Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 11325.
Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione deve essere interpretato in maniera elastica
Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, secondo il quale, ove si denunci la mancata pronuncia su motivi d’appello, è necessario che questi ultimi siano riportati nell’atto d’impugnazione, deve essere interpretato in maniera elastica, in conformità all’evoluzione della giurisprudenza di questa Corte – oggi recepita dal nuovo testo dell’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c., come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022 – dovendosi perciò ritenere che la trascrizione del motivo non sia indispensabile, a condizione che il suo contenuto sia sufficientemente determinato in modo da renderlo pienamente comprensibile e ne sia fornita una specifica indicazione, tale da consentirne l’individuazione nell’ambito dell’atto di appello.
Ordinanza|| n. 11325. Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione deve essere interpretato in maniera elastica
Data udienza 15 marzo 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Fallimento – Articolo 67 legge fallimentare – Azione revocatoria – Presupposti – Articoli 112 e 167 cpc – Esenzione – Legge 11 del 2008 – Criteri – Motivazione del giudice di merito
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente
Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere
Dott. VELLA Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13743-2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS) SPA IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) ( (OMISSIS)), (OMISSIS) ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS));
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 6679-2018 depositata il 23/10/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/03/2023 dal Consigliere MAURO DI MARZIO.
Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione deve essere interpretato in maniera elastica
RILEVATO CHE
1. – (OMISSIS) S.p.A. in amministrazione straordinaria ricorre per cinque mezzi, nei confronti di (OMISSIS) S.p.A., contro la sentenza del 23 ottobre 2018, con cui la Corte d’appello di Roma ha respinto il suo appello avverso sentenza del locale Tribunale di rigetto della domanda di revoca, ai sensi della legge fallimentare , articolo 67, comma 2, di pagamenti per il complessivo importo di Euro 3.304.692,75.
2. – (OMISSIS) S.p.A. resiste con controricorso.
3. – Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
4. – Il primo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 167 c.p.c., per avere la Corte d’appello rigettato la domanda della procedura in applicazione dell’esenzione di cui al decreto-legge numero 80 del 2008 convertito con modificazioni in L. n. 11 del 2008, quantunque (OMISSIS) S.p.A. non avesse formulato tempestivamente la relativa eccezione, da ritenersi quale eccezione in senso stretto.
Il secondo mezzo lamenta che la Corte d’appello abbia rigettato la domanda della procedura applicando una norma incostituzionale, l’articolo 1, comma 3, del citato decreto-legge.
Il terzo, quarto e quinto mezzo lamentano che la Corte d’appello abbia fatto riferimento ai soli pagamenti successivi al medesimo decreto-legge, tralasciando di considerare quelli anteriori, ai quali la normativa in discorso non era applicabile, motivi formulati sia sotto il profilo della violazione di legge, sia sotto quelli dell’errore in procedendo e dell’omessa considerazione di un fatto decisivo e controverso.
Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione deve essere interpretato in maniera elastica
RITENUTO CHE:
5. – Il ricorso va respinto.
5.1. – Il primo mezzo e’ infondato.
Stabilisce il decreto legge numero 80 del 2008, comma 3 dell’articolo 1 convertito con modificazioni nella L. n. 11 del 2008 che: “Tutti gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere da (OMISSIS) – (OMISSIS) S.p.A. a fare data dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al termine di cui al comma 2 ((…)) sono equiparati a quelli di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, comma 3, lettera d), dell’articolo 67, e successive modificazioni, per gli effetti previsti dalla medesima disposizione”. Questa Corte ha gia’ chiarito che la disposizione “fa riferimento alla piena equiparazione, ope legis, del piano effettuale. Essa considera ogni pagamento, eseguito nel termine indicato, come equivalente a quelli che, nelle condizioni di cui all’articolo 67 L. Fall., sarebbero esenti perche’ fatti in attuazione di un piano attestato di risanamento”.
L’equiparazione ha luogo dunque ope legis, i.e. i pagamenti contemplati dalla norma sono esenti per legge dalla revocatoria, sicche’ l’esenzione dalla revocatoria in forza della norma richiamata non puo’ essere considerata alla stregua di un’eccezione in senso proprio.
