Vendita internazionale a distanza di beni mobili la giurisdizione è dell’Autorità giudiziaria del luogo della consegna materiale dei beni

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 11346.

Vendita internazionale a distanza di beni mobili la giurisdizione è dell’Autorità giudiziaria del luogo della consegna materiale dei beni

In tema di vendita internazionale a distanza di beni mobili, la controversia avente ad oggetto il pagamento della merce va devoluta, ai sensi dell’art. 7 del Reg. UE n. 1215 del 2012 (applicabile “ratione temporis”), alla giurisdizione dell’Autorità giudiziaria del luogo della consegna materiale dei beni. Le clausole Incoterms “Ex Works”, inserite nel contratto, individuano anche il luogo di consegna della merce, salvo che dal contratto stesso risultino diversi ed ulteriori elementi che inducano a ritenere che le parti abbiano voluto un diverso luogo della consegna.

Ordinanza|| n. 11346. Vendita internazionale a distanza di beni mobili la giurisdizione è dell’Autorità giudiziaria del luogo della consegna materiale dei beni

Data udienza 4 aprile 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Giurisdizione – Contratti – Clausola ex works – Indicazione del luogo di consegna della merce – Diversi accordi desumibili dal contratto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Primo Presidente f.f.

Dott. MANNA Antonio – Presidente Sez.

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9673-2021 proposto da:

(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 60-2021 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 25/01/2021;

Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona dell’Avvocato Generale, Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI, che ha chiesto accogliersi il primo motivo, con l’assorbimento degli altri due;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/04/2023 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

lette le memorie delle parti.

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RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con atto di citazione notificato a mezzo p.e.c. il 19 luglio 2016 (OMISSIS) proponeva opposizione al decreto ingiuntivo n. 3294-2016, emanato dal Tribunale di Brescia il precedente 18 maggio, con il quale le veniva ingiunto di pagare a (OMISSIS) S.p.A. la somma di Euro 141.495,79, oltre ad interessi e spese. A fondamento della propria pretesa (OMISSIS) aveva lamentato il mancato pagamento da parte di (OMISSIS) di alcune fatture relative alla fornitura di bottiglie d’acqua minerale, che questa avrebbe poi dovuto rivendere ad alcuni distributori asiatici.

(OMISSIS) eccepiva in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del Giudice italiano in favore del Giudice francese – e in particolare del Tribunale di Versailles – ai sensi degli articoli 4, 1 co., e 7, n. 1, lettera b) del Regolamento UE n. 1215-2012. Nel merito, invece, sosteneva l’infondatezza delle pretese dell’opposta, chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo. Inoltre, proponeva domanda riconvenzionale domandando la risoluzione per inadempimento del contratto di fornitura intercorrente tra le parti ed il relativo risarcimento del danno. Costituitasi in giudizio, e per quanto qui d’interesse, (OMISSIS) contestava l’eccezione di difetto di giurisdizione affermando che in virtu’ della clausola Incoterm “ex works”, applicabile ai rapporti tra le parti, la consegna delle merci sarebbe dovuta avvenire in Italia (come peraltro effettivamente accaduto, in quanto le bottiglie non erano mai state consegnate all’estero). Il Tribunale, con sentenza n. 167-2019, revocava il decreto ingiuntivo n. 3294-2016, ritenendo fondata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall’opponente e ritenendo competente il Giudice francese. Per l’effetto, condannava (OMISSIS) al pagamento delle spese di lite e degli accessori di legge.

2. Avverso la sentenza di prime cure (OMISSIS) spiegava appello innanzi alla Corte d’Appello di Brescia. L’appellante lamentava che il Giudice non si era avveduto che i documenti prodotti in giudizio indicassero chiaramente che il luogo della consegna era sito in Italia e che dunque – anche alla luce della giurisprudenza nazionale e sovranazionale in materia – la giurisdizione sarebbe dovuta spettare al Giudice italiano. Inoltre, il criterio determinante della giurisdizione avrebbe dovuto essere, non tanto il luogo di consegna della merce bensi’, essendo stata dedotta in giudizio un’obbligazione di pagamento di fatture insolute, quello di esecuzione dell’obbligazione portata sub iudice.

