Corte di Cassazione, penale, Sentenza|27 aprile 2021| n. 15901.
Il dolo del reato previsto dall’art. 483 cod. pen. è generico e consiste nella volontà cosciente e non coartata di compiere il fatto e nella consapevolezza di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero.
Sentenza|27 aprile 2021| n. 15901
Data udienza 15 febbraio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Autocertificazioni – Falsa dichiarazione in autocertificazione – DPR 445 del 2000 – Art. 483 cp – Falsità ideologica – Dichiarazione sostitutiva di atto notorio – Falsa attestazione – Integrazione del reato di cui all’art. 483 cp – Sussistenza – Ragioni
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PALLA Stefano – Presidente
Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere
Dott. SESSA Renata – Consigliere
Dott. MOROSINI Elisabetta Mar – Consigliere
Dott. BRANCACCIO Matilde – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 14/01/2020 della CORTE APPELLO di PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere BRANCACCIO MATILDE;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale MIGNOLO OLGA che ha chiesto l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la decisione in epigrafe, la Corte d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza del GUP del Tribunale di Palermo del 6.7.2017 con cui, all’esito di giudizio abbreviato, (OMISSIS) e’ stato condannato alla pena di mesi uno di reclusione in relazione al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articolo 76 e articolo 483 c.p..
L’imputato, al fine di partecipare alla selezione pubblica per l’assegnazione di quindici autorizzazioni per l’esercizio di noleggio con conducente di motocarrozzette indetta dal Comune di Palermo con bando del 2 luglio 2013, ha presentato dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta’, attestando di essere iscritto al ruolo provinciale dei conducenti di motocarrozzette presso la Camera di commercio di Palermo, al n. 1123 del 13.4.2005.
2. Ha proposto ricorso l’imputato tramite il difensore, avv. (OMISSIS), deducendo, mediante due distinti motivi, violazione di legge in relazione all’interpretazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articolo 76 e dell’articolo 483 c.p..
La falsa dichiarazione in autocertificazione non costituisce falso ideologico in atto pubblico, mancando la configurabilita’ di quest’ultimo, che l’articolo 2699 c.c., definisce come atto redatto, con le richieste formalita’, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove e’ formato.
Inoltre, si afferma l’insussistenza dell’elemento psichico del reato poiche’ il ricorrente, gia’ in possesso dell’iscrizione nel ruolo generale dei “conducenti”, in buona fede, aveva inteso riferirsi al possesso di quel requisito e non del presupposto richiesto.
3. Il Sostituto Procuratore Generale Mignolo Olga ha chiesto, con requisitoria scritta, l’inammissibilita’ del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile ed i due motivi possono essere trattati congiuntamente, attenendo alla contestazione del profilo oggettivo e soggettivo del reato contestato.
2. Il Collegio ribadisce il principio, oramai consolidato, secondo cui integra il delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico (articolo 483 c.p.) la condotta di colui che dichiara il falso in sede di dichiarazione sostitutiva di atto notorio resa ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articolo 47 (cfr., tra le tante ed in fattispecie diverse, Sez. 5, n. 24866 del 25/2/2011, Antibo, Rv. 250915; Sez. 5, n. 7857 del 26/10/2017, dep. 2018, Marchetti, Rv. 272277-01; Sez. 5, n. 30099 del 15/3/2018, Gaiera, Rv. 27380601).
Secondo Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articolo 76, infatti, le dichiarazioni sostitutive ex articoli 46 e 47 del medesimo D.P.R., sono considerate come rese a pubblico ufficiale, essendo la qualita’ del destinatario del tutto idonea a sancirne la destinazione ad essere trasfuse in atto pubblico (cfr. in tema Sez. 5, n. 20570 del 10/5/2006, Esposito, Rv. 234203).
L’articolo 483 c.p., in altre parole, costituisce norma sanzionatoria delle condotte vietate dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 poiche’ l’articolo 76 di tale testo legislativo punisce, “ai sensi del codice penale”, chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso” nei casi previsti dal decreto stesso.
E il delitto di falsita’ ideologica commessa dal privato in atto pubblico (articolo 483 c.p.) sussiste qualora l’atto pubblico, nel quale la dichiarazione del privato e’ stata trasfusa, sia destinato a provare la verita’ dei fatti attestati, e cioe’ quando una norma giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero ricollegando specifici effetti all’atto-documento nel quale la sua dichiarazione e’ stata inserita dal pubblico ufficiale ricevente (Sez. U, n. 6, del 17/2/1999, Lucarotti, Rv. 212782; Sez. U, n. 28 del 15/12/1999, Gabrielli, Rv. 215413).
