Il termine di costituzione delle parti intimate

Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 22 gennaio 2020, n. 538

La massima estrapolata:

Nel processo amministrativo il termine di costituzione delle parti intimate, stabilito dall’anzidetto art. 46, primo comma, c.p.a., non ha infatti carattere perentorio, essendo ammissibile la costituzione della parte appellata sino all’udienza di discussione del ricorso: e in caso di costituzione tardiva, – come, per l’appunto, nella presente fattispecie – la parte appellata costituitasi tardivamente incorre soltanto nelle preclusioni e nelle decadenze dalle facoltà processuali di deposito di memorie, sì che la costituzione è in tal caso ammessa nei limiti delle difese orali dovendo, per converso, essere stralciati dagli atti del giudizio le memorie e i documenti depositati tardivamente, dei quali non si tiene conto ai fini del decidere.

Sentenza 22 gennaio 2020, n. 538

Data udienza 1 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8139 del 2011, proposto dai signori -OMISSIS-, tutti nella loro qualità di eredi della signora -OMISSIS- e tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Pa. Pe., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. La. Cu. in Roma, piazza (…),
contro
il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Di So., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fr. Li. in Roma, viale di Val (…),
per la riforma
della sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione staccata di Latina, Sezione I n. 1053/2010, resa tra le parti, concernente estumulazione feretri dalla parte danneggiata del cimitero civico in seguito a crolli di lapidi e cornici e trasferimento delle salme in nuove bare.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 1 ottobre 2019, il Consigliere Fulvio Rocco e uditi per le parti l’avvocato Enrico Perrella su delega dell’avvocato Pa. Pe., nonché l’avvocato Fr. Li. su delega dell’avvocato Ma. Di So.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.1. Gli attuali appellanti, signori -OMISSIS- espongono, quali eredi della signora -OMISSIS-, che la stessa era venuta casualmente a conoscenza in data 5 giugno 2008, del fatto che presso il Cimitero di Sa. Ma., sito nel comune di (omissis) nelle vicinanze della Chiesa di Sa. Ma. As., si stavano eseguendo da alcuni giorni operazioni di estumulazione dei feretri dai loculi nel settore n. 5 del Cimitero medesimo, il cui titolo giustificativo veniva rinvenuto nell’ordinanza n. 6 dd. 9 maggio 2008 emessa del Sindaco del Comune di (omissis) e con la quale veniva disposta, à sensi dell’art. 32 della l. 23 dicembre 1978. n. 833, e dell’art. 54 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, l’estumulazione delle salme contenute nei loculi pericolanti e danneggiati del predetto settore cimiteriale, la demolizione e la ricostruzione dei loculi medesimi e la ripartizione delle spese in favore dell’impresa che avrebbe effettuato i lavori di ricostruzione tra tutti gli aventi diritto alla conservazione del loculo ricostruito per i loro defunti.
1.2. In data 6 giugno 2008 la signora -OMISSIS-ha pertanto proposto sub R.G. 662 del 2008 ricorso innanzi al T.A.R. per il Lazio, Sezione staccata di Latina, al fine di ottenere l’annullamento – previa sospensiva – di tale ordinanza, deducendo al riguardo violazione di legge, difetto di motivazione, eccesso di potere, sviamento, difetto dei presupposti, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, difetto di istruttoria, violazione del principio di proporzionalità e del minimo mezzo, violazione dell’art. 54 del d.lgs. n. 267 del 2000, nullità dell’ordinanza impugnata per violazione ed elusione del giudicato à sensi dell’art. 21-septies della l. 7 agosto 1990, n. 241, mancata esecuzione sostanziale del provvedimento giurisdizionale costituito dall’ordinanza cautelare n. 131 dd. 22 febbraio 2008 emesso dal medesimo T.A.R. di Latina nell’omo giudizio ivi proposto sub R.G. n. 1041 del 2007, parimenti pendente, violazione dell’art. 84 del d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, difetto di motivazione, violazione del principio del giusto procedimento, violazione degli artt. 3 e 7 della l. 7 agosto 1990, n. 241, violazione dell’obbligo di notifica contenuto nella stessa ordinanza impugnata.
Giova sin d’ora evidenziare che le premesse motive dell’impugnata ordinanza risultano così formulate: “Premesso che con Verbale di Constatazione del 24 aprile 2008, prot. n. 2016, il Funzionario Responsabile dell’Ufficio di Polizia Locale, Ten. Benito Perella, ha riferito che in data 23 aprile 2008 dopo essere stato contattato telefonicamente da un cittadino che aveva personalmente assistito al crollo di due lapidi e cornici varie provenienti dai loculi del lotto n. 5 del Cimitero di Sa. Ma. si è recato sul posto e ha assistito ad ulteriori cadute di cornici ed intonaci ed udito vari scricchiolii in prossimità degli avvenuti cedimenti, provvedendo anche ad eseguire un rilievo fotografico allegato al verbale; Dato atto che il predetto Funzionario ha constatato che detti crolli hanno portato alla luce diverse casse funerarie, ascrivendo l’accentuazione di tali cedimenti alle ultime copiose piogge che hanno appesantito l’ormai fatiscente struttura dei loculi in questione; Dato atto che con verbale di sopralluogo del 29 aprile 2008, trasmesso con nota n. 2109 del 5 u.s., del Funzionario Responsabile dell’Ufficio Tecnico, Arch. Ma. Io., si è evidenziato che le condizioni dei loculi del settore n. 5, ivi compresi i loculi siti nell’angolo a valle della Chiesa in corrispondenza della parete di fondo, versano in condizione di totale precarietà, ben più grave della situazione che richiese l’interdizione dell’area ai visitatori con ordinanza n. 29 del 21 dicembre 2007 dello stesso Ufficio Tecnico; Dato atto che nel predetto verbale di sopralluogo risulta che i crolli riscontrati hanno interessato la parte centrale del settore cimiteriale n. 5, ove in particolare si sono avuti distacchi di cospicue zone di rivestimenti marmorei, che nel crollo hanno coinvolto anche parti strutturali formate da materiali che hanno ormai perso le loro caratteristiche meccaniche e statiche e che a tali crolli deve aggiungersi il dissesto di una porzione ben più ampia dell’area di tumulazione, che ha accentuato pericolosamente le problematiche strutturali, da ricondursi alla mancata manutenzione ordinaria nel corso degli ultimi decenni, come già evidenziato in precedenza dall’Ufficio Tecnico anche nella sua perizia del 18 luglio2007; Dato atto pertanto che dai verbali predetti si evidenzia che nel Civico Cimitero le strutture murarie in questione hanno riportato danni gravissimi, con pericolo di ulteriori crolli, tanto che in molti loculi le bare sono a vista; Considerato che si rende pertanto necessario nell’immediato dover provvedere alla estumulazione e conservazione dei feretri in attesa della successiva tumulazione per consentire la esecuzione dei lavori necessari; Ritenuto di dover provvedere in merito, stante l’esigenza di tutelare immediatamente e contemporaneamente la “pietas” nei confronti dei defuntiti e l’igiene e la salute pubblica nonché l’incolumità pubblica; Visto il d.lgs. n. 267 del 2000, ed in particolare l’art. 54; Visto il d.P.R. n. 285 del 1990 90; Visto l’art. 32 della l. n. 833 del 1978; Vista l. n. 241 del 1990; Vista la l. n. 241 del 1990… “.
