Il dispensario non può essere assimilato alla farmacia

Consiglio di Stato, Sentenza|30 agosto 2021| n. 6065.

Il dispensario non può essere assimilato alla farmacia. Si tratta, infatti, di un mero presidio sul territorio al servizio dei cittadini, che tuttavia non viene riconosciuto dalla costante interpretazione giurisprudenziale né come soggetto economico in grado di competere con le farmacie; né come struttura autonoma, essendo gestito, di norma, dalla sede farmaceutica più vicina, di cui è parte integrante. Anche la sua istituzione risponde ad una logica del tutto diversa da quella delle farmacie, in quanto è finalizzata esclusivamente a rendere più agevole l’acquisto di farmaci di uso comune e di pronto soccorso in zone territoriali sprovviste di presidi farmaceutici, sopperendo alle esigenze primarie ed immediate della popolazione. E’ quindi assodato, in giurisprudenza, che, nell’organizzazione generale del servizio farmaceutico, il dispensario costituisce un rimedio suppletivo rispetto a quello primario della farmacie, al quale pertanto non è assimilabile, tanto è vero che – diversamente da quest’ultimo – risulta privo di circoscrizione territoriale e di autonomia tecnico-funzionale.

Sentenza|30 agosto 2021| n. 6065. Il dispensario non può essere assimilato alla farmacia

Data udienza 15 luglio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Farmaci – Distribuzione e commercializzazione – Dispensario farmaceutico e farmacie – Differenze – Individuazione – Il dispensario non può essere assimilato alla farmacia

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6659 del 2020, proposto da
Farmacia Dott.ssa Vi. Fe. e Vi. Fe., rappresentate e difese dall’avvocato Gi. Di Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Regione Abruzzo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia ex lege in Roma, via (…);
Farmacia Sa. Bu. e dott. Ri. Ma. Po., rappresentati e difesi dagli avvocati Vi. Co. e An. Ma.Bo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di (omissis) e Pa. Da., in qualità di titolare della Farmacia Sa. Gi., non costituiti in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 1226 del 2021, proposto da
Dott. Ri. Ma. Po., in proprio e in qualità di titolare della Farmacia di Sa. Bu., rappresentato e difeso dall’avvocato An. Ma.Bo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Regione Abruzzo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia ex lege in Roma, via (…);
Farmacia Dott.ssa Vi. Fe. e Fe. Vi., rappresentate e difese dall’avvocato Gi. Di Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Lu. Te.in Roma, via (…);
per la riforma
quanto al ricorso n. 6659 del 2020:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, Sezione Staccata di Pescara Sezione Prima, n. 70/2020, resa tra le parti
quanto al ricorso n. 1226 del 2021:
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara Sezione I, n. 372/2020, resa tra le parti
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Abruzzo, della Farmacia Sa. Bu., di Ri. Ma. Po., della Farmacia Dott.ssa Vi. Fe. e di Fe. Vi.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 luglio 2021 il Cons. Ezio Fedullo e viste le note di udienza presentate dall’Avvocato An. M. Bo.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

Il dispensario non può essere assimilato alla farmacia

FATTO e DIRITTO

Deve preliminarmente disporsi la riunione dei ricorsi indicati in epigrafe, in quanto, come meglio si vedrà sulla scorta della successiva esposizione, in fatto ed in diritto, strettamente connessi dal punto di vista sia soggettivo che oggettivo.
Con la sentenza n. 70 del 18 febbraio 2020, oggetto dell’appello n. 6659/2020, il T.A.R. per l’Abruzzo si è pronunciato sulla domanda di annullamento proposto dalla dott.ssa Vi. Fe., titolare dell’omonima farmacia sita nel Comune di (omissis), avverso:
a) l’ordinanza del Sindaco di (omissis) n. 3, prot. n. 259 del 18 febbraio 2019, recante l’individuazione del dr. Po. Ma. Ri. quale affidatario del dispensario farmaceutico istituito nel territorio del Comune di (omissis), nelle more della definizione delle procedure volte al conferimento in titolarità della sede farmaceutica rimasta vacante nel predetto Comune;
b) la determinazione della Regione Abruzzo – Dipartimento per la Salute e il Welfare – Servizio Assistenza Farmaceutica, Attività Trasfusionali e Trapianti – Innovazione e Appropriatezza – Ufficio Rete Regionale Assistenza Farmaceutica n. DPF003/28 del 1° marzo 2019, recante istituzione del dispensario farmaceutico nel Comune di (omissis) nelle more del conferimento in titolarità della sede farmaceutica vacante ed affidamento della gestione del medesimo dispensario al dr. Po. Ma. Ri., titolare della sede farmaceutica unica del Comune di (omissis);
c) l’ordinanza del Sindaco di (omissis) n. 5 del 25 luglio 2019, recante l’individuazione del dr. Po. Ma. Ri. quale affidatario del dispensario farmaceutico istituito nel territorio del Comune di (omissis), nelle more della definizione delle procedure volte al conferimento in titolarità della sede farmaceutica rimasta vacante nel predetto Comune;

