Corte di Cassazione, civile, Sentenza|16 marzo 2021| n. 7335.
Il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata. Nel caso in esame, il ricorso avverso la sentenza pronunciata dal Consiglio Nazionale Forense, in relazione ad un giudizio disciplinare per violazione del generale dovere di correttezza professionale ex art. 6 Codice deontologico, non ha trovato accoglimento proprio poiché il motivo è stato ritenuto inammissibile per non avere colto la ratio decidendi della sentenza impugnata.
Sentenza|16 marzo 2021| n. 7335
Data udienza 9 febbraio 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Professioni – Avvocato – Disciplinare – Responsabilità – Fattispecie: legale che chiede all’assicurato del cliente una somma già percepita
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CASSANO Margherita – Presidente Aggiunto
Dott. RAIMONDI Guido – Presidente di Sez.
Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez.
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Presidente di Sez.
Dott. TORRICE Amelia – Consigliere
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere
Dott. RUBINO Lina – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 23588/2020 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dal se’ medesimo;
– ricorrente –
contro
CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI VERONA, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 111/2020 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 13/07/2020.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/02/2021 dal Presidente Dott. ERNESTINO LUIGI BRUSCHETTA;
lette le conclusioni scritte dell’Avvocato Generale FRANCESCO SALZANO, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte vogliano rigettare il ricorso.
FATTI DI CAUSA
Il Consiglio Nazionale Forense confermava la decisione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Verona che aveva inflitto all’Avv. (OMISSIS) la sanzione disciplinare della censura, “Per aver violato l’articolo 38 della Legge Professionale e gli articoli 6 e 49 del Codice Deontologico Forense, poiche’ nella sua veste di difensore di (OMISSIS), aveva notificato in data 7 giugno 2006 un secondo atto di precetto con cui, sulla base del medesimo decreto ingiuntivo n. 2393/03, chiedeva a (OMISSIS) nuovamente il pagamento della medesima somma di Euro 12.031,15 gia’ percepita, oltre interessi e spese; faceva seguire la notifica di un nuovo atto di pignoramento presso terzi per l’importo di Euro 19.742,61 bloccando somme per Euro 98.713,05. In (OMISSIS)”.
Il CNF esponeva in fatto e osservava in diritto:
– che la cliente dell’incolpato, debitrice di una Societa’ finanziaria, aveva conferito a quest’ultima mandato in rem propriam per il riscatto di una polizza assicurativa stipulata con (OMISSIS);
– che, a riscatto avvenuto, soddisfatta la Societa’ finanziaria, (OMISSIS) metteva a disposizione della cliente dell’incolpato la residua somma, avvertendo di cio’ l’Avv. (OMISSIS), al quale poi faceva pervenire anche il corrispondente assegno;
– che, nonostante il pagamento, l’Avv. (OMISSIS) chiedeva e otteneva decreto ingiuntivo, sulla scorta del quale iniziava nei confronti di (OMISSIS) una prima procedura esecutiva, conclusasi con una declaratoria giudiziale di estinzione e la liquidazione delle spese a favore dell’opponente compagnia di assicurazione;
– che, sulla base dello stesso decreto ingiuntivo, l’Avv. (OMISSIS) procedeva a un nuovo pignoramento “bloccando somme per Euro 98.713,05”, pignoramento al quale ancora una volta si opponeva vittoriosamente (OMISSIS);
– che le difese dell’Avv. (OMISSIS) dovevano essere tutte disattese, sia perche’ non poteva costituire capo di decisione impugnabile la semplice ricognizione di aver con la seconda esecuzione bloccato “somme per Euro 98.713,05”, sia perche’ la condotta professionale dell’Avv. (OMISSIS) non poteva essere in alcun modo giustificata anche alla luce dell’esito di entrambi i giudizi di opposizione all’esecuzione, sia perche’ a integrare l’elemento soggettivo dell’addebito disciplinare era da ritenersi sufficiente la “volontarieta’ del comportamento dell’incolpato”;
– che la seconda esecuzione intrapresa nei confronti di (OMISSIS), era pertanto da giudicarsi eccessiva e professionalmente scorretta.
L’Avv. (OMISSIS) ricorreva per tre motivi.
