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ToggleCorte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 18829.
In caso di evizione parziale ed il diritto al rimborso delle spese giudiziarie sopportate
In caso di evizione parziale, qualora sia accertato il fatto che rende operante la relativa garanzia, all’acquirente, convenuto in giudizio compete, ai sensi degli artt. 1483, comma 2, e 1484 c.c., nei confronti del venditore chiamato in garanzia, il diritto al rimborso delle spese giudiziarie sopportate e di quelle che, a sua volta, abbia dovuto rimborsare al terzo vittorioso; tale diritto compete all’acquirente chiamante in garanzia anche nel caso in cui il giudice gli abbia negato la tutela risarcitoria per la carenza delle restanti condizioni e, segnatamente, per non essere stata fornita la prova del danno in concreto subito per effetto dell’evizione stessa.
Ordinanza|| n. 18829. In caso di evizione parziale ed il diritto al rimborso delle spese giudiziarie sopportate
Data udienza 7 febbraio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Acque pubbliche – CTU – Svolgimento dell’attività nei limiti dei quesiti sottoposti – Possibilità di procedere anche alla investigazione dei fatti accessori che siano pubblicamente consultabili – Valutazione della demanialità dell’area – Ipotesi di evizione parziale – Spettanza all’acquirente convenuto in giudizio del rimborso delle spese giudiziarie sopportate e di quelle che ha dovuto rimborsare al terzo vittorioso – Accoglimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Primo Presidente f.f.
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere
Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5333-2022 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) ed (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nella qualitÃÆ’Æ‘ÃâEurošÃ‚ di eredi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nella qualitÃÆ’Æ‘ÃâEurošÃ‚ di eredi di (OMISSIS), elettivamente domiciliatiin (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
AUTORITA’ DI (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
AGENZIA DEL DEMANIO, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;
– controricorrenti –
nonche’ contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimate –
avverso la sentenza n. 192/2021 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 18/11/2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7/02/2023 dal Consigliere CATERINA MAROTTA;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale ROBERTO MUCCI, il quale chiede alle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione di accogliere il decimo e undicesimo motivo di ricorso, per quanto di ragione, e rigettare gli altri.
In caso di evizione parziale ed il diritto al rimborso delle spese giudiziarie sopportate
Fatti di causa
1. Il TSAP con sentenza n. 192/2021, in parziale accoglimento del ricorso principale proposto dall’Autorita’ di (OMISSIS), dichiarato inammissibile quello incidentale dell’Agenzia del Demanio, condannava la (OMISSIS) s.r.l. al pagamento in favore dell’Autorita’ di Bacino della somma di Euro 56.407,14 da rivalutare secondo gli indici ISTAT a far data da ciascuna annualita’ come specificato in motivazione – “dovendosi idealmente frazionare il relativo importo come sopra indicato per il numero degli anni ai quali si riferisce l’occupazione senza titolo (2003/2013)” – oltre al pagamento, anno per anno, degli interessi compensativi sulle somme anzidette a far data dalla domanda giudiziale e fino al soddisfo e condannava, altresi’, (OMISSIS) e (OMISSIS) quali eredi di (OMISSIS)- e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) quali eredi di (OMISSIS)- al pagamento in favore della (OMISSIS) s.r.l. della complessiva somma, gia’ rivalutata e comprensiva di interessi, di Euro 40.000,00 oltre interessi legali dalla domanda e fino al soddisfo.
2. La vicenda traeva origine da un iniziale atto di citazione dinanzi al Tribunale di Brescia con il quale l’Autorita’ di (OMISSIS) aveva chiesto la condanna della societa’ (OMISSIS) s.r.l. alla somma di Euro 62.679,42, a titolo di indennizzo per occupazione senza titolo di aree demaniali lacuali (ad uso scalette, terrapieno e pontile galleggiante), site nel comune di (OMISSIS), dall’anno 2003 all’anno 2013.
A sostegno delle pretese e della natura demaniale delle aree occupate dalla (OMISSIS) s.r.l., l’Autorita’ versava in atti copiosa documentazione.
La societa’ chiamava in giudizio a manleva (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi dell’alienante (OMISSIS) da cui aveva acquistato le aree tramite contratto di compravendita.
L’Autorita’ di Bacino, a seguito di declaratoria di incompetenza del Tribunale di Brescia, riassumeva la causa dinanzi al Tribunale Regionale delle Acque pubbliche di Milano.
Quest’ultimo ordinava, ex articolo 107 c.p.c., la chiamata in causa dell’Agenzia del Demanio, che si costituiva in giudizio svolgendo una sostanziale adesione alle domande di Autorita’ di Bacino e concludendo con la domanda di accertamento della demanialita’ dei beni in contestazione, o di parte di essi.
3. Il Tribunale regionale respingeva le domande dell’Autorita’ di Bacino rivolte nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. e dichiarava inammissibili le domande proposte dall’Autorita’ del Demanio.