 

Il dispensario non può essere assimilato alla farmacia

d) la determinazione della Regione Abruzzo – Dipartimento per la Salute e il Welfare – Servizio Assistenza Farmaceutica, Attività Trasfusionali e Trapianti – Innovazione e Appropriatezza – Ufficio Rete Regionale Assistenza Farmaceutica n. DPF003/111 del 26 luglio 2019, recante la presa d’atto dell’ordinanza del Sindaco di (omissis) n. 5 del 25 luglio 2019 e dell’allegato verbale di riesame prot. n. 1198 di pari data e, per l’effetto, l’affidamento della gestione del dispensario farmaceutico nel Comune di (omissis) al dr. Po. Ma. Ri., titolare della sede farmaceutica unica del Comune di (omissis).
La vicenda cui ineriscono i suindicati provvedimenti trae origine dalla determinazione dirigenziale del 12 settembre 2008, con la quale la Regione Abruzzo istituiva un dispensario farmaceutico nel Comune di (omissis), affidandone la gestione alla dr.ssa Lo. Pi., titolare della sede farmaceutica del Comune di (omissis).
Poiché, tuttavia, la suddetta rinunciava alla titolarità della sede farmaceutica e dell’annesso dispensario a far data dal 30 gennaio 2019, in quanto assegnataria di altra sede farmaceutica nel Comune di Vasto, il Sindaco di (omissis) si rivolgeva alla Regione Abruzzo per l’individuazione della nuova sede farmaceutica del circondario cui affidare la gestione del dispensario.
Veniva, quindi, convocata dalla Regione una conferenza di servizi, tenutasi il 6 febbraio 2019, in esito alla quale veniva approvata la proposta per cui l’affidamento del dispensario sarebbe dovuto avvenire mediante l’espletamento, da parte del Comune interessato, della procedura di cui all’art. 50 del d.lgs. n. 267/2000 (T.U.E.L.), stante l’incompatibilità di tale strumento di normazione d’urgenza con le competenze e funzioni della Regione, volte alla programmazione dei servizi sanitari.
Il Comune di (omissis) provvedeva quindi ad invitare le farmacie dei Comuni del circondario a manifestare entro il 14 febbraio 2019 l’interesse alla gestione del dispensario farmaceutico ivi istituito: all’invito rispondevano sia la dr.ssa Vi., sia i titolari di altre farmacie site in Comuni limitrofi a quello di (omissis).

 

