Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 17856.
In caso di successione legittima degli eredi legittimari in concorso con un legatario
In caso di successione legittima degli eredi legittimari in concorso con un legatario, ove il “relictum” non sia sufficiente a soddisfare la quota di riserva di uno o più legittimari, l’azione di riduzione contro i destinatari di donazioni o disposizioni testamentarie non è ammessa se non quando la riduzione di diritto delle quote degli altri eredi legittimi non sia sufficiente per reintegrare la riserva dei legittimari, trovando applicazione l’ art. 553 c.c.(Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione che, nonostante avesse accertato che parte degli eredi avevano ricevuto donazioni dal “de cuius”, aveva ridotto il legato, lasciando ferma in favore dei primi l’intera quota intestata in base al rilievo che le liberalità ricevute erano inferiori rispetto alla rispettiva quota di legittima, così operando in contrasto con l’art. 553 c.c.).
Ordinanza|| n. 17856. In caso di successione legittima degli eredi legittimari in concorso con un legatario
Data udienza 10 gennaio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Successioni – Azione di riduzione contro i destinatari di donazioni o disposizioni testamentarie – Ammissibilità quando la riduzione di diritto delle quote degli altri eredi legittimi non sia sufficiente per reintegrare la riserva dei legittimari – Ripartizione proporzionale della lesione tra tutti i legittimari – Concorso dell’azione di riduzione con quella di collazione – Annullamento con rinvio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere
Dott. VARRONE Luca – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27945-2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
-controricorrenti-
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
-intimati-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MESSINA n. 989 DEL 2017 depositata il 29 settembre 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/01/2023 dal Consigliere GIUSEPPE TEDESCO.
In caso di successione legittima degli eredi legittimari in concorso con un legatario
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione del 23.01.2008, notificato il 06.02.2008, (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno convenuto in giudizio (OMISSIS), (OMISSIS) e, quali eredi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Gli attori hanno premesso che:
-il 15.12.1985 decedeva il (OMISSIS), padre dei contendenti e marito di (OMISSIS), madre degli attori (OMISSIS) e (OMISSIS), ed altresi’ di (OMISSIS) (deceduta il (OMISSIS)) e (OMISSIS) (deceduto senza lasciare eredi nel (OMISSIS));
– (OMISSIS), con testamento olografo (datato (OMISSIS)), depositato il 19.12.1994, aveva nominato la moglie, sig. (OMISSIS) erede universale di tutti i suoi beni, consistenti in due case site in (OMISSIS), ed in un terreno agricolo posto nello stesso Comune;
-il 20.09.1994, la (OMISSIS), con atto notaio (OMISSIS), rep. (OMISSIS), registrato il 10.10.1994, riservando per se’ l’usufrutto, aveva donato al figlio (OMISSIS) la nuda proprieta’ dell’immobile sito in (OMISSIS), imponendogli l’onere di prestarle, per l’intera durata della sua vita, tutta l’assistenza morale e materiale di cui la donante avesse necessitato;
-successivamente, in data 10.07.1995, la stessa (OMISSIS) aveva donato alle figlie (OMISSIS) e (OMISSIS) i due immobili siti in (OMISSIS) rispettivamente in (OMISSIS), ricevuti in eredita’ dal marito;
-con testamento olografo del (OMISSIS), la (OMISSIS) aveva lasciato al figlio (OMISSIS) l’immobile sito in (OMISSIS), via (OMISSIS);
-in data 08.04.2006, la stessa testatrice, grata per le cure ricevute dal figlio (OMISSIS), aveva scritto un secondo testamento olografo, confermando la propria volonta’ di lasciare allo stesso l’immobile di (OMISSIS), per averla assistita;
-il 12.06.2007 veniva a mancare la (OMISSIS) e si apriva la sua successione;
-il 17.07.2007, con atto in notar (OMISSIS), rep. (OMISSIS), registrato il 24.07.2007, venivano pubblicati entrambi i testamenti olografi; -l’unico bene rimasto nella titolarita’ della Santisi al momento del decesso, e di cui la stessa non aveva disposto per testamento, era il terreno agricolo, censito in catasto al (OMISSIS), il quale cadeva in successione legittima a favore di ciascuno dei figli pro quota.