Gli appellanti a questo punto rimarcano che la surriferita ordinanza, da ultimo resa oggetto d’impugnativa innanzi al giudice di primo grado, aveva fatto seguito all’ordinanza n. 21 del 2007 del medesimo Sindaco del Comune di (omissis), di tenore ana, che era stata adottata sulla base di un rapporto dell’Ufficio Tecnico Comunale dd. 18 luglio 2007, con il quale il funzionario responsabile aveva comunicato la precaria stabilità di diversi lotti di loculi posti nella parte più vecchia del cimitero, ed in particolare l’intero settore n. 5, e concludeva per la necessaria estumulazione di n. 60 salme per tutelare l’igiene e l’incolumità pubblica e per la ricostruzione dell’indicato settore del Cimitero comunale.
L’ordinanza n. 21 del 2007 era stata a sua volta già impugnata dalla medesima signora -OMISSIS-sempre innanzi al T.A.R. di Latina sub R.G. 1041 del 2007 deducendo motivi sostanzialmente omologhi a quelli dianzi descritti e – quindi – fondamentalmente sostenendo che anche per tale precedente fattispecie non erano ravvisabili i presupposti per l’emanazione di ordinanze contingibili ed urgenti: e ciò in quanto la precaria stabilità del settore n. 5 del cimitero di (omissis) non poteva essere ricondotta tra quelle situazioni, di carattere eccezionale ed impreviste, costituenti concreta minaccia per la pubblica incolumità, e in ordine alle quali risulterebbe in effetti impossibile utilizzare i normali mezzi apprestati dall’ordinamento giuridico.
L’allora adito T.A.R., mediante l’anzidetta propria ordinanza n. 131 dd. 22 febbraio 2008, aveva quindi sospeso l’efficacia di tale precedente ordinanza n. 21 del 2007 testualmente rilevando che: “i motivi di censura appaiono, ad una prima valutazione, non manifestamente infondati, tenuto conto dei requisiti a cui l’art. 32 della l. 23 dicembre 1978, n. 833 subordina l’emanazione di ordinanze contingibili e urgenti in capo al Sindaco…”.
In tale precedente giudizio, nonché in quello poi proposto sub R.G. 662 del 2008 e in ordine al quale pende – per l’appunto – l’attuale appello, la signora -OMISSIS-ha evidenziato e debitamente comprovato che la demolizione e ricostruzione interesserebbe anche i loculi, contenuti nel settore n. 5 del Cimitero di Sa. Ma., in cui sono sepolti i signori -OMISSIS-, ossia – rispettivamente – i nonni paterni e il cugino della medesima signora -OMISSIS- unica nipote e cugina residente in Italia dei predetti defunti, la quale si è sempre occupata del decoro e della manutenzione delle loro tombe, subentrando nelle relative concessioni precedentemente acquisite dal proprio padre -OMISSIS- -OMISSIS-e dalla propria zia -OMISSIS- -OMISSIS- nonché provvedendo all’utenza di energia elettrica (peraltro da ultimo intestata al proprio marito, signor -OMISSIS-) che alimenta le luci votive.
In tal senso la signora -OMISSIS-ha dedotto pertanto in entrambi i procedimenti da lei promossi innanzi al giudice di primo grado di essere titolare di un qualificato interesse a non consentire l’estumulazione degli anzidetti tre defunti, preservandone immutati i loro loculi nel presupposto che nella specie non sussisterebbe la precaria stabilità ed il pericolo di crollo imminente paventato nell’ordinanza impugnata e che imporrebbe la demolizione e ricostruzione dei loculi con ritorno nella disponibilità dell’amministrazione comunale e la conseguente necessità di sopportare oneri economici non necessari per sostenere le spese in favore dell’impresa che avrà effettuato i lavori di ricostruzione.
In tal senso la parte ricorrente ha rilevato che, contrariamente a quanto affermato nell’ordinanza impugnata, i loculi in questione, collocati al piano terra e al primo piano nella parte finale lato sud del settore n. 5 del Cimitero, sarebbero stati costantemente curati e mantenuti e che gli stessi non evidenzierebbero problemi di precaria stabilità e di crollo imminente, e che soltanto altri loculi collocati alla sommità della costruzione del settore n. 5 evidenzierebbero problemi che la medesima parte attualmente appellante reputa possano essere comunque risolti mediante l’esecuzione di opere di manutenzione straordinaria.
Pertanto – rimarca sempre l’attuale appellante – la sola caduta di elementi marmorei dalla parte centrale del settore n. 5 del Cimitero dovrebbe essere in effetti ricondotta, come precisato nella stessa ordinanza n. 6 del 2008 da ultimo impugnata, alla mancata manutenzione nel corso degli ultimi decenni e che dovrebbe essere imputata al Comune quale responsabile delle parti comuni della strutture.
L’attuale appellante afferma anche che il comportamento dell’amministrazione comunale risulterebbe ancor di più colpevole in quanto già mediante l’ordinanza sindacale n. 29 dd. 21 dicembre 2007 era stata disposta nei confronti dei visitatori l’interdizione dell’accesso all’area in dipendenza dei predetti problemi di precarietà dei manufatti e che – nondimeno – sino al maggio successivo non sarebbe stata posta in essere alcuna attività di manutenzione straordinaria del settore danneggiato: sintomo ben evidente, questo, che nel caso di specie non sussisteva alcuna indifferibile urgenza e che – semmai – vi era stato ritardo nell’adottare le misure ordinarie o straordinarie necessarie per ripristinare la funzionalità della struttura che, oltre a tutto, e come già rilevato, dal geom. -OMISSIS–con perizia tecnica giurata del 15 ottobre 2007 e depositata nel predetto procedimento proposto sub R.G. 1041 del 2007, non necessitava di demolizione completa.
Inoltre, con successiva perizia tecnica giurata del 6 giugno 2008 il geom. -OMISSIS-dichiarava che la situazione non risultava cambiata e che non risultava peggiorato lo stato di conservazione dei loculi rispetto alla data di redazione della prima perizia; e, a conferma del fatto che al momento dell’emanazione sia dell’ordinanza n. 29 del 2007, sia dell’ordinanza n. 6 del 2008, non sussisteva alcuna indifferibile urgenza, le operazioni di estumulazione erano iniziate solo pochi giorni prima del 5 giugno 2008, ossia a circa un mese dall’emanazione della predetta ordinanza n. 6 dd. 9 maggio 2008; né l’amministrazione comunale aveva riscontrato un atto di significazione e diffida notificato il 9 giugno 2008 con il quale essa era stata invitata a sospendere i lavori.
1.2. Si è costituito nel primo grado del presente giudizio il Comune di (omissis), concludendo per la reiezione del ricorso e producendo in giudizio la seguente documentazione:
1) copia della deliberazione n. 54 del 2008 della Giunta Comunale di (omissis);
2) copia del verbale di constatazione prot. n. 2016 dd. 24 aprile 2008 redatto dal tenete della Polizia Locale Benito Perella, con allegate fotografie dei luoghi;
3) copia del verbale di sopralluogo dd. 29 aprile 2008 dell’arch. Ma. Io., Responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale;
4) rilievo fotografico del danno e dei loculi da parte del medesimo arch. Ma. Io., effettuato il 3 giugno 2008;
5) attestazione della conclusione delle sole operazioni di estumulazione prot. n. 3096 dd. 1 luglio 2008 a firma del predetto arch. Mario Ionta;
6) copia della petizione sottoscritta da 40 cittadini di (omissis) a supporto dell’operato del Sindaco.
1.3. Nel corso del medesimo giudizio di primo grado è deceduta la signora -OMISSIS-, e sono pertanto a lei congiuntamente subentrati quali ricorrenti i suoi eredi, ossia il marito -OMISSIS-
1.4.1. Nel corso dello stesso grado di giudizio la parte appellante ha proposto quattro ordini di motivi aggiunti, impugnando con essi altri provvedimenti susseguentemente adottati dall’amministrazione comunale.
1.4.2. Con il primo ordine di motivi aggiunti l’attuale parte appellante nonché ricorrente in primo grado ha dedotto ulteriori censure nei riguardi della già impugnata ordinanza sindacale n. 6 dd. 9 maggio 2008, formulate con riguardo alla predetta documentazione prodotta agli atti di causa dalla difesa del Comune, nonché con riguardo ad ulteriori elementi di conoscenza da essa attinti dal contenuto delle determinazioni del Responsabile del Settore Tecnico del Comune di (omissis) nn. 68, 69 e 70 dd. 23 maggio 2008, nonché n. 71 dd. 28 maggio 2008, susseguentemente adottate e aventi ad oggetto l’affidamento di lavori a varie imprese i ordine alla situazione di emergenza determinatasi del settore n. 5 del Cimitero di Sa. Ma..
L’attuale parte appellante nonché ricorrente in primo grado ha pertanto dedotto in proposito anche l’avvenuta violazione degli artt. 13 e 32 della l. 23 dicembre 1978, n. 833, dell’art. 38, secondo comma, della l. 8 giugno 1990, n. 142. poi recepito dall’art. 54 del t.u. approvato con d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, violazione del giusto procedimento, nonché violazione dello stesso obbligo di notifica contenuto nell’ordinanza sindacale n. 6 dd. 9 maggio 2008.
1.4.3. Con il secondo ordine di motivi aggiunti l’attuale parte appellante nonché ricorrente in primo grado ha quindi chiesto l’annullamento della nota prot. n. 5339 dd. 9 dicembre 2008, a firma del Sindaco di (omissis), a lei diretta e avente ad oggetto: “Loculi fatiscenti presso il Cimitero di Sa. Ma.. Rinnovo della concessione”, con la quale veniva informata che l’Ufficio tecnico Comunale aveva quantificato in Euro 183.680,51 la spesa dell’intervento sui loculi cimiteriali danneggiati e che la Giunta Comunale aveva disposto di chiedere ai pregressi titolari delle concessioni cimiteriali interessate dai lavori di risistemazione.
Al riguardo la parte attualmente appellante ha dedotto vizi del procedimento amministrativo, contraddittorietà dell’azione amministrativa, violazione di legge, difetto di motivazione, eccesso e abuso di potere, sviamento, difetto dei presupposti, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, difetto di istruttoria, violazione del principio di proporzionalità e del minimo mezzo, violazione del principio del giusto procedimento.
1.4.4. Con il terzo ordine di motivi aggiunti l’attuale parte appellante nonché ricorrente in primo grado ha – altresì – chiesto l’annullamento della deliberazione della Giunta Comunale di (omissis) n. 107 dd. 5 dicembre 2008, con la quale è stato disposto “di assumere a riferimento i prezzi di cui alla seguente tabella, relativi alla vendita dei loculi ricostruiti rispettivamente ai vecchi titolari (pn) e ai nuovi titolari (px); di avviare urgentemente un’indagine intesa ad accertare quanti pregressi titolari intendano avvalersi del diritto di acquisto, al costo variabile fra Euro 2.000,00.- (duemila/00) ed Euro 2.400,00.- (duemilaquattrocento/00), il numero di sepolture in precedenza possedute o in numero inferiore, avvisando che qualora si superi il numero di 40 loculi di riassegnazione, il prezzo non potrà essere inferiore al prezzo medio unitario di Euro 2.870,00.-; di notificare ai medesimi titolari la tabella seguente, utile specialmente per quanti, originariamente in possesso di più sepolture, abbiano il proposito di trattenere un numero inferiore per limitare gli oneri economici a proprio carico; di adottare i prezzi definitivi con atto del Responsabile del Servizio Tecnico interpolando (sic) i prezzi di cui alla tabella allegata ad avvenuta effettuazione dell’indagine di cui sopra, la quale consentirà di conoscere il numero di sepolture da attribuire ai titolari pregressi e il corrispondente numero (N – n) da concedere a nuovi titolari. Il provvedimento del Responsabile terrà conto di eventuali rivalutazioni dei prezzi nel tempo”.
Con determinazione prot. n. 85 dd. 9 gennaio 2009 il Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di (omissis) ha rilevato a sua volta che era stata disposta dopo la demolizione delle strutture pericolanti la realizzazione in loro sostituzione di 64 nuovi loculi del tipo a cantera e che, conformemente a quanto disposto dall’anzidetta deliberazione giuntale n. 107 dd. 5 dicembre 2008, i titolari delle pregresse concessioni potevano acquisire tali nuovi manufatti ai costi stabiliti da tale provvedimento.
Anche tale provvedimento è stato pertanto parimenti impugnato unitamente alla deliberazione giuntale anzidetta deducendo al riguardo vizi del procedimento amministrativo, contraddittorietà dell’azione amministrativa, violazione di legge, difetto di motivazione, eccesso e abuso di potere, sviamento, difetto dei presupposti, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, difetto di istruttoria, violazione del principio di proporzionalità e del minimo mezzo, violazione del principio del giusto procedimento, violazione dell’art. 92 del d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, violazione degli artt. 64 e 65 del Regolamento di polizia mortuaria del Comune di (omissis).
Contestualmente la parte ricorrente ha anche proposto azione risarcitoria per i danni da lei asseritamente subiti in dipendenza dell’ordinanza sindacale n. 6 dd. 9 maggio 2008, della nota prot. n. 5339 dd. 9 dicembre 2008 a firma sempre del Sindaco e della deliberazione giuntale n. 107 dd. 5 dicembre 2008.
1.4.5. Con nota prot. n. 2882 dd. 21 agosto 2009 l’Ufficio Tecnico del Comune di (omissis) trasmetteva al patrocinio della parte appellante copia della determinazione n. 45 dd. 6 maggio 2009 del Responsabile del medesimo Ufficio Tecnico e della deliberazione della Giunta Comunale di (omissis) n. 37 dd. 8 giugno 2009 con cui si stabilivano le tariffe dei loculi ricostruiti e si reiterava l’invito del Sindaco prot. n. 5339 dd. 9 dicembre 2008, rimasto inevaso, al rinnovo della concessione cimiteriale.
In particolare veniva comunicato mediante l’anzidetta nota prot. n. 2882 dd. 21 agosto 2009 che: “ai pregressi titolari di una o più sepolture, come nel caso della Ditta da lei rappresentata, il costo unitario del loculo ricostruito, completo di rivestimento lapideo e linea elettrica e con esclusione dei soli accessori (scritte e vasi portafiori…), è stato fissato in Euro 2.000,00.- (duemila/ 00) comprensivo di I. V A., mentre per i nuovi concessionari è fissato in Euro 3160,00. (tremilacentosessanta/00). Per confermare il rinnovo della concessione dei loculi la Ditta deve versare la quota di prenotazione pari al 50% del prezzo stabilito ed inviare la ricevuta di versamento insieme con l’allegato modello di conferma”.
Si precisava – altresì – che il termine massimo per la conferma delle domande di concessione sarebbe scaduto “dopo 15 giorni dal ricevimento della presente” e si comunicava che in caso di mancata o negativa risposta entro il termine indicato “i resti mortali dei propri congiunti sarebbero stati custoditi gratuitamente negli ossarini comunali”.
Più dettagliatamente, con la predetta determinazione n. 45 dd. 6 maggio 2009 il Responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale, “premesso che con deliberazione della Giunta Comunale n. 107 dd. 5 dicembre 2009 sono stati definiti i criteri di ripartizione della spesa e di assegnazione dei loculi ricostruiti e stabilito di adottare i prezzo definitivi, con atto del Responsabile del Servizio Tecnico, dopo la risoluzione dell’equazione n*pn + (N-n)*px = C, una volta effettuata l’indagine tesa ad accertare quanti pregressi titolari intendano avvalersi del diritto di acquisire al costo variabile tra Euro 2.000,00 (duemila/00) ed Euro 2.400,00 (duemilaquattrocento/00) il numero di sepolture in precedenza possedute; Vista la nota del Sindaco prot n. 5339 del 9 dicembre 2008 e prot. n. 287 del 22-gennaio 2009 avente ad oggetto loculi fatiscenti presso il Cimitero di Sa. Ma. – rinnovo della concessione che inviata a tutti i pregressi titolari li invita a comunicare all’Ente, entro 15 giorni dal suo ricevimento, la volontà di avvalersi o del diritto di nuova occupazione del/i loculo/i che era/no in precedenza occupato/ i da congiunti, in caso di mancata o negativa risposta entro il termine previsto, saranno custoditi gratuitamente negli ossarini che il Comune sta costruendo contemporaneamente ai loculi in argomento; considerato che in riscontro alla nota del punto precedente hanno manifestato la volontà di avvalersi del rinnovo della concessione 16 pregressi titolari”, si determinava nel senso “1) di dare atto che la premessa s’intende qui integralmente riportata; 2) di stabilire che i prezzi di assegnazione dei loculi-ricostruiti presso il Cimitero di Sa. Ma., conformemente ai e1iteri stabiliti dalla delibera di Giunta Comunale n. 107 del 5 dicembre 2008 sono i seguenti: costo da riservare ai vecchi titolari: Pn = Euro 2000,00 (duemila/00) comprensivo di I.V.A.; costo nuove concessioni Px = Euro 3160,00 (tremilacentosessanta/00); costo da riservare ai vecchi titolari Pn = Euro 2200,00 (duemiladuecento/00); costo nuove concessioni = Euro 3093,34 (tremilanovantatre/94); 3) di inviare la determinazione alla Giunta Comunale per gli atti di competenza”.
Con la deliberazione n. 37 dd. 8 giugno 2009 la Giunta Comunale, a sua volta, “ritenuto di dover determinare le tariffe di concessione dei loculi suddetti tenendo conto di quanto risulta dalla determinazione n. 45 del 2009 citata”, deliberava “di determinare le tariffe per le concessioni dei loculi cimiteriali ricostruiti presso il Cimitero di Sa. Ma. come segue: costo da riservare ai vecchi proprietari Euro 2000,00 (duemila/00) comprensivo di I. V.A.; costo nuove concessioni Euro 3160,00 (tremilacentosessanta/00) comprensivo di I.V.A.; di impartire agli Uffici competenti le direttive enunciate in parte narrativa che qui si intendono integralmente trascritte. Di dichiarare a seguito di separata votazione ad esito unanime la presente deliberazione immediatamente eseguibile, ai sensi dell’art. 134 del, comma 4, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, per consentire l’immediata attuazione di quanto disposto”.
Con il quarto ordine di motivi aggiunti l’attuale parte appellante nonché ricorrente in primo grado ha pertanto chiesto anche l’annullamento della nota dell’Ufficio Tecnico Comunale prot. n. 2882 dd. 21 agosto 2009, della determinazione del Responsabile del medesimo Ufficio n. 45 dd. 6 maggio 2009 e della deliberazione della Giunta Comunale n. 37 dd. 8 giugno 2009, deducendo al riguardo vizi del procedimento amministrativo, contraddittorietà dell’azione amministrativa, violazione di legge, difetto di motivazione, eccesso e abuso di potere. Sviamento, difetto dei presupposti, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, difetto di istruttoria, violazione del principio di proporzionalità e del minimo mezzo, violazione del principio del giusto procedimento. Violazione dell’art. 92 del d.P.R. n. 285/1990. Violazione degli artt. 64 e 65 del Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di (omissis), nonché violazione dell’ordinanza cautelare n. 55 dd. 3 luglio 2009, pronunciata dal T.A.R. per il Lazio, Sezione staccata di Latina, nell’ambito dei ricorsi riuniti R.G. nn. 1041 del 2007 e n. 662 del 2008.
1.4.6.1.Con ordinanza n. 445 dd. 26 luglio 2008 emessa à sensi dell’allora vigente art. 21 della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, l’adito T.A.R. ha respinto la domanda di sospensione cautelare dell’efficacia dell’ordinanza sindacale n. 6 dd. 9 maggio 2008, “ritenuto che, nella valutazione dei contrapposti interessi, sembra prevalente quello alla prosecuzione dei lavori di ristrutturazione intrapresi”.
1.4.6.2. Tale provvedimento cautelare emesso dal giudice di primo grado è stato appellato à sensi dell’art. 21, ultimo comma, della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, sub R.G. 6959 del 2008 innanzi a questo Consiglio di Stato.
La domanda di sospensione del provvedimento emesso dal T.A.R. è stata dapprima respinta in sede monocratica con decreto n. 4722 dd. 3 settembre 2008 emesso dal Consigliere delegato dal Presidente della Sezione V^, e quindi respinto anche in sede collegiale con ordinanza n. 537 dd. 7 ottobre 2008 emessa sempre dalla Sezione V^, “considerato che le estumulazioni dei defunti congiunti dell’appellante sono già avvenute e che i lavori di ristrutturazione sono in fase di esecuzione”.
1.4.6.3. Con decreto n. 711 dd. 22 dicembre 2008 emesso à sensi dell’allora vigente art. 21, comma 9, della l. n. 1034 del 1971 come integrato e modificato dagli artt. 1 e 3 della l. 21 luglio 2000, n. 205, il Presidente dell’adita Sezione staccata di T.A.R. ha respinto la nuova domanda di sospensione cautelare dell’anzidetta ordinanza sindacale n. 6 dd. 9 maggio 2008, presentata in dipendenza del predetto primo ordine di motivi aggiunti proposti al riguardo, “ritenuto che non sia configurabile una situazione di estrema gravità ed urgenza tale da non consentire la dilazione sino alla Camera di Consiglio fissata per il 15 gennaio 2009”.
1.4.6.4. Alla camera di consiglio del 15 gennaio 2009 la parte ricorrente ha chiesto il rinvio della trattazione della domanda cautelare al fine di proporre ulteriori motivi aggiunti di ricorso.
