Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|3 marzo 2021| n. 5847.
Il procedimento di opposizione allo stato passivo del fallimento si configura come un vero e proprio giudizio ordinario di cognizione in cui trovano applicazione le regole generali in tema di onere della prova; da ciò consegue che l’opponente è tenuto a fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto di credito, mentre grava sulla curatela l’onere di dimostrare l’esistenza di fatti modificativi, impeditivi o estintivi dell’obbligazione. (Nella specie, relativa a un credito di lavoro per differenze retributive, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione del giudice di merito che aveva respinto l’opposizione del lavoratore, ritenendo insufficiente la prova testimoniale con cui lo stesso pure aveva dimostrato lo svolgimento delle prestazioni di lavoro subordinato in un periodo determinato).
Ordinanza|3 marzo 2021| n. 5847
Data udienza 25 novembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Fallimento – Ammissione al passivo di credito di lavoro – Giudizio di opposizione – Natura di vero e proprio giudizio con la ripartizione dell’onere della prova – Titolo del rapporto a carico dell’opponente – Fatti modificativi, estintivi del rapporto a carico della curatela – Rinvio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21488-2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE;
– intimato –
avverso il decreto n. 59832/16 del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 10/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO CARLA.
RILEVATO
che:
1. con ricorso depositato il 13.6.2016 (OMISSIS) ha chiesto l’ammissione al passivo del Fallimento (OMISSIS) srl in liquidazione della somma di Euro 14.405,30 a titolo di differenze retributive, indennita’ sostitutiva del preavviso e TFR maturati nel rapporto di lavoro subordinato svolto dall’1.9.2015 al 31.12.2015;
2. avverso il rigetto della domanda da parte del giudice delegato, il ricorrente ha proposto opposizione che il Tribunale di Roma ha respinto, con decreto depositato il 18.7.2019;
3. il Tribunale ha dato atto di come il ricorrente avesse fornito prova, per mezzo di testimoni, delle prestazioni di lavoro subordinato svolte nel periodo 1.9.15 – 31.12.15; ha tuttavia respinto la domanda in quanto “incongruente e gravemente contraddittoria avendo richiesto il riconoscimento di un credito per differenze retributive e di TFR, pur avendo specificato, sia nel ricorso introduttivo che nella memoria conclusionale, di non aver mai ricevuto alcun compenso a titolo di retribuzione, di TFR e altre competenze, per l’intero arco temporale in cui ha lavorato per la societa’ fallita”; e perche’ “la Curatela non dispone della documentazione necessaria per la ricostruzione del rapporto e dei pagamenti effettuati dal datore di lavoro nel corso degli anni”;
4. avverso tale decreto (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi; il Fallimento (OMISSIS) srl in liquidazione non ha svolto difese;
5. la proposta del relatore e’ stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza camerale, ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
6. col primo motivo di ricorso e’ dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli articoli 2697, 2099 e 2120 c.c. per avere il Tribunale addossato al lavoratore, che pure ha dimostrato l’esecuzione delle prestazioni di lavoro subordinato nel periodo sopra indicato, l’onere di dar prova delle somme percepite, cosi’ invertendo gli oneri di prova e benche’ l’attuale ricorrente avesse allegato di non aver ricevuto alcun compenso nei quattro mesi di lavoro;
7. col secondo motivo e’ denunciata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, omessa motivazione con riferimento all’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4;
8. si sottolinea la palese contraddittorieta’ e inidoneita’ della motivazione adottata dal Tribunale a giustificare il decisum, in quanto basata sull’uso (improprio) dell’espressione “differenze retributive”, anziche’ sugli elementi di prova raccolti e sulle allegazioni del lavoratore, di non aver ricevuto alcun compenso per l’attivita’ svolta nei quattro mesi alle dipendenze della societa’ poi fallita;
9. i motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, sono fondati;
10. come piu’ volte affermato da questa Corte, il procedimento di opposizione allo stato passivo si configura come un vero e proprio giudizio ordinario di cognizione in cui trovano applicazione le regole ordinarie in tema di onere della prova; da cio’ consegue che grava sull’opponente (attore) fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto di credito (Cass. n. 826 del 2015; n. 2387 del 2004; S.U. n. 13533 del 2001) mentre grava sulla Curatela l’onere di dimostrare fatti modificativi, impeditivi o estintivi dell’obbligazione (Cass. n. 6465 del 2001; n. 2832 del 1995);
11. il Tribunale ha male applicato la regola di distribuzione dell’onere di prova poiche’ ha ritenuto insufficiente che il ricorrente avesse “dimostrato, attraverso le prove testimoniali raccolte…, di aver svolto le prestazioni lavorative indicate in ricorso, con vincolo di subordinazione e per il periodo compreso tra il 1 settembre 2015 e il 31 dicembre 2016 (rectius 2015)”;
12. e cio’ in base ad una motivazione assolutamente illogica, in quanto basata su una interpretazione formalistica dell’espressione “differenze retributive”, utilizzata nel ricorso, intesa come tale da presupporre un adempimento almeno parziale dell’obbligo retributivo e quindi inidonea a descrivere la pretesa retributiva per l’intero credito maturato nel corso del rapporto di lavoro, nel caso di specie, peraltro, durato solo quattro mesi;
13. il senso delle espressioni utilizzate negli atti processuali deve essere ricercato dal giudice avendo riguardo non solo al significato letterale dei termini, ma al contenuto delle allegazioni svolte al fine di descrivere il fatto sottoposto a giudizio;
14. per le ragioni esposte, in accoglimento del ricorso, il decreto impugnato deve essere cassato e la causa rinviata al Tribunale di Roma, Sezione Fallimentare, in diversa composizione, al fine di un nuovo esame della fattispecie, oltre che per la regolazione delle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Roma, Sezione Fallimentare, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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