificare l’eventuale abuso… per la cui configurabilita’ non e’ peraltro sufficiente che la proposta appaia poco conveniente al debitore, anche in relazione alle previste modalita’ di soddisfazione dei creditori, o che la stima dei beni sia ritenuta da lui inadeguata” (Cass. 24359/2013), occorrendo – come prospettato nella specie e si puo’ aggiungere – un divario tra attivo ceduto e passivo rilevato per un verso particolarmente consistente e, per altro, di per se’ non intrinseco a oscillazioni di valore determinate da fisiologici margini di ragionevole disputabilita’ di singole porzioni patrimoniali ovvero dal sopraggiungere di fattori esterni straordinari non prevedibili secondo le caratteristiche originarie dei beni oggetto della proposta di rilievo;
10. la natura pienamente devolutiva del giudizio di reclamo ha invero permesso, nella specie, una stima piu’ aggiornata dell’attivo fallimentare, in precedenza il procedimento avendo fatto leva solo sull’evoluzione degli incanti e cosi’ perimetrandone la ampiezza che, contrariamente alla prospettiva invocata dal ricorrente, andava estesa oltre l’immobile staggito, integrandosi con le liquidita’ incassate (e non distribuite) per canoni locativi e dunque altresi’ l’unita’ funzionale aziendale costituente l’effettivo parametro oggettivo di riferimento rispetto alla proposta concordatizia;
11. se l’assunto appare inequivoco, al di la’ della sbrigativita’ definitoria, nei punti essenziali del decreto che disputa del valore economico del complesso aziendale e della cassa (accumulata negli anni), pervenendo ad un punto di stima dell’attivo pari ad oltre il doppio del passivo fallimentare, la stessa pronuncia non appare pero’ condivisibile ove omette di fare applicazione del principio enunciato avendo riguardo all’epoca della proposta, declinandosi essa invece all’attualita’ della decisione, senza inoltre esprimere un’univoca piena consapevolezza che oggetto di valutazione deve essere l’intero attivo concorsuale, costituito dall’azienda e dall’eventuale liquidita’, e non solo dall’immobile affittato;
12. proprio sul criterio dell’attualita’, la censura e’ dunque fondata poiche’ la condivisione, qui ribadita, del cennato principio – che ha fondamento nella tutela costituzionale espressa dall’articolo 42 Cost. e nella protezione degli articoli 1 Protocollo addizionale CEDU e 17 Carta dei diritti fondamentali UE contro ogni forma di espropriazione senza indennizzo, cfr. CGUE 21 maggio 2019, in C235/17 Commissione UE c. Ungheria e, per questa Corte, specificamente gia’ Cass. 6904/2010 (n. m.) – induce a collocare la valutazione officiosa giudiziale di ordine pubblico della proposta di concordato fallimentare, rispetto al sacrificio reale del debitore, all’avvio del procedimento, con l’iniziale deposito del ricorso; si tratta infatti del riferimento essenziale cui hanno riguardo L. Fall., stesso articolo 124, sia per unitario presupposto logico di tutti gli elementi che, per effetto della proposta, divengono di conseguente immediato oggetto di valutazione (i beni oggetto di causa di prelazione speciale, per giustificare la falcidia dei creditori; i beni dell’attivo cedibili e al pari le azioni di pertinenza della massa, se gia’ autorizzate dal giudice delegato), sia in quanto la limitazione degli impegni assumibili puo’ eventualmente datarsi proprio rispetto a crediti insinuati od oggetto di opposizione allo stato passivo “al tempo della proposta”, cosi’ limitando la sopravvenienza di passivita’ da contenziosi futuri;
13. l’associazione della valutazione procedimentale interna dell’attivo alla contestualita’ del suo apprezzamento per il sacrificio economico che esso comporta per il debitore esprime pertanto coerenza sia per i creditori, abilitati ad esprimersi in termini di convenienza (anche sulla base del parere del curatore, secondo i “presumibili risultati della liquidazione”, L. Fall., articolo 125), sia per il proponente e cio’ tanto piu’ quando, come nel caso, il rilievo riguardi un coacervo di beni nel frattempo suscettibili di ricomposizione (cosi’, la liquidita’ di cassa) o anche diversa evoluzione (cosi’, gli immobili in relazione al loro stato manutentivo o l’azienda stessa, per eventuale degrado); ne deriva che, salva la valutazione di convenienza rimessa ai creditori adeguatamente informati e la prospettiva speciale delle opposizioni titolate secondo il giudizio di cram down di cui alla L. Fall., articolo 129, l’indice di rischio della proposta non puo’ oltrepassare l’orizzonte temporale in cui essa e’ formulata e chiede di essere votata e giudicata, a quell’epoca doverosamente fissandosi ogni apprezzamento di eventuale eccessiva alterazione dell’equilibrio nel valore di scambio dell’attivo concorsuale rispetto al proposto pagamento integrale dei creditori;
