Corte di Cassazione, penale, Sentenza|26 febbraio 2021| n. 7591.
Integra il reato di falsità ideologica in atto pubblico la condotta del medico che attesti in moduli per prescrizioni del Servizio Sanitario Nazionale e in un certificato medico di aver visitato un paziente in data antecedente a quella effettiva, avendo la datazione della certificazione diagnostica valore fidefacente della accertata sussistenza della patologia in un determinato momento.
Sentenza|26 febbraio 2021| n. 7591
Data udienza 25 gennaio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Falso ideologico in atto pubblico – Medico convenzionato con il SSN – Retrodatazione di prescrizioni e certificati – Configurabilità del reato – Censure di merito – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SABEONE Gerardo – Presidente
Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere
Dott. PISTORELLI Luca – rel. Consigliere
Dott. SESSA Renata – Consigliere
Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 26/04/2019 della Corte d’appello di L’Aquila;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. GIORDANO Luigi, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di L’Aquila ha confermato la condanna di (OMISSIS) per i reati di falso ideologico in atto pubblico commessi in qualita’ di pubblico ufficiale e di falso ideologico in certificati commesso in qualita’ di persona incaricata di un servizio di pubblica necessita’ per aver falsamente attestato in dei moduli per le prescrizioni del Servizio Sanitario Nazionale e in una certificazione medica di aver visitato (OMISSIS) in data antecedente a quella effettiva. In parziale riforma della pronunzia di primo grado la Corte territoriale ha rimodulato in senso favorevole all’imputato il trattamento sanzionatorio, concedendogli altresi’ i doppi benefici di legge.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato articolando due motivi.
2.1. Con il primo vengono dedotti erronea applicazione della legge penale e vizi della motivazione. In proposito anzitutto il ricorrente contesta la validita’ del ragionamento probatorio della Corte, lamenta come la mera incongruenza tra la numerazione dei moduli di prescrizione e le date riportate sui medesimi nel periodo d’interesse sia di per se’ idonea a dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio la falsita’ della prescrizione rilasciata al (OMISSIS) il 10 settembre 2014. Ne’, si osserva, le ulteriori circostanze valorizzate dalla sentenza a tal fine sarebbero idonee a colmare il difetto probatorio evidenziato.
In secondo luogo, viene dedotto l’erroneo riconoscimento della falsita’ delle prescrizioni e del certificato sulla base della mera asserita retrodatazione degli stessi.
La difesa esclude che le prescrizioni e i certificati medici siano comunque qualificabili alla stregua di atti pubblici e quindi ritiene che non tutte le informazioni in essi contenute siano fidefacienti. In particolare tale efficacia andrebbe esclusa con riguardo alla data di emissione di tali documenti, in quanto non attinente al contenuto attestativo degli stessi. Per tale ragione il ricorrente nega che la retrodatazione integri falsita’ in atto pubblico, potendo al piu’ essere riconducibile nelle diverse fattispecie di cui agli articoli 480 e 481 c.p..
2.2. Con il secondo motivo l’imputato deduce vizi di motivazione, tra cui travisamento della prova, nella parte in cui la sentenza impugnata ignora di considerare il referto rilasciato al (OMISSIS) dal Pronto soccorso il (OMISSIS) e contenente una diagnosi sovrapponibile a quella indicata nelle prescrizioni e nel certificato datati al 10 settembre dello stesso anno, circostanza idonea a confermare la correttezza dell’operato del (OMISSIS), la cui unica anomalia si ridurrebbe dunque alla sola retrodatazione, non integrante, come detto, una falsita’ in atto pubblico.
3. Il 19 gennaio 2021 la parte civile costituita (OMISSIS) ha trasmesso conclusioni scritte e nota spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato ed a tratti inammissibile.