(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno chiamato in giudizio (OMISSIS), (OMISSIS) e gli eredi di (OMISSIS) avanti al Tribunale di Messina. Essi hanno dedotto che le disposizioni (testamento e donazioni) della madre sopra riportate risultavano palesemente lesive delle loro ragioni di legittimari ed hanno chiesto, pertanto, che fossero ridotte fino alla concorrenza della quota di riserva loro spettante.
Si e’ costituito in giudizio (OMISSIS), il quale ha contestato tutte le domande formulate dagli attori. In particolare, il convenuto ha eccepito che la donazione dell’immobile sito in via (OMISSIS), effettuata in suo favore dalla madre, era stata gravata dall’onere di prestarle, per l’intera durata della sua vita, tutta l’assistenza morale e materiale di cui avesse potuto aver bisogno, specie nel caso di malattia; e che, pertanto, il valore della citata donazione doveva essere calcolato al netto dell’onere, particolarmente gravoso.
In subordine, si dichiarava disposto ad offrire un conguaglio in denaro qualora la quinta parte del terreno edificabile, lasciato nella successione legittima, non fosse stata sufficiente a soddisfare la quota di legittima degli attori pari a 2/15 dell’intero.
2. Eseguita l’istruzione, mediante produzione documentale, interrogatorio formale, prova per testi e consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza n. 120 del 9.01.2014, il Tribunale di Messina rigettava le domande proposte dagli attori e li condannava alle spese di giudizio in favore di (OMISSIS), ponendo a loro carico anche le spese di CTU.
3. La Corte d’appello di Messina, per quanto qui rileva, con la sentenza n. 989/17, depositata in cancelleria il 29.9.2017, ha accolto in parte l’appello principale degli attori soccombenti, accertando che (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno subito una lesione della quota legittima ad essi spettante sull’asse ereditario della madre (OMISSIS), pari ad Euro 25.791,25; “per l’effetto, in riduzione della disposizione ab intestato in favore di (OMISSIS)”, la corte territoriale ha assegnato indivisamente in proprieta’ ai medesimi “a titolo di conguaglio della quota di legittima, la quota di 1/5 del terreno sito in (OMISSIS) al catasto terreni al (OMISSIS) spettante al germano (OMISSIS)”; quindi, “in riduzione della disposizione testamentaria in favore di (OMISSIS)”, ha condannato il medesimo a corrispondere ai germani (OMISSIS) e (OMISSIS), a titolo di ulteriore conguaglio della quota legittima, la somma di Euro 13.236,25 ciascuno, oltre alla rivalutazione dalla data di apertura della successione ad oggi ed interessi legali, decorrenti solo dalla data delle presente decisione”. La Corte messinese ha poi rigettato l’appello incidentale di (OMISSIS), il quale aveva sostenuto che, al fine di determinare il valore della donazione elargita in suo favore dalla madre, occorreva tenere conto delle somme da lui pagate per la retribuzione della badante e per le spese di assistenza documentate in atti.
4. Avverso tale decisione, (OMISSIS) propone ricorso sulla base di sei motivi. Resistono con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS), mentre non svolgono difese gli altri intimati.
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RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e violazione e falsa applicazione degli articoli 474, 480, 485, 487, 553, 554 e 560 c.c..
Il giudice di seconde cure, quando ha ritenuto che il valore dei beni relitti non fosse sufficiente a soddisfare la legittima degli attori in riduzione, ha ipotizzato il concorso nella successione intestata di cinque figli della de cuius, essendo invece il concorso limitato ai tre fratelli, in quanto sia la figlia (OMISSIS), sia la discendente di (OMISSIS) ( (OMISSIS)) non avevano accettato l’eredita’ della comune ascendente. Nonostante il convenuto avesse a piu’ riprese sollevato la questione nei diversi atti processuali del primo e del secondo grado di giudizio, i giudici del gravame hanno omesso ogni considerazione di tale fatto, il cui esame avrebbe comportato il riconoscimento del maggiore concorso degli attori sui beni oggetto di successione intestata e, di riflesso, l’abbattimento della “lesione” oggetto di recupero a scapito della disposizione testamentaria.
