Consiglio di Stato, sezione adunanza plenaria, Ordinanza 14 dicembre 2018, n. 18.

La massima estrapolata:

Va ritenuta la immediata applicabilità dell’articolo 47 della Legge professionale forense (n. 247/2012) in materia di nomina e composizione della commissione di esame di Stato non essendo previsto il richiamo all’articolo 47 nell’articolo 49 della sopra citata legge che, nel dettare la disciplina transitoria per l’esame, espressamente rinvia al 2020 l’applicazione delle nuove norme concernenti le sole prove scritte e orali, nonché le modalità di svolgimento dell’esame (articolo 46 in relazione al Dm n. 48/2016).

Ordinanza 14 dicembre 2018, n. 18

Data udienza 12 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Adunanza Plenaria
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 18 di A.P. del 2018, proposto dalla Signora El. De., rappresentata e difesa dagli avvocati Ag. Ca., Ca. Fl., domiciliata presso il Consiglio Di Stato Segreteria in Roma, piazza Capo di Ferro 13, rappresentato e difeso dall’avvocato con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ag. Ca. in Roma, c/o Cds, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
Ministero della Giustizia, Sottocommissione per gli esami di abilitazione alla professione di Avvocato presso la Corte di Appello di Catania – Sessione 2017, prima Sottocommissione per gli Esami di abilitazione presso la Corte di Appello di Salerno – Sessione 2017, Commissione centrale per gli Esami di abilitazione all’esercizio della professione di Avvocato – Sessione 2017, non costituitisi in giudizio;
per la riforma dell’ordinanza cautelare del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta) n. 585/2018.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista la impugnata ordinanza cautelare del Tribunale amministrativo regionale di reiezione della domanda cautelare presentata dalla parte ricorrente in primo grado;
Vista la ordinanza collegiale n. 718 del 14 novembre 2018 con la quale il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana all’esito della discussione tenutasi alla camera di consiglio del 14 novembre 2018 ha rimesso la controversia all’esame di questa Adunanza plenaria;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2018 il consigliere Fabio Taormina e udito per l’appellante l’avvocato Cariola Agatino;
Considerato in fatto che:
1. Con la ordinanza cautelare in epigrafe n. 585 del 25 settembre 2018 qui appellata il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia -Sezione Staccata di Catania- ha respinto la domanda della odierna appellante Signora El. De., volta ad ottenere la sospensione della provvisoria esecutività del:
a) provvedimento di non ammissione della originaria ricorrente alla prova orale dell’esame di abilitazione alla professione di avvocato (sessione 2017/2018), pubblicato in data 29 giugno 2018 dalla Sottocommissione per l’esame di avvocato presso la Corte di appello di Catania a seguito della trasmissione degli elaborati ad opera della sottocommissione presso la corte di appello di Salerno;
b) verbale della Commissione centrale presso il Ministero della giustizia per esame di avvocato, sessione 2017, n. 1 del 7 dicembre 2017 e dell’allegata nota della Commissione centrale per l’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione forense nominata con D.M. 22 novembre 2017, sempre datata 7 dicembre 2017;
c) verbale della prima sottocommissione di esame per l’abilitazione alla professione di avvocato – sessione 2017/2018 – presso la Corte di appello di Salerno, incaricata per la correzione degli elaborati scritti, del 26 gennaio 2018, nella parte in cui aveva espresso giudizi negativi sugli elaborati della predetta originaria ricorrente e, per l’effetto, ne aveva comportato la non ammissione alle prove orali, nonché ogni altro atto preliminare o presupposto, anche non noto e, di conseguenza, per la ricorrezione degli elaborati della originaria ricorrente.
2. La originaria ricorrente, aveva articolato due distinte doglianze:
a) la censura alternativa di violazione dell’art. 47, l. n. 247/2012 ovvero di violazione dell’art. 22, r.d.l. n. 1578/1933:
b) la asserita insufficienza della espressione del voto con punteggio numerico, e comunque erroneità del voto attribuito ai singoli elaborati, in quanto incoerente con i criteri generali di valutazione (anche laddove si fosse ritenuta sufficiente l’attribuzione del solo punteggio numerico).
3. Il Ministero della Giustizia si era costituito in resistenza, depositando atto di stile.
4. Il T.a.r. con la ordinanza impugnata ha respinto la domanda di sospensione degli atti impugnati, in quanto carente del requisito del fumus boni iuris sui seguenti rilievi:
a) legittimità e sufficienza della valutazione degli elaborati espressa solo in forma numerica (A.P. 7/2017);
b) piena fungibilità dei componenti della Commissione d’esame (C.G.A. ordinanze nn. 488/2018 e 142/2018, e sentenza n. 109/2018);
c) carenza di interesse del motivo con il quale si era dedotta l’illegittimità del decreto ministeriale di nomina della Commissione di esame in quanto l’eventuale suo accoglimento avrebbe implicato la ripetizione delle prove scritte e non una nuova correzione degli elaborati già realizzati, siccome prospettatosi nel ricorso.
5. L’originaria ricorrente, rimasta integralmente soccombente, ha proposto appello avverso la suindicata ordinanza, deducendo che:
a) il T.a.r. avrebbe travisato il primo motivo di ricorso, in quanto, se si fosse aderito – come sembrava aver fatto il T.a.r. – alla tesi secondo la quale doveva ancora trovare applicazione l’art. 22 r.d.l. n. 1578/1933, ne sarebbe dovuto di necessità discendere che erano viziati il bando e il d.m. di nomina delle sottocommissioni: ciò in quanto le sottocommissioni erano state nominate con i criteri di cui all’art. 47, l. n. 247/2012 (e non con quelli dell’art. 22 del r.d.l. n. 1578/1933);
b) era fondata la censura incentrata sulla violazione dell’art. 9 d.P.R. n. 487/1994 e del pari lo erano quelle con le quali si era segnalata la insufficienza del voto espresso soltanto numericamente e non corredato da perspicua motivazione.
6. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana all’esito della discussione tenutasi alla camera di consiglio del 14 novembre 2018 ha trattenuto la causa in decisione e, con la ordinanza collegiale n. 718 del 14 novembre 2018, dopo avere richiamato il quadro legislativo applicabile, e gli orientamenti della giurisprudenza amministrativa, ha deferito all’Adunanza plenaria l’esame del primo motivo di ricorso.
6.1. Il particolare il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, nel constatare che il ricorso poneva questioni di massima di particolare importanza, e che su tali questioni di massima si registrava un contrasto di giurisprudenza, ha posto in luce che:
a) appariva prioritario stabilire quale fosse la disciplina vigente in ordine alla composizione della commissione e delle sottocommissioni di esame avvocato ed in particolare se dovesse trovare immediata applicazione l’art. 47 l. n. 247/2012, ovvero se continuasse a trovare applicazione l’art. 22, r.d.l. n. 1578/1933;
b) ciò in quanto, dette discipline differivano in alcuni, rilevanti, elementi, ed in particolare:
I) a tenore dell’art. 22, del r.d.l. n. 1578/1933, si stabiliva che due componenti titolari e due supplenti fossero individuati nella categoria dei magistrati ma non si prevedeva che i predetti commissari designati tra i magistrati potessero essere individuati tra quelli posti in quiescenza; di converso si prevedeva espressamente la fungibilità dei commissari, a prescindere dalla corrispondenza di “categoria di provenienza” tra sostituito e sostituto;
II) l’art. 47 della legge n. 247/2012, invece, aveva espressamente stabilito che tra i componenti della commissione d’esame venissero nominati un effettivo e un supplente, di regola prioritariamente da rinvenirsi tra i magistrati in pensione (e solo in seconda istanza tra i magistrati in servizio) mentre non faceva riferimento alla fungibilità dei commissari e alla possibilità che i supplenti sostituiscano componenti effettivi di qualifica diversa dal supplente;
c) risultava quindi indispensabile stabilire se fosse vigente la disciplina del 1933 o quella del 2012, e, per l’ipotesi in cui si fosse ritenuta vigente la nuova disciplina del 2012, se quella recata dall’art. 22 r.d.l. n. 1578/1933, dovesse ritenersi interamente tacitamente abrogata, o se almeno in parte sopravvivesse, in particolare quanto al quinto comma laddove si prevedeva la fungibilità dei supplenti;
d) in ordine a tali delicate questioni era ravvisabile un contrasto di giurisprudenza, anche successivo decisione di questa Adunanza Plenaria n. 7/2017 che (ancorché ivi non fosse stata espressamente esaminata la questione della disciplina vigente in materia di commissioni di esame, ma ci si fosse unicamente soffermati in ordine alla disciplina vigente in tema di valutazione delle prove di esame) aveva affermato che la disciplina transitoria recata dall’art. 49 l. n. 247/2012 fosse stata dettata al fine di “procrastinare l’entrata in vigore della legge di riforma, complessivamente considerata, con riferimento a tutti gli aspetti che disciplinano lo svolgimento dell’esame suddetto”.
6.2. Nella seconda parte dell’ordinanza di rimessione il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha:
a) richiamato la propria recente decisione n. 109/2018 ed espresso il motivato convincimento secondo il quale l’art. 47 della l. n. 247/2012, relativo alla formazione della commissione di esame non fosse in vigore e rientrasse nel differimento di entrata in vigore recato dall’art. 49 della predetta legge;
b) fatto presente che, ove si fosse acceduto a tale tesi, si sarebbe dovuta valutare la legittimità del bando di esame e del d.m. di nomina di commissioni e sottocommissioni (nella parte in cui, applicando l’art. 47 l. n. 247/2012, avevano nominato nelle sottocommissioni magistrati in pensione, e in numero di uno per commissione);
c) posto in luce che, laddove invece si fosse ritenuta persuasiva la tesi alternativa secondo cui l’art. 47 l. n. 247/2012 fosse già entrato in vigore (non rientrando quindi nel differimento di entrata in vigore recato dall’art. 49 della medesima legge n. 247/2012) ci si sarebbe dovuti interrogare sulla possibilità che trovasse altresì permanente applicazione l’art. 22 r.d.l. n. 1578/1933 (quanto, in particolare, al quinto comma sulla fungibilità dei commissari);
d) espresso il motivato convincimento (in linea con quanto già sostenuto nelle sentenze nn. 109/2018, 587/2018, 588/2018, 589/2018) che tale ultima opzione ermeneutica (a più riprese affermata in numerose decisioni della Quarta Sezione del Consiglio di Stato) trovasse insuperabili ostacoli sotto il profilo sistematico;
e) rimesso, infine, all’Adunanza Plenaria la decisione delle seguenti questioni:
1) se l’art. 47 l. n. 247/2012, che disciplina la commissione di esame di avvocato, sia già in vigore, o se la sua entrata in vigore sia stata differita dall’art. 49, l. n. 247/2012;
2) se si dà risposta negativa al primo quesito, e dunque se si ritiene che l’art. 47 l. n. 247/2012 non sia in vigore, se il vizio del decreto di nomina della commissione e delle sottocommissioni, che applica i criteri del citato art. 47, possa avere rilevanza invalidante ex se, o solo in quanto in concreto sia viziata la composizione della sottocommissione che ha corretto gli elaborati del ricorrente;
3) se, viceversa, si dà risposta affermativa al primo quesito, e dunque se si ritiene che l’art. 47 l. n. 247/2012 sia già in vigore, se sia o meno ancora applicabile l’art. 22, comma 5, r.d.l. n. 1578/1933, sulla fungibilità dei commissari di gara, e comunque, se sia o meno autonomamente rinvenibile, nel corpo del citato art. 47, una regola o principio di fungibilità dei commissari.
