Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|31 marzo 2022| n. 10474.
Il notaio non è un destinatario passivo delle dichiarazioni delle parti.
Il notaio incaricato della redazione e autenticazione di un contratto di compravendita immobiliare non è un destinatario passivo delle dichiarazioni delle parti e non può, quindi, limitarsi ad accertare la volontà delle stesse e sovrintendere alla compilazione dell’atto ma ha l’obbligo di compiere l’attività preparatoria e successiva, necessaria ad assicurare tanto la serietà e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi, quanto l’attitudine dello stesso ad assicurare il conseguimento del suo scopo tipico e del risultato pratico voluto dalle parti della relativa stipulazione, a partire dalle attività che concernono la sussistenza delle condizioni di validità e di efficacia dell’atto medesimo.
Ordinanza|31 marzo 2022| n. 10474. Il notaio non è un destinatario passivo delle dichiarazioni delle parti
Data udienza 25 febbraio 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Notaio – Responsabilità – Atto di compravendita immobiliare – Obbligo di avvertire le parti degli effetti derivanti da vincoli giuridici gravanti sull’immobile – Sussiste – Omissione – Conseguenze. (Cc, articoli 1175, 1176, 1218, 1223, 1418, 1419, 1494 e 2236; legge Notarile, articoli 28, 47, 58 e 76; legge 122/1989, articolo 9)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8650-2017 proposto da:
(OMISSIS), rappresentata dall’Avvocato (OMISSIS), per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS), per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonche’
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS), per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS), e dall’Avvocato (OMISSIS), per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS), e dall’Avvocato (OMISSIS) per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 781/2017 della CORTE D’APPELLO DI ROMA, depositata il 2/2/2017;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO nell’adunanza in camera di consiglio del 25/2/2022.
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FATTI DI CAUSA
1.1. (OMISSIS), con atto di citazione notificato il 26/4/2007, ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Roma, (OMISSIS) e (OMISSIS) deducendo di aver acquistato dalla prima, con atto per notar (OMISSIS) del (OMISSIS), un immobile dal quale, tuttavia, la venditrice aveva espunto il vano interrato, costituito da box e cantina, riservandosene la proprieta’, in violazione dell’atto d’obbligo per notar (OMISSIS) del (OMISSIS) in forza del quale la cooperativa che aveva realizzato l’immobile si era inderogabilmente impegnata a non frazionare l’interrato dalla porzione residenziale.
1.2. La venditrice, peraltro, ha proseguito l’attore, dopo aver eseguito il frazionamento e mutato la destinazione dell’interrato in locale ad uso abitativo in violazione del regolamento comunale e di quello condominiale, aveva venduto l’immobile cosi’ ottenuto, a mezzo di atto per notar (OMISSIS) del (OMISSIS), a (OMISSIS).
1.3. L’attore, quindi, ha chiesto che fosse riconosciuto il suo diritto di proprieta’ ovvero d’uso sui cespiti originari stante l’inopponibilita’ nei suoi confronti della predetta compravendita.
1.4. (OMISSIS) si e’ costituita in giudizio sostenendo che il (OMISSIS) aveva preso atto dell’esistenza dell’atto d’obbligo, rinunciando al diritto di acquistare le pertinenze, e, in ogni caso, che i vincoli dovevano intendersi superati anche in considerazione della domanda di condono presentata al Comune. La convenuta, inoltre, ha chiesto e ottenuto l’autorizzazione a chiamare in causa i notai (OMISSIS) e (OMISSIS) per essere manlevata in caso di soccombenza.
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1.5. Si e’ costituito in giudizio anche (OMISSIS) proponendo domanda nei confronti della (OMISSIS) al fine di ottenere la risoluzione del contratto di compravendita e il risarcimento dei danni, estendendo quest’ultima domanda anche nei confronti del notaio (OMISSIS) per non aver accertato l’esistenza del vincolo d’infrazionabilita’ e dell’irregolarita’ urbanistica.
1.6. Si sono autonomamente costituiti i notai (OMISSIS) e (OMISSIS) chiedendo che fosse esclusa la loro responsabilita’ per essere stati espressamente esonerati dai contraenti dall’eseguire accertamenti specifici sulla regolarita’ urbanistica degli immobili compravenduti.
1.7. Il tribunale, con sentenza del 9/7/2010, ha accolto sia la domanda dell’attore, dichiarando il suo diritto d’uso della porzione immobiliare, che quella del (OMISSIS), dichiarando la risoluzione del contratto di compravendita intercorso tra lo stesso e la (OMISSIS), ed escludendo, infine, la responsabilita’ dei notai.
2.1. (OMISSIS) ha proposto appello avverso tale sentenza ribadendo, tra l’altro, la responsabilita’ dei notai.
2.2. Il (OMISSIS) ha chiesto il rigetto dell’appello e proposto appello incidentale per l’omessa pronuncia su alcune domande avanzate in primo grado.
2.3. Il (OMISSIS), a sua volta, ha chiesto il rigetto dell’appello, proponendo appello incidentale per l’integrazione delle somme ottenute a titolo risarcitorio.