2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
Il motivo, in parte, ripropone le considerazioni oggetto del primo motivo sul concorso nella successione ab intestato piu’ ristretto rispetto a quello ipotizzato dalla Corte territoriale, per altra parte denuncia un errore autonomo e indipendente, consistente nel fatto che la Corte territoriale ha commisurato il concorso delle due sorelle sui beni relitti senza tenere conto di quanto le figlie avevano ricevuto per donazione. Il ricorrente sostiene che, a questi effetti, il rilievo proposto dalla Corte di merito, che quanto conseguito in donazione dalle due sorelle (OMISSIS) “non giunge a coprire il valore della legittima loro spettante”, e’ del tutto irrilevante; con la conseguenza che la riduzione proporzionale ex lege delle quote ab intestato doveva operare non solo – come deciso dalla corte di appello – nei confronti del solo (OMISSIS), ma anche nei confronti delle due sorelle, che conseguivano in forza della quota intestata un’eccedenza, rispetto alla quota di riserva, di Euro 1.653,75 per ciascuna. Tale eccedenza, pari complessivamente a Euro 3.307,50, avrebbe dovuto essere attribuita ai due attori, riducendosi pertanto il conguaglio a carico del ricorrente in dipendenza della riduzione del legato.
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3. Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 553, 554, 555, 560 e 737 c.c. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3): vertendosi, nella specie, in un’ipotesi di concorso tra successione testamentaria e successione legittima, caratterizzata quindi dalla esistenza di un relictum ed in cui i chiamati all’eredita’ sarebbero tenuti alla collazione ex articolo 737 c.c., la lesione del diritto spettante ai legittimari non sarebbe nemmeno astrattamente configurabile, essendo il meccanismo della collazione sufficiente ad elidere l’effetto delle disposizioni lesive ed a reintegrare i diritti di riserva.
4. Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per avere il giudice di seconde cure considerato, a beneficio degli attori in riduzione, il terreno lasciato nella successione intestata per il valore al tempo di apertura della stessa successione, mentre avrebbe dovuto considerare il maggior valore del cespite al tempo della sua “assegnazione” ex articolo 553 c.c. Secondo il ricorrente l’effetto finale di tale norma viene a colorarsi di una “latente connotazione divisoria” “che sembra giustificare e rafforzare l’applicazione in via analogica dell’articolo 726 c.c., a mente del quale – secondo una interpretazione questa volta pacifica in giurisprudenza – il valore dei beni assegnati in sede divisoria deve essere certamente commisurato al valore attuale del cespiti stessi e non a quello che essi avevano al tempo dell’aperta successione”.
5. Il quinto motivo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e vizio di motivazione con riguardo alla valutazione delle risultanze istruttorie sottese all’appello incidentale dell’attuale ricorrente. In contrasto con l’articolo 116 c.p.c., il giudice d’appello avrebbe fatto malgoverno delle norme relativamente al profilo della valutazione probatoria su tutti gli aspetti rilevanti ai fini del decidere: a) la capacita’ reddituale dell’esponente, negata in forza di considerazioni illogiche e contraddittorie “perche’ disancorate dalle risultanze probatorie”; b) la capacita’ reddituale della de cuius, al contrario riconosciuta sulla base di produzioni documentali che evidenziavano al contrario l’esiguita’ dei redditi percepiti; c) la provenienza del denaro finalizzato al mantenimento della sig.ra (OMISSIS) da parte di tutti i fratelli, affermata dalla sentenza impugnata sulla base di deposizioni testimoniali rese da prossimi congiunti della convenuta (OMISSIS), la cui attendibilita’ avrebbe dovuto essere verificata in modo rigoroso e puntuale.
6. Il sesto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c. in relazione all’articolo 360 comma 1 n. 3, c.p.c. con riferimento alla liquidazione delle spese del primo grado di giudizio.
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1.1. Il primo motivo e’ infondato. Il ricorrente che denuncia in cassazione il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo attualmente vigente, ha l’onere di indicare non solo il fatto il cui esame sarebbe stato omesso, illustrando la decisivita’ del medesimo, ma ha altresi’ l’onere di precisare il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti (Cass., S.U., n. 8053/2014; n. 19987/2017; n. 29954/2022). Il motivo, in ordine a tale ulteriore onere, previsto a pena di inammissibilita’, ricorre a una terminologia equivoca e allusiva, richiamando genericamente gli atti processuali del primo e del secondo grado, senza trascrivere alcunche’. Il solo passaggio trascritto e’ quello della memoria di replica del giudizio di primo grado, che tuttavia non pone in termini univoci la questione della mancata accettazione dell’eredita’ da parte degli altri chiamati alla successione. In ogni caso, non e’ la memoria di replica la sede per introdurre un fatto rilevante nel processo, dovendosi aggiungere che l’indicazione e’ comunque riferita al giudizio di primo grado, mentre nulla di specifico il ricorrente deduce con riferimento al giudizio d’appello. In verita’ si ha l’impressione che l’accettazione dell’eredita’ da parte di tutti i chiamati fosse un fatto pacifico nella causa, ammesso persino dal ricorrente, il quale, nel costituirsi in giudizio, aveva eccepito che gli attori avrebbero dovuto soddisfarsi in primo luogo sulla quota dei beni relitti a lui spettante, che indicava nella misura di un quinto e non di un terzo, con cio’ riconoscendo il concorso di tutti i successibili. Pertanto, il vizio di omesso esame non sussiste e, in ogni caso, e’ stato denunciato in modo non adeguato.