Il dispensario non può essere assimilato alla farmacia

In esito all’espletamento della procedura di interpello, con ordinanza contingibile e urgente n. 3 del 18 febbraio 2019 (provvedimento impugnato sub a) il Sindaco di (omissis) individuava, quale gestore del dispensario farmaceutico, il dr. Po. Ma. Ri., titolare della sede farmaceutica unica del Comune di (omissis), ritenendo la stessa situata a minor distanza dalla sede vacante rispetto alle altre concorrenti all’assegnazione.
Con successiva determinazione dirigenziale n. DPF003/28 del 1° marzo 2019 (provvedimento impugnato sub b), la Regione Abruzzo – Dipartimento per la Salute e il Welfare, preso atto dell’ordinanza del Sindaco di (omissis), provvedeva ad affidare la gestione del dispensario farmaceutico de quo al dr. Ri..
Con ordinanza n. 97/2019 del 10 luglio 2019, il T.A.R. adito accoglieva l’istanza cautelare della ricorrente, rilevando, in punto di fumus boni juris, che il Comune di (omissis), in sede di avviso pubblico per l’affidamento del dispensario, si era auto-vincolato a tre criteri di selezione, tra i quali non era contemplato quello della minore distanza, utilizzato invece per l’assegnazione.
Il Comune di (omissis) provvedeva quindi al riesame delle domande di partecipazione presentate (cfr. verbale prot. n. 1198 del 25 luglio 2019), individuando ancora una volta, con l’ordinanza sindacale n. 5 del 25 luglio 2019 (provvedimento impugnato sub c), il dr. Po. Ma. Ri. quale affidatario del dispensario farmaceutico: dal canto suo la Regione Abruzzo, con determinazione del Dipartimento per la Salute e il Welfare n. DPF003/111 del 26 luglio 2019 (provvedimento impugnato sub d), preso atto della medesima ordinanza sindacale, disponeva l’affidamento della gestione del predetto dispensario al dr. Ri..
Con la sentenza n. 70 del 18 febbraio 2020, oggetto del giudizio di appello n. 6659/2020, il T.A.R. dichiarava preliminarmente l’improcedibilità del ricorso originario (avente ad oggetto i provvedimenti sub a e b), sul rilievo che i provvedimenti con esso impugnati erano stati integralmente sostituiti da quelli emanati in esito al procedimento di riesame delle domande di partecipazione posto in essere dal Comune di (omissis) (cfr. il verbale di riesame prot. n. 1198 del 25 luglio 2019), poi impugnati dalla ricorrente a mezzo dei motivi aggiunti.
Con la sentenza appellata, quindi, il T.A.R.:
– ha respinto il motivo del ricorso introduttivo, reiterato con i motivi aggiunti, inteso a lamentare l’incompetenza del Comune di (omissis) a provvedere nella materia in esame;
– ha parimenti respinto il motivo del ricorso originario, anch’esso reiterato con i motivi aggiunti, volto a lamentare la carenza dei presupposti per l’utilizzo dello strumento dell’ordinanza sindacale di cui all’art. 50, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000;
– ha dichiarato l’inammissibilità del motivo del ricorso originario, riproposto con i motivi aggiunti, attinente alla procedura di individuazione dell’affidatario della gestione del dispensario farmaceutico di (omissis) effettuata con l’ordinanza sindacale n. 3/2019, approvata e fatta propria dalla Regione con la determinazione del 1° marzo 2019, non essendo suscettibile di essere esteso agli atti impugnati con i motivi aggiunti, siccome derivanti da una rinnovata valutazione comparativa dei farmacisti che avevano presentato domanda di partecipazione;

 

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– ha respinto il motivo aggiunto inteso a lamentare l’illegittimità derivata dei provvedimenti con essi impugnati;
– ha respinto il motivo aggiunto volto a lamentare che il riesame era consistito nella compilazione di una griglia che metteva a confronto i servizi offerti dai farmacisti partecipanti che, essendo stata riportata su un foglio anonimo, non sarebbe stata riconducibile ad alcun soggetto pubblico o privato che ne potesse assumere la paternità e la responsabilità ;
– ha respinto il motivo aggiunto inteso a lamentare pretese omissioni della P.A. nell’annotare in tabella i servizi offerti dai farmacisti. In particolare, in relazione alle presunte “omissioni” che avrebbero penalizzato in particolare la deducente, il T.A.R. ha osservato che le stesse “corrispondono, invece, a precise scelte discrezionali del Comune di (omissis), il quale – come indica il verbale di riesame del 25 luglio 2019 – ha scelto di non considerare, tra i servizi aggiuntivi proposti, né le prestazioni infermieristiche e psicologiche, perché ritenute improbabili in un dispensario, né i trattamenti estetici e neppure le offerte commerciali”;
– ha respinto il motivo aggiunto con il quale veniva lamentata la presunta impossibilità, per il dr. Ri., di rispettare il monte ore offerto di n. 39 ore settimanali;
– ha accolto, invece, il motivo aggiunto inteso a lamentare che la garanzia della continuità del servizio, correttamente intesa nel senso dell’impegno a che la farmacia fosse aperta durante tutto l’anno, era stata valutata solo a favore del dr. Ri., in quanto asseritamente offerta solo dal medesimo e non anche dalla dr.ssa Vi.. In proposito, ha evidenziato il T.A.R. che il verbale di riesame prot. n. 1198 del 25 luglio 2019 affermava che, all’esito della procedura valutativa e, quindi, in base alle risultanze della tabella, le offerte della dr.ssa Vi. e del dr. Ri. era sostanzialmente equivalenti quanto a monte orario offerto (uguale per i due candidati e maggiore del monte ore offerto dagli altri), quanto a professionalità proposte e quanto a servizi aggiuntivi, ma era stato preferito il dr. Ri., per avere egli solo garantito la continuità del servizio nell’anno;

 

