Corte di Cassazione, sezione prima civile, Sentenza 19 maggio 2020, n. 9137.
La massima estrapolata:
In ipotesi di fusione per incorporazione ex art. 2504 bis c.c. (nel testo risultante dalle modifiche apportate dal D.lgs. n. 6 del 2003), intervenuta in corso di causa, la legittimazione attiva e passiva all’impugnazione spetta alla sola società incorporante cui sono stati trasferiti i diritti e gli obblighi della società incorporata e che prosegue in tutti i rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione facenti capo alla società incorporata, salva la possibilità della controparte di notificare l’atto di impugnazione anche nei confronti di quest’ultima, nel caso in cui, nonostante l’iscrizione nel registro delle imprese, non sia stata resa edotta della intervenuta fusione
Sentenza 19 maggio 2020, n. 9137
Data udienza 7 gennaio 2020
Tag – parola chiave: Società – Operazioni straordinarie – Fusione per incorporazione – Controversie – Impugnazione – Legittimazione attiva e passiva – Società incorporante – Spettanza – Limiti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1949/2016 proposto da:
(OMISSIS) Srl, quale mandataria di (OMISSIS) Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) Snc, (OMISSIS) Snc, (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 215/2015 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 30/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/01/2020 da Dott. FALABELLA MASSIMO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento;
udito l’Avvocato (OMISSIS) con delega scritta per la ricorrente, che si riporta agli atti.
FATTI DI CAUSA
1. – Il Tribunale di Larino revocava il decreto ingiuntivo emesso su ricorso di (OMISSIS) s.p.a. e, in accoglimento della domanda riconvenzionale degli opponenti, (OMISSIS). s.n.c. (obbligata principale), (OMISSIS) e (OMISSIS) (fideiussori), condannava l’istituto di credito al pagamento, in favore della societa’ ingiunta, della somma di Euro 20.262,05: importo, quest’ultimo, riferito a quanto indebitamente riscosso dalla banca a titolo di interessi anatocistici.
2. – Contro la pronuncia di primo grado proponeva appello (OMISSIS) s.p.a., gia’ (OMISSIS) s.p.a., e per essa, quale mandataria, (OMISSIS) s.p.a.. In particolare, nell’atto di gravame l’appellante deduceva che la (OMISSIS), dopo aver assunto la denominazione sociale di (OMISSIS), era stata oggetto di una fusione per incorporazione in (OMISSIS) s.p.a. e che quest’ultima aveva concluso un’operazione di cessione di crediti in blocco in favore di (OMISSIS), a sua volta successivamente incorporata in (OMISSIS).
La Corte di appello di Campobasso, con sentenza del 30 settembre 2015, dichiarava inammissibile il gravame. Rilevava che l’appellante non aveva dato prova della propria legitimatio ad causam, osservando come nessuna rilevanza assumesse la mancata contestazione di controparte circa l’asserita fusione, trattandosi di questione rilevabile d’ufficio.
3. – Contro la pronuncia della Corte molisana ricorre per cassazione (OMISSIS) s.r.l., e per essa, quale mandataria, (OMISSIS) s.r.l.. Il ricorso si fonda su quattro motivi. Gli intimati non hanno svolto difese. La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo oppone la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c.. Lamenta la ricorrente che il giudice distrettuale avrebbe deciso la causa senza che sul punto della legittimazione fosse stata proposta una eccezione e senza che ad essa istante fosse stata data la possibilita’ di dedurre sul punto. La ricorrente dubita, in particolare, che il giudice del gravame potesse rilevare d’ufficio la questione relativa alla legittimazione all’impugnazione della sentenza di primo grado, in assenza di deduzioni in merito da parte della controparte.
Col secondo mezzo e’ lamentata la violazione e falsa applicazione degli articoli 111 e 24 Cost.. La banca istante sottolinea l’importanza del principio per cui occorre assicurare la prevedibilita’ delle decisioni giudiziarie ed evidenzia come il canone del giusto processo vada inteso in modo tale da assicurare alla parte processuale la possibilita’ di difendersi e di svolgere le proprie argomentazioni sulle questioni atte a definire il giudizio: cio’ che nella fattispecie non era avvenuto.
