Il successore a titolo particolare nel diritto controverso e la cessazione della materia del contendere

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 11 maggio 2018, n. 11391.

Le massime estrapolate:

Il successore a titolo particolare nel diritto controverso, che abbia spiegato intervento volontario, assume nel processo una posizione coincidente con quella del suo dante causa, divenendo titolare del diritto in contestazione; pertanto il suo intervento – che e’ regolato dall’articolo 111 c.p.c. e non dall’articolo 105 c.p.c. e da’ luogo ad una fattispecie di litisconsorzio necessario – non puo’ essere qualificato come intervento adesivo dipendente; ne consegue che tale successione espone il successore a titolo particolare nel diritto controverso, indipendentemente dall’estromissione del dante causa, agli effetti della decisione pronunciata, che e’ da lui impugnabile e fruibile in sede esecutiva.

La cessazione della materia del contendere presuppone, da un lato, che nel corso del giudizio siano sopravvenuti fatti tali da eliminare le ragioni di contrasto e l’interesse alla richiesta pronuncia di merito e, dall’altro, che le parti formulino conclusioni conformi. Ne consegue che l’allegazione di un fatto sopravvenuto, assunto da una sola parte come idoneo a determinare la cessazione della materia del contendere, comporta la necessita’ della valutazione del giudice, a cui spettera’ l’eventuale dichiarazione dell’avvenuto soddisfacimento del diritto azionato ovvero la pronuncia sul merito dell’azione.