7. In data 7 dicembre 2018 la Signora El. De. ha depositato una memoria puntualizzando e ribadendo le proprie difese
8. Alla odierna camera di consiglio del 12 dicembre 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.
Considerato in diritto, che:
9. Le questioni sottoposta dall’ordinanza di rimessione devono essere risolte affermando i seguenti principi di diritto:
a) l’art. 47 della legge 31.12.2012 n. 247 non è ricompreso nel differimento previsto dal successivo art. 49 della legge medesima: deve pertanto ritenersi che detta disposizione sia entrata in vigore e da ciò discende che questa fosse ratione temporis la disposizione applicabile in materia di nomina e composizione della sottocommissione d’esame, con riferimento ai fatti di causa;
b) da quanto sopra discende che il bando di esame ed il d.m. di nomina della commissione centrale e delle sottocommissioni – laddove è stata fatta applicazione dell’art. 47 l. n. 247/2012 invece che della disposizione di cui all’art. 22, r.d.l. n. 1578/1933 – siano immuni da qualsivoglia vizio in tal senso;
c) dalla immediata applicazione dell’art. 47 della legge n. 247/2012discende altresì il venir meno del principio c.d. di fungibilità dei componenti delle commissioni giudicatrici degli esami di abilitazione all’esercizio delle professioni forensi in passato applicabile ai sensi del quinto comma dell’art. 22 del r.d.l. n. 1578/1933;
d) dalla intervenuta abrogazione del suddetto principio di fungibilità dei commissari di esame contenuto sub art. 22 comma V del r.d.l. n. 1578/1933 e non riprodotto nel vigente art. 47 della legge n. 247/2012 discende quindi che è viziato l’operato delle sottocommissioni di esame che procedano alla elaborazione dei subcriteri, alla correzione degli elaborati scritti ed alla celebrazione dell’esame orale in assenza di commissari appartenenti a ciascuna delle categorie professionali indicate sub art. 47 della legge n. 247/2012.
10. Seguendo la tassonomia propria delle questioni (secondo le coordinate ermeneutiche dettate dall’Adunanza plenaria n. 5 del 2015), in ordine logico è prioritaria la individuazione della disciplina vigente in ordine alla composizione della commissione centrale e delle sottocommissioni di esame avvocato, ed in particolare se trovi applicazione l’art. 47 della legge n. 247/2012 ovvero l’art. 22 del r.d.l. n. 1578/1933.
10.1. Nella ordinanza di rimessione sono state testualmente citate le affermazioni contenute nella motivazione della decisione dell’Adunanza plenaria n. 7/2017 (“la lettera dell’articolo 49 -laddove si fa riferimento “all’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato” indistintamente inteso, e si richiama espressamente che ciò concerne sia “le prove scritte che le prove orali”- conduce alla univoca conclusione che il Legislatore abbia voluto procrastinare l’entrata in vigore della legge di riforma, complessivamente considerata, con riferimento a tutti gli aspetti che disciplinano lo svolgimento dell’esame suddetto (…)appare evidente che il Legislatore abbia dettato la norma transitoria con l’intento di procrastinare l’entrata in vigore di tutti gli aspetti innovativi della riforma (…) proprio in quanto l’art. 49 della legge non introduce in proposito alcuna distinzione, né espressa, né implicita.”) ma (considerato che la questione sulla quale detta decisione era chiamata a pronunciarsi concerneva il limitato aspetto dalla immediata applicabilità – o meno – della disposizione di cui all’art. 46 della comma 5 della legge n. 247 del 2012), si è chiesto a questa Adunanza plenaria di precisarne la portata ed in particolare di specificare se anche le disposizioni in materia di composizione delle commissioni e sottocommissioni di esame contenute sub art. 47 della legge n. 247/2012 siano ricomprese nel differimento temporale previsto ex art. 49 della legge medesima.
10.2. Osserva in proposito l’Adunanza plenaria innanzitutto che deve senz’altro riconoscersi che la legge 31.12.2012 n. 247, recante la “nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense”, ha introdotto plurime e rilevanti modifiche ai precedenti meccanismi di accesso alla professione di avvocato previsti dal R.D. n. 1578/1933 e dal R.D. n. 37/1934.