14. il principio cosi’ formulato evolve considerazioni gia’ espresse nella cit. Cass. 6904/2010 che con chiarezza aveva puntualizzato che “il controllo demandato al Tribunale in sede di omologazione del concordato fallimentare… e in presenza di opposizione del fallito – tesa ad evitare che l’accordo tra i creditori ed il terzo o tra il creditore proponente e gli altri creditori finisca per “espropriarlo” dei propri beni in misura sproporzionata rispetto alle obbligazioni contratte – deve essere ispirato ai principi e alle norme che disciplinano il processo di esecuzione forzata – individuale o collettiva – diretti ad impedire “la rottura dell’equilibrio tra l’interesse generale al pagamento dei creditori del fallimento e l’interesse del ricorrente al rispetto dei suoi beni”; invero l’articolo 1 del Protocollo n. 1, richiamato nel precedente citato, prescrive che Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno puo’ essere privato della sua proprieta’ se non per causa di pubblica utilita’ e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale. Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale;
15. cosi’ che il riferimento esplicito ivi indicato ai convergenti canoni di sproporzione di cui agli articoli 586 c.p.c. (per l’esecuzione individuale) e L. Fall., articolo 108 (per quella concorsuale) da un lato permette di contemperare il potere di presentare la proposta di concordato anche a soggetti diversi dal fallito e dunque di attuare con essa un’operazione d’investimento e, dall’altro, pone un limite oggettivo all’ingerenza in questione, accettabile – anche alla luce delle decisioni CEDU sul sacrificio del diritto di proprieta’ – se “persegue quindi uno scopo legittimo e conforme all’interesse generale, ossia la tutela dei diritti altrui” laddove la sua misura “deve assicurare un “giusto equilibrio” tra gli imperativi dell’interesse generale e quelli della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo”; d’altronde, CEDU 14.3.2019, caso Arnaboldi c. Italia, 43422/07, ha stabilito che “lo Stato italiano rimane tenuto ad esercitare una vigilanza e un controllo per tutta la durata della procedura di espropriazione, fino al pagamento del relativo indennizzo”, cosicche’ e’ responsabile per non aver adottato le misure necessarie a garantire che le somme accordate a titolo di indennita’ per l’espropriazione pubblicistica fossero effettivamente versate al ricorrente, principio trasponibile nell’espropriazione privata concorsuale, ove un terzo assume tutti i beni del fallito pagando, anche contro la volonta’ di questi, i suoi creditori e sotto il controllo del tribunale;
16. e’ vero infatti che in molteplici decisioni in materia espropriativa la Corte EDU ha stabilito “che l’indennizzo da accordare deve corrispondere al valore integrale del terreno al momento della perdita della proprieta’, accertato dalla perizia disposta dal giudice competente nel corso della procedura interna” (dec. 16.11.2017, Messana c. Italia, 37199/05); e tuttavia l’appartenenza del concordato fallimentare al contesto liquidatorio si articola non pervenendo alla ricerca di un terzo assegnatario dei beni all’esito di un procedimento competitivo aperto al pubblico e rimesso alle offerte cosi’ sollecitate e da confrontare a valori di mercato quando esse si definiscono, bensi’ procedimentalizzando una precisa proposta di rilievo dell’attivo che, sin dal suo inoltro, assume il significato di atto idoneo a realizzare, quando omologato, la liquidazione stessa in via espropriativa; inoltre, il fallito perde da subito il possesso dei suoi beni con l’instaurazione del concorso ed essi sin da quella data ricevono una destinazione esecutiva, essendo votati ad attuare la responsabilita’ patrimoniale del debitore; va infine considerato che la stessa esigenza di durata ragionevole, ex articolo 6 CEDU, del procedimento di concordato fallimentare impone uno scrutinio della proposta, la sua messa in votazione e poi la sua decisione giudiziale sull’omologazione che non possono riflettersi in un’interpretazione del principio di abuso dell’istituto basata su un incremento dell’attivo, come nel caso, precipuamente determinato da fattori temporali all’apparenza estranei all’iter del progetto di soddisfazione dei crediti e ristrutturazione del passivo sottoposto dal terzo al tribunale; si tratta di osservazioni che danno dunque ragione, anche per questa via, della scelta di arretrare al momento della proposta stessa la condivisa e menzionata valutazione di proporzionalita’ necessaria tra attivo acquisito dall’assuntore terzo e sacrificio subito dal debitore;
il ricorso va dunque accolto quanto al terzo motivo, mentre sono rigettati il primo e il secondo motivo, nonche’ assorbiti i restanti, con cassazione e rinvio alla Corte d’appello di Catania, anche per la liquidazione delle spese del procedimento.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso quanto al terzo motivo, rigetta il primo e il secondo motivo, dichiara assorbiti i restanti, cassa e rinvia alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del procedimento.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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