Ordinanza 11 maggio 2018, n. 11391

Data udienza 14 dicembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 23619-2016 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1528/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 16/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/12/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Ravenna, con sentenza n. 907 depositata il 30 luglio 2013, rigetto’ l’opposizione proposta da (OMISSIS) e dai suoi figli, (OMISSIS) e (OMISSIS), avverso il d.i. n. 47/2007 ottenuto nei loro confronti dalla (OMISSIS) S.p.a. per il pagamento della somma di Euro 2.472.535,96, oltre interessi e spese, somma alla medesima dovuta, in virtu’ di fideiussione prestata dai (OMISSIS) in data 31 gennaio 1996 a garanzia delle obbligazioni assunte dalla (OMISSIS) S.p.a. nei confronti di un pool di banche fra le quali la (OMISSIS) (poi incorporata nella (OMISSIS)) nell’ambito di un progetto di riorganizzazione dei debiti della (OMISSIS) S.p.a. (dichiarata – fallita poi fallita dal Tribunale di Ravenna) e delle altre societa’ del (OMISSIS).
Avverso la sentenza di primo grado i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), dato atto dell’intervenuto decesso del padre Daniele, proposero appello, lamentando con il primo motivo, il mancato accoglimento dell’eccezione di “cessazione della materia del contendere con (OMISSIS) s.p.a.” e di “inammissibilita’ della domanda proposta da (OMISSIS) s.p.a.” intervenuta nel giudizio di primo grado quale cessionaria del credito vantato in sede monitoria e sostenendo, con il secondo motivo, l’erroneita’ della sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale aveva respinto l’eccezione da essi proposta di “decadenza convenzionale della fideiussione per cui e’ causa”.
(OMISSIS) S.r.l. si costitui’ in giudizio a mezzo della sua mandataria (OMISSIS) S.p.a. chiedendo il rigetto del gravame mentre rimase contumace in quel grado la (OMISSIS) S.p.a.
La Corte di appello di Bologna, con sentenza pubblicata il 6 settembre 2015, rigetto’ l’appello e condanno’ gli appellanti al rimborso delle spese in favore della (OMISSIS) S.r.l..
Avverso la sentenza della Corte di merito (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione basato su un unico motivo e illustrato da memoria, cui ha resistito (OMISSIS) S.r.l., e per essa la sua mandataria (OMISSIS) S.p.a., con controricorso.
L’intimata (OMISSIS), quale subentrata in tutto il patrimonio attivo e passivo e in tutti i rapporti processuali attivi e passivi facenti capo alla (OMISSIS) S.p.a., per effetto di atto di fusione per incorporazione a rogito notaio (OMISSIS) del 22 dicembre 2008, non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede.
La proposta del relatore e’ stata comunicata agli avvocati delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata.
2. Con l’unico motivo di ricorso, rubricato “Nullita’ della sentenza e del procedimento ex articolo 360 c.p.c., n. 4 – violazione dell’articolo 111 c.p.c. – mancata dichiarazione di estinzione del processo per effetto della rinuncia tacita alla domanda da parte di (OMISSIS) errata affermazione della legittimazione ad causam di (OMISSIS) s.r.l. quale successore a titolo particolare nel diritto controverso”, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto che il disinteresse assoluto per la causa manifestato nella seconda fase del giudizio di primo grado e in tutto il giudizio di appello da (OMISSIS) sarebbe stato sostanzialmente “supplito” da (OMISSIS) S.r.l. che, intervenendo nel giudizio dopo essere diventata titolare del credito, avrebbe, secondo la Corte di merito, “assunto la stessa posizione della sua dante causa” e sarebbe “pertanto sicuramente legittimata ad insistere per il rigetto della proposta opposizione”.
Ad avviso dei ricorrenti, (OMISSIS) non avrebbe assunto la stessa posizione della sua dante causa e non avrebbe avuto alcuna legittimazione ad insistere per il rigetto dell’opposizione al d.i. emesso non in suo favore bensi’ in favore di (OMISSIS), la quale avrebbe dovuto coltivare l’azione, mentre l’inerzia di questa nella seconda parte del giudizio di primo grado e in tutto il giudizio di appello sarebbe evidente espressione del suo disinteresse per il giudizio e “chiara manifestazione di una volonta’ abdicativa”. Pertanto, secondo i ricorrenti, la Corte di merito avrebbe dovuto accogliere l’appello dagli stessi proposto e “riconoscere che la rinuncia alla domanda da parte di (OMISSIS), chiaramente desumibile dalla condotta processuale di tale banca, non potendo essere supplita dall’attivita’ processuale di un soggetto privo di legittimazione ad causam quale (OMISSIS), determinava la cessazione della materia del contendere e l’estinzione del giudizio”.
2.1. Il motivo e’ infondato.
2.2. Va ribadito che, secondo l’orientamento assolutamente prevalente della giurisprudenza di legittimita’, il successore a titolo particolare nel diritto controverso, che abbia spiegato intervento volontario, assume nel processo una posizione coincidente con quella del suo dante causa, divenendo titolare del diritto in contestazione; pertanto il suo intervento – che e’ regolato dall’articolo 111 c.p.c. e non dall’articolo 105 c.p.c. e da’ luogo ad una fattispecie di litisconsorzio necessario – non puo’ essere qualificato come intervento adesivo dipendente (v. di recente Cass. 28/07/2017, n.18767; Cass. 1/09/2006, n. 18937); ne consegue che tale successione espone il successore a titolo particolare nel diritto controverso, indipendentemente dall’estromissione del dante causa, agli effetti della decisione pronunciata, che e’ da lui impugnabile e fruibile in sede esecutiva (v. Cass. 13/07/2007, n. 15674, pronunciata proprio in relazione ad una fattispecie in tema di opposizione a d.i. nella quale il credito portato dal d.i. era stato ceduto dalla societa’ opposta e nel caso ivi esaminato la S.C. ha riconosciuto che la societa’ cessionaria, successore a titolo particolare nel diritto controverso, aveva titolo, in quanto parte, a chiedere la conferma dell’opposto decreto; v. anche Cass. 27/02/2002, n. 2889; Cass. 11/05/2007, n. 10876; Cass. 17/03/2009, n. 6444).
Inoltre, la mancata comparizione del difensore dell’opposta all’udienza di precisazione delle conclusioni, la mancata redazione per detta parte delle difese scritte ex articolo 190 c.p.c. e comunque “l’aver (l’opposta) disertato completamente il giudizio, dal momento dell’intervento di (OMISSIS) in poi” non implicano la rinuncia tacita alle domande da parte di (OMISSIS) (Cass. 14/07/2017, n. 17582; Cass. 16/02/2010, n. 3593; Cass. 10/07/2014, n. 15860; v. anche Cass. ord., 30/09/2013, n. 22360 e Cass. 12/01/2006, n. 409), non potendo da tanto desumersi inequivocabilmente il venir meno dell’interesse a coltivare dette domande, alla luce anche della costituzione in giudizio della cessionaria, come ben evidenziato dalla Corte di merito a p. 4 della sentenza impugnata.
A tanto deve aggiungersi che il disinteresse del cedente del diritto controverso potrebbe al piu’ integrare un presupposto per l’estromissione dal giudizio del predetto (arg. ex Cass. 30/08/2017, n. 20533) ma non certo determinare la cessazione della materia del contendere, come invece sostenuto dai ricorrenti.
Ed invero la cessazione della materia del contendere presuppone, da un lato, che nel corso del giudizio siano sopravvenuti fatti tali da eliminare le ragioni di contrasto e l’interesse alla richiesta pronuncia di merito e, dall’altro, che le parti formulino conclusioni conformi. Ne consegue che l’allegazione di un fatto sopravvenuto, assunto da una sola parte come idoneo a determinare la cessazione della materia del contendere, comporta la necessita’ della valutazione del giudice, a cui spettera’ l’eventuale dichiarazione dell’avvenuto soddisfacimento del diritto azionato ovvero la pronuncia sul merito dell’azione (Cass., ord., 16/03/2015, n. 5188; Cass. 30/01/2014, n. 2063 e Cass. 28/05/2013, n. 13217).
2.3. La Corte di merito, con la sentenza impugnata in questa sede, nel ritenere, nel caso all’esame, non sussistente una rinuncia tacita delle domande proposte dall’opposta, non intervenuta la cessazione della materia del contendere e legittimata (OMISSIS) ad insistere per il rigetto della proposta opposizione, si e’ attenuta ai principi sopra ricordati, sicche’ il motivo all’esame non puo’ essere accolto.
3. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile (Cass., sez. un., 21/03/2017, n. 7155).
4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo tra le parti costituite, mentre non vi e’ luogo a provvedere per dette spese nei confronti dell’intimata, non avendo la stessa svolto attivita’ difensiva in questa sede.
5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.478,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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