Il terzo mezzo censura la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione dell’articolo 83 c.p.c.. La ricorrente rimarca come l’eccezione relativa alla concreta titolarita’ del rapporto dedotto in giudizio, attenendo al merito, non sia rilevabile d’ufficio e debba essere tempestivamente sollevata dalla parte interessata. Deduce, inoltre, che l’attore non debba dar prova della titolarita’ del rapporto nel caso in cui il convenuto l’abbia esplicitamente riconosciuta o abbia impostato la sua difesa su argomenti logicamente incompatibili col suo disconoscimento.
Con il quarto motivo e’ opposta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c.. Ricorda la banca istante che in allegato alla memoria di replica in appello erano stati prodotti gli atti pubblici che davano conto dei vari passaggi societari; la produzione era stata ritenuta tardiva dalla Corte di Campobasso, la quale, pero’, cosi’ operando, non aveva fatto retta applicazione del principio per cui, dovendo essere la legittimazione ad processum verificabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del giudizio, risulta essere irrilevante il momento del processo nel quale sia fornita la pertinente prova documentale.
2. – Occorre anzitutto avvertire che (OMISSIS) non e’ stato parte del giudizio di appello: onde il ricorso per cassazione proposto nei suoi confronti e’ inammissibile (Cass. 30 maggio 2017, n. 13584; Cass. 2 ottobre 2014, n. 20789).
3. – I quattro motivi, che possono esaminarsi congiuntamente per i profili di connessione che presentano, sono fondati nei termini che seguono.
3.1. – La Corte di merito ha dichiarato inammissibile l’impugnazione rilevando come la banca appellante non avesse provato le vicende societarie che avrebbero dovuto dar ragione della legittimazione della medesima e ha aggiunto, con riferimento alla “asserita fusione”, che la mancata contestazione di controparte non assumeva rilevo, dal momento che la questione era rilevabile d’ufficio.
Il giudice distrettuale, come sopra si e’ visto, ha indicato le diverse vicende che, secondo la banca appellante, avrebbero radicato, in capo ad essa, la legittimazione a impugnare la sentenza di primo grado. Sono indicate, a tal fine, una cessione di crediti in blocco e due fusioni per incorporazione.
La prima di queste si assume essere intervenuta nel corso del giudizio di primo grado: la sentenza e’ stata tuttavia pronunciata nei confronti dell’incorporata (posto che, tra l’altro, la fusione di societa’, in pendenza di una causa della quale sia parte la societa’ fusa od incorporata, non determina l’interruzione del processo: Cass. Sez. U. 3 maggio 2010, n. 10653).
L’effetto determinato dalla fusione abilita comunque l’incorporante a disporre del diritto controverso. Nel caso in esame e’ stata posta in atto una cessione ex articolo 58 t.u.b..
Va allora ricordato che nel caso di trasferimento di un’azienda bancaria (o di un ramo di azienda), il cessionario, nelle controversie aventi ad oggetto rapporti compresi in quell’azienda (o ramo d’azienda), assume la veste di successore a titolo particolare, con applicazione delle disposizioni dettate dall’articolo 111 c.p.c. (Cass. 26 agosto 2014, n. 18258; Cass. 3 maggio 2010, n. 10653).
Quale successore a titolo particolare nel diritto controverso, il cessionario e’ naturalmente legittimato a impugnare la sentenza ex articolo 111 c.p.c., comma 4. In presenza dell’indicato trasferimento, dunque, (OMISSIS) ben avrebbe potuto appellare la pronuncia del Tribunale di Larino.