In particolare, un semplice raffronto tra le dette discipline, consente di rilevare che con riferimento alle “prove scritte ed oralì’, le innovazioni introdotte riguardano:
a) il numero delle materie oggetto dell’esame orale (sei, secondo il R.D.22 gennaio 1934 n. 37; sette, secondo la legge 247/2012);
b) le modalità di scelta delle materie orali, in quanto secondo la previgente disciplina sarebbe rimessa al candidato la scelta delle cinque materie (di cui almeno una di diritto processuale) mentre secondo la nuova disciplina 1’esame ha necessariamente ad oggetto tutte le seguenti materie: ordinamento e deontologia; diritto civile; diritto penale; diritto processuale penale; diritto processuale civile, oltre ad altre due materie scelte preventivamente dal candidato;
c) la durata della prova scritta (da sette ore per ciascuna prova si è passati a sei ore per ciascuna prova);
d) la votazione minima per 1’ammissione all’orale (secondo la legge previgente sarebbe stato sufficiente conseguire la sufficienza -pari a 30 punti di merito- in almeno due delle tre prove scritte, mentre secondo le recenti disposizioni del 2012 è necessario raggiungerla in tutte e tre le prove);
e) il punteggio minimo per l’idoneità in quanto: secondo la disciplina previgente occorrevano non più di 180 punti complessivi e non meno di 30 punti per almeno cinque prove, mentre secondo la nuova legge sarebbero necessari almeno 30 punti per ciascuna materia;
f) la motivazione del voto, mediante osservazioni positive o negative, prevista (unicamente, ai sensi di quanto stabilito dalla decisione dell’Adunanza Plenaria n. 7/2017) dalla nuova legge;
g) il divieto di consultare testi con citazioni o commenti, mentre, secondo la normativa previgente, sarebbe stato consentito utilizzare testi con le (sole) annotazioni di giurisprudenza.
10.2.1. Ulteriori, rilevanti, innovazioni, concernono la composizione della commissione centrale e delle sottocommissioni e la durata minima del periodo di tirocinio: non sembra quindi azzardato affermare con la novella del 2012 siano state introdotte disposizioni che modificano profondamente l’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione forense.
10.2.2. La disciplina transitoria dettata dall’art. 49 della legge 31.12.2012 n. 247 così, testualmente dispone: “per i primi sette anni dalla data di entrata in vigore della presente legge l’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato si effettua, sia per quanto riguarda le prove scritte e le prove orali, sia per quanto riguarda le modalità di esame, secondo le norme previgenti”.
10.3. Ritiene l’Adunanza plenaria che dalla lettera del citato art. 49 possa ricavarsi il convincimento che il differimento della entrata in vigore della nuova normativa ivi contemplato si applichi – non soltanto, come espressamente deciso nella sentenza dell’Adunanza plenaria n. 7/2017, all’obbligo di corredare con motivazione esplicita l’espressione numerica del voto ma, anche – a tutte le prescrizioni contenute nel citato art. 46.
L’Adunanza plenaria è invece convinta che il detto differimento non ricomprenda la disposizione che regola la composizione delle commissioni di esame (art. 47) e che pertanto detta ultima disposizione debba ritenersi ratione temporis immediatamente applicabile.
10.3.1. Sembra in proposito doversi riconoscere, innanzitutto, la non lineare chiarezza del dato normativo.
Ed in questo quadro, l’Adunanza plenaria riconosce la profondità e lo spessore delle considerazioni sistematiche compendiate nella puntuale esposizione contenuta al paragrafo 11 dell’ordinanza di rimessione, militanti per la tesi della non immediata applicabilità dell’art. 47 della legge 247 del 2012, e per la sussumibilità di tale disposizione in ultimo citata nel rinvio disposto dall’art. 49 della legge medesima.
Senonché, detta opzione ermeneutica non sembra persuasiva, sulla scorta di due, convergenti, considerazioni:
a) l’argomento sistematico compendiato nella ordinanza di rimessione non possiede portata decisiva: una volta che si conviene sulla circostanza che la “novella” del 2012, nella parte di interesse, è composta soltanto da quattro articoli (artt.46-49) e che uno di essi (l’art. 48) contiene al proprio interno una disciplina transitoria autonoma, potrebbe fondatamente sostenersi che se il Legislatore avesse voluto differire l’entrata in vigore anche dell’art. 47 (oltre che dell’art. 46) avrebbe potuto indicare espressamente detta disposizione, ovvero comunque strutturare l’art. 49 in modo da non inserire ivi la perimetrazione “per materie” che vi è invece contenuta (“per i primi sette anni… l’esame.. si effettua, sia per quanto riguarda le prove scritte e le prove orali, sia per quanto riguarda le modalità di esame, secondo le norme previgenti”);
b) in altre parole, se con il citato art. 49 il Legislatore avesse voluto differire l’entrata in vigore anche dell’art. 47, non si vede perché avrebbe dovuto puntualizzare che il rinvio concerneva “le prove scritte e le prove orali” e “le modalità di esame”;
c) a tale argomento se ne salda un altro, testuale, che sembra all’Adunanza plenaria possedere portata pregnante: il Legislatore ha ritenuto di “doppiare” la dizione “per quanto riguarda le prove scritte e le prove orali,” con quella “le modalità di esame”; tale dizione “le modalità di esame”, se certamente vale a ricomprendere nel differimento tutte le prescrizioni contenute sub art. 46, non è invece idonea a ricomprendervi l’art. 47 in punto di composizione delle commissioni di esame;
d) infatti, il passaggio procedimentale concernente la nomina della commissione centrale e delle sottocommissioni commissioni, si pone a monte dell’esame, ma non riguarda certamente “le modalità”con cui l’esame si svolge;
e) tale doppia indicazione, quindi, da un lato sembra dettata per ricomprendere nel differimento tutte le molteplici prescrizioni contenute nell’art. 46 che costituiscono la cornice delle “prove scritte e le prove orali” (es: di quanti punti disponga ciascun commissario, della modalità di attribuzione del punteggio, etc.), ma non sembra atta a ricomprendere nel differimento adempimenti che si pongono decisamente a monte delle modalità di espletamento delle prove.
10.4. Armonicamente con le superiori considerazioni, sembra al Collegio potersi quindi affermare che:
a) l’art. 47 della legge 31.12.2012 n. 247 non è ricompreso nel differimento previsto dal successivo art. 49 della legge medesima;
b) ratione temporis, la disposizione applicabile in materia di nomina e composizione della sottocommissione d’esame è dunque quella di cui all’art. 47 della legge 31.12.2012 n. 247;
c) il bando ed il decreto ministeriale di nomina delle commissioni, nella parte in cui si conformano alle prescrizioni contenute sub art. 47 della legge 31.12.2012 n. 247, sono immuni da vizi.