2.4. I notai, costituendosi autonomamente, hanno chiesto la conferma della sentenza di primo grado.
3.1. La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l’appello principale ed ha, in parte, accolto gli appelli incidentali sicche’, in parziale riforma della sentenza appellata, ha condannato (OMISSIS) tanto al risarcimento del danno subito dal (OMISSIS) per il mancato trasferimento a quest’ultimo del diritto d’uso sul box e sulla cantina, da liquidare in separata sede, quanto al risarcimento dei danni arrecati al (OMISSIS), pari ad Euro 44.566,58, oltre interessi legali dalla sentenza fino al soddisfo.
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3.2. La corte, in particolare, ha ritenuto che l’appello principale doveva essere rigettato.
3.3. La corte, sul punto, ha ritenuto, innanzitutto, che il vincolo d’infrazionabilita’ dell’interrato rispetto alla porzione pertinenziale, previsto non solo nell’atto d’obbligo per notar (OMISSIS) del (OMISSIS), richiamato in tutti e due gli atti di vendita in questione, ma anche dalla normativa sui parcheggi vigente all’epoca dei fatti, avesse natura pubblicistica ed inderogabile in quanto imposto dalla legge (sul box) e da una convenzione con un ente pubblico (sulla cantina).
3.4. Quanto al box, ha osservato la corte, la L. n. 122 del 1989 ha previsto un vincolo inderogabile che si traduce in un diritto reale d’uso dell’area parcheggio in favore delle unita’ abitative dei condomini e che opera a prescindere dal fatto che il costruttore non abbia rispettato il rapporto superficie/volumetria che la predetta legge imponeva.
3.5. Quanto alla cantina, ha proseguito la corte, l’inderogabilita’ del vincolo apposto con atto notarile scaturisce dal fatto che l’interesse sotteso all’infrazionabilita’ faceva capo all’ente territoriale ed e’, quindi, ispirato all’esigenza di uno sviluppo urbanistico ordinato ed omogeneo, rimanendo, per contro, irrilevante la norma eventualmente esistente nel regolamento condominiale che consentiva con determinate maggioranze la frazionabilita’ delle pertinenze.
3.6. Ne’, ha aggiunto la corte, la (OMISSIS) puo’ avanzare pretese d’integrazione del prezzo nei confronti del (OMISSIS) per la concessione del diritto d’uso “non avendo sul punto spiegato espressa domanda riconvenzionale in primo grado”.
3.7. La corte, inoltre, ha ritenuto che doveva essere esclusa la responsabilita’ del notaio (OMISSIS). Il notaio, infatti, ha osservato la corte, aveva ricevuto “assicurazioni dalle parti circa la piena conoscenza dell’atto d’obbligo per notar (OMISSIS)” nonche’ “l’espressa dispensa” dall’incarico di provvedere agli accertamenti urbanistici e amministrativi in quanto gia’ svolti dalle parti attraverso tecnici di propria fiducia.
3.8. La corte, poi, per cio’ che riguarda la risoluzione del contratto di vendita dell’interrato al (OMISSIS), ha ritenuto che “l’esistenza del vincolo d’infrazionalita’ e la conseguente pretesa del (OMISSIS) di ottenere il trasferimento, o la disponibilita’ d’uso, dell’interrato comporta automaticamente la risoluzione del contratto di vendita di quest’ultimo al (OMISSIS), che subisce l’evizione o la perdita del diritto d’uso dello stesso”. Non rileva, dunque, ha osservato la corte, il fatto che esistesse, in ordine al mutamento della destinazione d’uso, una domanda di condono, specie se si considera che tale domanda non risulta “mai delibata”, ne’ approvabile con il silenzio-assenso, che presuppone l’idoneita’ igienico-sanitaria dei locali, esclusa invece dal consulente tecnico d’ufficio.
3.9. Deve, al riguardo, escludersi, ha aggiunto la corte, la responsabilita’ del notaio (OMISSIS), che ha menzionato nell’atto l’esistenza della domanda di condono e verificato “la conoscenza da parte dei contraenti dell’atto d’obbligo per notar (OMISSIS)”, “non comportando il suo incarico professionale ulteriori accertamenti”.
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3.10. La corte, inoltre, ha rilevato come la pronuncia del tribunale, li’ dove aveva riconosciuto all’attore “il diritto d’uso” degli immobili e condannato la (OMISSIS) alla riduzione in pristino dei locali, accollando a quest’ultima l’obbligo di rilasciare la “disponibilita’” di questi ultimi in favore dell’attore, ha, in sostanza, dichiarato la “nullita’ della clausola del contratto di vendita (per notar (OMISSIS)) con il quale la (OMISSIS) si riservava la proprieta’ del box auto e della cantina”.
3.11. La corte, infine, ha ritenuto, innanzitutto, che, a fronte della potenzialita’ dannosa del fatto, e cioe’ della mancata disponibilita’ dei locali interrati, doveva essere accolta la domanda dell’attore di condannare la (OMISSIS) a risarcire il danno subito dallo stesso, da accertare e liquidare in separata sede, e, in secondo luogo, che il danno subito dal (OMISSIS) doveva essere maggiorato delle somme sostenute per la ristrutturazione dell’immobile e per l’atto notarile.
4.1. (OMISSIS), con ricorso notificato il 6/4/2017, ha chiesto, per cinque motivi, la cassazione della sentenza della corte d’appello, dichiaratamente notificata il 6 e 7/2/2017.
4.2. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con distinti controricorsi.
4.3. La ricorrente ha depositato memoria.
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RAGIONI DELLA DECISIONE
5.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione degli articoli 952-956 c.c. e articolo 832 c.c. e ss. nonche’ degli articoli 100, 101 e 102 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha omesso d’integrare il contraddittorio con il Comune di Roma in quanto proprietario del suolo.
5.2. La violazione delle disposizioni contenute nell’atto d’obbligo del (OMISSIS) tra la coop. edilizia (OMISSIS) e il Comune, infatti, poteva comportare la decadenza del concessionario dal diritto di superficie per cui il relativo esame e la relativa statuizione avrebbero potuto avvenire solo in presenza in giudizio del Comune di Roma.
5.3. Il Comune, in effetti, ha aggiunto la ricorrente, si era riservato la facolta’, in caso d’inottemperanza della concessionaria, di provvedere in proprio a quanto formava oggetto dell’atto d’obbligo in questione.
5.4. D’altra parte, la pronuncia di condanna della (OMISSIS) alla riduzione in pristino del fabbricato investe i diritti e gli interessi del dominus soli sicche’, in definitiva, ha concluso la ricorrente, la pronuncia, ove non fosse integrato il contraddittorio, sarebbe inutiliter data.
6.1. Il motivo e’ infondato. La ricorrente, in effetti, pretende di fondare la sussistenza di un litisconsorzio necessario con il Comune di Roma sul presupposto che il giudizio ha investito i diritti dello stesso, e cioe’ la proprieta’ del suolo e quelli attribuiti dall’atto d’obbligo del (OMISSIS), senza, tuttavia, considerare che, in realta’, le domande proposte dalle parti, riguardando esclusivamente il diritto d’uso spettante all’acquirente sull’immobile interrato e i diritti (restitutori e risarcitori) conseguenti in capo a quest’ultimo e al successivo acquirente dello stesso cespite, non hanno in alcun modo inciso ne’ sul diritto di proprieta’ del suolo in capo al Comune, che aveva concesso alla cooperativa edilizia il relativo diritto di superficie ad aedificandum, ne’ sulle pretese azionabili dallo stesso in caso d’inottemperanza agli obblighi assunti dalla cooperativa con il predetto atto del (OMISSIS) (quale emerge nel testo riprodotto in ricorso a p. 4, 5 e 6).
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6.2. Questa Corte, del resto, ha gia’ affermato che: – il Comune che, nell’ambito di un programma di edilizia residenziale pubblica, a norma della L. n. 865 del 1971, articolo 35 abbia attribuito ad una cooperativa edilizia un diritto di superficie ad aedificandum a tempo determinato, non e’ litisconsorte necessario nel giudizio promosso dal vicino nei confronti della cooperativa per violazione delle distanze legali, atteso che con la costituzione del diritto di superficie predetto si realizza un’ipotesi di proprieta’ temporanea a favore degli assegnatari, che esclude la contemporanea proprieta’ dell’ente concessionario, non essendo giuridicamente concepibile che piu’ soggetti siano proprietari dello stesso bene (Cass. n. 8476 del 1995); – il Comune che, nell’ambito di un programma di edilizia residenziale pubblica, a norma della L. n. 865 del 1971, articolo 35 abbia attribuito ad una cooperativa edilizia un diritto di superficie ad aedificandum a tempo determinato, non e’ litisconsorte necessario nei giudizi aventi ad oggetto le domande di rivendicazione e di restituzione di parte della proprieta’ superficiaria asseritamene oggetto di illegittima occupazione per sconfinamento, atteso che con la costituzione del diritto di superficie predetto si realizza un’ipotesi di proprieta’ temporanea a favore degli assegnatari, che esclude la contemporanea proprieta’ dell’ente concessionario, non essendo giuridicamente configurabile che piu’ soggetti siano proprietari esclusivi dello stesso bene (cfr. Cass. n. 12911 del 2002; Cass. n. 20692 del 2016).
7.1. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione degli articoli 1418, 1346 c.c., articolo 1419 c.c., comma 2, articoli 1421, 1453, 1218, 1223 e 1494 c.c., della L. n. 1150 del 1942, articolo 41 sexies introdotto dalla L. n. 765 del 1967, della L. n. 122 del 1989, articolo 9, comma 5, della L. n. 47 del 1985, articolo 40, comma 2, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado che ha condannato la (OMISSIS) al risarcimento dei danni nei confronti sia del primo acquirente che del secondo, senza, tuttavia, considerare che tanto la nullita’ parziale del contratto che la stessa aveva concluso con il (OMISSIS), nella parte in cui si era riservata la proprieta’ del locale interrato, in quanto stipulato in violazione dell’articolo 9, comma 5 L. n. 122 cit., quanto la nullita’ totale del contratto stipulato con il (OMISSIS), in quanto stipulato in violazione di norme cogenti ed inderogabili ed, in particolare, dell’atto d’obbligo per notar (OMISSIS) del (OMISSIS), determinando, il primo, la sostituzione ope legis della norma elusa ed, il secondo, l’improduttivita’ di qualsiasi effetto che non fosse la restituzione di quanto pagato, non poteva comportare ne’ la risoluzione dei contratti ne’ il risarcimento del danno a carico della convenuta.
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8.1. Il motivo e’ inammissibile. La questione posta dalla ricorrente, infatti, non risulta in alcun modo trattata dalla sentenza impugnata. Ed e’, invece, noto che, secondo il costante insegnamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018), qualora una determinata questione giuridica, come quella sopra esposta, implichi un accertamento di fatto (vale a dire i presupposti fattuali che, a fronte della stipulazione di un contratto in tutto o in parte nullo ovvero di un contratto risolto, attribuiscano ai rispettivi acquirenti il diritto al risarcimento dei conseguenti danni) e non risulti in alcun modo trattata dalla sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimita’, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita’ per novita’ della censura, ha l’onere (rimasto, nella specie, del tutto inadempiuto) non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di specificita’ del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicita’ di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.
8.2. D’altra parte, come visto, la corte d’appello, per un verso, ha dichiarato la “nullita’ della clausola del contratto di vendita (per notar (OMISSIS)) con il quale la (OMISSIS) si riservava la proprieta’ del box auto e della cantina” e, per altro verso, ha pronunciato “la risoluzione del contratto di vendita di quest’ultimo al (OMISSIS), che subisce l’evizione o la perdita del diritto d’uso dello stesso”. Ed e’ noto, come si evince dalle norme previste, rispettivamente, dagli articoli 1338 e 1483 c.c., che tanto la nullita’ del contratto (compresa, evidentemente, quella che ipso iure investe gli atti di cessione di aree destinate a parcheggio conclusi in violazione della L. n. 122 del 1989, articolo 9, comma 5, in comb. disp. degli articoli 1418 e 1346 c.c.), quanto la risoluzione del contratto di compravendita conseguente alla perdita sopravvenuta del bene acquistato (e al corrispondente inadempimento, ove imputabile, del venditore) non sono affatto incompatibili con il diritto del (rispettivo) compratore al risarcimento dei danni conseguentemente subiti, che, anzi, (alle condizioni ivi previste) senz’altro gli attribuiscono.
9. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione degli articoli 99, 100 e 36 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, pur a fronte di conclusioni nelle quali l’attore aveva dichiarato la sua disponibilita’ a versare le somme integrative eventualmente dovute quale corrispettivo contrattuale e/o quali canoni per il diritto reale, non ha considerato, per un verso, che la convenuta aveva a sua volta rappresentato l’accettazione dell’offerta fatta dall’attore in ipotesi di integrazione ope legis del contratto, una volta che fosse stata annullata la clausola di riserva, con la conseguente esclusione della necessita’ di proporre una specifica domanda riconvenzionale, e, per altro verso, che il tribunale aveva, pertanto, erroneamente ritenuto che la domanda riconvenzionale della convenuta fosse tardiva.
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10. Il motivo e’ inammissibile per difetto della necessaria specificita’. La ricorrente, infatti, non deduce ne’ dimostra, riproducendo in ricorso il testo dell’atto d’appello, se e quando aveva censurato la sentenza del tribunale per aver, in ipotesi erroneamente, ritenuto inammissibile perche’ tardiva la domanda riconvenzionale che la stessa assume di aver proposto in primo grado. Ed e’, invece, noto che, in linea di principio, l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimita’ ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilita’ del motivo di censura, onde il ricorrente non e’ dispensato dall’onere di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche puntualmente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, dovendo tale specificazione essere contenuta, a pena d’inammissibilita’, nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di specificita’ dei relativi motivi (cfr. Cass. n. 24048 del 2021). Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione del giudice d’appello che ha considerato tardiva una domanda riconvenzionale che invece lo stesso assume di aver presentato tempestivamente, ha l’onere di precisare, nel ricorso, non solo le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione e tempestiva la domanda riconvenzionale ma anche, riportandone il contenuto nella misura a tal fine necessaria, le censure che avverso la statuizione di tardivita’ assunta dal tribunale aveva proposto con l’atto d’appello.
11.1. Con il quarto motivo, la ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione degli articoli 1175, 1176, 1218, 1223 e 2236 c.c., nonche’ la violazione o la falsa applicazione degli articoli 28, 58, 76 e 47 Legge notarile e della L. n. 122 del 1989, articolo 9, comma 5, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, travisando i fatti descritti nei documenti acquisiti nel corso dell’istruttoria, ha escluso la responsabilita’ del notaio (OMISSIS) e del notaio (OMISSIS) sul rilievo che tanto l’uno, quanto l’altro avevano verificato la conoscenza da parte dei contraenti dell’atto d’obbligo per notar (OMISSIS).
11.2. Cosi’ facendo, tuttavia, ha osservato la ricorrente, la corte d’appello ha omesso di considerare che, in realta’, il notaio, richiesto della redazione di un atto pubblico di trasferimento immobiliare, ha l’obbligo di compiere tutte le attivita’, preparatorie e successive, per assicurare la certezza dell’atto da rogare ed il conseguimento del suo scopo tipico, verificando, in particolare, l’esistenza di tutte le condizioni necessarie a garantire ai contraenti l’esatta produzione di tutti gli effetti giuridici che essi si propongono di conseguire, sicche’, in mancanza, risponde dei danni conseguenti.
11.3. Nel caso in esame, peraltro, ha aggiunto la ricorrente, negli atti rogati dai notai (OMISSIS) e (OMISSIS) si fa riferimento non all’atto d’obbligo per notar (OMISSIS) del (OMISSIS) ma alla convenzione stipulata il (OMISSIS) a rogito del medesimo notaio.
11.4. I notai, quindi, avrebbero dovuto essere ritenuti responsabili della nullita’ degli atti rogati per aver omesso di effettuare le visure urbanistiche posto che le dispense formulate sul punto dai contraenti non erano giustificate da esigenze concrete delle parti e l’esonero si era estrinsecato in una mera clausola di stile.
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11.5. I notai, del resto, a norma degli articoli 28, 58, 76 e 47 Legge notarile, non potevano ricevere e neppure autenticare gli atti di compravendita in quanto espressamente proibiti dalla legge o manifestamente contrari a norme imperative, come previsto dalla L. n. 122 del 1989, articolo 9, comma 5, e dalla L. n. 47 del 1985, articolo 40, comma 2, e come ribadito dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 47.
11.6. Peraltro, a fronte dell’inesatto adempimento da parte dei notai, sarebbe stato loro onere dimostrare l’esatto adempimento quale fatto estintivo della propria obbligazione, per cui, in mancanza, la corte d’appello avrebbe dovuto accogliere la domanda di manleva proposta dalla venditrice convenuta.
11.7. I notai, infine, ha concluso la ricorrente, se avessero effettuato le visure di rito, avrebbero potuto accertare che l’atto d’obbligo per notar (OMISSIS) del (OMISSIS), trascritto il (OMISSIS), prevedeva che la concessionaria cooperativa si era obbligata, nei confronti del Comune, a mantenere permanentemente la destinazione d’uso dei locali al piano interrato al servizio dell’edificio nonche’ a destinare e mantenere permanentemente a parcheggio privato al servizio dell’edificio “la superficie a parcheggio” indicata nella planimetria ad esso allegata.
12.1. Con il quinto motivo, la ricorrente, lamentando travisamento del fatto che si risolve in un vizio della motivazione nonche’ l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che nei rogiti dei notai (OMISSIS) e (OMISSIS) i contraenti avevano dichiarato di avere piena conoscenza dell’atto d’obbligo per notar (OMISSIS) senza, tuttavia, considerare che, in realta’, nei predetti rogiti si fa esclusivo riferimento alla convenzione stipulata il (OMISSIS) a rogito notar (OMISSIS) e che i notai, pertanto, non avevano informato le parti dei vincoli imposti dall’atto d’obbligo, pur se trascritto, del (OMISSIS), al quale i relativi rogiti non fanno alcun cenno.
13.1. Il quarto motivo e’ fondato, nei limiti che seguono, con assorbimento delle residue censure e del quinto.
13.2. In effetti, come ripetutamente affermato da questa Corte, il notaio incaricato della redazione e autenticazione di un contratto di compravendita immobiliare non e’ un destinatario passivo delle dichiarazioni delle parti e non puo’ quindi, limitarsi ad accertare la volonta’ delle stesse e sovrintendere alla compilazione dell’atto ma ha l’obbligo di compiere l’attivita’, preparatoria e successiva, necessaria ad assicurare tanto la serieta’ e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi, quanto l’attitudine dello stesso ad assicurare il conseguimento del suo scopo tipico e del risultato pratico voluto dalle parti della relativa stipulazione (Cass. n. 24733 del 2007; Cass. n. 26020 del 2011; Cass. n. 11246 del 2020), vale a dire l’interesse che l’operazione contrattuale e’ volta a soddisfare (Cass. n. 7283 del 2021; Cass. n. 11296 del 2020; Cass. n. 12482 del 2017; Cass. SU n. 13617 del 2012), a partire, evidentemente, dal compimento delle attivita’ che concernono la sussistenza delle condizioni di validita’ e di efficacia dell’atto medesimo (cfr. Cass. n. 5946 del 1999, in motiv.).
13.3. L’inosservanza dei suddetti obblighi accessori da parte del notaio da’ conseguentemente luogo, a suo carico, a responsabilita’ contrattuale per inadempimento dell’obbligazione di prestazione d’opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale peculiare forma di responsabilita’, dovendosi peraltro escludere alla luce di tale obbligo la configurabilita’ del concorso colposo del danneggiato ai sensi dell’articolo 1227 c.c. (Cass. n. 24733 del 2007; Cass. n. 11296 del 2020).
Il notaio non è un destinatario passivo delle dichiarazioni delle parti
13.4. Il notaio, dovendo compiere l’attivita’ necessaria ad assicurare la serieta’ e la certezza degli effetti tipici e il risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti, ha, in particolare, l’obbligo nei confronti delle stesse di informazione e di consiglio (Cass. n. 7283 del 2021). Tale obbligo, che sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto (cfr. Cass. n. 26855 del 2020) e trova fondamento nella clausola generale di buona fede oggettiva quale criterio determinativo ed integrativo della prestazione contrattuale, che impone il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della controparte (cfr. Cass. n. 16990 del 2015), si concretizza, tra l’altro, nel dovere di dissuasione dei clienti dalla stipula dell’atto, salvo espressa dispensa delle parti (Cass. n. 20297 del 2019, in motiv.), che consiste nell’avvertire le parti degli effetti derivanti dai vincoli giuridici eventualmente gravanti sull’immobile, come quelli derivanti dall’esistenza di una trascrizione o iscrizione pregiudizievole sul bene oggetto di trasferimento (Cass. n. 7283 del 2021, in motiv.), e, piu’ in generale, delle problematiche, che una persona non dotata di competenza specifica non sarebbe in grado di percepire, collegate al possibile rischio, ad es., che una vendita immobiliare possa risultare inefficace a causa della condizione giuridica dell’immobile (Cass. n. 7707 del 2007), sicche’, ad esempio, il notaio che abbia la conoscenza o anche il solo sospetto di un’iscrizione pregiudizievole gravante sull’immobile oggetto della compravendita, deve informarne le parti, quand’anche sia stato esonerato dalle visure, essendo tenuto comunque all’esecuzione del contratto di prestazione d’opera professionale secondo i canoni della diligenza qualificata di cui all’articolo 1176 c.c., comma 2, e della buona fede (Cass. n. 15726 del 2010).
13.5. Solo nel caso in cui il notaio sia stato espressamente esonerato, per concorde volonta’ delle parti, dallo svolgimento delle attivita’ accessorie e successive, necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti e, in particolare, dal compimento delle cosiddette “visure catastali” e ipotecarie allo scopo di individuare esattamente il bene e verificarne la liberta’ da pregiudizi, deve escludersi la sussistenza della responsabilita’ professionale del notaio stesso in quanto detta clausola non puo’ essere considerata meramente di stile essendo stata parte integrante del negozio, a condizione, peraltro, che la stessa appaia giustificata da esigenze concrete delle parti, come nel caso della sussistenza di ragioni di urgenza di stipula dell’atto addotte dalle parti medesime (Cass. n. 25270 del 2009; Cass. n. 5868 del 2006).
13.6. Deve, per contro, ritenersi estraneo all’obbligo di diligenza relativo all’attivita’ esercitata dal notaio solo quello di fornire informazioni oppure consigli non basati sullo stato degli atti a disposizione del professionista e sulle circostanze di fatto specificamente esistenti, note o comunque prevedibili, dovendosi valutare la diligenza del notaio ex ante e non ex post e, dunque, giammai sulla base di circostanze future e meramente ipotetiche (cfr. Cass. n. 20297 del 2019). Non rientrano, pertanto, tra gli obblighi di informativa e di consulenza, cui e’ tenuto il notaio al momento del rogito, tutti gli ipotetici ed eventuali scenari di rischio correlati a una trascrizione o iscrizione pregiudizievole (Cass. n. 20297 del 2019).
Il notaio non è un destinatario passivo delle dichiarazioni delle parti
13.7. Nel caso in esame, come visto, la corte d’appello, dopo aver evidenziato che la L. n. 122 del 1989 aveva previsto un vincolo inderogabile che si traduce in un diritto reale d’uso dell’area parcheggio in favore delle unita’ abitative dei condomini e, quindi, del relativo acquirente, come l’attore: innanzitutto, ha ritenuto che il contratto di vendita intercorso tra la (OMISSIS) e l’attore, stipulato con atto per notar (OMISSIS) in data (OMISSIS), fosse, nella parte in cui la venditrice si era riservata la proprieta’ del piano interrato (e, quindi, del box), viziato da nullita’ (confermando la pronuncia del tribunale che aveva dichiarato la “nullita’ della clausola del contratto di vendita (per notaio (OMISSIS)) con il quale la (OMISSIS) si riservava la proprieta’ del box auto e della cantina”); – in secondo luogo, una volta riconosciuto all’acquirente “il diritto d’uso” del predetto cespite ed il conseguente diritto ad averne la “disponibilita’” dalla venditrice, ha confermato la pronuncia con cui il tribunale aveva dichiarato la risoluzione del contratto con il quale, a mezzo di atto per notar (OMISSIS) del (OMISSIS), il medesimo box era stato, in seguito, venduto dalla (OMISSIS) (che, come visto, se n’era riservata la proprieta’) al (OMISSIS):
e cio’ sul rilievo che “l’esistenza del vincolo d’infrazionalita’ e la conseguente pretesa del (OMISSIS) di ottenere il trasferimento, o la disponibilita’ d’uso, dell’interrato comporta automaticamente la risoluzione del contratto di vendita di quest’ultimo al (OMISSIS), che subisce l’evizione o la perdita del diritto d’uso dello stesso”.
13.8. La stessa corte, tuttavia, pur a fronte della (parziale) nullita’ del primo contratto di vendita (stipulato il (OMISSIS)), nella parte in cui “la (OMISSIS) si riservava la proprieta’ del box auto e della cantina”, e della (conseguente) risoluzione del secondo contratto (stipulato il (OMISSIS)) di vendita (dello stesso box) a favore del (OMISSIS), “che subisce l’evizione o la perdita del diritto d’uso dello stesso”, ha escluso, tanto con riguardo al primo, quanto con riguardo al secondo, la responsabilita’ dei notai che avevano rogato i rispettivi atti (e cioe’, rispettivamente, il notaio (OMISSIS) ed il notaio (OMISSIS)) nei confronti (per quel che ancora rileva) della venditrice: sul rilievo, quanto al primo, che il notaio (OMISSIS) aveva ricevuto “assicurazioni dalle parti circa la piena conoscenza dell’atto d’obbligo per notar (OMISSIS)” nonche’ “l’espressa dispensa” dall’incarico di provvedere agli accertamenti urbanistici e amministrativi in quanto gia’ svolti dalle parti attraversi tecnici di propria fiducia, e, quanto al secondo, che il notaio (OMISSIS) aveva verificato “la conoscenza da parte dei contraenti dell’atto d’obbligo per notar (OMISSIS)”, “non comportando il suo incarico professionale ulteriori accertamenti”.
13.9. La corte d’appello, pero’, cosi’ giudicando, ha erroneamente trascurato di verificare (in tal modo cadendo nel vizio di falsa applicazione delle norme, come sopra riassunte, che disciplinano la responsabilita’ professionale del notaio nei confronti delle parti) se, in fatto, i notai che hanno rogato gli atti in questione avessero (non tanto prefigurato alle parti tutti i possibili scenari futuri circa l’evoluzione dei rispettivi titoli di acquisto quanto, piuttosto, e piu’ semplicemente) svolto, in concreto, i necessari accertamenti, di natura tecnica e giuridica, in ordine alla effettiva e stabile idoneita’ degli atti medesimi a produrre e conservare nel tempo gli effetti giuridici che le parti evidentemente si proponevano di realizzare e, all’esito, se avevano adeguatamente informato le parti (non gia’, semplicemente, dell’esistenza dell’atto d’obbligo del (OMISSIS) ma, piu’ radicalmente) dell’esito di tali accertamenti, se del caso dissuadendoli, in ragione dei rischi conseguenti, dalla relativa stipulazione.
13.10. Risulta, invero, oltremodo evidente che i notai, in ragione dei doveri di buona fede e di diligenza professionale cui erano tenuti, dovevano quantomeno dubitare, fornendo alle parti le necessarie informazioni sul punto e tentando con le stesse la conseguente dissuasione, dell’effettiva idoneita’ degli atti rogati a realizzare effettivamente gli effetti giuridici e lo scopo pratico che i contraenti si proponevano di conseguire, e cioe’, rispettivamente, con il primo atto di vendita, la conservazione in capo alla venditrice del diritto di proprieta’ del box nonostante la vendita dell’appartamento cui lo stesso accedeva e, con il secondo atto di vendita, il trasferimento del diritto di proprieta’ del box medesimo in favore di un terzo diverso dall’acquirente dell’appartamento, non potendo gli stessi ignorare, per la diligenza professionale che deve assistere l’adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti delle parti, ne’ la nullita’ dell’atto di trasferimento del box separatamente dall’appartamento, ne’ (in conseguenza della nullita’ della riserva di proprieta’ in capo alla venditrice ivi contenuto) la possibile perdita del bene da parte del secondo acquirente.
13.11. Ed infatti, per quanto riguarda il primo atto di vendita, la Corte (premesso che dalla sentenza impugnata emerge il fatto, rimasto incontestato fra le parti, che nella specie si tratta, ratione temporis, di area di parcheggio disciplinata dalla L. n. 122 del 1989: cd. Legge Tognoli) non puo’ che rilevare come gli atti di cessione di aree destinate a parcheggio, conclusi in violazione dell’articolo 9, comma 5 L. n. 122 cit., in comb. disp. degli articoli 1418 e 1346 c.c., sono ipso iure nulli poiche’ sottraggono, mediante riserva al venditore o trasferimento a terzi, la relativa superficie alla sua inderogabile destinazione a parcheggio.