Se, poi, la societa’ cessionaria dei crediti sia incorporata in altra, la legittimazione attiva e passiva all’impugnazione spetta alla societa’ incorporante: infatti, in ipotesi di fusione per incorporazione ex articolo 2504 bis c.c. (nel testo risultante dalle modifiche apportate dal Decreto Legislativo n. 6 del 2003), intervenuta in corso di causa, la legittimazione attiva e passiva all’impugnazione spetta alla sola societa’ incorporante cui sono stati trasferiti i diritti e gli obblighi della societa’ incorporata e che prosegue in tutti i rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione facenti capo alla societa’ incorporata, salva la possibilita’ della controparte di notificare l’atto di impugnazione anche nei confronti di quest’ultima, nel caso in cui, nonostante l’iscrizione nel registro delle imprese, non sia stata resa edotta della intervenuta fusione (Cass. 24 maggio 2019, n. 14177). Nella fattispecie e’ stato proprio prospettato che a impugnare la sentenza sia stata l’incorporante (OMISSIS).
Si spiega, allora, come, in tesi, la divisata fusione per incorporazione legittimasse la nominata (OMISSIS) alla proposizione del gravame.
3.2. – Tanto premesso sull’astratta titolarita’, in capo all’appellante, del diritto a impugnare la sentenza di primo grado, occorre osservare che ha errato la Corte di merito nel ritenere irrilevante la mancata contestazione della controparte sul punto. E’ infatti ben vero che il difetto di legittimazione dell’appellante e’ rilevabile d’ufficio; e’ tuttavia affermato da questa S.C. con riferimento al ricorso per cassazione – e il principio appare senz’altro spendibile anche per l’appello – che la societa’ la quale impugna la pronuncia emessa nei confronti di un’altra societa’, della quale affermi di essere successore (a titolo universale o particolare), e’ tenuta a fornire la prova documentale della propria legittimazione, ma sempre che il resistente l’abbia contestata (Cass. Sez. U. 18 maggio 2006, n. 11650, richiamata da Cass. 2 marzo 2016, n. 4116, secondo cui, con riferimento alla legittimazione a proporre ricorso per cassazione “il dovere di dare prova documentale, nelle forme previste dall’articolo 372 c.p.c., della dedotta legittimazione sussiste nel caso che tale qualita’ sia oggetto di contestazione da parte del resistente, il quale puo’ – esplicitamente o implicitamente – riconoscerla”).
E’ stata la stessa Corte di appello a dare atto della circostanza per cui gli intimati (OMISSIS) s.n.c. e (OMISSIS) non avevano contestato, in sede di gravame, la complessa vicenda, esposta nella citazione di appello, che aveva portato alla successione dell’odierna ricorrente alla (OMISSIS); e tale rilievo trova conferma nell’esame della comparsa di risposta depositata dagli appellati in fase di gravame (cui questa Corte ha evidentemente accesso, stante la natura processuale del vizio denunciato).
La Corte di merito avrebbe dovuto quindi prendere atto che la qualita’ di successore dell’originaria convenuta e opposta in capo a (OMISSIS) era incontroversa tra l’appellante e gli appellati costituiti in giudizio e tale, quindi, da non poter essere piu’ negata nella pronuncia da rendersi in sede di gravame.
3.3. – Il tema in contestazione non e’ tuttavia esaurito, in quanto al giudizio di appello aveva partecipato, restando pero’ contumace, anche (OMISSIS).
Ora, e’ senz’altro vero che l’odierna ricorrente non puo’ pretendere di sostenere la propria legittimazione nei confronti dell’odierna intimata sulla base della documentazione prodotta nel giudizio di gravame: detta documentazione e’ infatti tardiva, siccome prodotta contestualmente al deposito della memoria di replica in appello. In base a una giurisprudenza formatasi prima ancora della disciplina di cui alla L. n. 353 del 1990, infatti, la prova della legittimazione processuale dell’appellante non puo’ essere data oltre la precisazione delle conclusioni e la rimessione della causa al collegio, ossia dopo che la trattazione orale della causa e’ stata chiusa (Cass. 4 dicembre 2014, n. 25655); d’altro canto, con riferimento alla disciplina vigente, questa Corte esclude che la produzione dei nuovi documenti suscettibili di avere ingresso in appello ex articolo 345 c.p.c., comma 3, possa attuarsi al momento del deposito degli scritti conclusionali (cfr. Cass. 10 maggio 2019, n. 12574).