2.1. Il secondo motivo, mentre e’ infondato nella parte in cui ripropone la questione posta con il primo motivo, e’ fondato quanto al resto. Risulta chiaramente dalla sentenza impugnata che nella specie la successione legittima si era aperta solo su una parte del patrimonio, inteso come comprensivo del relictum e del donatum, avendo la de cuius disposto con donazioni e un legato. E’ un fatto ancora acquisito, sempre sulla base della sentenza, che le due sorelle legittimarie avevano ricevuto donazioni di pari valore, inferiori alla rispettiva quota di riserva. I due fratelli, attori in riduzione, non avevano ricevuto alcunche’. La Corte d’appello ha esattamente rilevato che il bene relitto, suddiviso in parti uguali in ragione della quota intestata di ciascuno dei cinque figli, non consentiva ai due attori di prendere quanto loro spettava come legittimari, mentre il convenuto aveva gia’ ricevuto, in donazione e legato, un valore maggiore: da qui l’attribuzione della quota di (OMISSIS), pari a n quinto dell’intero, ai due attori indivisamente. Nello stesso tempo, la Corte d’appello, nonostante abbia accertato che le due figlie avevano ricevuto ognuna una donazione, ha lasciato in mano a queste ultime l’intera quota intestata, e cio’ in base al rilievo che le liberalita’ ricevute erano inferiori alla rispettiva quota riservata; con la conseguenza che le sorelle non solo hanno ricevuto l’intera legittima, ma hanno conseguito anche una parte aggiuntiva, compresa nella quota di riserva dei fratelli lesi, che stata poi integrata con una maggiore riduzione del legato.
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Tale iter e’ illegittimo, perche’ in contrasto con il principio ricavabile dall’articolo 553 c.c., in base al quale l’azione di riduzione contro i destinatari di donazioni o disposizioni testamentarie non e’ ammessa se non quando – e nella misura in cui – la riduzione di diritto delle quote degli altri eredi legittimi non sia sufficiente per reintegrare la riserva dei legittimari. Al contrario, la Corte di merito, ammettendo le sorelle al concorso per l’intera quota intestata, senza considerare la donazione ricevuta da ciascuna, ha spostato a carico del legatario, contro l’ordine legale di riduzione, tassativo e inderogabile (Cass. n. 35461/2022), anche quella parte di lesione che i legittimari avrebbero potuto e dovuto recuperare sul bene oggetto di successione legittima. Tale errore e’ limpidamente colto dal motivo in esame, che invece non censura un ulteriore errore commesso dalla Corte di merito. Infatti, nella situazione in esame, il terreno lasciato nella successione non bastava a soddisfare la legittima degli attori e a garantire alle sorelle di avere la differenza fra il minor valore della donazione ricevuta e il valore della quota di riserva: in misura diversa le due sorelle e i due legittimari attori si trovavano nella posizione del legittimario leso. In questa situazione una corretta applicazione dell’articolo 553 c.c. (o meglio del principio ricavabile dalla norma) imponeva la ripartizione proporzionale della lesione fra tutti i legittimari, con la conseguenza che i due attori avevano diritto a un concorso sul bene relitto persino maggiore rispetto a quello proposto dal ricorrente. E’ chiaro che, in termini assoluti, l’applicazione del metodo corretto non avrebbe modificato la posizione del legatario, fatti salvi i riflessi del carattere personale dell’azione di riduzione, che opera solo a beneficio di coloro che l’abbiano esperita (Cass. n. 2006/1967). Tuttavia, non essendo stato censurato anche tale aspetto, la sentenza deve essere cassata nei limiti segnati dal motivo. Il giudice di rinvio dovra’ attribuire il bene lasciato nella successione intestata in conformita’ a quanto sopra, escludendo il concorso delle sorelle oltre il limite della rispettiva quota di riserva; in pratica, dal bene lasciato nella successione intestata si deve detrarre la differenza fra la quota di riserva delle sorelle e quanto ricevuto da ciascuna in donazione. Il resto del bene relitto va attribuito ai due attori in parti uguali, con il correlativo diritto dei legittimari di agire in riduzione contro il legatario solo per la differenza. Resta da aggiungere che non e’ stata censurata in questa sede la scelta della Corte d’appello di operare la riduzione del legato per equivalente.