(OMISSIS) contestava gli argomenti dell’appellante e difendeva la correttezza della decisione di primo grado.

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La Corte d’Appello di Brescia rigettava l’appello, con sentenza n. 60/2021, rilevando anzitutto che, secondo le regole generali stabilite dal Regolamento UE n. 1215-2012, all’articolo 4, la giurisdizione si sarebbe, ordinariamente, radicata in Francia, ove aveva sede la (OMISSIS). La Corte rilevava, successivamente, che, anche secondo i criteri alternativi previsti dal Regolamento, all’articolo 7, n. 1, lettera b), il Giudice italiano non avrebbe potuto ritenersi munito di giurisdizione, spettante invece al giudice francese. In particolare, il giudice di seconde cure riteneva che l’inserimento della clausola Incoterm “ex works” nella documentazione dei rapporti tra (OMISSIS) e (OMISSIS) non implicasse un automatico spostamento del luogo materiale di consegna delle merci, ove non accompagnata da elementi che confermassero tale scelta con chiarezza: in mancanza di tali riscontri, l’inserimento di tale clausola produce come unico effetto il solo trasferimento del rischio di perimento della merce. In breve, “anche a voler ritenere che la clausola Incoterm “EXW (…) sia stata pattuita tra le parti (…) dalla clausola stessa non emerge un incontro di volonta’ chiaro ed inequivoco e non e’ ravvisabile una pattuizione volta ad attribuire con chiarezza al luogo indicato nella clausola valenza anche di luogo di consegna della merce ai fini del radicamento della giurisdizione” (cosi’ la sentenza d’appello, pp. 15-16).

3. Avverso la sentenza n. 60/2021 della Corte d’Appello di Brescia ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) S.p.A., articolando tre motivi di ricorso.

(OMISSIS) ha resistito mediante controricorso.

Con ordinanza interlocutoria n. 37506 del 22 dicembre 2022, la Prima Sezione civile ha rimesso la controversia alle Sezioni Unite, essendo dedotti motivi relativi alla giurisdizione che involgevano una questione sulla quale non poteva dirsi maturato un orientamento univoco delle stesse Sezioni Unite. Entrambe le parti hanno depositato memorie in prossimita’ dell’udienza.

4. Con il primo motivo di ricorso, (OMISSIS) lamenta, ai sensi dell’articolo 360, 1 co., nn. 1 e 3, la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 7, 1 co., lettera b), del Regolamento UE n. 1215/2012, e dell’articolo 1362 c.c. per avere la Corte d’Appello di Brescia ritenuto insussistente la giurisdizione italiana.

In particolare, la ricorrente si duole del ragionamento della Corte di merito secondo cui la clausola “ex works” presente nella documentazione prodotta da (OMISSIS) non permetterebbe di ricostruire la volonta’ delle parti di individuare nel luogo indicato nella suddetta clausola anche il luogo di consegna delle merci, effetto dal quale sarebbe poi discesa la deroga alla giurisdizione francese. Tale conclusione, infatti, sarebbe contraria alle previsioni dell’articolo 7, 1 co., lettera b), del Regolamento UE n. 1215-2012, per come interpretato dalla Corte di Giustizia, nonche’ dalla giurisprudenza di questa Corte, e violerebbe al contempo l’articolo 1362 del codice civile.

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Nella prospettazione della ricorrente, infatti, le clausole Incoterms, se richiamate in un contratto, hanno valore di clausola contrattuale idonea ad incidere anche sul luogo di consegna, ma la Corte d’appello non ha esaminato la stessa secondo il suo contenuto letterale (ignorando, quindi, la volonta’ delle parti di fissare anche il luogo ove la merce andava consegnata).

Inoltre, le conclusioni del Giudice dell’appello contrasterebbero con la giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale reputa che l’inserimento delle clausole Incoterms all’interno del regolamento contrattuale sia sempre e comunque idoneo ad identificare il luogo di consegna delle merci (sul punto la ricorrente richiama la sentenza della CGUE “Electrosteel Europe SA” del 9 giugno 2011, nonche’ alcune concordi pronunce di questa Corte).

Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta la nullita’ della sentenza impugnata, ai sensi dell’articolo 360, 1 co., nn. 3 e 4, c.p.c., in quanto la Corte d’Appello di Brescia avrebbe omesso di motivare il rigetto del secondo motivo di appello proposto da (OMISSIS). Inoltre, la Corte avrebbe violato l’articolo 7, 1 co., lettera b), del Regolamento UE n. 1215/2012, ai sensi dell’articolo 360., 1 co., nn. 1 e 3, c.p.c..

L’attrice, nel secondo motivo d’appello, aveva, infatti, denunciato la contraddittorieta’ della sentenza di prime cure nella misura in cui aveva affermato sussistere la giurisdizione francese, salvo poi affermare che le merci vendute erano fornite dal vettore direttamente ai clienti asiatici: ne deriva che il giudice avrebbe dovuto applicare la lettera a) dell’articolo 7 del Regolamento UE n. 1215-2012, e non la lettera b), applicabile invece soltanto quando il luogo della consegna rientri nel territorio di uno Stato membro dell’Unione.

A detta della ricorrente, la sentenza gravata avrebbe dichiarato infondato tale secondo motivo senza tuttavia motivare tale conclusione: ne risulterebbe un’omissione di motivazione censurabile in questa sede.

Con il terzo ed ultimo motivo di ricorso, la ricorrente si duole, a norma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti. La Corte d’Appello, infatti, non avrebbe esaminato i documenti di causa dai quali sarebbe emerso che la merce oggetto del rapporto tra (OMISSIS) e (OMISSIS) sarebbe stata consegnata direttamente in paesi asiatici, ai quale la fornitura d’acqua era infine destinata. Cio’ sarebbe decisivo, in quanto escluderebbe l’applicazione dell’articolo 7, 1 co., lettera b), del Regolamento UE n. 1215-2012 (applicabile, come osservato, soltanto qualora il luogo di consegna delle merci sia sito nell’Unione Europea) in favore della lettera a) del medesimo articolo.

5. Preliminarmente, rispetto all’esame del merito dei motivi di ricorso, occorre dare sommariamente contezza dell’ordinanza interlocutoria n. 37506-2022 della Prima Sezione di questa Corte.

In tale ordinanza, il Collegio ha rilevato che queste stesse Sezioni Unite, con ordinanza n. 20633-2022, proprio in materia di vendita internazionale a distanza di beni mobili avevano reputato che le controversie in tema di pagamento della merce fossero devolute (nel caso di specie, ai sensi del Regolamento UE 1215/2012) all’Autorita’ giudiziaria del luogo di consegna materiale dei beni e, quindi, del luogo dove ha sede il compratore, non ostando a tale conclusione l’inserimento di una clausola Incoterm “ex works” nel relativo contratto, laddove essa non sia accompagnata da specifiche pattuizioni volte ad attribuire con chiarezza al luogo di passaggio del rischio anche il valore di luogo di consegna della merce.

L’ordinanza richiamata ha pero’ osservato che:

“La definizione della clausola ex works secondo il testo ufficiale ICC (edizione 2010, ma la clausola in questione e’ prevista parimenti nella versione in vigore dal 1 gennaio 2020) e’ la seguente: “ex works means that the seller delivers when it places the goods at the disposal of the buyer at the seller’s premises or at another named place (i.e., works, factory, warehouse, etc.). The seller does not need to load the goods on any collecting vehicle, nor does it need to clear the goods for export, where such clearance is applicable”.

E cioe’: “ex works significa che il venditore effettua la consegna quando mette la merce a disposizione dell’acquirente presso la sede del venditore o in altro luogo convenuto (es. stabilimento, fabbrica, magazzino, ecc.). Il venditore non ha bisogno di caricare la merce su alcun veicolo di raccolta, ne’ ha bisogno di sdoganare la merce per l’esportazione, ove tale sdoganamento sia applicabile”.