5.2. – Il secondo mezzo va parimenti disatteso.
Al di la’ del rilievo che non puo’ costituire motivo di ricorso per cassazione la valutazione negativa che il giudice di merito abbia fatto circa la rilevanza e la manifesta infondatezza di una questione di legittimita’ costituzionale, perche’ il relativo provvedimento ha carattere puramente ordinatorio, essendo riservato il relativo potere decisorio alla Corte costituzionale, e, d’altra parte, la stessa questione puo’ essere riproposta in ogni grado di giudizio (Cass. 16 aprile 2018, n. 9284), e’ agevole osservare che le censure di incostituzionalita’ della norma sono state da questa Corte gia’ scrutinate e respinte (Cass. 23 maggio 2022, n. 16652).
5.3. – Il terzo, quarto e quinto mezzo, da esaminarsi simultaneamente, sono inammissibili.
In buona sostanza la ricorrente lamenta che la Corte d’appello avrebbe pronunciato sui soli pagamenti, oggetto della domanda di revoca, effettuati successivamente all’entrata in vigore del decreto-legge numero 80 del 2008, e non anche su quelli antecedenti ad essa, ai quali il decreto-legge e’ inapplicabile.
Orbene, nella sentenza impugnata si afferma, a pagina 3, che la domanda di revoca introdotta dalla societa’ odierna ricorrente aveva ad oggetto “l’importo complessivo di Euro 3.304.692,75, eseguiti in data 21.5.2008 (Euro 183.431,23), in data 12.6.08 (Euro 115.745,26), in data 30.6.08 (Euro 459.012,09) e in data 21.8.08 (Euro 1.121.778,75)”. In proposito, non occorrono doti ragguardevoli nel calcolo aritmetico per avvedersi che il totale delle singole somme concernenti i quattro pagamenti menzionati non corrisponde all’importo indicato: ed infatti la societa’ ricorrente espone di aver agito per la revoca di ulteriori tre pagamenti, antecedenti il decreto legge, in data 21 marzo 2008, 18 aprile 2008 e 21 aprile 2008 (cosi’ a pagina 3 del ricorso), senza peraltro che se ne conosca l’importo.
Al di la’ di quest’ultima notazione, il punto e’ che, con riguardo ai pagamenti ante decreto-legge, il ricorso difetta sia sotto il profilo dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, di cui al numero 3 dell’articolo 366 c.p.c., sia sotto quello dell’autosufficienza, ai sensi del numero 6 della medesima disposizione.
Quanto all’esposizione sommaria dei fatti di causa, occorre dire che si tratta dei fatti della controversia, sia sostanziali sia processuali, i quali vanno esposti in quanto rilevanti per la decisione di legittimita’: vanno narrate dunque con adeguata sintesi le domande introduttive, le vicende del primo grado e della decisione d’appello, il tutto, quale premessa per l’esposizione dei motivi del ricorso. Nel caso di specie dalla esposizione svolta sotto il titolo “Il giudizio di primo grado”, alle pagine 3-4 del ricorso, si comprende che la domanda di revoca aveva ad oggetto, come si diceva, sia tre pagamenti ante decreto-legge, sia quattro pagamenti post decreto-legge, tutti di indeterminato importo. Si comprende poi che “il Tribunale di Roma ha definito la controversia rigettando la domanda attorea sulla base: (i) del Decreto Legge n. 80 del 2008, articolo 1 comma 3, per quanto attiene i pagamenti post dl 80 del 2008; e (ii) della l. fall., articolo 67, comma 3, lettera a) con riferimento ai pagamenti pre DL 80-08”.
Qui non e’ pero’ dato comprendere come, in particolare, il Tribunale abbia deciso, potendosi soltanto supporre che il primo giudice abbia ritenuto esenti da revocatoria i pagamenti post decreto-legge in forza del citato comma 3, ed esenti da revocatoria i pagamenti ante decreto-legge perche’ eseguiti in termini d’uso. Dopo di che l’esposizione dei fatti di causa diviene radicalmente carente, poiche’, supposto che il Tribunale abbia deciso nei termini or ora ipotizzati, non e’ dato sapere, alla lettura del ricorso, se e come il rigetto della domanda di revoca dei pagamenti effettuati ante decreto-legge sia stato censurato, cosi’ da investire la Corte d’appello dal dovere di pronunciare sul motivo proposto ai sensi della regola generale stabilita dall’articolo 112 c.p.c..