Il principio da ultimo richiamato e’ stato costantemente affermato, poi, dalla successiva giurisprudenza delle Sezioni semplici di questa Corte di legittimita’ (ex multis, cfr. Sez. 5, n. 5365 del 15/1/2018, Guidi, Rv. 272110; Sez. 5, n. 39215 del 4/6/2015, Cremonese, Rv. 264841; Sez. 5, n. 18279 del 2/4/2014, Scalici, Rv. 259883).
2.1. La fattispecie concreta all’esame del Collegio rientra nei parametri ermeneutici appena descritti per l’evidente, specifica funzione probatoria delle dichiarazioni ex articoli 46 e 47 cit. in quanto dimostrative di stati, qualita’ personali o fatti che siano nella diretta conoscenza dell’interessato dichiarante.
L’imputato ha partecipato ad una procedura pubblica di selezione indetta dal Comune di Palermo con bando del 2.7.2013, destinata al rilascio di autorizzazioni per l’esercizio del noleggio con conducente per il servizio di motocarrozzette, attestando falsamente di essere iscritto al ruolo provinciale dei conducenti di motocarrozzette presso la camera di commercio di Palermo, riportando anche un numero e la relativa data di iscrizione (n. 1123 dal 13.4.2005), mentre invece egli non era iscritto in tale ruolo ne’ al momento dell’attestazione e neppure alla data della successiva nota inviatagli dal comune di Palermo con cui gli si richiedeva di produrre la documentazione i possesso della quale si era dichiarato, in seguito allo scorrimento della graduatoria (cfr. sentenza di primo grado).
Quanto alla doglianza riferita specificamente alla natura di atto pubblico dell’autocertificazione ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445, articoli 46 e 47 rispetto ai parametri normativi dettati, in ambito civilistico, dall’articolo 2699 c.c., il Collegio ribadisce l’orientamento secondo cui il concetto di atto pubblico e’, agli effetti della tutela penale, piu’ ampio di quello desumibile dall’articolo 2699 c.c., dovendo rientrare in detta nozione non soltanto i documenti redatti da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, ma anche quelli formati dal pubblico ufficiale o dal pubblico impiegato, nell’esercizio delle loro funzioni, per uno scopo diverso da quello di conferire ad essi pubblica fede, purche’ aventi l’attitudine ad assumere rilevanza giuridica e/o valore probatorio interno alla pubblica amministrazione (Sez. 5, n. 3542 del 17/12/2018, dep. 2019, Esposito, Rv. 275415; nonche’, in una fattispecie sovrapponibile a quella in esame a carico del ricorrente, Sez. 5, n. 9358 del 24/4/1998, Tisato, Rv. 211440). Sono atti pubblici, quindi, anche gli atti interni e quelli preparatori di una fattispecie documentale complessa, come le autocertificazioni del privato redatte ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articoli 46 e 47 – dichiarazioni sostitutive che, si ribadisce, sono considerate come rese a pubblico ufficiale, essendo la qualita’ del destinatario del tutto idonea a sancirne la destinazione ad essere trasfuse in atto pubblico – e relative alla dimostrazione di stati, qualita’ personali o fatti che siano nella diretta conoscenza dell’interessato dichiarante, compreso il possesso di requisiti per ottenere un determinato beneficio.
Ad una simile autocertificazione, infatti, nel procedimento di formazione dell’atto amministrativo che la presuppone per il riconoscimento di diritti, oneri o obblighi, la pubblica amministrazione attribuisce, secondo legge, valore di documentazione della verita’ attestata, prescindendo da ogni istruttoria.
Rientra, pertanto, nella nozione di atto pubblico l’autocertificazione (dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta’) relativa all’iscrizione al ruolo provinciale di conducenti di motocarrozzette (istituito, nella specie, presso la Camera di Commercio Industria ed Artigianato di Palermo, ai sensi del L.Reg. Sicilia 6 aprile 1996, n. 29, articolo 3-bis), presentata ad un comune al fine di partecipare ad una selezione pubblica per l’assegnazione di autorizzazioni all’esercizio del servizio di noleggio motocarrozzette con conducente.
2.3. Sussiste, altresi’, la prova del dolo di fattispecie.
Assume grande significato, a tal fine, il fatto che il ricorrente abbia richiesto, proprio al comune di Palermo, una proroga per munirsi del requisito che invece non possedeva, del quale, pertanto, egli aveva ben consapevolmente dichiarato falsamente la sussistenza nell’autocertificazione.
Il dolo del reato previsto dall’articolo 483 c.p., infatti, e’ generico e consiste nella volonta’ cosciente e non coartata di compiere il fatto e nella consapevolezza di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero (Sez. 2, n. 47867 del 28/10/2003, Ammatura, Rv. 227078; cfr. anche Sez. 3, n. 44097 del 3/5/2018, I., Rv. 274126).
3. Alla declaratoria d’inammissibilita’ del ricorso segue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonche’, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilita’ (cfr. sul punto Corte Cost. n. 186 del 2000), al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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