Il dato letterale sembra al Collegio dunque univoco (“effettua la consegna quando mette la merce a disposizione dell’acquirente presso la sede del venditore o in altro luogo convenuto”) nell’identificare il luogo, oltre che le modalita’, di consegna: la clausola ex works sembra percio’ comportare, di regola, ossia in mancanza di ulteriori specificazioni, l’individuazione del luogo di consegna presso la sede o altro luogo indicato dal venditore, oltre che le modalita’ di consegna, che vedono il venditore obbligato esclusivamente a mettere a disposizione la merce a terra in un suo magazzino o stabilimento prestabilito o concordato, con l’eventuale documentazione prescritta. La disciplina del passaggio dei rischi e dei costi del trasporto successivo paiono essere allora conseguenza della fissazione del luogo della consegna, con le ricadute che essa possiede in ordine al radicamento della giurisdizione.

I precedenti richiamati nella decisione poc’anzi menzionata non concernono tutti, specificamente, la clausola ex works (Cass., Sez. Un., 28 giugno 2019, n. 17566, e Cass., Sez. Un., 13 dicembre 2018, n. 32362, concernenti rispettivamente clausole FCA e CIF; anche Cass., Sez. Un., 17 maggio 2022, n. 15891, non pare riferirsi a clausola ex works). Quanto a Cass., Sez. Un., 14 novembre 2014, n. 24279, occorre dire che la pronuncia si fonda sul peculiare testo della clausola nell’occasione esaminata, ed altresi’ sulla contraddittorieta’ delle indicazioni provenienti dalla documentazione considerata, da cui il Collegio ha desunto, con riguardo al caso di specie, essere “evidente che non si tratta… di specifica pattuizione volta a identificare – tanto meno con chiarezza – il luogo di consegna, ma di ipotesi e previsioni contrattuali intese a regolare il prezzo e/o la ricaduta del rischio di trasporto”. Insomma, in quest’ultimo caso puo’ dirsi che una clausola ex works in effetti non v’era”.

Pertanto, la Prima Sezione ha ritenuto che fosse necessario che l’odierna questione fosse decisa dalle Sezioni Unite, tenendo conto dei rilievi mossi.

6. Tanto premesso, ritiene il Collegio, in accordo con le conclusioni del PG, che il primo motivo di ricorso e’ fondato, e deve pertanto essere accolto.

Occorre anzitutto osservare che ai sensi del Regolamento UE n. 1215/2012, applicabile nel caso di specie, in linea generale, la giurisdizione debba determinarsi in base al domicilio del convenuto (articolo 4, 1 paragrafo). Tuttavia, “le persone domiciliate nel territorio di uno Stato membro possono essere convenute davanti alle autorita’ giurisdizionali di un altro Stato membro solo ai sensi delle norme di cui alle sezioni da 2 a 7” del Capo II del Regolamento (articolo 5, 1 paragrafo).

Tra tali norme, assume rilievo in relazione all’oggetto della controversia, l’articolo 7, 1 paragrafo, lettera a) e lettera b), secondo cui una persona domiciliata in uno Stato membro dell’UE puo’ essere convenuta “in materia contrattuale, davanti all’autorita’ giurisdizionale del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio” (lettera a), e che “ai fini dell’applicazione della presente disposizione e salvo diversa convenzione, il luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio e’: nel caso della compravendita di beni, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto” (lettera b, prima parte).

In applicazione di tale regola, questa Corte ha pertanto affermato che in tema di vendita internazionale a distanza di beni mobili, anche la controversia avente ad oggetto il pagamento della merce va devoluta, ai sensi dell’articolo 7, lettera b), primo trattino, del Reg. UE n. 1215 del 2012 (applicabile “ratione temporis”), alla giurisdizione dell’A.G. del luogo in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto, non ostando a tale conclusione l’inserimento, nel contratto medesimo, di una clausola CIF che sposti il momento del trasferimento del rischio del perimento del bene dal compratore al venditore, se essa non sia accompagnata da una specifica pattuizione volta ad attribuire, con chiarezza, al luogo del passaggio del rischio valenza anche di luogo di consegna della merce, cosi’ concretizzando una deroga convenzionale alla giurisdizione, consentita dalla l. n. 218 del 1995, articolo 4 (Cass. S.U. n. 32362 del 13/12/2018, nonche’ la gia’ richiamata Cass. S.U. n. 20633/2022; Cass. S.U. n. 17566/2019).