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– ha altresì accolto il motivo aggiunto inteso a contestare la scelta della P.A. di riconoscere il servizio DPC (distribuzione dei farmaci con la modalità “in nome e per conto”) come offerto solo dal dr. Ri.: in ordine a tale punto, il T.A.R. ha rilevato che “sarebbe stato doveroso da parte della P.A. un approfondimento istruttorio, volto ad accertare se è vero che trattasi di servizio svolto da tutte le farmacie del territorio e che non è, quindi, appannaggio esclusivo del controinteressato”.
Infine, sul piano conformativo, il T.A.R. ha rilevato che gli atti impugnati con i motivi aggiunti (“in specie: il verbale di riesame, l’ordinanza sindacale n. 5/2019 e la determinazione regionale di nomina dell’affidatario”) “vanno annullati limitatamente alle posizioni della ricorrente e del controinteressato, ai fini della riedizione della valutazione comparativa tra tali due posizioni”.
Mediante i motivi di appello aventi ad oggetto la sentenza n. 70/2020, l’originaria ricorrente censura sotto più profili la sentenza appellata, mentre si sono costituiti in giudizio, per resistere all’accoglimento del gravame, la Regione Abruzzo ed il controinteressato dr. Ri..
Ciò premesso, l’appello deve essere dichiarato improcedibile, atteso che, come si vedrà nell’esaminare l’appello n. 1226/2021, i provvedimenti oggetto del presente giudizio sono stati superati da quelli che, seppure in chiave confermativa (e, quindi, persistentemente lesiva per gli interessi della appellante), sono stati adottati dall’Amministrazione in sede attuativa della sentenza n. 70/2020.
In ogni caso, ai fini della completezza del sindacato giurisdizionale – con particolare riferimento ai motivi del presente appello che, laddove accolti, potrebbero condurre ad un rafforzamento della portata conformativa della sentenza appellata (e quindi ad un risultato favorevole del giudizio dotato di maggiore spessore, per gli interessi della appellante, rispetto a quello consacrato dalla sentenza appellata) – il rilievo che precede deve essere puntualizzato con riferimento a ciascuno di essi.
In primo luogo, viene in rilievo quello inteso a lamentare la carenza, a corredo dell’atto di costituzione del controinteressato in relazione ai motivi aggiunti proposti in primo grado, di una valida procura alle liti.
Il motivo, alla luce della evidenziata sopravvenienza di nuovi provvedimenti inerenti alla fattispecie in esame, deve essere senz’altro dichiarato improcedibile, non essendo il suo eventuale accoglimento foriero di alcun concreto vantaggio a favore della odierna appellante.

 

Il dispensario non può essere assimilato alla farmacia

La preannunciata declaratoria di improcedibilità non può non attagliarsi, poi, anche alla censura volta a lamentare l’incompetenza del Comune di (omissis) in ordine all’affidamento della gestione del dispensario farmaceutico così come a quella diretta a sostenere l’insussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere extra ordinem di cui all’art. 50 d.lvo n. 267/2000, avendo i relativi ipotetici vizi esaurito i loro pretesi effetti invalidanti con riferimento ai provvedimenti originariamente impugnati ed esigendo, per venire in rilievo ai fini dell’eventuale annullamento dei provvedimenti sopravvenuti, la loro rituale riproposizione in sede di impugnazione di questi ultimi (come del resto fatto dalla odierna appellante in sede di impugnazione degli stessi, sebbene non abbiano trovato spazio nell’ambito della successiva sentenza n. 372/2020).
Con l’ultimo motivo di appello, la parte appellante lamenta che il giudice di primo grado ha erroneamente dichiarato l’inammissibilità del terzo motivo aggiunto, ritenendo che lo stesso afferisse alla originaria valutazione comparativa, laddove, mediante la sua formulazione, essa si prefiggeva di porre in evidenza profili di illegittimità persistenti anche nei riguardi degli atti scaturiti dal riesame indotto dall’ordinanza cautelare n. 97/2019.
Il motivo, a prescindere dalla correttezza della pronuncia in rito adottata dal T.A.R. in ordine al suddetto motivo aggiunto, è infondato.
Lamentava con esso la parte appellante che l’operato dell’Amministrazione procedente si era risolto nella creazione di multi-presidi farmaceutici riconducibili ad un unico farmacista imprenditore e tali da determinare interferenze tra bacini e flussi di utenza di sedi farmaceutiche confinanti o territorialmente prossime: ciò in quanto il Sindaco p.t. del Comune di (omissis), pur avendo dato luogo ad una “anomala” procedura di tipo comparativo per la scelta del gestore del dispensario, aveva finito per affidarne la gestione al dr. Ri., titolare della farmacia di Sa. Bu., gestore del dispensario farmaceutico del Comune di Palmoli e, per effetto del provvedimento impugnato, affidatario anche del dispensario del Comune di (omissis).