11. Così risolta la questione preliminare, occorre adesso soffermarsi in ordine alla conseguenze dalla stessa discendenti, ed in particolare sulla problematica esposta al capo 14 dell’ordinanza di rimessione (id est: permanente vigenza – o meno- del principio c.d. “della fungibilità dei commissari d’esame”).
11.1. E’ evidente che, nell’ottica della esposizione contenuta nella ordinanza di rimessione (volta a sostenere ratione temporis, la attuale applicabilità dell’art. 22, r.d.l. n. 1578/1933, sia per ciò che concerne i commi III e IV relativi alla composizione delle commissioni, sia con riferimento al comma V che dispone espressamente la fungibilità dei commissari d’esame) il quesito rimesso non avrebbe posseduto stringente attualità: l’utilità della rimessione sarebbe stata rinvenibile nell’aspirazione ad orientare il futuro atteggiamento della giurisprudenza, al momento della entrata in vigore dell’art. 47 della legge 31.12.2012 n. 247.
11.2. Alla luce, invece, di quanto si è fin qui affermato in ordine immediata entrata in vigore dell’art. 47 della legge 31.12.2012 n. 247 risulta indispensabile dirimere – con riferimento alle controversie pendenti- il contrasto interpretativo concernente la possibilità di applicare il c.d. “principio di fungibilità dei commissari di esame” anche nella vigenza dell’art. 47 della legge 31.12.2012 n. 247.
11.3. Come esposto nella ordinanza di rimessione sussiste in effetti un contrasto di giurisprudenza tra:
a) numerose sentenze (Cons. St., IV, nn. 973/2017; 4408/2018; 1142/2018; 76/2018; 5732/2017, 5731/2017, 5730/2017, 5725/2017, 5684/2017, 5679/2017, 5678/2017, 5191/2017, 1873/2017, 265/2017, 4406/2016) della Quarta Sezione del Consiglio di Stato che – muovendo dall’avviso che l’art. 47 l. n. 247/2012 fosse immediatamente applicabile- hanno comunque affermato che tale norma non avrebbe impedito il permanente dispiegarsi del principio (già) contenuto sub comma V dell’art. 22 del r.d.l. n. 1578/1933, che consentirebbe la piena fungibilità, anche infracategoriale, dei commissari di esame;
b) alcune recenti decisioni del CGARS (nn. 109/2018 587/2018, 588/2018, 589/2018) che invece hanno escluso che la disposizione di cui all’art. 47 l. n. 247/2012 consenta di rinvenire elementi dai quali desumere la attualità del principio di piena fungibilità, anche infracategoriale, dei commissari di esame e che hanno parimenti negato che fosse in qualche modo ipotizzabile la ultrattività della specifica prescrizione recata dal comma V dell’art. 22 del r.d.l. n. 1578/1933.
11.4. Ciò premesso, sebbene gli argomenti sottesi alle contrapposte tesi come sopra descritte siano stati puntualmente illustrati nell’ordinanza di rimessione, sembra opportuno riepilogarne i termini essenziali.
11.4.1. Ed a tal proposito, si rammenta che le decisioni della Quarta Sezione che si sono soffermate su tale tematica ed hanno sostenuto che, pur successivamente alla entrata in vigore dell’art. 47 della legge 31.12.2012 n. 247, fosse applicabile il c.d. “principio di fungibilità dei commissari di esame” si fondano su un triplice ordine di considerazioni:
a) un argomento letterale, fondato sul dato testuale dell’art. 47 della l. n. 247 del 2012, che non imporrebbe la regola della infungibilità delle tre categorie professionali né avrebbe espressamente vietato la fungibilità;
b) un argomento sistematico, rappresentato dal convincimento che il comma V dell’art. 22 del r.d.l. n. 1578/1933 possieda portata generale, ma anche incentrato sulla previsione contenuta nell’art. 65 della legge n. 247 del 2012, secondo cui “fino alla data di entrata in vigore dei regolamenti previsti nella presente legge, si applicano se necessario e in quanto compatibili le disposizioni vigenti non abrogate, anche se non richiamate”;
c) un argomento teleologico, fondato sulla ratio dell’istituto della supplenza, volto ad assicurare lo svolgimento delle funzioni della Commissione in termini di effettività e tempestività, nel rispetto dei principi di buon andamento dell’azione amministrativa, fissati dall’art. 97 della Costituzione.
11.4.2. Le sentenze del CGARS prima richiamate, oltre a confutare detti argomenti, si fondano sulla opposta considerazione secondo la quale laddove – come nel caso di specie- il Legislatore abbia voluto garantire l’apporto di differenti professionalità, per giunta determinando per ciascuna di esse le quote, ciò avrebbe fatto per perseguire una molteplicità di fini (tra i quali, nel caso di specie, anche quelli di evitare rischi di autoreferenzialità e corporativismo, ovvero il perseguimento di politiche di barriere all’ingresso non previste dalla legge): secondo tale argomentare, detti fini risulterebbero frustrati, laddove -in preteso ossequio al principio di fungibilità dei componenti- si consentisse che alle operazioni correzione degli elaborati non partecipassero i rappresentanti delle categorie prescelte dal Legislatore medesimo.