Tuttavia, tale interpretazione e’ stata accompagnata dalla necessita’ di dover tenere conto (cfr. Cass. S.U. n. 24279/2014) del fatto che il richiamo compiuto dalle parti alle clausole generalmente riconosciute nel commercio internazionale, quali gli Incoterms (International Commercial Terms), puo’ configurare una diversa convenzione stipulata dalle parti sul luogo di consegna dei beni, purche’ da essi risulti con chiarezza la determinazione contrattuale anche in relazione a tale aspetto.

E’, dunque, necessario verificare se la clausola Incoterm “Ex Works”, trasfusa nel regolamento contrattuale, possa ritenersi clausola contrattuale rilevante ai fini dell’articolo 7, lettera b), primo trattino, del Regolamento UE n. 1215/2012, dovendosi a tal fine partire dall’accertamento in fatto, come operato nella sentenza impugnata, che la clausola richiamata (con la sigla EXW Italy) era riportata sia sulle fatture emesse dalla ricorrente sia negli ordini provenienti dalla acquirente, concordanza questa che induce a ritenere che la clausola fosse stata richiamata da entrambi i contraenti e fosse quindi destinata a regolare i loro rapporti con efficacia vincolante.

Tale verifica non puo’, ovviamente, che essere compiuta alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che costituisce fonte qualificata di interpretazione del diritto dell’Unione.

Ebbene, la Corte di Giustizia si e’ in passato gia’ espressa in materia di clausole Incoterms, anche con specifico riguardo alle clausole “ex works”.

Viene a tal fine in rilievo, in primo luogo, la sentenza “Electrosteel” del 9 giugno 2011, resa nella Causa C-87/10 (la sentenza, si noti, e’ stata resa con riguardo all’articolo 5, punto 1, lettera b), primo trattino, del regolamento n. 44/2001, ma cio’ tuttavia non rileva, in quanto la norma applicabile nella fattispecie e’ sostanzialmente identica a quella oggetto di valutazione nel precedente richiamato).

Nel caso Electrosteel, in linea di continuita’ con quanto poco prima affermato nella sentenza del 25 febbraio 2010, C381/08, Car Trim GmbH c. KeySafety System s.r.l., la Corte di Giustizia ha osservato che “nel contesto dell’esame di un contratto, al fine di determinare il luogo di consegna ai sensi dell’articolo 5, punto 1, lettera b), primo trattino, del regolamento, il giudice nazionale deve tenere conto di tutti i termini e di tutte le clausole rilevanti di tale contratto, ivi compresi, eventualmente, i termini e le clausole generalmente riconosciuti e sanciti dagli usi del commercio internazionale, quali gli Incoterms, purche’ idonei a consentire l’identificazione, con chiarezza, di tale luogo. (…) Per quanto riguarda l’Incoterm “ex works”, (…) tale clausola comprende, oltre alle disposizioni dei punti A5 e B5, intitolati “Transfer of risks”, relativi al trasferimento dei rischi, e quelle dei punti A6 e B6, intitolati “Division of costs”, che riguardano la ripartizione dei costi, anche le disposizioni dei punti A4 e B4, intitolati rispettivamente “Delivery” e “Taking delivery”, che rinviano al medesimo luogo e consentono quindi di individuare il luogo di consegna dei beni”. La Corte ha, dunque, concluso affermando che “al fine di verificare se il luogo di consegna sia determinato “in base al contratto”, il giudice nazionale adito deve tenere conto di tutti i termini e di tutte le clausole rilevanti di tale contratto che siano idonei a identificare con chiarezza tale luogo, ivi compresi i termini e le clausole generalmente riconosciuti e sanciti dagli usi del commercio internazionale, quali gli Incoterms (“International Commercial Terms”), elaborati dalla Camera di commercio internazionale, nella versione pubblicata nel 2000″.