La Procura Generale depositava atto scritto, con il quale concludeva per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, denunciata la violazione dell’articolo 100 c.p.c., dell’articolo 342 c.p.c. e dell’articolo 66 del vigente Codice Deontologico Forense, l’incolpato rimproverava il CNF per aver erroneamente ritenuto inammissibile la censura rivolta contro l’addebito di avere, con la seconda esecuzione forzata, “bloccato somme per Euro 98.713,05”; l’Avv. (OMISSIS), affermava infatti di avere un preciso interesse processuale a dimostrare di non aver aggravato l’altrui posizione debitoria con il “blocco” delle suddette ingenti somme.
1.1. Al di la’ dell’inesatto riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il motivo e’ inammissibile perche’ non coglie la ratio decidendi dell’impugnata decisione, che nella sostanza considera irrilevante l’ammontare delle somme pignorate, circostanza che il CNF ha infatti fatto consistere in una semplice precisazione storico descrittiva dell’incolpazione; in realta’, quello che dal CNF viene giudicato in contrasto con il generale dovere di correttezza professionale ex articolo 6 Codice Deontologico Forense applicabile ratione temporis, oltre che con l’obbligo di non aggravare la posizioni del debitore attraverso inutili iniziative giudiziali ex articolo 49 Codice Deontologico Forense applicabile ratione temporis, e’ stato il comportamento processuale dell’incolpato che aveva intrapreso una seconda esecuzione pur avendo ricevuto l’assegno in pagamento e pur avendo ancora in corso altra esecuzione per il medesimo titolo (Cass. sez. I n. 9013 del 2018).
2. Con il secondo articolato motivo di ricorso, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, denunciata la violazione dell’articolo 115 c.p.c., l’incolpato lamentava come il CNF fosse incorso “in un errore di percezione nell’esame del contenuto delle prove”, un errore di percezione consistente nel ritenere che la seconda procedura esecutiva fosse stata iniziata dopo l’accoglimento dell’opposizione alla prima esecuzione, un errore di percezione dal quale il CNF aveva ingiustamente fatto derivare la responsabilita’ dell’Avv. (OMISSIS) per avere quest’ultimo intrapreso una nuova esecuzione quando gia’ il giudice della prima esecuzione aveva accertato che (OMISSIS) non era debitrice; l’incolpato aggiungeva che, comunque, “in ogni caso”, il CNF aveva male apprezzato le prove offerte, con la conseguente violazione dell’articolo 116 c.p.c..
2.1. Con il terzo motivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, denunciata la violazione degli articoli 9 e 66 del vigente Codice Deontologico Forense, l’Avv. (OMISSIS) rimproverava al CNF di aver erroneamente reputato sussistenti i presupposti dell’incolpazione; a riguardo, l’Avv. (OMISSIS) sosteneva invece di non avere alcuna responsabilita’, sempre per la ragione che la seconda esecuzione era stata iniziata in epoca anteriore la declaratoria di estinzione della prima procedura coattiva.
2.1. La prima parte del secondo motivo, oltre che il terzo motivo, al di la’ dell’inconferente riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sono inammissibili ancora perche’ non colgono la ratio decidendi dell’impugnata decisione; il CNF, difatti, non ritiene integrata la responsabilita’ disciplinare perche’ la seconda esecuzione era stata iniziata dopo la declaratoria di estinzione della prima, bensi’ per l’inutilita’ di una ulteriore procedura esecutiva, attesa la gia’ avvenuta corresponsione dell’assegno e avendo l’Avv. (OMISSIS) gia’ in corso altra esecuzione per identico titolo, cosi’ come del resto precisamente addebitato nel capo di incolpazione.
2.2. Anche la seconda parte del secondo motivo e’ inammissibile, giusti i limiti di sindacato sulla motivazione, in attualita’ soltanto consentito “al minimo costituzionale”; come noto, infatti, il vigente articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 non contempla la possibilita’ di censurare l’apprezzamento delle prove compiuto dal giudice (Cass. sez. un. 8053 del 2014).
3. In mancanza di avversarie difese, non deve farsi luogo al regolamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilita’ del il ricorso; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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