In particolare, il TRAP di Milano, quanto alla prospettata occupazione abusiva di aree demaniali lacuali, rilevava che nel ricorso la ricorrente aveva indicato solo la consistenza quantitativa dell’area asseritamente demaniale ma non la consistenza catastale e riteneva che, da quanto emerso nell’istruttoria, le aree indicate dalla ricorrente non insistevano sulla superficie lacustre; inoltre, dalla documentazione prodotta dalla societa’ convenuta, emergeva che alcune aree contestate (quelle ad uso di terrapieno) non avevano natura demaniale, mentre rispetto alle aree “ad uso scalette” l’Autorita’ non aveva dato prova dell’uso esclusivo da parte della societa’.
4. L’Autorita’ di Bacino e l’Agenzia del Demanio impugnavano la decisione dinanzi al TSAP.
Quest’ultimo disponeva consulenza tecnica d’ufficio.
All’esito, si pronunciava nei termini sopra riportati.
In particolare, dichiarava inammissibile l’appello incidentale proposto dall’Autorita’ del Demanio per violazione degli articoli 335 e 343 c.p.c. (costituzione della parte 20 giorni prima dell’udienza) rilevando che il deposito dell’appello incidentale era avvenuto in data 10.10.2017 per l’udienza originariamente fissata all’11.10.2017.
Quanto all’appello principale proposto dall’Autorita’ di Bacino, evidenziava, sulla base delle risultanze della CTU, che vi era stata una evidente antropizzazione, realizzata dai danti causa della societa’ su area appartenente al demanio, che aveva comportato una sottrazione della stessa alla sua naturale vocazione di spiaggia, tramite la realizzazione di opere a ridosso ed in continuita’ con la sponda del (OMISSIS) (terreno demaniale).
Riteneva che il TRAP avesse errato nell’escludere il carattere demaniale del terrapieno e delle aree oggetto della richiesta avanzata dall’Autorita’ di Bacino, tutte realizzate a ridosso della sponda del (OMISSIS) ed asservite dalla proprieta’ dell’Hotel (OMISSIS) ad aree integrate nella zona esterna destinata dall’albergo ai suoi ospiti, e nell’escludere l’esistenza di elementi per ritenere che l’area in contestazione fosse in quota inferiore a quella di piena ordinaria.
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Anche l’applicazione del Decreto Ministeriale n. 1170-48 sulla esatta determinazione della quota di piena ordinaria del Lago confermava, a parere del TSAP, la demanialita’ delle aree contestate.
Il TSAP, inoltre, riteneva priva di pregio l’eccezione di usucapione delle aree proposta dalla (OMISSIS) s.r.l. per una sdemanializzazione tacita del compendio immobiliare in quanto il possesso di essa da parte dei privati e’ inidoneo all’acquisto della proprieta’ per usucapione ex articolo 822 c.c..
Riteneva infondata l’eccezione di carenza di legittimazione attiva dell’Autorita’ di Bacino ai sensi della Legge Regionale Lombardia n. 6 del 2012, articoli 6, comma 4, e 48 e, quanto alla fruizione esclusiva delle scalette, il TSAP riteneva sufficiente rilevare che le scalette conducono al pontile in uso esclusivo della (OMISSIS) s.r.l.
Sulla corretta quantificazione delle somme, il TSAP evidenziava che il provvedimento impugnato aveva indicato in modo specifico i criteri utilizzati per la quantificazione dell’indennizzo richiesto, conformemente alla Legge Regionale Lombardia n. 6 del 2012, articolo 53, comma 1.
Disattendeva l’eccezione di prescrizione dei canoni proposta dalla societa’, ritenendo applicabile la prescrizione decennale che legittima la P.A. a chiedere la reintegrazione della diminuzione patrimoniale subita tramite l’esercizio dell’azione di arricchimento indebito ex articolo 2041 c.c.: nel caso di specie, l’atto di citazione per condanna all’indennita’ per occupazione abusiva era del 25.08.2014 e gli atti di costituzione in mora risalivano al 18.11.2013 e al 12.02.2014.
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Quanto alla misura dell’indennita’ di occupazione abusiva rilevava che la (OMISSIS) s.r.l. aveva mosso contestazioni solo generiche in ordine alla stessa quindi la condannava al ristoro dell’indennita’ di Euro 54.757,26 per il compendio immobiliare di mq. 388,10, di cui mq.18,69 ad uso scalette e mq. 369,41 ad uso terrapieno. Rideterminava l’importo relativo al pontile galleggiante ed alla passerella di collegamento e lo riduceva ad Euro 1.649,88 in considerazione dell’accertato pagamento del canone concessorio da parte della societa’ nel periodo 2005 – 2013.
Conclusivamente condannava la (OMISSIS) s.r.l. al pagamento di complessivi Euro 56.407,14.
Il TSAP accoglieva, poi, parzialmente le domande formulate dalla societa’ nei confronti dei danti causa (eredi) per l’evizione parziale connessa alla vendita di beni in parte demaniali e per la rivalsa reclamata verso i medesimi soggetti.
Quanto all’evizione parziale, stante la limitata estensione della superficie accertata come demaniale (fatto incidente sull’atto negoziale), fissava, rispetto all’importo originario della vendita (lire 500.000.000), il minor prezzo in Euro 20.000,00.
Quanto alla domanda di rivalsa, riteneva che, a fronte dell’indicata somma di Euro 56.407,14, risultata dovuta dalla (OMISSIS) s.r.l., essa potesse ritenersi fondata in ragione di Euro 20.000,00 considerato il beneficio che era derivato alla (OMISSIS) s.r.l. dall’utilizzazione esclusiva del compendio immobiliare per le attivita’ connesse all’albergo dalla stessa gestito.