Gia’ in tale occasione la Corte di Giustizia si e’ espressa – pur con riferimento alla disciplina previgente, ma con un ragionamento estensibile al caso di specie – in favore della capacita’ delle clausole Incoterms “ex works” di determinare, in assenza di elementi che indichino con evidenza il contrario, il luogo della consegna delle merci, e di riflesso la giurisdizione.

Ed infatti, la Corte del Lussemburgo ha dichiarato che il Giudice del merito avrebbe dovuto “valutare se la clausola “Resa: Franco (nostra) sede”, ripresa nel contratto oggetto della causa principale, corrisponda all’Incoterm “ex works”, punti A4 e B4, oppure a un’altra clausola o a un altro uso abitualmente impiegato nel commercio, idoneo a identificare con chiarezza, senza necessita’ di ricorrere al diritto sostanziale applicabile al contratto, il luogo di consegna dei beni conformemente a tale contratto”.

Il principio che sottende tale affermazione – per quanto non espresso con assolutezza – e’ comunque evidente: il Giudice del merito, nell’interpretare il contratto per determinare il luogo di consegna della merce convenuto delle parti, deve verificare se le sue clausole integrino o meno l’Incoterm “ex works”: in caso affermativo, sara’ in base a tale clausola che dovra’ essere identificato il luogo di consegna delle merci (e conseguentemente la giurisdizione).

A tale conclusione e’ giunta anche la prevalente dottrina chiamata ad occuparsi del precedente in esame, la quale ha sottolineato come la sentenza avesse nella sostanza accolto le conclusioni presentate dall’Avvocato Generale che (punti 4041 delle conclusioni) aveva, in particolare, evidenziato, con riferimento al termine (OMISSIS), che tale regola non disciplina solo il trasferimento del rischio (punti A4 e B4), ma anche il luogo di consegna, laddove si prevede al punto A4 che “il venditore deve consegnare la merce mettendola a disposizione del compratore nel punto concordato, se indicato, nel luogo di consegna convenuto, non caricata sul veicolo di prelevamento” (31), ed al punto A5 che “il compratore deve prendere in consegna la merce quando le condizioni di cui in A4 e A7 sono state soddisfatte”.

Dalla lettura della motivazione della sentenza Electrosteel si ricava che il riferimento ad Incoterms specificamente individuati, la cui formula letterale consenta anche di individuare il luogo di consegna, permette altresi’ di affermare che in tal modo le parti abbiano inteso dettare delle disposizioni del contratto (come precisato nel precedente Car Trim) atte a determinare il luogo di consegna ai fini della competenza giurisdizionale.

La sentenza Electrosteel, nel fare proprie le conclusioni dell’Avvocato generale, ha quindi sancito l’idoneita’ degli Incoterms e di altre clausole commerciali ad identificare il luogo di consegna ai fini del forum contractus, in base alle previsioni dei Regolamenti in materia di giurisdizione, posto che la proroga di competenza puo’ essere conclusa “nel commercio internazionale, in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere e che, in tale campo, e’ ampiamente conosciuto e regolarmente rispettato dalle parti”.

In tale modalita’ rientrano anche le clausole Incoterms che corrispondono ad usi consolidati, precisati e pubblicati dalle organizzazioni professionali riconosciute e ampiamente seguiti nella prassi dagli operatori economici, ed idonei ad assolvere un ruolo importante nella regolamentazione non statuale del commercio internazionale, posto che agevolano i compiti degli operatori nella redazione del contratto poiche’, mediante l’utilizzo di termini brevi e semplici, sarebbe possibile specificare gran parte delle loro relazioni commerciali.