11.5. Così sommariamente descritti i termini del contrasto interpretativo, ritiene l’Adunanza plenaria che per fornire una risposta al quesito come sopra sintetizzato sia necessario, in via preliminare, interrogarsi in ordine alla portata da attribuire al comma V dell’art. 22 del r.d.l. n. 1578/1933(“Il Ministro della giustizia nomina per la commissione e per ogni sottocommissione il presidente e il vicepresidente tra i componenti avvocati. I supplenti intervengono nella commissione e nelle sottocommissioni in sostituzione di qualsiasi membro effettivo.”); e segnatamente, che sia necessario accertare se la predetta disposizione sia espressiva di un principio generale, ovvero se possa essere qualificata quale disposizione speciale di portata derogatoria.
11.5.1. Si osserva in proposito che gli organi collegiali della pubblica amministrazione si distinguono in perfetti e imperfetti: i primi sono i collegi che possono deliberare solo con la presenza di tutti i membri mentre i secondi sono quelli che possono decidere con la presenza di una parte soltanto dei componenti designati (ciò, sempre che l’organo si sia validamente costituito con la presenza del numero legale dei componenti: c.d. “quorum strutturale”).
E’ agevole rilevare che la previsione della necessità di partecipazione e di voto da parte di tutti i componenti dell’organo può talora costituire una limitazione alla funzionalità dell’organo ed alla celerità delle decisioni, posto che l’assenza anche di un solo componente rischierebbe di paralizzare l’attività del collegio; per tale ragione, quando la legge regola la formazione di collegi perfetti prevede che, accanto ai componenti effettivi, siano nominati dei componenti supplenti che possano garantire che il collegio possa operare con il plenum anche in caso di impedimento di taluno dei membri effettivi; ed anzi, non sembra superfluo aggiungere che, sin da tempo risalente, la consolidata giurisprudenza amministrativa (tra le tante, Consiglio di Stato sez. IV 14 maggio 2014 n. 2500, Consiglio di Stato sez. IV 22 febbraio 2001 n. 938, Consiglio di Stato sez. V 1 ottobre 2002 n. 5139) suole affermare che “nel silenzio della legge, il criterio più sicuro per individuare un collegio perfetto è costituito dalla previsione, in aggiunta ai componenti elettivi, di componenti supplenti, potendosi unicamente trarre, in questa ipotesi, il convincimento circa l’univoca volontà del legislatore che il valido funzionamento dell’organo richieda la presenza di tutti i membri del collegio.”.
Si è detto, in particolare che “lo scopo della supplenza è proprio quello di garantire che il Collegio possa operare con il plenum anziché con la sola maggioranza, in caso di impedimento di taluno dei membri effettivi, senza che il suo agire sia impedito o ritardato dall’impedimento di taluno dei suoi componenti.” (Consiglio di Stato sez. V, 31 gennaio 2007, n. 400 ma anche Consiglio di Stato sez. VI, 21 marzo 2005, n. 1112; Consiglio di Stato sez. VI, 10 febbraio 2006 n. 543).
11.5.2. In linea generale, è stato poi constatato in passato che la maggioranza degli organi collegiali a carattere non rappresentativo -caratterizzati da funzioni di ponderazione d’interessi pubblici omogenei e non di composizione d’interessi pubblici eterogenei, e contrassegnati dalla posizione di neutralità, imparzialità e indipendenza dei loro componenti, tra i quali rientrano anche le commissioni esaminatrici dei concorsi pubblici (oltre che gli organi amministrativi contenziosi e gli organi giurisdizionali) – è strutturata in via di massima in collegi perfetti perché alla loro attività è, di regola, coessenziale la presenza di tutti i componenti in quanto muniti di specifiche competenze tecniche (e tanto più se eterogenee), che nel loro dispiegarsi nell’organo assicurano la più completa ed esauriente valutazione e ponderazione dell’interesse pubblico alla cui cura sono preposti (nell’ambito dei concorsi per l’ammissione agli impieghi, ad esempio, l’interesse alla più esauriente e compiuta valutazione dei candidati e alla selezione dei migliori tra i concorrenti).
Ciò risponderebbe alla ulteriore esigenza tenuta in considerazione dal Legislatore, allorché si risolve a prevedere che determinate funzioni siano affidate ad un collegio c.d. “perfetto” e che discende dalla circostanza che la composizione dell’Organo ricomprende professionalità complementari tra loro, sicché ogni componente debba considerarsi infungibile rispetto agli altri (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 31 gennaio 2007, n. 400, Consiglio di Stato sez. IV, 8 febbraio 2007, n. 524, Consiglio di Stato sez. VI, 10 febbraio 2006 n. 543).
11.5.3. Alla stregua di tale consolidata giurisprudenza, non è dubitabile – ad avviso dell’Adunanza plenaria – che la scelta legislativa sia stata quella di strutturare la sottocommissione degli esami di avvocato quale c.d. “collegio perfetto”.
11.6. Sempre sotto un profilo di inquadramento generale, da quanto si è finora esposto, ed in particolare dalla coessenziale presenza di tutti i componenti, dovrebbe discendere che -per rispettare la volontà del Legislatore, il quale a monte ha ritenuto indispensabile l’apporto di soggetti provenienti da differenti categorie – di regola negli organi collegiali perfetti debba operare il c.d. “ principio di corrispondenza” il quale impone che ogni titolare debba essere sostituito da un supplente della medesima categoria.
11.6.1. E’ bene avvertire che il detto principio non ha portata assoluta, essendo certamente consentito alla responsabile discrezionalità del Legislatore medesimo discostarvisi, allorché vengano in evidenza differenti interessi od esigenze da tutelare (quale, ad esempio, la necessaria celerità delle operazione demandate all’organo,) e queste ultime appaiano possedere portata prevalente.