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3.1. Il terzo motivo e’ infondato. In quanto la collazione obbliga i coeredi accettanti a conferire nell’asse ereditario i beni ricevuti con atti di liberalita’, essa puo’ raggiungere il risultato di eliminare le eventuali lesioni di legittima realizzate attraverso tali atti. Si spiega probabilmente con questa constatazione la tesi richiamata nel ricorso e seguita in passato dalla giurisprudenza, secondo cui nei rapporti in cui opera la collazione la questione della riduzione di una liberalita’ lesiva non puo’ sorgere se non quando il donatario sia stato dispensato dall’obbligo di conferire, tesi criticata dalla dottrina sulla base della considerazione che non sempre il meccanismo della collazione e’ idoneo a far conseguire al legittimario la quota di riserva nella sua integrita’ anche qualitativa.
Quando il legittimario sia nello stesso tempo, e con riguardo a una medesima donazione, legittimato in collazione e in riduzione, occorre comunque considerare che la collazione attribuisce al coerede un concorso sul valore della donazione, di regola realizzato attraverso un incremento della partecipazione sul relictum, laddove il legittimario, per il valore che esprime la lesione di legittima, ha diritto di avere quel valore, in natura, sul bene che fu oggetto dell’atto lesivo. Si giustifica pertanto l’opinione, ormai fatta propria anche dalla giurisprudenza della Corte (Cass. n. 22097/2015), che ammette il concorso dell’azione di riduzione con l’azione di collazione: nella misura occorrente per integrare la legittima altrui verra’ in applicazione l’articolo 560 c.c. anziche’ l’articolo 747 c.c. La collazione interverra’ in un secondo tempo, dopo che la legittima sia stata integrata, per la redistribuzione del valore della liberalita’ che esprime la disponibile. (Cass. n. 12317/2019; n. 28196/2020). A un attento esame, nel caso di specie, posto che l’obiezione fondata sulla collazione e’ proposta da un legatario, si pone un problema diverso. Non si tratta di stabilire se legittimario sia abilitato a chiedere la riduzione di una donazione soggetta a collazione e viceversa se possa chiedere la collazione della donazione dopo averne chiesto e ottenuta la riduzione: problemi, l’uno e l’atro, risolti positivamente dalla giurisprudenza della Corte (Cass. n. 39368/2021). Infatti, come appena ricordato, l’azione di riduzione e’ stata esercitata contro un legatario, legittimario a sua volta ma gia’ gratificato dalla madre in vita con una donazione di valore superiore alla quota individuale di riserva. E’ noto che i legati non sono soggetti alla collazione ex lege, che riguarda le sole donazioni effettuate dal de cuius a favore del coniuge e dei discendenti (Cass. n. 671/1963). Tale circostanza impone di intendere l’obiezione proposta dal ricorrente in un diverso significato: si tratta di stabilire se il legatario, nella situazione considerata, avrebbe potuto profittare dell’aumento della massa realizzato dalla collazione per sottrarre da riduzione il legato. La soluzione positiva a tale quesito, data dai sostenitori della teoria del cosiddetto “non-cumulo”, non ha avuto seguito nella giurisprudenza di questa Corte, che, in un caso in cui il problema si poneva nei rapporti con donatari di data posteriore, ha aderito alla opposta teoria che e’ detta del “cumulo”. Fu osservato in quella circostanza che “l’aumento della massa realizzato dalla collazione non coinvolge il donatario posteriore estraneo, che e’ stato assoggettato a riduzione. Non lo coinvolge perche’, in virtu’ della collazione, e’ ripartita fra i coeredi la sola disponibile, mentre la posizione del donatario posteriore estraneo rimane definita esclusivamente in base al calcolo previsto dall’articolo 556 c.c.” (Cass. n. 28196/2020). Quanto gia’ rilevato con riferimento al donatario di data posteriore, vale allo stesso modo per il legatario, il quale non potra’ eccepire, per sottrarre la liberalita’ a riduzione, che in virtu’ della collazione si costituisce fra i coeredi una massa dividenda di valore pari alla loro riserva complessiva. In virtu’ della collazione il bene rientra nella massa dividenda come parte della disponibile, mentre la riserva, ove occorra, sara’ integrata mediante riduzione delle altre liberalita’.