E’ anche vero, pero’, che la Corte di merito, pur non potendo ovviamente ricavare dalla contumacia di (OMISSIS) la mancata contestazione, da parte di quest’ultima, della legittimazione dell’appellante (OMISSIS), avrebbe dovuto comunque apprezzare il significato che assumeva, anche nei confronti della detta appellata, la condotta di non contestazione riferibile a (OMISSIS) s.n.c. e (OMISSIS), costituiti in giudizio. Premesso che tra i diversi appellati sussisteva un litisconsorzio facoltativo (essendo i medesimi tenuti, in solido, all’adempimento del medesimo debito per cui era stato richiesto ed emesso il decreto ingiuntivo), la mancata contestazione della legittimazione, da parte della societa’ (OMISSIS) e di (OMISSIS), andava difatti valutata come elemento atto a fondare ex articolo 116 c.p.c., comma 1, il libero convincimento del giudice quanto alla sussistenza della legittimazione della banca appellante nei confronti di (OMISSIS), che era rimasta contumace.
La situazione processuale in esame presenta dei tratti che l’avvicinano a quella che si determina in presenza della confessione resa da uno dei litisconsorti in caso di litisconsorzio facoltativo: confessione che, pur conservando valore di prova legale in capo al confitente (diversamente da quanto accade nell’ipotesi di litisconsorzio necessario: articolo 2733 c.c., comma 3) e’, con riferimento agli altri, liberamente apprezzabile dal giudice (Cass. 4 maggio 2004, n. 8458). Si tratta, nell’ipotesi di non contestazione, di attribuire una portata piu’ estesa, sul piano soggettivo – ma nei termini attenuati di una valutazione discrezionale rimessa al giudice – a una determinata condotta (non propriamente a una prova, come accede invece nell’ipotesi della confessione), che ha portata vincolante, nel giudizio, con riguardo al solo soggetto cui essa e’ riferibile; in tale prospettiva quel che rileva e’ non gia’ la non contestazione del contumace (che, come e’ ovvio, e’ irrilevante giuridicamente), ma altra circostanza: e cioe’ la possibilita’ che la non contestazione del litisconsorte assurga, in concreto, a dato espressivo della oggettiva veridicita’ del fatto non contestato.
Sul punto mette conto di rilevare, del resto, come la possibilita’ di valorizzare la condotta di non contestazione tra litisconsorti sia stata gia’ riconosciuta da questa Corte, se pure con riferimento a un’ipotesi di litisconsorzio necessario. E’ stato infatti affermato, in materia di responsabilita’ per sinistro stradale, che la mancata contestazione, ad opera della compagnia assicuratrice, della responsabilita’ del proprio assicurato, rimasto contumace, se pure non esonera l’attore dell’assolvimento dell’onere probatorio a suo carico, evenienza ipotizzabile solo quando il difetto di contestazione sia riferibile alle parti avversarie regolarmente costituite in giudizio, puo’ nondimeno assumere rilievo come mera circostanza di fatto liberamente apprezzabile dal giudice (Cass. 19 ottobre 2016, n. 21096).
In conclusione, dunque, l’errore in cui e’ incorso il giudice di appello nel privare di rilievo della condotta di non contestazione posta in essere dalle parti costituite ha avuto ripercussioni sull’intero giudizio, coinvolgendo anche la posizione della appellata contumace: proprio la mancata contestazione da parte della societa’ (OMISSIS) e di (OMISSIS) (che avevano l’interesse e la concreta possibilita’ di operare quella confutazione, che invece non ebbe luogo) dovevano indurre la Corte di merito a ritenere reale la vicenda successoria prospettata da (OMISSIS) anche nei confronti di (OMISSIS).
4. – La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Campobasso, la quale statuira’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso con riferimento alla posizione di (OMISSIS); con riguardo alle altre parti intimate accoglie, nei sensi di cui in motivazione, i primi tre motivi e dichiara assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Campobasso, in diversa composizione, anche per le spese di giudizio.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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