5. Avverso tale sentenza la (OMISSIS) s.r.l. ha proposto ricorso affidato a undici motivi.
6. Hanno resistito con separati controricorsi: 1) l’Autorita’ di Bacino (che ha concluso per il rigetto del ricorso; 2) l’Agenzia del Demanio (che ha concluso per il rigetto del ricorso); 2) (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), nonche’ (OMISSIS) e (OMISSIS) (quest’ultimo, invero, non risultante nell’epigrafe della sentenza del TSAP), quali eredi di (OMISSIS) (che hanno svolto argomentazioni adesive rispetto a quelle della ricorrente (OMISSIS) s.r.l. quanto ai motivi di ricorso dal primo al nono e chiesto il rigetto dei motivi decimo e undicesimo).
7. Non hanno svolto attivita’ difensiva (OMISSIS) (erede di (OMISSIS)) e (OMISSIS) (erede di (OMISSIS)).
8. Il Procuratore Generale ha depositato memoria con la quale ha chiesto accogliersi per quanto di ragione il decimo e undicesimo motivo di ricorso e respingersi gli altri.
9. Hanno depositato memorie la societa’ (OMISSIS) s.r.l. e l’Autorita’ di Bacino.
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Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la (OMISSIS) s.r.l. denuncia la nullita’ della sentenza per violazione degli articoli 163 e 342 c.p.c. per inammissibilita’ dell’appello per difetto di specificita’ delle censure, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Censura la sentenza impugnata per non aver accolto l’eccezione di inammissibilita’ dell’appello.
Sostiene che la sentenza del TRAP Milano si era basata su due concorrenti motivazioni, non utilmente gravate.
In particolare, il Tribunale Regionale delle Acque aveva ritenuto che l’Autorita’ di Bacino non avesse assolto ai propri oneri deduttivi dei fatti costitutivi della pretesa e che non si potesse dare ingresso a CTU esplorative volte a ricercare, non solo la prova, ma i fatti stessi, neppure allegati.
Assume che tale capo di sentenza e la relativa motivazione, da sola sufficiente a sorreggere il contenuto dispositivo della pronuncia, non erano stati oggetto di appello, con conseguente inammissibilita’ delle ulteriori censure, inidonee ad impedire il rigetto della domanda proposta.
Inoltre, il TRAP, con seconda, concorrente, motivazione, aveva ritenuto, in aggiunta, che i documenti prodotti dessero ragione dell’estraneita’ dei fondi occupati da (OMISSIS) s.r.l. rispetto all’area demaniale ed alla linea di confine di questa.
Anche tale seconda motivazione non era stata, utilmente, censurata.
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2. Il motivo e’ infondato.
Esso presenta innanzitutto profili di inammissibilita’.
Il ricorrente ha, infatti, trascritto il contenuto della sentenza del TRAP ma solo in parte quello dell’appello dell’Autorita’ di Bacino (pag. 11 e 12 del ricorso per cassazione).
Peraltro, a ben guardare, quelle del TRAP non sono state due distinte rationes decidendi inserendosi le stesse in un unico percorso argomentativo evidenziante una sostanziale carenza di allegazione e prova del fatto costitutivo della pretesa (demanialita’ delle aree) riferendosi, ad avviso del Tribunale, i documenti prodotti dall’Autorita’ ad altro terreno, non appartenente alla societa’ convenuta.
Ed allora, per quanto si rileva dalla sentenza impugnata, l’Autorita’ di Bacino aveva contrastato, proprio sulla base della documentazione prodotta in giudizio, il mancato riconoscimento della demanialita’ delle aree occupate dalla societa’ (OMISSIS) s.r.l. sostenendo che tale documentazione fosse gia’ in se’ dimostrativa della natura demaniale, risultando ivi indicato che l’area in esame costituiva “luogo in origine soggiacente alla quota di piena ordinaria, manomesso con la costruzione di un terrapieno e di un muro di contenimento” ed aveva, altresi’, dedotto l’errata valutazione delle risultanze documentali in ordine alla natura demaniale dell’area occupata dalle scalette.
Gia’ questi passaggi sono indicativi di una richiesta di revisione, nel complesso, dell’intero impianto argomentativo del TRAP assumendosi, da parte dell’appellante, che contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di prime cure, era stata versata la documentazione giustificativa della pretesa, il che gia’ in se’ conteneva una censura relativa al ritenuto mancato assolvimento degli oneri deduttivi sulla stessa incombenti.
3. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la nullita’ della sentenza per violazione del giudicato interno sui fatti costitutivi, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Critica la sentenza impugnata per violazione del giudicato interno delle questioni dotate di autonomia e non censurate in appello (acquiescenza impropria per impugnazione parziale della sentenza) in quanto l’appellante non ha contestato la ricostruzione seguita dal giudice di primo grado sulla natura dell’area occupata, oltre al fatto che il TSAP – secondo la ricorrente – confonde e sovrappone i due diversi beni demaniali (alveo e spiaggia).