2. In particolare e’ infondato e’ il primo motivo di ricorso.
2.1 Pervero generica risulta la doglianza relativa al malgoverno da parte della Corte della regola di giudizio. Nell’invocare la sussistenza di un ragionevole dubbio idoneo a contrastare il ragionamento probatorio articolato nella sentenza impugnata, infatti, il ricorrente deve prospettare una ricostruzione alternativa a quella sviluppata dal giudice fondata su risultanze processuali specificamente indicate e non formulare mere ipotesi congetturali, ancorche’ astrattamente plausibili (ex multis Sez. 2, n. 3817 del 09/10/2019, dep. 2020, Mannile Rv. 278237 – 01). Nel caso di specie l’imputato si e’, invece, limitato in modo aspecifico a sindacare l’idoneita’ degli elementi probatori valutati dal giudice a superare il ragionevole dubbio, senza dare alcuna spiegazione che giustifichi la discrasia tra la numerazione dei moduli utilizzati per le prescrizioni e la loro data di emissione indicata, se non evocando in maniera generica la possibilita’ che cio’ debba imputarsi al mero disordine operativo del (OMISSIS).
2.2 Infondata e’ invece l’obiezione per cui, la condotta di retrodatazione di prescrizioni e certificati da parte del medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, non integrerebbe il reato di falso ideologico in atto pubblico. Il ricorrente, correttamente, riconosce la doppia natura giuridica delle prescrizioni mediche, di certificato avente valore fidefacente, nella parte in cui il medico attesta dati da lui direttamente rilevati, e di autorizzazione amministrativa nella parte in cui rimuove limiti imposti dalla legge all’esercizio del diritto soggettivo all’assistenza farmacologica. Errata e’ pero’ la conseguenza che ne trae, asserendo che la data di emissione della prescrizione non rilevi tra gli elementi di natura attestativa. Difatti il medico, in qualita’ di pubblico ufficiale, ha l’obbligo di attestare il vero riguardo i fatti caduti nella sua sfera conoscitiva nell’esercizio delle sue funzioni e tra questi rilevano, oltre alle patologie riscontrate, anche l’identita’ del paziente e la data della diagnosi. Per costante giurisprudenza di legittimita’, infatti, la funzione attestativa della ricetta medica comprende anche i necessari presupposti di fatto della realta’ documentata. In particolare la data di emissione, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, assume senz’altro rilevanza giuridica tutte le volte che – come nel caso di specie – il documento redatto dal sanitario faccia riferimento, anche quale mero presupposto della prescrizione, ad un accertamento diagnostico direttamente compiuto dal medesimo ovvero riscontrato sulla base di dati ricavati da altra documentazione da lui visionata. In tal caso, infatti, la datazione del documento certifica, sulla base di quanto direttamente accertato dal medico, la sussistenza della patologia in un dato momento. Ne’ contrasta con tali conclusioni il precedente richiamato dal ricorrente al fine di ipotizzare una diversa qualificazione giuridica del fatto, posto che la stessa riguarda fattispecie relativa al solo contenuto prescrittivo della ricetta, in riferimento al quale certamente la datazione svolge una diversa funzione.
3. Il secondo motivo di ricorso e’ invece inammissibile. La difesa nell’eccepire il travisamento della prova non si e’ effettivamente confrontata con il ragionamento probatorio operato dal giudice dell’appello. Quest’ultimo non ha infatti messo in discussione la correttezza della diagnosi effettuata dall’imputato, bensi’ ha solo rilevato l’incongruenza tra le diverse date dei documenti presi in considerazione. La difesa si lamenta in modo generico della mancata considerazione dell’uguaglianza delle diagnosi contenute nel referto del (OMISSIS) e nelle prescrizioni e nei certificati rilasciati dall’imputato invece il 10 settembre 2014, ma trascura che la condanna non ha ad oggetto una falsa diagnosi, bensi’ la data della sua formulazione.
4. In conclusione il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, nonche’ alla refusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, che si liquidano in complessivi Euro 3.000, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alta rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi Euro 3.000, oltre accessori di legge.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply