Retratto agrario e specificazione del prezzo

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|31 marzo 2022| n. 10367.

Retratto agrario e specificazione del prezzo.

Nel caso in cui il fondo, per il quale il coltivatore abbia il diritto di prelazione, venga venduto ad un terzo per un prezzo diverso da quello più elevato effettivamente pattuito tra le parti, il coltivatore non ha l’onere di individuare quale sia il prezzo effettivamente pattuito tra le parti poiché tale dissimulata pattuizione è inopponibile nei confronti del terzo che esercita la prelazione mentre la specificazione del prezzo costituisce un obbligo posto dalla citata legge a carico del proprietario

Ordinanza|31 marzo 2022| n. 10367. Retratto agrario e specificazione del prezzo

Data udienza 3 marzo 2022

Integrale

Tag/parola chiave: CONTRATTI AGRARI – PRELAZIONE E RISCATTO – Retratto agrario e specificazione del prezzo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 18236-2017 proposto da:
(OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avvocato (OMISSIS) e dall’Avvocato (OMISSIS) per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avvocato (OMISSIS) per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonche’
(OMISSIS) e (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 2192/2016 della CORTE D’APPELLO DI CATANZARO, depositata il 29/12/2016;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere DONGIACOMO GIUSEPPE nell’adunanza in camera 3/3/2022.

Retratto agrario e specificazione del prezzo

FATTI DI CAUSA

1.1. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con atto di citazione notificato il 14/6/2003, hanno convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Castrovillari, (OMISSIS) e (OMISSIS) chiedendo che fosse riconosciuto il loro diritto di prelazione agraria dei terreni, siti in (OMISSIS), che (OMISSIS), fratello degli stessi, aveva venduto ai convenuti, con atto pubblico del 26/6/2002, per il prezzo ivi riportato di Euro 3.150,00.
1.2. Gli attori hanno esposto di essere coltivatori diretti e proprietari di fondi confinanti con i terreni alienati e, come tali, titolari del diritto di prelazione previsto dalla L. n. 817 del 1971, articolo 7, che i venditori, pero’, hanno tentato di eludere omettendo di notificare la proposta di alienazione prevista dalla L. n. 590 del 1965, articolo 8.
1.3. Gli attori, quindi, hanno proposto domanda di riscatto dei terreni in questione.
1.4. I convenuti si sono costituiti in giudizio contestando in toto la domanda attorea in quanto infondata.
1.5. I convenuti, in particolare, hanno dedotto che: – il diritto di prelazione invocato dagli attori non poteva trovare applicazione perche’ i terreni compravenduti non hanno natura agricola, come richiesto dalla L. n. 590 del 1965, articolo 8, trattandosi di fondi a vocazione turistico-archeologica; – gli attori non erano coltivatori diretti ai fini della prelazione agraria, non coltivando il proprio terreno personalmente ed abitualmente ma solo in via sporadica e per diletto; – gli attori erano stati sufficientemente messi a conoscenza da parte di (OMISSIS) dell’intenzione di vendere i terreni e del relativo prezzo, non necessitando la denuntiatio della forma scritta ad substantiam; – il prezzo pagato per l’acquisto non era pari alla somma di Euro 3.150,00, come dichiarato nell’atto d’acquisto, poiche’ il prezzo realmente pagato ammontava, come risultava dalla controdichiarazione prodotta, ad Euro 21.170,00.

 

Retratto agrario e specificazione del prezzo

1.6. I convenuti, quindi, chiamato in causa il venditore, hanno chiesto il rigetto della domanda o, in subordine, il suo accoglimento per il prezzo effettivamente pagato ed, in via gradata, la condanna di (OMISSIS) alla restituzione della somma versata di Euro 21.170,00.
1.7. (OMISSIS) si e’ costituito in giudizio, associandosi alle richieste fatte dai convenuti e concludendo per il rigetto della domanda.
1.8. Il tribunale, con sentenza del 8/7/2010, ha accolto la domanda principale ed ha, quindi, statuito il subentro ex tunc degli attori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in luogo di (OMISSIS) e (OMISSIS) nella posizione di acquirenti nel contratto di compravendita del 26/6/2002, dichiarando gli attori titolari del diritto di proprieta’ dei relativi fondi, previo versamento, da parte degli stessi in favore dei convenuti, della somma di Euro 3.150,00, oltre interessi. Il tribunale, infine, ha accolto la domanda proposta in via gradata dai convenuti ed ha, quindi, condannato (OMISSIS) a restituire a questi ultimi la somma di Euro 21.170,00, oltre interessi legali.
2.1. (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto appello avverso tale sentenza.
2.2. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito al gravame, chiedendone il rigetto, ed hanno proposto appello incidentale.
2.3. (OMISSIS) e’ rimasto contumace.
2.4. La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, per quanto ancora interessa, ha rigettato l’appello principale.
2.5. La corte ha ritenuto, innanzitutto, che il fondo oggetto di causa doveva essere qualificato come terreno a destinazione agricola ed era, come tale, assoggettato alla disciplina della prelazione agraria.
2.6. Ed infatti, ha osservato la corte, “dal certificato allegato al contratto di compravendita del terreno de quo, si evince che il terreno stesso nel vigente strumento urbanistico ricade in zona agricola E, destinata all’agricoltura”.
2.7. Non rilevano, per contro, i certificati di destinazione urbanistica relativi alle due particelle in questione: intanto, perche’ il certificato piu’ significativo, oltre a quello allegato al contratto di compravendita, e’ quello, temporalmente contiguo allo stesso, datato 18/4/2002, il quale riporta i fondi in questione come zona agricola “E”; in secondo luogo, perche’ il fatto che i fondi ricadano in “zona archeologica” non attribuisce necessariamente agli stessi una vocazione turistica.
2.8. Il tribunale, del resto, ha aggiunto la corte, aveva posto in rilievo che i certificati precedenti (anni 1995 e 1998), che pure qualificano i fondi in questione come terreni agricoli ricadenti in zona archeologica G1 e G2, confermavano “la natura eminentemente agricola” degli stessi, pur se caratterizzati da vincoli a vocazione turistica, subordinatamente, pero’, ad un regolamento ministeriale che in concreto non e’ stato emanato.

 

Retratto agrario e specificazione del prezzo

2.9. La corte, in definitiva, ha ritenuto che non poteva trovare applicazione la norma della L. n. 590 del 1965, articolo 8 “per mancanza dei requisiti di univocita’ ed attualita’ nella asserita destinazione turistica del fondo”.
2.10. La corte, infine, dopo aver rilevato che i convenuti non avevano dimostrato l’intervenuta comunicazione dell’offerta di prelazione ai soggetti interessati ed aventi diritto e che, per contro, gli attori avevano dimostrato in giudizio di essere coltivatori diretti, essendo a tal fine sufficiente che la coltivazione del fondo avvenga stabilmente ed abitualmente, e quindi in modo non occasionale, ha ritenuto che il diritto di riscatto dovesse essere esercitato per il prezzo formalmente dichiarato nel contratto di compravendita, pari ad Euro 3.150,00, anche se lo stesso, come dimostrato dalla controdichiarazione del 26/6/2002 e dagli assegni circolari emessi, risulta inferiore a quello realmente concordato di Euro 21.170,00.
3.1. (OMISSIS) e (OMISSIS), con ricorso notificato il 29/6/2017, hanno chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza della corte d’appello.
3.2. (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con controricorso e depositato breve memoria.
3.3. (OMISSIS) e (OMISSIS) sono rimasti intimati.

 

Retratto agrario e specificazione del prezzo

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione e la falsa applicazione della L. n. 590 del 1965, articolo 8 e della L. n. 817 del 1971, articolo 7 in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, anziche’ limitarsi a valutare il dato effettivo e formale dell’inserimento del terreno nella zona turistica “G”, ha ritenuto che il fondo in questione era un terreno a destinazione agricola senza, tuttavia, considerare che, ai fini dell’esclusione del diritto di prelazione dei coltivatori diretti, e’ sufficiente che sia accertato che il fondo abbia attualmente, in base alle prescrizioni del piano regolatore, una destinazione turistica e non (o non piu’) una vocazione agraria.
4.2. Il motivo e’ infondato. I ricorrenti, in sostanza, lamentano la valutazione, asseritamente erronea, che la corte d’appello ha fatto delle prove raccolte in giudizio, li’ dove, in particolare, ad onta delle asserite emergenze delle stesse, ha escluso che il fondo in questione potesse essere qualificato come un terreno a destinazione turistica. La valutazione degli elementi istruttori, costituisce, tuttavia, un’attivita’ riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.). Non e’ compito di questa Corte, infatti, quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, ne’ quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il loro ragionamento probatorio, qual e’ reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto, com’e’ accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.).
4.3. La corte d’appello, in effetti, dopo aver valutato le prove raccolte in giudizio, ha ritenuto che, alla luce del certificato allegato al contratto di compravendita del 26/6/2002 e del certificato temporalmente contiguo allo stesso del 18/4/2002, “il terreno… nel vigente strumento urbanistico ricade in zona agricola E, destinata all’agricoltura”. Ed una volta affermato, come la corte d’appello ha ritenuto senza che tale apprezzamento in fatto sia stato censurato (nell’unico modo possibile, e cioe’, a norma dell’articolo 360 c.p.c., n. 5) per aver del tutto omesso l’esame di uno o piu’ fatti decisivi risultanti dal testo della sentenza o dagli atti del giudizio, che il terreno “ricade in zona agricola”, non si presta, evidentemente, a censure la decisione che la sentenza impugnata ha conseguentemente assunto, e cioe’ l’accoglimento della domanda degli attori in quanto volta a far valere il diritto di prelazione agraria cosi’ come previsto dalla n. 590 del 1965, articolo 8 e della L. n. 817 del 1971, articolo 7.
4.4. La prelazione agraria prevista dalla L. n. 590 del 1965, articolo 8, comma 2 e dalla L. n. 817 del 1971, articolo 7, comma 2, n. 2, (che alla predetta norma fa espresso rinvio), infatti, essendo esclusa in caso di utilizzazione edilizia, industriale o turistica del fondo in ragione della sua inclusione, con una di tali destinazioni, nel piano regolatore generale o in altro strumento di pianificazione urbanistica (cfr. Cass. n. 4797 del 2006), e’, in definitiva, consentita quando, come nel caso in esame, il terreno in questione abbia, in base al piano regolatore, destinazione agricola (Cass. n. 7182 del 2015).

 

Retratto agrario e specificazione del prezzo

5.1. Con il secondo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione e la falsa applicazione della L. n. 590 del 1965, articolo 8 e della L. n. 817 del 1971, articolo 7, nonche’ dell’articolo 2697 c.c. e articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha omesso di verificare, in via ufficiosa, la sussistenza delle condizioni alle quali, in forza delle norme citate, e’ subordinata l’insorgenza del diritto di prelazione e, quindi, del diritto di riscatto, e cioe’ che il fondo per il quale la parte retraente ha esercitato la prelazione non superi, in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprieta’ o enfiteusi, il triplo della superficie corrispondente alla capacita’ lavorativa della sua famiglia e che la stessa parte retraente non abbia venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire mille.
5.2. Il motivo e’ inammissibile. Secondo il costante insegnamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018), infatti, qualora una determinata questione giuridica che, come quelle prospettate nel mezzo in esame, implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimita’, al fine di evitare una statuizione d’inammissibilita’ per novita’ della censura, ha l’onere (che, nella specie, non e’ stato adempiuto con la dovuta specificita’: cfr. il ricorso, p. 3, 6, 8, 9) non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito ma anche, per il principio di specificita’ del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicita’ di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.
6.1. Con il terzo motivo, i ricorrenti, lamentando la
violazione e la falsa applicazione della L. n. 590 del 1965, articolo 8 e della L. n. 817 del 1971, articolo 7 nonche’ dell’articolo 1414 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che il diritto di riscatto dovesse essere esercitato con riferimento al prezzo formalmente dichiarato nel contratto di compravendita, pari ad Euro 3.150,00, e non a quello che, come emergeva dalla controdichiarazione prodotta in giudizio, era stato realmente concordato, pari ad Euro 21.170,00, senza, tuttavia, considerare che la dimostrazione della simulazione del prezzo aveva determinato l’invalidita’/l’inammissibilita’ del riscatto poiche’ l’atto stragiudiziale con il quale gli appellati avevano esercitato tale diritto era privo, al pari dell’atto di citazione che ha introdotto il giudizio, dell’indicazione del prezzo realmente pattuito o, comunque, della riserva di eseguirne il pagamento.
6.2. Il motivo e’ infondato. Nel caso in cui il fondo, per il quale il coltivatore abbia il diritto di prelazione, venga venduto ad un terzo per un prezzo diverso da quello piu’ elevato effettivamente pattuito tra le parti, il coltivatore non ha l’onere di individuare quale sia il prezzo effettivamente pattuito tra le parti poiche’ tale dissimulata pattuizione e’ inopponibile nei confronti del terzo che esercita la prelazione mentre la specificazione del prezzo costituisce un obbligo posto dalla citata legge a carico del proprietario (cfr. Cass. n. 8488 del 1995).
7. Il ricorso, per l’infondatezza di tutti i suoi motivi, dev’essere, quindi, respinto.
8. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
9. La Corte da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte cosi’ provvede: rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese di lite, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali nella misura del 15%; da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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