1.4.6.5. Con decreto cautelare n. 99 dd. 12 marzo 2009 il Presidente dell’adita Sezione staccata di T.A.R., “Vista l’ordinanza n. 445 del 2008 del 26 luglio 2008 con la quale questo Tribunale ha respinto la domanda cautelare contenuta nel ricorso principale; Vista l’ordinanza n. 537 del 2008 del 7 ottobre 2008 con la quale la Sezione Quinta del Consiglio di Stato ha respinto la riforma della suddetta ordinanza n. 445 del 2008; Visti i motivi aggiunti, notificati il 14 novembre 2008 e depositati il 15 dicembre 2008, con i quali la ricorrente chiede l’annullamento, previa sospensione e proposizione d’istanza di misure cautelari provvisorie ai sensi dell’art. 3, legge 21 luglio 2000, n. 205 degli atti impugnati col ricorso principale; Visto il decreto Presidenziale n. 711/2008 del 22 dicembre 2008 con il quale è stata respinta l’istanza di misure cautelare provvisoria contenuta nei suddetti motivi aggiunti; Visti i (secondi) motivi aggiunti, notificati il 9 febbraio 2009 e depositati il 10 marzo 2009 con i quali la ricorrente chiede l’annullamento, previa sospensione, dell’atto impugnato col ricorso principale e dell’atto prot. n. 5339 del 9 dicembre 2008 avente ad oggetto: “Loculi fatiscenti presso il Cimitero di Sa. Ma. – rinnovo della concessione”; Visti i (terzi) motivi aggiunti, notificati il 13 febbraio 2009 e depositati il 10 marzo 2009 con i quali si chiede l’annullamento, previa sospensiva, della deliberazione della Giunta Comunale di (omissis) n. 107 del 5 dicembre 2008 avente ad oggetto: “Intervento per la “demolizione e ricostruzione dei loculi fatiscenti nel Cimitero Comunale di Sa. Ma.. Criteri di ripartizione della spesa e di assegnazione dei loculi ricostruiti.”; Viste le richieste di adozione di misure cautelari provvisorie ex art. 21, comma 9, della legge n. 1034 del 1971, modificato e integrato dagli artt. 1 e 3 della legge n. 205 del 2000, presentate con atti contenenti motivi aggiunti(secondi e terzi)” ha “ritenuto che non sia configurabile una situazione di estrema gravità ed urgenza tale da non consentire la dilazione sino alla Camera di Consiglio fissata per il 26 marzo 2009”, e ha pertanto respinto l’istanza di adozione di misure cautelari urgenti in sede monocratica.
1.4.6.6. Alla susseguente camera di consiglio di consiglio del 26 marzo 2009 la parte ricorrente ha rinunciato alla propria istanza cautelare, e la causa è stata rinviata per la trattazione nel merito alla pubblica udienza del 18 giugno 2009.
1.4.6.7. Con ordinanza collegiale istruttoria n. 55 dd. 3 luglio 2009 l’adito T.A.R. ha peraltro disposto la riunione del ricorso proposto sub R.G. 662 del 2009 con il ricorso proposto sub R.G. 1041 del 2008 e pendente tra le medesime parti, e ha – altresì – disposto incombenti istruttori, segnatamente costituiti dall’acquisizione agli atti di causa della “documentazione posta a fondamento degli atti impugnati, con specifico riferimento agli eventuali atti gestionali dell’Ufficio Tecnico comunale necessari per la realizzazione degli interventi contestati, nonché breve relazione sulla natura dei fondi stanziati per i lavori oggetto di contestazione, oltre al verbale di sopralluogo del 29 aprile 2009 redatto dall’Arch. Ionta, nonché ogni ulteriore atto o documento necessario ai fini del decidere”.
1.4.6.8. Con ulteriore decreto cautelare n. 609 dd. 14 dicembre 2009 il Presidente dell’adita Sezione staccata di T.A.R., “Vista l’ordinanza n. 445/2008 del 26 luglio 2008 con la quale questo Tribunale ha respinto la domanda cautelare contenuta nel ricorso principale; Vista l’ordinanza n. 5370/2008 del 7 ottobre 2008 con la quale la Sezione Quinta del Consiglio di Stato ha respinto la riforma della suddetta ordinanza n. 445 del 2008; Visti i motivi aggiunti, notificati il 14 novembre 2008 e depositati il 15 dicembre 2008, con i quali la ricorrente chiede l’annullamento, previa sospensione e proposizione d’istanza di misure cautelari provvisorie ai sensi dell’art. 3, legge 21 luglio 2000, n. 205 degli atti impugnati col ricorso principale; Visto il decreto Presidenziale n. 711/2008 del 22 dicembre 2008 con il quale è stata respinta l’istanza di misure cautelare provvisoria contenuta nei suddetti motivi aggiunti; Visti i (secondi) motivi aggiunti, notificati il 9 febbraio 2009 e depositati il 10 marzo 2009 con i quali la ricorrente chiede l’annullamento, previa sospensione, dell’atto impugnato col ricorso principale e dell’atto prot. n. 5339 del 9 dicembre 2008 avente ad oggetto: “Loculi fatiscenti presso il Cimitero di Sa. Ma. – rinnovo della concessione”; Visti i (terzi) motivi aggiunti, notificati il 13 febbraio 2009 e depositati il 10 marzo 2009 con i quali si chiede l’annullamento, previa sospensiva, della deliberazione della Giunta Comunale di (omissis) n. 107 del 5 dicembre 2008 avente ad oggetto: “Intervento per la demolizione e ricostruzione dei loculi fatiscenti nel Cimitero Comunale di Sa. Ma.. Criteri di ripartizione della spesa e di assegnazione dei loculi ricostruiti.”; Viste le richieste di adozione di misure cautelari provvisorie ex art. 21, comma 9, della legge n. 1034 del 1971, modificato e integrato dagli artt. 1 e 3 della legge n. 205 del 2000, presentate con atti contenenti motivi aggiunti (secondi e terzi); Visto il decreto Presidenziale n. 99/2009 del 12 marzo 2009 con il quale sono state respinte le istanze di misure cautelare provvisoria contenuta nei suddetti motivi aggiunti; Visti i quarti motivi aggiunti, notificati il 14 novembre 2009 e depositati il 12 dicembre successivo con i quali si chiede l’annullamento, previa sospensiva, del provvedimento di cui alla lettera prot. n. 2882 del 21 agosto 2009 avente ad oggetto. “Trasmissione atti e rinnovo concessione lavori di demolizione e ricostruzione del cimitero comunale di Sa. Ma.”; della determinazione n. 45 del 6 maggio 2009 avente ad oggetto: “Definizione dei prezzi di assegnazione dei loculi ricostruiti presso il cimitero comunale di Sa. Ma.”; della deliberazione di Giunta Comunale n. 37 dell’8 giugno 2009 avente ad oggetto: “Tariffe loculi demoliti e ricostruiti nel cimitero comunale di Sa. Ma. e direttive”. Viste le richieste di adozione di misure cautelari provvisorie ex art. 21, comma 9, della legge n. 1034/1971, modificato e integrato dagli artt. 1 e 3 della legge n. 205/2000, presentate con i quarti motivi aggiunti”, ha “ritenuto che non sia configurabile una situazione di estrema gravità ed urgenza tale da non consentire la dilazione sino alla Camera di Consiglio fissata per il 17 dicembre 2009”, e ha pertanto respinto anche tale ulteriore istanza di adozione di misure cautelari urgenti in sede monocratica.
1.4.6.9. Con ordinanza cautelare n. 622 dd. 17 dicembre 2009 l’adito T.A.R. ha respinto la domanda di sospensione cautelare degli atti sino a quel momento impugnati, “considerato che la trattazione del merito del ricorso è stato fissato all’udienza del 13 maggio 2010” e “che manca allo stato il requisito del periculum in mora”.