4. Il motivo e’ infondato per le stesse ragioni di cui al motivo che precede. Nel complesso la sentenza del TRAP era stata, come detto, censurata invocandosi da parte dell’Autorita’ di Bacino la natura demaniale dell’area.
La suddetta posizione assunta nell’atto di appello si poneva, sul piano logico e giuridico, in contrasto con la qualificazione di area riconducibile alla nozione di spiaggia, cioe’ bene estraneo all’alveo, come compiuta dal giudice di primo grado, escludendo, pertanto, su tale aspetto la formazione del giudicato.
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La ricostruzione, in concreto, della situazione sulla base dei documenti richiamati dall’Autorita’ nell’atto di gravame e la riconducibilita’ dell’area alla nozione di spiaggia piuttosto che all’alveo come definito dalle quote di piena ordinaria e’ questione che attiene al merito.
5. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la nullita’ della sentenza per l’inammissibilita’ della CTU, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Censura la sentenza impugnata perche’ fondata sui risultati della CTU, che, a parere della ricorrente, doveva essere dichiarata inammissibile perche’ esorbitante rispetto ai limiti sia della consulenza deducente sia della consulenza percipiente; in particolare la ricorrente lamenta l’esorbitanza dei poteri del CTU, al quale e’ stato conferito incarico di ricercare ed acquisire elementi di fatto costitutivi della domanda risarcitoria, e quindi di ricercare elementi sulla natura demaniale del bene, indipendentemente dagli apporti deduttivi e probatori di parte attrice.
6. Il motivo e’ infondato.
La questione della demanialita’ dell’area era proprio quella oggetto di causa.
7. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la nullita’ della CTU per l’acquisizione autonoma di documenti attinenti ai fatti principali e nullita’ della sentenza basata su tali documenti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Deduce la nullita’ della CTU in quanto basata su documentazione estranea ai fascicoli ed acquisita senza autorizzazione, con violazione del quesito conferito.
8. Il motivo presenta profili di inammissibilita’ (non evincendosi dal ricorso nulla circa i quesiti posti al CTU ovvero circa le acquisizioni documentali disposte ovvero effettuate).
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In ogni caso il motivo e’ infondato.
Questa Corte (ex aliis, Cass. n. 1020 del 19 gennaio 2006; Cass. n. 4729 del 10 marzo 2015; Cass. n. 12921 del 23 giugno 2015; Cass. n. 31886 del 6 dicembre 2019), quanto ai poteri esercitabili dal CTU, aveva affermato che il consulente non puo’ mai ne’ indagare su questioni non prospettate dalle parti, perche’ violerebbe il principio che addossa loro l’onere di allegazione dei fatti, ed impedisce al giudice di indagare su questioni non prospettate dai litiganti; ne’ accertare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione, perche’ violerebbe il principio che addossa alle parti l’onere della prova (salva l’ipotesi della impossibilita’ assoluta ed oggettiva, per le parti, di provare quei fatti se non col ricorso alla consulenza tecnica). In tutti e due i casi, poi, ne sarebbe rimasto vulnerato il principio della parita’ delle parti, giacche’ la consulenza si sarebbe trasformata in un iniquo repe’chage della parte che, per maltalento, avesse trascurato di allegare o provare, nei termini di legge, i fatti dimostrativi del proprio diritto o della propria eccezione. Secondo questo orientamento, al consulente “non compete alcun potere di supplenza” delle parti.
Quanto alle conseguenze delle violazioni da parte del consulente del thema decidendum o del principio dispositivo, si era ritenuto (vedi da ultimo Cass. n. 31886/2019 citata) che la stessa determinasse la nullita’ della consulenza tecnica, da qualificare come nullita’ a carattere assoluto, rilevabile d’ufficio e non sanabile per acquiescenza delle parti, in quanto le norme che stabiliscono preclusioni, assertive ed istruttorie, nel processo civile sono preordinate alla tutela di interessi generali, non derogabili dalle parti.
Invero di recente, in sede di risoluzione di un contrasto e con pronuncia resa nell’interesse della legge, ai sensi dell’articolo 363, comma 4, c.p.c., questa Corte (Cass., Sez. Un., n. 3086 del 1 febbraio 2022) discostandosi dalla prospettiva abbracciata, tra le altre dalla citata Cass. n. 31886/2019, ha affermato che, dovendo il CTU procedere nei limiti dei quesiti sottopostigli anche alla investigazione dei fatti accessori, puo’ estendere il proprio giudizio anche ai fatti che, pur se non dedotti dalle parti, siano pubblicamente consultabili, non essendovi ragione di vietare in tal caso al CTU, pur se ne maturi la conoscenza aliunde, di esaminare in guisa di fatti accessori e dunque in funzione di rendere possibile la risposta ai quesiti, i fatti conoscibili da chiunque.