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Si deve piuttosto precisare che la collazione non e’ stata applicata dai giudici di merito, ma seppure fosse stata in ipotesi applicata, cio’ non avrebbe sottratto il legato dalla riduzione, come infondatamente ritiene il ricorrente. Sulla mancata applicazione della collazione non sono state sollevate censure.
4.1. Il quarto motivo e’ infondato. L’effetto previsto dall’articolo 553 c.c. non ha alcuna “latente connotazione divisoria” tale da giustificare l’applicazione in via analogica dell’articolo 726 c.c., come vorrebbe il ricorrente. Invero, il principio ricavabile dall’articolo 553 c.c., riguardante letteralmente l’ipotesi del concorso nella successione legittima di legittimari con non legittimari, e’ che il contenuto della vocazione intestata del legittimario non puo’ essere inferiore a quanto gli spetta a titolo di legittima: da cui il logico corollario che le regole della successione intestata si applicano cosi’ come sono scritte sino a quando non contrastino con le norme sulla riserva, altrimenti il regolamento legale della successione subisce un adattamento
per adeguarsi ad esse. E’ stato rilevato che il termine riduzione, usato dall’articolo 553 c.c., e’ inesatto, in quanto tale articolo comporterebbe una automatica compressione delle quote stabilite dalle norme sulla successione legittima, che non presuppone l’esercizio dell’azione di riduzione, ma avviene di diritto, attraverso il coordinamento delle norme, dispositive, dettate per la successione legittima, con quelle, cogenti, dettate per i legittimari. Ognuno dei coeredi legittimi non succede nella quota in astratto predisposta, che viene successivamente compressa in rapporto a quanto spetti ancora al legittimario, ma succede subito nella quota che risultera’ spettante in concreto. In caso di contestazioni, la sentenza ha sul punto funzione di mero accertamento di un effetto giuridico gia’ prodotto. E’ da avvertire, pero’, che perche’ un tale effetto si produca e’ comunque necessaria una dichiarazione di volonta’ dei legittimari, i quali debbono domandare che la loro quota sia calcolata a norma dell’articolo 556 c.c. attraverso il procedimento di riunione fittizia; se i legittimari non chiedono la riunione fittizia, l’eredita’ si devolve secondo le quote stabilite per la successione legittima (Cass. n. 12317/2019).
Con l’articolo 553 c.c. si da’ base testuale al principio che l’azione di riduzione contro i destinatari di donazioni o disposizioni testamentarie non e’ ammessa, nel caso in esame, se non quando – e nella misura in cui – la riduzione di diritto delle quote degli altri eredi legittimi non sia sufficiente per reintegrare la riserva dei legittimari. Nei limiti in cui cio’ sia possibile senza ledere la riserva, la legge da’ prevalenza alla volonta’ del defunto rispetto agli interessi dei successibili ab intestato. Ne deriva, fra l’altro, che, nella successione in parte testata e in parte intestata, il legittimario, imputate le liberalita’ ricevute ad altro titolo dal de cuius, consegue sulla parte intestata quanto gli e’ ancora necessario per la reintegrazione della sua porzione, e non potra’ chiedere la riduzione delle disposizioni testamentarie ove non dimostri che la parte intestata sia insufficiente.
In rapporto a tali principi si capisce come non abbia alcuna giustificazione la pretesa del ricorrente di considerare il valore del bene, conseguito dai legittimari ab intestato, secondo il valore esistente al tempo della decisione, in una pretesa applicazione analogica dell’articolo 726 c.c. Il maggiore concorso attribuito ai legittimari in forza dell’articolo 553 c.c. non riflette un’attribuzione divisoria, ma si realizza automaticamente al momento della morte in conseguenza della riunione fittizia.