In particolare, al fine di determinare il locus solutionis “in base al contratto”, il giudice nazionale deve, quindi, tener conto anche dei termini e delle clausole generalmente riconosciuti e sanciti dagli usi del commercio internazionale, quali gli Incoterms, purche’ idonei ad identificare chiaramente tale luogo (punto 22 della sentenza). La Corte di Giustizia ha altresi’ precisato che, in presenza di tali termini o clausole, puo’ essere necessario verificare se tali pattuizioni determinino solo la ripartizione dei rischi legati al trasporto dei beni o dei costi oppure anche il luogo di consegna dei beni. Ma con specifico riferimento alla regola EXW viene riconosciuta la possibilita’ di determinare il locus solutionis attraverso la stessa (mentre analoga valenza viene esclusa con riguardo alle clausole in forza delle quali i beni oggetto del contratto si limitano a transitare nel territorio di uno Stato membro terzo rispetto tanto al domicilio delle parti quanto al luogo di partenza o di destinazione delle merci), di guisa che il compito demandato al giudice di merito, non e’ tanto quello di verificare se il richiamo alla clausola “ex works” valga anche ad individuare il luogo di consegna, ma piuttosto quello di riscontrare se la clausola in concreto riprodotta in contratto corrisponda alla regola (OMISSIS) degli Incoterms oppure ad un’altra clausola o ad un uso abitualmente impiegato nel commercio, idonea comunque a identificare con chiarezza il locus solutionis ai fini del forum contractus (punto 25 della sentenza), affermazione questa che sottende il principio secondo cui di norma la clausola in esame vale anche ad individuare il luogo di consegna della merce.

Sulla questione, peraltro, la Corte di Giustizia e’ ritornata pochi anni dopo, con la sentenza Granarolo del 14 luglio 2016 nella Causa C-196/15.

In tale occasione i Giudici del Lussemburgo hanno ribadito, in modo ancor piu’ chiaro, il suesposto principio, affermando che “se un eventuale contratto stipulato oralmente o tacitamente fosse qualificato come “compravendita di beni”, il giudice del rinvio dovrebbe in seguito verificare se la clausola “Ex Works”, menzionata al punto 10 della presente sentenza, si ritrovi in effetti sistematicamente nei contratti consecutivi tra le parti. Ove cosi’ fosse, occorrerebbe affermare che le merci erano consegnate presso lo stabilimento” del venditore: la’ soltanto dovra’ radicarsi la giurisdizione.

Deve dunque concludersi che le clausole Incoterms “Ex Works”, una volta inserite nel contratto, individuano anche il luogo di consegna della merce, salvo che dal contratto risultino diversi ed ulteriori elementi che inducano a ritenere che le parti abbiano voluto un diverso luogo della consegna.

Risulta, all’esito di questa disamina, che la Corte d’Appello di Brescia – nell’affermare che la clausola “Ex Works” sia idonea a determinare il luogo della consegna delle merci soltanto quando dimostrato da riscontri chiari ed inequivoci che provino che le parti abbiano convenuto tale effetto ulteriore – non abbia correttamente inteso i suesposti principi, invertendone i termini.

La loro corretta applicazione al caso di specie, una volta reputato che, per effetto dei molteplici richiami operati da entrambe le parti alla clausola “Ex Works”, la medesima fosse divenuta parte integrante del contratto, porta invece ad affermare che, giusta l’efficacia della detta clausola, nei rapporti tra (OMISSIS) e (OMISSIS), il luogo della consegna della merce deve considerarsi sito in Italia e, conseguentemente, deve affermarsi la giurisdizione del Giudice italiano.

Peraltro, ai fini di completezza della motivazione, ritiene il Collegio di dover sottolineare come la conclusione qui raggiunta non si ponga a ben vedere in contrasto con quanto invece affermato, nella precedente ordinanza n. 20633-2022, richiamata dall’ordinanza interlocutoria della Prima Sezione, atteso che in quel caso la soluzione risulta evidentemente indotta dal rilievo che si era al cospetto di un inserimento unilaterale della clausola “Ex Works”, il che non permetteva di reputare raggiunta la “prova univoca dell’esistenza di un accordo tra le parti circa il luogo di consegna della merce”.

7. L’accoglimento del primo motivo determina poi l’assorbimento degli altri motivi di ricorso.

8. La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio, ex articolo 383 comma 3 c.p.c., al Tribunale di Brescia in diversa composizione, per una nuova decisione sull’opposizione a decreto ingiuntivo proposto dalla societa’ controricorrente.

Il giudice di rinvio provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione e, assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, dichiara la giurisdizione del giudice italiano e rinvia al Tribunale di Brescia, che provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.

 

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