Anche quanto alla nullita’ la piu’ recente pronuncia e’ coerente con il descritto ruolo del consulente tecnico in rapporto all’attivita’ del giudice. Escluso, quindi, il ricorso alla categoria dell’inammissibilita’ (piu’ consono all’attivita’ delle parti) o a quella (dagli incerti contorni) dell’inutilizzabilita’, l’approdo finale e’ nel senso della nullita’ relativa, e cio’ in relazione soprattutto allo “snodo cruciale (..) costituito (..) dalla necessita’ che l’attivita’ consulenziale si svolga nel piu’ fedele e scrupoloso rispetto del contraddittorio delle parti”. Il mancato rispetto del contraddittorio “tecnico” lede, infatti, un interesse delle parti, di cui le stesse possono disporre, non facendone valere la violazione nelle forme e nei tempi di cui all’articolo 157, comma 2, c.p.c.”. Cio’ sempre che si rimanga nel perimetro dei fatti secondari, dal momento che, ove il CTU finisca per indagare su fatti principali non dedotti dall’attore a fondamento della domanda (e, comunque, non accertabili d’ufficio dal giudice), la nullita’ non potra’ che essere assoluta, “in quanto afferente alla sfera dei poteri legittimamente esercitabili dal giudice” (o suscettibile di essere fatta valere quale motivo di impugnazione, ai sensi dell’articolo 161 c.p.c.).
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Orbene nella specie non sussistono elementi evincibili dal ricorso per ritenere che vi sia stata un’attivita’ per ricercare aliunde quanto rimesso all’onere di allegazione e prova delle parti.
Non era stata, infatti, demandata al CTU alcuna indagine esplorativa ma solo la verifica dell’appartenenza al demanio lacuale (come noto comprendente l’alveo, cioe’ l’estensione coperta dal bacino idrico con le piene ordinarie, e la spiaggia, cioe’ quei terreni contigui lasciati scoperti dalle acque nel loro volume ordinario, che sono necessari e strumentali al soddisfacimento delle esigenze della collettivita’ di accesso, sosta e transito per trasporto, diporto, esercizio della pesca etc.) dell’area in contestazione che, come detto, aveva costituito l’oggetto di causa.
Peraltro, il TSAP e’ pervenuto alla valutazione della demanialita’ dell’area considerando non solo le risultanze della CTU ma tutta una serie di elementi fattuali e documentali coordinati (mappe catastali, rilevazioni altimetriche, realizzazione di opere, antropizzazione della zona, connotazione dell’utilizzo delle aree in relazione alla gestione del complesso alberghiero).
Si ricorda, altresi’, che questa Corte (Cass. n. 21566 del 7 ottobre 2020; Cass. n. 6619 del 1 aprile 2015; Cass. n. 12999 del 24 maggio 2013; Cass. 30 luglio 2009 n. 17737; Cass. 5 novembre 1981 n. 5817), con specifico riferimento all’appartenenza di un determinato bene al demanio, ha ritenuto che il giudice di merito ha il potere-dovere di accertare i caratteri obiettivi con i quali il bene si presenta al momento della decisione, per effetto dei quali esso rientra nella categoria prevista dalla legge.
9. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la nullita’ della sentenza basata su documenti prodotti dal CTP in appello come allegato alle osservazioni alla CTU, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4
Sostiene che il giudice abbia utilizzato, a fondamento della decisione, allegati della CTP, considerandoli erroneamente come allegati della relazione del CTU, errando, conseguentemente, sul regime giuridico da applicare a tali documenti, che e’ diverso dal regime previsto per i documenti acquisiti ed utilizzati dal CTU per rispondere al quesito; censura, pertanto, la nullita’ della sentenza per aver posto a base del proprio convincimento documenti estranei al fascicolo di parte ed illegittimamente acquisiti e valutati.
10. Il motivo presenta profili di inammissibilita’ (non evincendosi a quali documenti la parte abbia inteso riferirsi) ed e’ comunque infondato per le stesse ragioni evidenziate con riguardo al motivo precedente.
11. Con il sesto motivo la ricorrente deduce la nullita’ della sentenza per motivazione apparente, illogica e perplessa sullo scostamento dalle conclusioni del CTU, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Sostiene che il TSAP sia incorso in tale nullita’ in quanto ha ritenuto non necessarie ulteriori acquisizioni tecniche/scientifiche e considerato sufficienti – al fine di dichiarare la demanialita’ del bene – i dati indicati nella relazione dal CTU, nonostante il consulente tecnico avesse concluso indicando la necessita’ di ulteriori indagini per una risposta tecnica esaustiva.
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12. Il motivo e’ infondato.
Rientra nell’ambito della discrezionalita’ del giudice disattendere le conclusioni del CTU o disporre integrazioni dell’elaborato peritale, non sussistendo la necessita’, ai fini della completezza della motivazione (ora nei limiti del nuovo articolo 360 c.p.c., n. 5), che il giudice dia conto delle ragioni di tale scelta.
Nello specifico, si evince dalla sentenza impugnata che il CTU, al fine di rispondere correttamente al quesito postogli, aveva prospettato la necessita’ di effettuare un’indagine distruttiva (non invasiva) mediante scavi in sezione di trincee per identificare la stratigrafia e la quota del terreno naturale prima della costruzione del muro di protezione e dell’eventuale riempimento a tergo per la formazione del terrapieno.
Sul punto il TASP ha ritenuto, pero’, irrilevanti ai fini della verifica di demanialita’, i richiesti saggi di scavo da parte del CTU, ritenendo che tale demanialita’ risultasse in maniera sufficiente dagli elementi gia’ acquisiti in giudizio, ed evidenziato che l’attivita’ di antropizzazione compiuta ed emergente dalle riproduzioni fotografiche allegate all’elaborato peritale rendeva evidente la sottrazione di aree poste in continuita’ con il tratto spondale dei terreni demaniali antistanti lo specchio del lago e, dunque, per loro conformazione aventi naturale vocazione di spiaggia.