1.4.7. Con sentenza n. 1053 dd. 16 giugno 2010, il cui dispositivo è stato susseguentemente corretto à sensi dell’art. 86, comma 1, c.p.a., con decreto collegiale n. 72 dd. 29 ottobre 2010, l’adito T.A.R. ha accolto il ricorso con la seguente, testuale motivazione:
“Anzitutto, come esposto nei primi due motivi del ricorso principale, il provvedimento è viziato da eccesso di potere per sviamento, nonché da difetto di motivazione. Osserva, preliminarmente, il Collegio che in ambito amministrativo per ordinanze si intendono tutti quegli atti che creano obblighi o divieti ed in sostanza impongono ordini. Segnatamente, le ordinanze di necessità ed urgenza sono statuizioni straordinarie adottate nei casi espressamente previsti dalla legge, espressione di un potere amministrativo “extra ordinem”, al fine di fronteggiare situazioni di urgente necessità (in materia di ordine e sicurezza pubblica nonché di sanità ed igiene pubblica), là dove, all’uopo si rivelino inutili gli strumenti ordinari posti a disposizione dal legislatore. In ordine ai limiti, entro i quali può essere esercitato il potere in questione, la recente giurisprudenza amministrativa ha, in più occasioni, rimarcato che la possibilità concessa all’amministrazione di adottare provvedimenti, in deroga alla disciplina di legge, impone il rigido rispetto di alcuni adempimenti a garanzia dell’operato della stessa pubblica amministrazione. Tra questi l’obbligo di munire i provvedimenti in questione di una motivazione adeguata: “…in grado di far comprendere le ragioni del provvedimento e di adottare il provvedimento all’esito di una istruttoria congrua” (cfr. Tar Lazio, Sez. III – quater, 15 settembre 2006, n. 8614). Ne consegue che il ricorso al potere extra ordinem può essere esercitato dall’amministrazione previa adeguata istruttoria e con l’espressa indicazione delle ragioni di necessità ed urgenza che lo giustificano. E’ vero che l’art. 7 della legge n. 241 del 1990 esclude che, in ipotesi di adozione di provvedimenti contingibili ed urgenti, l’Autorità procedente abbia necessità di comunicare all’interessato, ai fini della validità del provvedimento adottato, l’avvio del procedimento; è altrettanto vero, tuttavia che, nella specie, in ragione della documentazione prodotta in atti, sembra inequivocabilmente evincersi come il provvedimento qui impugnato, pur rivestendo formalmente le sembianze di una ordinanza contingibile ed urgente al fine di salvaguardare la salute dei cittadini, non è accompagnato dai requisiti necessari che caratterizzano indefettibilmente tali atti eccezionali, assumendo viceversa le caratteristiche di un ordinario provvedimento assunto all’esito di una situazione che non rivestiva ragionevolmente i caratteri eccezionali ed imprevedibili, tenuto conto che, come evidenziato nella stessa documentazione prodotta dall’ente comunale (cfr all. 10 perizia tecnica pg 2) si trattava “…di mancanze strutturali accumulatesi nel tempo”, non quindi imprevedibili. Non vi è dubbio che l’amministrazione comunale avrebbe potuto diffidare gli interessati a provvedere allo stato di degrado che progressivamente investiva i loculi del settore in questione. Il potere del Sindaco di emanare ordinanze contingibili ed urgenti postula, infatti, per giurisprudenza costante, “la necessità di provvedere con immediatezza in ordine a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile, cui sia impossibile far fronte con gli strumenti ordinari apprestati dall’ordinamento”. Né l’ordinanza impugnata contempla l’esistenza e l’indicazione di una situazione di concreto pericolo, quale ragionevole probabilità che accada un evento dannoso nel caso in cui l’Amministrazione non intervenga prontamente: in altri termini il collegamento con le esigenze di protezione dell’igiene e della salute pubblica, che costituisce presupposto necessario per giustificare il ricorso al potere ordinatorio è condizione necessaria, ma non sufficiente, ove non sussistano gli ulteriori particolari requisiti di urgenza e, quindi, di pericolo per la pubblica incolumità . Nel caso in esame vi è poi un ulteriore elemento che non coincide – con riferimento al provvedimento impugnato – con il paradigma dell’atto contingibile ed urgente: il dispositivo della decisione non reca con esattezza in cosa dovrebbero consistere gli interventi per eliminare i paventati pericoli all’incolumità e all’igiene pubblica. Allo stesso tempo va rimarcato che l’amministrazione può utilizzare lo strumento in questione solo ove occorra far fronte ad una effettiva situazione di emergenza. In tal senso si è pronunciata la giurisprudenza amministrativa (cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 9 aprile 2004, n. 1006), secondo cui: “Il potere del Sindaco di emanare ordinanze contingibili ed urgenti presuppone la necessità di provvedere con immediatezza in ordine a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile, cui sia impossibile far fronte con gli strumenti ordinari apprestati dall’ordinamento, nonché l’esistenza e l’indicazione nel provvedimento impugnato di una situazione di pericolo, quale ragionevole probabilità che accada un evento dannoso nel caso in cui l’Amministrazione non intervenga prontamente. Per le svolte considerazioni, l’ordinanza impugnata merita di essere annullata lasciando salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione. In conclusione il ricorso deve essere accolto, potendo restare assorbiti gli ulteriori motivi dedotti”.
2.1. Con l’appello in epigrafe i signori -OMISSIS- chiedono nondimeno la riforma della surriportata sentenza, testualmente deducendo quanto segue (cfr. pag. 35 e ss. dell’atto introduttivo del presente grado di giudizio): 1.”Riproposizione di tutti i motivi dichiarati assorbiti e non esaminati in primo grado. In via del tutto preliminare si dichiara espressamente di richiamare tutti i motivi di ricorso dichiarati assorbiti dalla sentenza impugnata e contenuti nel ricorso introduttivo e nei motivi aggiunti proposti, sopra richiamati e che qui devono intendersi integralmente riportati e trascritti, che si chiede espressamente che vengano esaminati e che vi siano le conseguenti pronunce di nullità ed annullabilità in relazione a tutti gli atti impugnati e di riforma della sentenza, pur accogliendo i primi due motivi di ricorso, si dichiaravano assorbiti gli ulteriori motivi”.
2. “Contraddittorietà della motivazione. Violazione del principio della domanda e della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Si ritiene che il capo della sentenza in cui, dopo aver accolto i primi due motivi del ricorso principale e statuito che il provvedimento impugnato va annullato perchè viziato da eccesso di potere per sviamento e da difetto di motivazione, inspiegabilmente ed apoditticamente si facevano salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione è assolutamente abnorme, ingiusto, immotivato e contraddittorio. Il Giudice di prime cure si dilunga a spiegare i gravi vizi dell’ordinanza impugnata e poi candidamente dichiara di salvare i provvedimenti emessi sulla sua base ed in virtù dei quali gli appellanti continuano a subire gravissimo pregiudizio senza fornire la benché minima motivazione ed anzi ponendosi in contrasto evidente con il criterio logico giuridico che ha sorretto la pronuncia di nullità dell’originario provvedimento. Si ritiene infatti che non possa non pronunciarsi la nullità ed annullabilità di tutti i provvedimenti che si fondano logicamente e giuridicamente sull’ordinanza annullata poiché non possono esistere giuridicamente nel momento in cui viene annullata l’originaria ordinanza altrimenti è come se si volesse sostenere metaforicamente che può sussistere un edificio senza le fondamenta. Emerge dunque evidente la contraddittorietà della motivazione della sentenza e la conseguente insanabile inconciliabilità tra il capo della sentenza che annulla l’ordinanza contingibile ed urgente e quella in cui vengono fatti salvi i provvedimenti che su di essa si fondano. Ne consegue che l’impianto motivazionale addotto non appare adeguato a sorreggere la decisione sotto il profilo della coerenza e congruenza logico – formale. Come affermato dalla Cassazione (Cass. 16 ottobre 2008 n. 25271; Cass. 31 gennaio 2008 n. 2397) ricorre l’ipotesi di motivazione contraddittoria quando le ragioni poste a fondamento della decisione adottata risultano sostanzialmente contrastanti in modo da annullarsi a vicenda e da non consentire di individuare il procedimento logico-giuridico posto a fondamento della decisione adottata e ciò perché le argomentazioni sono prive di coerenza. Oltre a ciò, fermo restando quanto osservato, emerga evidente anche che il Giudice di prime cure non si è pronunciato sulle richieste degli appellanti contenute nei motivi aggiunti e che dunque vi è stato la violazione del principio della domanda e di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, caratterizzante il processo amministrativo, che impone al Giudice di rispettare i limiti della domanda avanzata dalla parte e di non eludere le sue domande”.
Con un ulteriore motivo d’appello è stata dedotta – altresì – la violazione del principio della soccombenza in relazione alla circostanza che il giudice di primo grado ha disposto tra le parti la compensazione delle spese processuali, anziché disporne la rifusione a carico della parte soccombente.
2.2. Con decreto n. 4549 dd. 18 ottobre 2011 il Consigliere delegato preposto alla V^ Sezione di questo Consiglio di Stato ha respinto la domanda di sospensione cautelare della sentenza impugnata, proposta dalla parte appellante à sensi degli artt. 56 e 98, comma 1, c.p.a., “considerato che non ricorrono i presupposti di estrema gravità ed urgenza divisati dall’art. 56, comma 1, c.p.a., tali da imporre l’adozione di misure cautelari monocratiche nelle more della definizione dell’incidente cautelare in sede collegiale”.
2.3. Con susseguente ordinanza n. 4694 dd. 24 ottobre 2011 la Sezione V^ di questo Consiglio di Stato ha respinto in sede collegiale la medesima domanda di sospensione cautelare avanzata dalla parte appellante, “ritenuta, ad un primo sommario esame, l’insussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’appello cautelare in esame”, e ha compensato tra le parti le spese di tale prima fase del presente procedimento d’appello.
2.4. Con atto depositato in data 14 giugno 2019 l’appellato Comune di (omissis), sino a quel momento non costituitosi in giudizio, ha chiesto l’accesso al fascicolo digitale del presente procedimento al dichiarato fine di verificare la regolarità delle notifiche effettuate al riguardo.
2.5. Con susseguente atto depositato in data 19 settembre 2019 l’appellato Comune di (omissis) si è quindi costituito nel presente grado di giudizio.
2.6. All’odierna pubblica udienza il patrocinio della parte appellante ha eccepito la tardività della costituzione del Comune di (omissis) nel presente grado di giudizio, insistendo comunque per l’accoglimento dell’appello.
La causa è stata quindi trattenuta per la decisione.
3.1. Tutto ciò premesso, il Collegio deve innanzitutto statuire in ordine all’eccepita tardività della costituzione dell’appellato Comune nel presente grado di giudizio.
Invero à sensi dell’art. 46, comma 1, c.p.a., “nel termine di sessanta giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notificazione del ricorso, le parti intimate possono costituirsi, presentare memorie, fare istanze, indicare i mezzi di prova di cui intendono valersi e produrre documenti”.
Nel caso di specie l’atto introduttivo del presente grado di giudizio à stato notificato il 16 settembre 2011 e depositato il 15 ottobre 2011, nel mentre l’appellato Comune si è costituito soltanto con atto depositato il 19 settembre 2019.
Va rilevato che la disciplina surriferita, nel difetto di diverse disposizioni, si applica anche al giudizio d’appello, stante la generale previsione in ordine alla valenza del rinvio c.d. “interno” disposto dal presente codice di rito per quanto segnatamente attiene anche alle impugnazioni (cfr. art. 38 c.p.a.).
L’eccezione della parte appellante non può, peraltro, sortire l’effetto di far estromettere dal dibattimento la parte appellata.
Nel processo amministrativo il termine di costituzione delle parti intimate, stabilito dall’anzidetto art. 46, primo comma, c.p.a., non ha infatti carattere perentorio, essendo ammissibile la costituzione della parte appellata sino all’udienza di discussione del ricorso: e in caso di costituzione tardiva, – come, per l’appunto, nella presente fattispecie – la parte appellata costituitasi tardivamente incorre soltanto nelle preclusioni e nelle decadenze dalle facoltà processuali di deposito di memorie, sì che la costituzione è in tal caso ammessa nei limiti delle difese orali dovendo, per converso, essere stralciati dagli atti del giudizio le memorie e i documenti depositati tardivamente, dei quali non si tiene conto ai fini del decidere (Cons. Stato, Sez. III, 15 marzo 2016, n. 1038).
3.2. Va anche preliminarmente rilevato che mediante l’ordinanza collegiale istruttoria n. 55 dd. 3 luglio 2009 l’adito T.A.R. aveva invero disposto la riunione del ricorso proposto sub R.G. 662 del 2009, in ordine al quale è stato proposto il presente appello, con il ricorso proposto sub R.G. 1041 del 2008 e pendente tra le medesime parti, all’evidenza ravvisando un nesso funzionale non solo tra l’ordinanza sindacale n. 6 dd. 9 maggio 2008 e gli atti susseguentemente intervenuti e impugnati nel medesimo procedimento mediate motivi aggiunti, ma anche tra l’insieme di tali atti complessivamente impugnati sub R.G. 662 del 2009 e l’ordinanza sindacale n. 21 dd. 16 agosto 2007 già in precedenza impugnata dalla stessa parte sub R.G. 1041 del 2008.
Tale riunione, peraltro, non ha avuto pratico effetto, posto che il ricorso e i motivi aggiunti proposti sub R.G. 662 del 2009 sono stati – per l’appunto – definiti dal giudice di primo grado mediante la sentenza n. 1053 dd. 16 giugno 2010, in ordine alla quale è stato proposto il presente appello, nel mentre il ricorso proposto sub R.G. 1041 del 2008 è stato a sua volta separatamente definito nel merito dal medesimo giudice di primo grado con sentenza n. 1070 dd. 21 giugno 2010, a sua volta appellata e il cui procedimento è stato parimenti chiamato in decisione all’odierna pubblica udienza.
La circostanza della mancata riunione in primo grado dei due procedimenti non ha peraltro determinato alcuna irregolarità nel contraddittorio tra le parti, e posto – altresì – che tutte le impugnative proposte nei procedimenti medesimi sono comunque pervenute alla decisione di merito.
3.3.1. Posto tutto ciò, l’appello in epigrafe va respinto.
3.3.2. La parte appellante è caduta in un evidente equivoco allorquando ha formulato il primo ordine di motivi d’appello riproponendo nel presente grado di giudizio tutte le censure contenute nei motivi aggiunti di ricorso che il giudice di primo grado ha dichiarato assorbiti a fronte del già intervenuto accoglimento della prima impugnativa proposta avverso l’ordinanza sindacale n. 6 dd. 9 maggio 2008.