Il notaio non è un destinatario passivo delle dichiarazioni delle parti
13.12. L’articolo 9 L. n. 122 cit., in effetti, nel testo in vigore all’epoca degli atti in questione (e cioe’ gli anni 2003 e 2006), aveva espressamente stabilito, per un verso, che “i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero in locali siti al piano terreno parcheggi da destinarsi a pertinenza delle singole unita’ immobiliari e cio’ anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti” (comma 1) e, per altro verso, che i Comuni “su richiesta dei privati interessati o di imprese di costruzione o di societa’ anche cooperative, possono prevedere, nell’ambito del programma urbano dei parcheggi, la realizzazione di parcheggi da destinare a pertinenza di immobili privati su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse”, a mezzo della cessione (subordinatamente alla “stipula di una convenzione nella quale siano previsti: a) la durata della concessione del diritto di superficie per un periodo non superiore a novanta anni; b) il dimensionamento dell’opera ed il piano economico-finanziario previsti per la sua realizzazione; c) i tempi previsti per la progettazione esecutiva, la messa a disposizione delle aree necessarie e la esecuzione dei lavori; d) i tempi e le modalita’ per la verifica dello stato di attuazione nonche’ le sanzioni previste per gli eventuali inadempimenti”) del relativo “diritto di superficie” (comma 4), prevedendo, tanto per gli uni, quanto per gli altri (e, quindi, a prescindere dalla natura privata o pubblica dell’area interessata), che “i parcheggi realizzati ai sensi del presente articolo non possono essere ceduti separatamente dall’unita’ immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale” e che “i relativi atti di cessione sono nulli” (comma 5).
13.13. L’articolo 9 L. n. 122 cit. detta, pertanto, una disciplina vincolistica (tuttora efficace per le aree che, come nel caso in esame, sono di proprieta’ pubblica: l’articolo 9, comma 5, seconda parte, nel testo attualmente in vigore, prevede che “i parcheggi realizzati ai sensi del comma 4 non possono essere ceduti separatamente dall’unita’ immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale e i relativi atti di cessione sono nulli, ad eccezione di espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata con il comune, ovvero quando quest’ultimo abbia autorizzato l’atto di cessione”) diversa da quella che vige per i parcheggi di cui alla cd. legge ponte: mentre questi ultimi possono essere alienati separatamente dall’unita’ immobiliare cui accedono, fermo restando il diritto di uso in capo al proprietario e/o utilizzatore dell’immobile principale, i parcheggi costruiti in base alla Legge Tognoli, al contrario, sono assoggettati a vincolo di destinazione e a vincolo di inscindibilita’ dall’unita’ principale, e cioe’ “a utilizzazione vincolata” e, al tempo stesso, “a circolazione controllata” (Cass. n. 1664 del 2012, in motiv.).
13.14. Questa Corte, in effetti, ha ripetutamente affermato che, in tema di aree destinate a parcheggio nei complessi condominiali di nuova costruzione, mentre il vincolo di destinazione L. n. 765 del 1967, ex articolo 18 e della L. n. 47 del 1985, articolo 26 implica l’insorgenza dell’obbligo non gia’ di trasferire la proprieta’ dell’area destinata a parcheggio insieme alla costruzione quanto, piuttosto, di non eliminare il vincolo esistente, cosi’ creando in capo all’acquirente dell’appartamento un diritto reale d’uso sull’area medesima, come individuata sulla base della concessione edilizia, laddove, al contrario, nel caso dei parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico d’inscindibilita’ con l’unita’ immobiliare, introdotto dalla L. n. 122 del 1989, articolo 2 il proprietario dell’unita’ abitativa puo’ pretendere una determinata autorimessa, essendo tali parcheggi assoggettati a un regime di circolazione controllata e di utilizzazione vincolata e, di conseguenza, non trasferibili in via autonoma (Cass. n. 22364 del 2017; Cass. n. 2248 del 2012; in precedenza, Cass. n. 21003 del 2008; Cass. SU n. 12793 del 2005).
13.15. Per cio’ che concerne, invece, il secondo atto d’acquisto, la Corte ritiene che la caducita’ del titolo non poteva essere diligentemente ignorata dal notaio che l’aveva rogato in ragione, per un verso, della (come visto, testuale e, quindi, evidente) nullita’ della riserva di proprieta’ in capo alla venditrice contenuta nel primo e del conseguente diritto del primo acquirente all’uso del box, e, per altro verso, del serio rischio che, in ragione della conseguente evizione, venisse meno, come poi e’ accaduto, l’atto di vendita operato dalla venditrice del predetto cespite, di cui si era (illegittimamente) riservatola proprieta’, in favore di un terzo compratore.
14. Il ricorso, nei limiti esposti, dev’essere, pertanto, accolto e la sentenza impugnata, per l’effetto, cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Roma che, in differente composizione, provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte cosi’ provvede: rigetta il primo motivo, dichiara l’inammissibilita’ del secondo e del terzo e accoglie, nei limiti esposti, il quanto motivo, assorbito il quinto; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Roma che, in differente composizione, provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.
Il notaio non è un destinatario passivo delle dichiarazioni delle parti
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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