Tale valutazione esclude ogni carenza motivazionale nei termini prospettati dalla ricorrente.
13. Con il settimo motivo la ricorrente denuncia nullita’ della sentenza per motivazione apparente, illogica e perplessa sulla natura demaniale del bene, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Censura la sentenza impugnata perche’ confonde il bene dell’alveo con il bene della spiaggia, che hanno presupposti differenti (come affermato dalla stessa sentenza impugnata) ma che, a parere della societa’, vengono sovrapposti e confusi nel percorso motivazionale della sentenza.
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14. Il motivo e’ infondato.
La motivazione della sentenza impugnata non e’ apparente, illogica o perplessa essendo tutto l’impianto argomentativo orientato a dare contezza dell’accertata natura demaniale dell’area.
Ed infatti, ad avviso del TSAP, a prescindere dalla collocazione dei terreni al di sopra o al di sotto della quota delle piene ordinarie del (OMISSIS) – la cui quota altimetrica e’ determinata dal Decreto Ministeriale n. del Ministero dei lavori pubblici del 20 agosto 1948, n. 1170 -, la loro demanialita’ puo’ essere desunta anche aliunde, sulla base dell’interpretazione degli atti di proprieta’ e della valutazione globale del quadro probatorio. Cosi’, nello specifico, partendo dal concetto di demanialita’ di cui agli articoli 822 e 823 c.c., il TSAP ha ritenuto che gli elementi evidenziati dal CTU – pagg. 17 e 18 della sentenza impugnata, punti a), b), c) e d) – deponessero univocamente per la natura demaniale delle aree in contestazione, natura che permaneva nonostante gli interventi realizzati nell’ambito delle complessive trasformazioni della zona immediatamente a monte.
15. Con l’ottavo motivo la ricorrente denuncia la nullita’ della sentenza per motivazione apparente, illogica e perplessa sull’integrazione dei requisiti dell’arricchimento senza causa e sulla quantificazione della pretesa, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Censura la sentenza impugnata per aver “combinato”, ai fini della quantificazione indennitaria, la disciplina prevista dall’articolo 2041 c.c., posta a fondamento della pretesa senza verificare la sussistenza degli elementi costitutivi richiesti dalla norma, con la disciplina prevista dall’articolo 53 Legge Regionale Lombardia n. 6/2012, utilizzata per stabilire il quantum risarcitorio.
16. Il motivo e’ infondato.
Anche in questo caso la motivazione, sul punto, non e’ apparente, ne’ illogica o perplessa.
Il TSAP ha richiamato, infatti, quanto gia’ affermato da questa Corte circa la possibilita’ per la P.A., in caso di persistente utilizzazione di un bene demaniale da parte del concessionario, dopo la scadenza della concessione, di avvalersi dei mezzi ordinari a difesa della proprieta’ – senza ricorrere ai poteri autoritativi di tutela, di cui pure e’ titolare – con conseguente devoluzione delle relative controversie alla giurisdizione ordinaria, presso la quale l’Amministrazione stessa puo’ altresi’ esercitare l’azione di arricchimento indebito ex articolo 2041 c.c. al fine di ottenere un indennizzo adeguato (cosi’ Cass., Sez. Un., n. 12313 del 18 novembre 1992).
Inoltre, dopo un percorso argomentativo complessivamente e chiaramente deponente per l’esistenza, nello specifico, oltre al pregiudizio per l’Autorita’ di Bacino (che non aveva percepito i canoni) e all’arricchimento dell’occupante abusivo (che aveva la fruizione esclusiva delle aree ricadenti nel (OMISSIS) – si pensi alle scalette conducenti al pontile in uso esclusivo alla (OMISSIS) s.r.l. – ed accertate come demaniali senza aver corrisposto i canoni), della correlazione fra i suddetti elementi e della mancanza di una giusta causa, ha evidenziato che l’Autorita’, “ben lungi dal rivendicare la proprieta’ demaniale di aree per conto del demanio”, si e’ limitata a quantificare l’indennizzo richiesto utilizzando i criteri di cui alla Legge Regionale Lombardia n. 6 del 2012, articolo 53, comma 1.
Trattasi di motivazione che certamente risponde al minimo costituzionale ai sensi del novellato articolo 360 c.p.c., n. 5.
Ne’ si rinviene la violazione della norma sostanziale denunciata nel corpo del motivo.
17. Con il nono motivo la ricorrente denuncia la violazione/falsa applicazione della Legge Regionale Lombardia n. 6 del 2012, articolo 53 e dell’articolo 12 disp. sulla legge in generale, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Censura la sentenza impugnata per aver applicato al caso di specie di occupazione abusiva di bene demaniale contestata e non riconosciuta la Legge Regionale Lombardia n. 6 del 2012, articolo 53, che, invece, disciplina, con sistema derogatorio speciale, i diversi casi in cui il pagamento sia chiesto dallo stesso soggetto occupante.