L’appellante ha reputato infatti che i due assunti del giudice di primo grado contenuti nella motivazione della sentenza qui impugnata e secondo i quali, rispettivamente, “l’ordinanza impugnata merita di essere annullata lasciando salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione” (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata) e “il ricorso deve essere accolto, potendo restare assorbiti gli ulteriori motivi dedotti” (cfr. ibidem, immediatamente appresso), significassero che il giudice medesimo, in violazione della fondamentale regola della conformità tra il chiesto e il pronunciato, avesse limitato la propria statuizione di annullamento alla sola ordinanza sindacale n. 6 dd. 9 maggio 2008 impugnata mediante l’atto introduttivo del giudizio e i primi motivi aggiunti di ricorso, senza disporre quindi anche l’annullamento degli “ulteriori provvedimenti” pur impugnati con il terzo e il quarto ordine dei motivi aggiunti di ricorso e che rimanevano pertanto “salvi” e, conseguentemente, del tutto efficaci nei rapporti inter partes.
Questa prospettazione dell’appellante risulta palesemente erronea in quanto dallo stesso svolgersi dei fatti di causa e dalla natura dei vizi fondatamente rilevati nel terzo e nel quarto ordine di motivi aggiunti di ricorso ben si coglie il nesso di consequenzialità tra l’ordinanza contingibile e urgente adottata dal Sindaco al fine di far eseguire i lavori nella parte del cimitero coinvolta dai crolli e tutti i susseguenti provvedimenti adottati dall’amministrazione comunale al fine di eseguire i lavori medesimi recuperando i relativi costi nei confronti dei concessionari dei loculi demoliti e ricostruiti.
Ma se i presupposti per l’emanazione del provvedimento dichiarato contingibile e urgente non sono stati reputati sussistenti dal giudice e il provvedimento medesimo è stato pertanto annullato ope iudicis, risulta altrettanto evidente che la statuizione giudiziale di annullamento dispiega il proprio effetto viziante anche nei riguardi di tutta la sequenza di atti susseguentemente adottati dall’amministrazione comunale al precipuo fine di dare esecuzione al presupposto provvedimento che aveva illegittimamente accertato una situazione di straordinarietà, viceversa insussistente.
Come è ben noto, infatti, nella dinamica del rapporto che si instaura tra atto presupposto e atto consequenziale possono determinarsi, nell’ipotesi di invalidità dell’atto presupposto, due ben distinte ipotesi di effetti nell’ambito dell’atto ad esso consequenziale: quella dell’invalidità ad effetto caducante e quella dell’invalidità ad effetto viziante.
Nel primo caso, infatti, l’annullamento dell’atto presupposto si estende automaticamente all’atto consequenziale anche quando questo non sia stato impugnato, mentre nel secondo caso l’atto consequenziale è affetto solo da illegittimità derivata, e pertanto resta efficace ove non impugnato nel termine di rito; l’effetto caducante ricorre nella sola evenienza in cui l’atto successivo venga a porsi nell’ambito della medesima sequenza procedimentale quale inevitabile conseguenza dell’atto anteriore, senza ulteriori valutazioni, il che comporta – dunque – la necessità di verificare l’intensità del rapporto di consequenzialità tra l’atto presupposto e l’atto successivo, con riconoscimento dell’effetto caducante soltanto qualora tale rapporto sia immediato, diretto e necessario (così, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 10 aprile 2018, n. 2168).
Nella presente fattispecie ricorre per certo l’ipotesi dell’atto ad effetto viziante, in quanto l’amministrazione comunale, dopo l’adozione dell’ordinanza contingibile e urgente, ha emanato ulteriori atti che per certo trovavano il proprio presupposto nell’ordinanza medesima ma non ricadevano nella stessa sequenza procedimentale di quest’ultima e il loro contenuto non ne era totalmente vincolato, bensì evidenziava l’avvenuto esercizio di ulteriori scelte discrezionali.
In tale contesto la parte ricorrente in primo grado non era dunque esonerata dall’impugnare anche tali ulteriori atti al fine di tutelare in sede di giudizio il proprio interesse leso; e, nondimeno, avendo la parte stessa evidenziato nelle proprie impugnative avverso tali atti il comune vizio di illegittimità derivata rispetto alla presupposta ordinanza contingibile e urgente, ha quindi consentito al giudice adito di dichiararne l’illegittimità e di annullarli sulla base di tale necessaria e sufficiente deduzione, con conseguente assorbimento (per l’appunto expressis verbis dichiarato in sentenza) di tutti gli ulteriori ed autonomi motivi che erano stati dedotti nei loro riguardi.
In tale contesto l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata nel senso che sono lasciati “salvi gli ulteriori provvedimenti” (della medesima amministrazione) costituisce una ben nota “clausola di stile” ampiamente utilizzata dal giudice amministrativo che non solo – con precipuo riguardo alla presente fattispecie – non assume il significato di escludere dalla statuizione giudiziale di annullamento gli anzidetti atti consequenziali, ma più in generale consente all’amministrazione rimasta soccombente in giudizio la riedizione dell’azione amministrativa annullata ope iudicis con l’obbligo eminentemente negativo di non reiterare nei suoi futuri atti quegli stessi vizi di legittimità censurati nella res iudicata, fermo in ogni caso restando che “in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati” (cfr. art. 34, comma 2, c.p.a.).
Nel caso di specie, pertanto, dalla caducazione ope iudicis della presupposta ordinanza contingibile e urgente e dei consequenziali atti con i quali i costi del rifacimento dei loculi sono stati ripartiti nei confronti dei precedenti concessionari (caducazione che, beninteso, assume effetto soltanto nei riguardi di coloro che, come l’attuale parte appellante, hanno proposto in primo grado impugnativa in proposito) l’amministrazione comunale potrà diversamente rideterminarsi sui lavori da eseguire non già mediante ordinanza contingibile e urgente, bensì ricorrendo alle procedure ordinarie e accertando caso per caso le situazioni di incuria che hanno determinato o che possono determinare i crolli dei manufatti.
3.3.3. Per quanto da ultimo attiene alla contestata statuizione del giudice di primo grado di non condannare l’Amministrazione al pagamento degli onorari e delle spese di giudizio, bensì di compensarli integralmente tra le parti, è qui sufficiente rilevare che anche di recente questo Consiglio di Stato ha statuito nel senso che in materia di spese processuali la decisione del giudice di primo grado è censurabile in sede di legittimità, sotto il profilo della violazione di legge, soltanto quando le spese siano state poste, totalmente o parzialmente, a carico della parte totalmente vittoriosa; non è invece sindacabile, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, l’esercizio del potere discrezionale dello stesso giudice sull’opportunità di compensare, in tutto o in parte, le spese medesime (così, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 17 giugno 2019, n. 4036, e 13 maggio 2019, n. 3092, nonché Sez. III, 25 aprile 2019, n. 2689, con puntuale riferimento – tra l’altro – a Cons. Stato, A.P., 24 maggio 2007, n. 8; cfr., altresì, sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 3 novembre 2015, n. 5012; 22 giugno 2004, n. 4471, e 27 settembre 1993, n. 798; Sez. III, 9 novembre 2016, n. 4655; Sez. VI 9 febbraio 2011, n. 891).
4. Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio seguono la regola della soccombenza di lite, e sono liquidati nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del Comune di Picinasco, delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio, complessivamente liquidati nella misura di Euro 3.000,00 (tremila/00) oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco – Presidente
Fulvio Rocco – Consigliere, Estensore
Antonella Manzione – Consigliere
Giovanni Orsini – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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