Si rammenta in proposito che la strutturazione di un organo collegiale di natura amministrativa quale collegio perfetto, sebbene integri opzione a più riprese prescelta dal Legislatore, non risponde ad un interesse di carattere assoluto: la giurisprudenza amministrativa è consolidata nello statuire che il collegio perfetto non è un modello indispensabile per gli organi collegiali amministrativi, dovendosi avere riguardo alle peculiarità della relativa disciplina (Consiglio di Stato sez. IV,14 maggio 2014, n. 2500, Consiglio di Stato sez. VI, 6 giugno 2011 n. 3363); anche la giurisprudenza costituzionale e quella di legittimità civile (cfr. Corte cost. 12 marzo 1998 n. 52 Cass. S.U. 24 agosto 1999, n. 603; Cass. S.U 5 febbraio 1999, n. 39, Cass., Sez. lav., n. 8245 del 26 aprile 2016) non hanno mai ritenuto necessario, a fini di rispetto dell’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che organi con attribuzioni amministrative fossero collegi perfetti.
Riveste inalterata attualità sul punto, l’insegnamento della giurisprudenza amministrativa secondo il quale “il collegio perfetto è un modello necessario soltanto per gli organi collegiali giurisdizionali, mentre per quelli amministrativi ben può essere previsto un quorum strutturale inferiore al plenum del collegio in relazione alla peculiarità della disciplina da dettare. Trattandosi, quindi, di scelta discrezionale del legislatore e in assenza di qualsiasi regola o principio costituzionale, deve ritenersi manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 61 d.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761 e dell’art. 10 l. reg. Veneto 7 aprile 1982 n. 13 nella parte in cui configurano le commissioni di disciplina alla stregua di collegi imperfetti “(Cons. St., sez. V, 11 aprile 1991, n. 539).
Ora, posto che il più comprende il meno, deve certamente concludersi che sarebbe ben possibile che il Legislatore, pur modellando un organo collegiale quale collegio perfetto, si risolva a temperare le conseguenze che da tale composizione di regola discendono, consentendo la piena fungibilità dei componenti del medesimo: ma ciò, costituisce eccezione al principio generale della c.d. “corrispondenza dei componenti alle quote”.
11.6.2. Ciò è quello che è accaduto -ad avviso del Collegio- nella fattispecie oggetto di analisi: il quinto comma dell’art. 22 del r.d.l. 1578/1933 ha codificato il principio della fungibilità dei componenti delle commissioni giudicatrici degli esami di abilitazione all’esercizio delle professioni forensi (probabilmente in considerazione degli alti profili professionali che caratterizzano le varie categorie dalle quali vengono tratti i commissari); da ciò si è fatto discendere che neppure in sede di funzionamento delle singole sottocommissioni occorrerebbe una specifica motivazione in ordine agli impedimenti che hanno resa necessaria la sostituzione dei vari membri.
E ciò sembra ascrivibile ad una consapevole volontà del Legislatore di fare eccezione al principio generale, probabilmente per garantire la snellezza del funzionamento delle sottocommissioni, chiamate ad ultimare le operazioni di correzione in un torno di tempo contenuto, pur a fronte di un numero sempre crescente di candidati.
11.7. L’Adunanza plenaria è quindi persuasa della portata derogatoria del quinto comma dell’art. 22 del r.d.l. 1578/1933, rispetto alla regola generale (c.d. “principio di corrispondenza”) che disciplina il funzionamento dei c.d. “organi collegiali perfetti”.
11.7.1. Ed a tal riguardo non può che prendersi atto della circostanza che tale previsione non è stata riprodotta nel vigente testo dell’art. 47 della l. n. 247 del 2012.
11.7.2. Muovendo da tale punto di partenza, sembra quindi doversi affermare che:
a) a seguito della entrata in vigore l’art. 47 della l. n. 247 del 2012 non possa affermarsi la sopravvivenza del principio di “fungibilità dei commissari d’esame” contenuto nel quinto comma
dell’art. 22 del r.d.l. 1578/1933, in quanto:
I)deve essere innanzitutto precisato che l’art. 65 comma I della legge n. 247/2012 (“1. Fino alla data di entrata in vigore dei regolamenti previsti nella presente legge, si applicano se necessario e in quanto compatibili le disposizioni vigenti non abrogate, anche se non richiamate.”) non può essere utilmente invocato in chiave di permanenza del principio di fungibilità: esso infatti non rileva in tal senso, riguardando aspetti della riforma forense per cui necessitano regolamenti attuativi (e non è questo il caso della disciplina della commissione di esame, che è recata compiutamente dall’art. 47 l. n. 247/2012 e non necessita di alcuna norma di attuazione);
II) la nuova disciplina del 2012 è concepita come legge generale che regola l’intera materia: e tale doveva parimenti considerarsi la disciplina dettata dal r.d.l. 1578/193; ne consegue che nel contrasto tra le due norme – il cui contenuto è evidentemente incompatibile – non si può far ricorso al principio di specialità che postula l’equivalenza tra le norme stesse, ma deve necessariamente applicarsi il criterio cronologico, in base al quale la legge successiva prevale su quella precedente: in altre parole, facendo corretta applicazione della disposizione dell’art. 15 delle preleggi – in presenza di una nuova legge che regola l’intera materia già regolata da una legge generale anteriore – non può che sussistere l’abrogazione tacita della norma precedente incompatibile (di recente, si veda Cassazione civile, sez. un., 19 luglio 2018, n. 19282 secondo cui – unicamente- lex posterior generalis non derogat priori speciali);
III) in contrario senso a quanto sinora affermato, neppure potrebbe sostenersi la valenza di principio generale della prescrizione dettata dal quinto comma dell’art. 22 del r.d.l. 1578/1933: invero, come si è detto, il principio ivi cristallizzato costituisce deroga a quello, generale ed opposto, della c.d. “corrispondenza” il quale impone che ogni titolare debba essere sostituito da un supplente della medesima categoria;
b) una volta che il Legislatore non abbia ritenuto di reiterare espressamente detta previsione nel testo dell’art. 47 della legge n. 247/2012 (ovvero di ribadire espressamente l’ultravigenza del comma V dell’art. 22 del r.d.l. 1578/1933) non si può non prendere atto della volontà legislativa di sopprimere tale disposizione derogatoria;
c) sembra infine pacifico (tra le tante Consiglio di Stato sez. IV, 4 maggio 2010 n. 2544) che non potrebbe utilmente essere invocato in senso opposto a quanto sinora affermato il d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 – il cui art. 9 comunque non prevede alcuna deroga al principio della c.d. “corrispondenza”- in quanto la legislazione in materia di esame di abilitazione all’esercizio della professione forense integra previsione speciale rispetto ai principi statuiti dal predetto d.P.R. che contiene il regolamento sui pubblici concorsi.