18. Il motivo e’ infondato.
Nello specifico non vi e’ stata una quantificazione della pretesa in applicazione dei canoni secondo la disciplina della legge regionale ma quest’ultima e’ stata richiamata al solo scopo di individuare un criterio di riferimento per la determinazione dell’indennizzo adeguato.
19. Con il decimo motivo (in subordine, in caso di rigetto dei primi otto motivi – che, in realta’, sono nove -) la ricorrente denuncia la violazione/falsa applicazione degli articoli 1480, 1483 e 1484 c.c. per la limitazione dell’obbligazione del dante causa ad una somma inferiore a quella che l’evitto e’ tenuto a pagare in ragione della perdita della proprieta’, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Rileva che il TSAP ha condannato i danti causa della societa’ ad una somma inferiore a quella che l’evitto e’ tenuto a pagare ed ha escluso da tale somma le spese legali da rimborsare all’attore, in violazione del comma 2 dell’articolo 1483 c.c.; denuncia, altresi’, la violazione delle norme sull’evizione parziale, che prevedono – a garanzia dell’evizione – il cumulo della riduzione del prezzo con la restituzione dei frutti e delle spese, oltre al risarcimento del danno.
20. Il motivo e’ solo parzialmente fondato.
Quanto al riconoscimento di una somma inferiore a quella che l’evitto e’ tenuto a pagare, va osservato che a pag. 34 della sentenza impugnata vi e’ una valutazione congrua nella quantificazione del relativo importo, essendosi evidenziata sia la misura davvero marginale della superficie interessata dalla natura demaniale delle particelle oggetto di pretesa da parte dell’Autorita’ di Bacino – rispetto alla complessiva superficie -, e al complessivo importo, della originaria vendita sia il godimento della assai limitata porzione di area di cui la (OMISSIS) s.r.l. ha potuto usufruire proprio in relazione all’atto negoziale.
Quanto all’ulteriore doglianza, si osserva innanzitutto che, nello specifico, la (OMISSIS) s.r.l. aveva formulato specifica domanda di evizione parziale ai sensi dell’articolo 1484 c.c. cui si applicano le disposizioni dell’articolo 1480 c.c. e dell’articolo 1483, comma 2, c.c., prevedente l’obbligo di rimborso delle spese di lite.
In sede di appello, come evidenziato anche dagli eredi (OMISSIS) nella memoria, la societa’, in presenza di un fatto che aveva reso operante la garanzia, aveva fatto esplicito riferimento ai “costi sostenuti per la lite” ma cio’ non integra una domanda nuova stante come detto il richiamo contenuto dell’articolo 1484 c.c. alla previsione di cui all’articolo 1483, comma 2.
Orbene, la Corte non ha tenuto conto del fatto che una specifica voce di danno evizionale e’, appunto, rappresentata dalle spese legali sostenute dal compratore nella difesa contro il terzo evincente e delle spese pagate a quest’ultimo.
La formula letterale della norma menziona, piu’ esattamente, le somme rimborsate all’attore e le spese fatte dal compratore “per la denunzia della lite”. Ma il fondamento della pretesa di rimborso non consente di escludere dal diritto al rimborso le spese fatte per la lite stessa, trattandosi di un effetto dannoso tipicamente conseguente all’inadempimento dell’impegno traslativo.
Questa Corte ha, sul punto, affermato (v. Cass., n. 21625 del 12 ottobre 2009) che in caso di evizione parziale, qualora sia accertato il fatto che rende operante la relativa garanzia, all’acquirente, convenuto in giudizio, compete, ai sensi degli articoli 1483, comma 2, e 1484 c.c., nei confronti del venditore chiamato in garanzia, il diritto al rimborso delle spese giudiziarie sopportate e di quelle che, a sua volta, abbia dovuto rimborsare al terzo vittorioso; tale diritto compete all’acquirente chiamante in garanzia anche nel caso in cui il giudice gli abbia negato la tutela risarcitoria per la carenza delle restanti condizioni e, segnatamente, per non essere stata fornita la prova del danno in concreto subito per effetto dell’evizione stessa.
21. Con l’undicesimo motivo (sempre in subordine, in caso di rigetto dei primi otto motivi – che, come detto, in realta’, sono nove -) la ricorrente denuncia violazione/falsa applicazione degli articoli 1476, 1480, 1484 c.c., anche in combinato disposto con l’articolo 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nullita’ della sentenza per carenza di motivazione sulla negazione del risarcimento del danno, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Denuncia la mancata pronuncia del TSAP sulla domanda di risarcimento del danno richiesto dalla societa’ nei confronti degli eredi della propria dante causa, risarcimento che si sarebbe aggiunto all’ammontare dei canoni e/o degli indennizzi da occupazione illegittima che la (OMISSIS) s.r.l. era stata condannata a pagare all’Autorita’ di Bacino, nonostante l’allegazione del contratto di compravendita e dell’inadempimento di controparte.