In caso di successione legittima degli eredi legittimari in concorso con un legatario
Ex articolo 556 c.c. la legittima e la disponibile si determinano, una volta per sempre, con il procedimento di riunione fittizia secondo il valore dei beni relitti e donati al tempo dell’aperta successione (Cass. n. 5320/2016). Nella prospettiva dell’articolo 553 c.c., se il calcolo rilevi l’insufficienza della quota intestata rispetto alla quota di riserva del legittimario, la prima si adegua alla seconda. L’adeguamento dara’ luogo alla devoluzione al legittimario (e correlativamente ai coeredi in concorso) di una quota diversa da quella stabilita negli articoli 565 e ss. c.c. Tale quota, una volta determinata con riguardo al valore dei beni al tempo dell’aperta successione, rimane fissa, insensibile alle variazioni di valore dei beni sopravvenute dopo la morte dell’ereditando; mentre potra’ variare il valore che la quota esprime. Questo perche’ il legittimario, al pari di qualsiasi altro erede legittimo, profitta dell’aumento o sopporta la perdita di valore del bene sopravvenuti dopo l’apertura della successione. Per esempio, una volta accertato che, ex articolo 553 c.c., la quota intestata del legittimario non e’ quella teorica, in ipotesi, di un quinto, ma di un quarto, questa quota di un quarto costituira’ per sempre la misura del suo diritto; con la conseguenza che, qualora la modifica del regolamento della successione non sia stata, come nella specie, sufficiente a reintegrare la quota di riserva del successibile legittimario, il legatario o il donatario, convenuto con l’azione di riduzione per la differenza, non potrebbe opporsi alla domanda deducendo che il bene acquisito dal legittimario in forza della successione legittima ha, in quel momento, un valore maggiore.
5.1. Il quinto motivo e’ infondato. Esso denunzia – sotto l’egida del vizio di omesso esame e della carenza di motivazione – la decisione impugnata, con riguardo alla valutazione delle risultanze istruttorie. Tuttavia, non sussiste al riguardo nessun omesso esame o motivazione mancante, al contrario avendo la corte territoriale argomentato ampiamente le proprie conclusioni in ordine al fatto che (OMISSIS) non poteva accampare pretese ulteriori per spese fatte in favore della de cuius. La Corte d’appello ha esaminato le deduzioni di parte in rapporto a elementi documentali e alle deposizioni dei testimoni, che ha ritenuto attendibili, giungendo infine alla conclusione che le risorse economiche per far fronte a quelle spese erano state fornite da tutti i germani. La dettagliata e coerente motivazione della corte territoriale rende evidente l’inconsistenza del vizio motivazionale o di omesso esame di fatto decisivo, tanto da palesare l’intento del ricorrente, gia’ invero risultante dalla sintesi del motivo fatta sopra, di riproporre alla Corte inammissibilmente il giudizio sul fatto. Il giudizio di fatto e’, invero, riservato al giudice del merito, laddove il motivo mira a negare la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice rispetto agli elementi istruttori acquisiti, prospettando una migliore valutazione di quegli stessi elementi. Onde tali aspetti del giudizio restano interni all’ambito di discrezionalita’ di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, di pertinenza esclusiva del giudice del merito, ma preclusi in sede di legittimita’, trattandosi di una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalita’ del giudizio di cassazione.
Quanto all’ulteriore censura mossa con il motivo in esame, riguardante la valutazione di attendibilita’ dei testimoni escussi data dalla corte territoriale, anche in questo caso la censura si dirige contro una valutazione sottratta al controllo di legittimita’, allorche’ sia corredata da motivazione sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa vigente in materia (Cass. n. 12988/2013; n. 766/1982); requisiti nel caso in esame certamente sussistenti.
In caso di successione legittima degli eredi legittimari in concorso con un legatario
6.1. L’accoglimento del secondo motivo, comportando la cassazione della decisione, importa l’assorbimento del sesto motivo sulla liquidazione delle spese di lite.
In conclusione, in accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, la sentenza impugnata va cassata, limitatamente al motivo stesso, e la causa rinviata innanzi alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo, nei limiti di cui in motivazione; rigetta il primo, il terzo, il quarto e il quinto motivo; dichiara assorbito il sesto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la liquidazione delle spese di legittimita’, innanzi alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione.
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