In generale, e’ agevolmente comprensibile come la mancata indicazione, nel ricorso per cassazione, della motivazione addotta dal Tribunale a fondamento della propria decisione renda arduo intendere poi il contenuto degli eventuali motivi di appello in proposito spiegati. Nel caso di specie, per di piu’, la mancata esposizione della ratio o delle rationes decidendi poste dalla sentenza di primo grado a fondamento della decisione adottata, si coniuga, a pagina 5 del ricorso, con una esposizione estremamente scheletrica di quelli che sarebbero stati i motivi d’appello, rilevanti quanto ai pagamenti ante decreto-legge, per avere il Tribunale “ritenuto applicabile l’esenzione ex l. fall., articolo 67 comma 3, lettera a) ai pagamenti Pre Decreto Legge n. 80-08, sebbene tardivamente sollevata e comunque sulla base di un’erronea interpretazione del requisito dei termini d’uso”: nel che risulta incomprensibile sia il profilo, non ulteriormente chiarito nel ricorso, della tardivita’ dell’eccezione, sia il perche’ della denunciata erroneita’ dell’interpretazione del requisito dei termini d’uso.
Cio’ detto, e’ superfluo rammentare che l’impugnazione in sede di legittimita’ e’ retta dal “principio di autonomia del ricorso per cassazione” (Cass., Sez. Un., 22 maggio 2014, n. 11308, concernente appunto l’esposizione sommaria dei fatti di causa), il che si ricollega al ribadito principio secondo cui, con riguardo al principio di autosufficienza, ove si denunci la mancata pronuncia su motivi d’appello, e’ necessario riportarli in ricorso (Cass. n. 17049/2015; Cass. n. 21083/2014; Cass. n. 14561/2012). In proposito, nella prospettiva di una lettura elastica di detto principio, oggi recepita, in conformita’ all’evoluzione della giurisprudenza di questa Corte, dal nuovo testo dell’articolo 366, numero 6, c.p.c., come novellato dal decreto legislativo numero 149 del 2022, puo’ ritenersi che la trascrizione del motivo non sia indispensabile, ma, intuitivamente, a condizione che il suo contenuto sia sufficientemente determinato in modo da essere reso comprensibile alla Corte, e che, comunque, sia fornita un’indicazione circostanziata che ne consenta l’individuazione nell’ambito dell’atto d’appello.
Nel caso di specie tutto cio’, come si diceva, difetta totalmente, in violazione sia dell’onere di esposizione sommaria dei fatti di causa, sia di quello di autosufficienza, il quale, impone che il ricorso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimita’ in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, senza la necessita’, in linea di principio, di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (Cass. 28 dicembre 2017, n. 31082).
E la questione non e’ affatto astratta: sapere con esattezza che cosa abbia deciso il Tribunale in punto di pagamenti ante decreto-legge e come la statuizione del Tribunale sia stata censurata in appello e’ difatti indispensabile al fine di comprendere cosa la Corte d’appello, che non fa alcuna menzione dei pagamenti ante decreto-legge e che indubbiamente si e’ soffermata pressoche’ soltanto sull’esenzione di cui al decreto-legge medesimo, abbia inteso dire laddove, a pagina 6 della sentenza impugnata, ha dichiarato “assorbiti gli ulteriori motivi di gravame”, concludendo per il rigetto dell’appello: ed invero, e’ del tutto evidente che ove il Tribunale avesse motivato sull’esenzione dalla revoca dei pagamenti ante decreto-legge, e l’appellante non avesse svolto censure specifiche in proposito, ben potrebbe ritenersi che la Corte d’appello abbia inteso in tal modo nient’altro che ribadire per relationem la motivazione di rigetto addotta dal primo giudice. Con il che verrebbe naturalmente a cadere la censura in esame sotto tutti i motivi spiegati.
6. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
PER QUESTI MOTIVI
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 24.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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