11.8. Non è superfluo precisare, infine, che il venire meno del principio di fungibilità dei commissari va inteso armonicamente con le consolidate acquisizione della giurisprudenza amministrativa (puntualmente richiamate nella condivisibile esposizione contenuta nell’ordinanza di rimessione) secondo cui è irrilevante la “irregolare” composizione della Commissione allorché essa pone in essere (non già una attività decisoria e valutativa ma) una mera attività preparatoria e istruttoria il che accade, ad esempio, allorché proceda agli incombenti relativi al momento dell’abbinamento degli elaborati, delle buste, al rimescolamento, all’apposizione del numero progressivo sulla busta maggiore (Cons. Stato sez. IV, sentenze n. 4517 del 27 settembre 2017, n. 5191 del 13 novembre 2017, n. 5725 del 4 dicembre 2017).
12. Conclusivamente, alla stregua dei superiori rilievi, l’Adunanza plenaria enuncia i seguenti principi di diritto e rimette la causa al CGARS per la definizione del segmento cautelare della causa e per la regolamentazione delle spese:
a) l’art. 47 della legge 31.12.2012 n. 247 non è ricompreso nel differimento previsto dal successivo art. 49 della legge medesima: esso è pertanto immediatamente operativo e da ciò discende che questa è ratione temporis la disposizione applicabile in materia di nomina e composizione della sottocommissione d’esame;
b) consegue da ciò che il bando di esame ed il d.m. di nomina della commissione centrale e delle sottocommissioni, che hanno fatto applicazione dell’art. 47 l. n. 247/2012 (invece che della disposizione di cui all’art. 22, r.d.l. n. 1578/1933), sono immuni da qualsivoglia vizio in tal senso;
c) dalla immediata applicazione dell’art. 47 della legge n. 247/2012discende che è venuto meno il principio c.d. di fungibilità dei componenti delle commissioni giudicatrici degli esami di abilitazione all’esercizio delle professioni forensi in passato applicabile ex art. 22 comma V del r.d.l. n. 1578/1933;
d) dalla intervenuta abrogazione del suddetto principio di fungibilità dei commissari di esame contenuto sub art. 22 comma V del r.d.l. n. 1578/1933 e non riprodotto nel vigente art. 47 della legge n. 247/2012 consegue quindi che è viziato l’operato delle sottocommissioni di esame che procedano alla elaborazione dei subcriteri, alla correzione degli elaborati scritti ed alla celebrazione dell’esame orale in assenza di commissari appartenenti a ciascuna delle categorie professionali indicate sub art. 47 della legge n. 247/2012.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza plenaria), enuncia i seguenti principi di diritto e rimette la controversia al CGARS per la definizione del segmento cautelare della causa e per la regolamentazione delle spese:
a) l’art. 47 della legge 31.12.2012 n. 247 non è ricompreso nel differimento previsto dal successivo art. 49 della legge medesima: esso è pertanto immediatamente operativo e da ciò discende che questa è ratione temporis la disposizione applicabile in materia di nomina e composizione della sottocommissione d’esame;
b) il bando di esame ed il d.m. di nomina della commissione centrale e delle sottocommissioni, che hanno fatto applicazione dell’art. 47 l. n. 247/2012(invece che della disposizione di cui all’art. 22, r.d.l. n. 1578/1933), sono immuni da qualsivoglia vizio in tal senso;
c) dalla immediata applicazione dell’art. 47 della legge n. 247/2012discende che è venuto meno il principio c.d. di fungibilità dei componenti delle commissioni giudicatrici degli esami di abilitazione all’esercizio delle professioni forensi in passato applicabile ex art. 22 comma V del r.d.l. n. 1578/1933;
d) è viziato l’operato delle sottocommissioni di esame che procedano alla elaborazione dei subcriteri, alla correzione degli elaborati scritti, ed alla celebrazione dell’esame orale in assenza di commissari appartenenti a ciascuna delle categorie professionali indicate sub art. 47 della legge n. 247/2012.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi – Presidente
Sergio Santoro – Presidente
Giuseppe Severini – Presidente
Marco Lipari – Presidente
Antonino Anastasi – Presidente
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Claudio Contessa – Consigliere
Fabio Taormina – Consigliere, Estensore
Giulio Castriota Scanderbeg – Consigliere
Diego Sabatino – Consigliere
Bernhard Lageder – Consigliere
Umberto Realfonzo – Consigliere
Oberdan Forlenza – Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere
Massimiliano Noccelli – Consigliere

Avv. Renato D’Isa

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