Assume che il TSAP, nell’accogliere parzialmente la domanda di garanzia, nulla ha detto in ordine al risarcimento dei danni subiti, stimati in Euro 145.200,00 dal geom. (OMISSIS), CTP di (OMISSIS), nella propria relazione del 21.11.2016 (doc. 2-3 del fascicolo di cassazione). Sul punto, la ricorrente fa espresso richiamo al principio giurisprudenziale tale per cui, oltre al c.d. interesse contrattuale negativo, va riconosciuto al compratore evitto anche il risarcimento dell’interesse positivo per il caso in cui l’evizione sia attribuibile al venditore a titolo di colpa, status che poi la stessa ritiene di poter ravvisare nel comportamento dell’alienante (OMISSIS) nel momento in cui, come evidenziato a pag. 24 dell’impugnata sentenza, viene dedotta la presenza di “evidente antropizzazione realizzata dai danti causa della societa’ (OMISSIS) su area appartenente al demanio in quanto sottratta alla sua naturale vocazione di spiaggia”.
22. Il motivo e’ infondato.
Non c’e’ stata alcuna omessa pronuncia avendo la Corte territoriale (v. pag. 35 della sentenza) quantificato in soli Euro 20.000,00 il danno da rivalsa tenendo conto del fatto che la (OMISSIS) s.r.l. ha goduto dell’intero compendio senza versare alcuna indennita’ e, dunque, conseguito, in concreto, un surplus di benefici.
Peraltro, questa Corte ha evidenziato (v. Cass. n. 20877 del 10 ottobre 2011; Cass. n. 23015 del 26 settembre 2018), in tema di evizione, che il compratore, evitto anche in via parziale, ha diritto al risarcimento del danno subito sia per la lesione dell’interesse negativo che per la lesione dell’interesse positivo. Quanto al primo aspetto, il diritto del compratore al risarcimento del danno, nei limiti dell’interesse negativo, sorge in conseguenza del mero fatto della perdita del diritto acquistato, facendo venir meno la ragione giustificatrice della controprestazione ed alterando l’equilibrio del sinallagma funzionale, con la conseguente necessita’ che vi sia posto rimedio mediante ripristino della situazione economica dell’acquirente, senza che rilevi in tal caso l’eventuale buona fede del venditore; quanto al secondo profilo, invece, in caso di lucro cessante, l’acquirente, per ottenerne il risarcimento, deve provare non solo il danno subito, ma anche la colpa di parte venditrice.
Orbene, nella specie, neppure si evince quando ed in che termini la colpa del venditore sia stata prospettata.
23. Conclusivamente va accolto, nei termini sopra evidenziati, il decimo motivo di ricorso e vanno rigettati gli altri.
La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa puo’ essere decisa nel merito, condannandosi gli eredi dei chiamati in causa (OMISSIS) e (OMISSIS), tutti in solido, a restituire alla (OMISSIS) s.r.l. le spese processuali che, nel rapporto con l’Autorita’ di (OMISSIS), sono state poste a carico di detta societa’ per il giudizio di primo e di secondo grado.
24. Il pur limitato accoglimento del ricorso, l’adesione degli eredi (OMISSIS) ai motivi dal primo al nono del ricorso della (OMISSIS) s.r.l. e comunque la peculiarita’ dell’intera vicenda oltre che delle questioni trattate, costituiscono motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimita’ sia quanto al rapporto tra l’Autorita’ di (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.r.l. sia quanto al rapporto tra la (OMISSIS) s.r.l. e gli eredi (OMISSIS).
Nulla, infine, va disposto per le spese dell’Agenzia del Demanio considerato che quest’ultima risulta controricorrente rispetto ai motivi della ricorrente (OMISSIS) s.r.l. da 1 a 9 essendo stata, pero’, destinataria di pronuncia di inammissibilita’ dell’appello incidentale proposto dinanzi al TSAP con il quale detta Agenzia aveva impugnato la declaratoria di inammissibilita’ delle domande dalla medesima proposte e chiesto l’accoglimento delle tesi dell’Autorita’ di Bacino formulate nel ricorso principale. A fronte di tale iter processuale, non emerge ne’ e’ prospettato un interesse giuridicamente rilevante in capo all’Agenzia del Demanio (convergente o analogo a quello dell’Autorita’ di Bacino che e’ il soggetto istituzionalmente deputato a garantire la realizzazione delle finalita’, riconducibili alla tutela dell’ambiente, espresse, in particolare, dal Decreto Legislativo n. 153 del 2006, articolo 63, comma 5, lettere b) e c), della difesa del suolo, della lotta alla desertificazione, della tutela delle acque e gestione delle risorse idriche, del controllo sull’impatto delle attivita’ umane sullo stato delle acque – v. Corte Cost. n. 232 del 2009 -), anche solo ai fini di un controricorso adesivo.
25. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, deve darsi atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass., Sez. Un., n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dalla ricorrente.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, accoglie, per quanto di ragione, il decimo motivo di ricorso e rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna gli eredi dei chiamati in causa (OMISSIS) e (OMISSIS), tutti in solido, a restituire alla (OMISSIS) s.r.l. le spese processuali che, nel rapporto con l’Autorita’ di (OMISSIS) e (OMISSIS), sono state poste a carico di detta societa’ per il giudizio di primo e di secondo grado; compensa le spese del presente giudizio di legittimita’ sia quanto al rapporto tra l’Autorita’ di (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.r.l. sia quanto al rapporto tra la (OMISSIS) s.r.l. e gli eredi (OMISSIS); nulla per le spese dell’Agenzia del Demanio.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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