 

Il dispensario non può essere assimilato alla farmacia

Il motivo, come anticipato, non può essere accolto.
Deve invero osservarsi che la parte appellante non contesta la scelta del Comune di indire una procedura comparativa ai fini della assegnazione della gestione del dispensario farmaceutico de quo né i criteri posti a fondamento della susseguente valutazione delle candidature pervenute, ma si duole essenzialmente degli esiti, per essa sfavorevoli, del procedimento in tal modo avviato: ne consegue che, costituendo la scelta dell’affidatario il portato (vincolato) dell’applicazione di quei criteri, l’individuazione quale affidatario del dr. Ri. poteva essere censurata nella misura in cui si fosse discostata dai criteri prefissati a monte della scelta, o comunque se ne lamentasse l’erronea applicazione da parte dell’Amministrazione, non potendo per contro assurgere a vizio di illegittimità della stessa la concomitante titolarità in capo al suddetto di un altro dispensario farmaceutico, essendo quei criteri funzionali – ove, si ripete, correttamente applicati – a garantire il perseguimento dell’interesse pubblico al corretto ed efficiente svolgimento del servizio farmaceutico, in vista del primario interesse alla salute degli utenti finali del medesimo servizio, ed assumendo carattere recessivo, rispetto ad esso, l’interesse dei titolari delle farmacie preesistenti a conservare (o ampliare, attraverso l’affidamento del dispensario) il preesistente bacino di utenza.
Deduce ancora la parte appellante che essa ha presentato istanza alla Regione di rivedere l’affidamento del dispensario del Comune di Palmoli, che, in applicazione del criterio preferenziale della vicinanza, avrebbe dovuto essere assegnato, in ragione anche del nuovo ed ulteriore affidamento al dr. Ri. del dispensario di (omissis) (per effetto del quale il controinteressato si ritrovava a gestire due dispensari farmaceutici), alla più vicina sede farmaceutica di (omissis) anziché a quella di Sa. Bu., e lamenta che la Regione riscontrava negativamente l’istanza suindicata.

 

Il dispensario non può essere assimilato alla farmacia

Il motivo, sotto tale profilo, non può che essere dichiarato inammissibile, afferendo ad un atto (la determinazione regionale di non revocare l’affidamento a favore del dr. Ri. del diverso dispensario di Palmoli) estraneo all’oggetto della presente controversia.
Quanto invece all’assunto attoreo, secondo cui dalla risposta regionale alla suddetta istanza si ricaverebbe la conferma della competenza regionale in subiecta materia, non può non ribadirsi quanto innanzi osservato, in relazione al reiterato vizio di incompetenza.
Infine, la parte appellante rinnova la censura intesa a sostenere che “ad oggi, anche a seguito della rinnovata valutazione comparativa e della conseguente conferma dell’assegnazione al dott. Ri. del dispensario del Comune di (omissis)”, questa, “oltre a violare il principio di esclusività e territorialità, potrebbe comportare il rischio di “un utilizzo abusivo del ricorso allo strumento del dispensario che miri alla creazione di multi-presidi farmaceutici, in rete tra di loro e riconducibili ad un unico farmacista imprenditore, tali da determinare una ipercopertura delle aree commercialmente più redditizie e possibili interferenze fra bacini e flussi di utenza di sedi farmaceutiche confinanti o territorialmente prossime” (cfr. Consiglio di Stato punto 5.11 Sentenza 1205/2018)”.
In proposito, non può che ribadirsi quanto innanzi osservato, nel senso che il provvedimento impugnato è derivato dalla scelta comunale di attivare un procedimento comparativo ai fini dell’affidamento del dispensario farmaceutico di cui si discute, la cui conclusione sarebbe suscettibile di censura nei limiti in cui dovesse rivelarsi violativa dei criteri individuati a monte dall’Amministrazione ed alla cui applicazione (con i relativi esiti) essa si è quindi vincolata.
Inoltre, la massima citata non si rivela pertinente, in quanto intesa a ribadire il carattere suppletivo del dispensario rispetto alla farmacia ai fini della erogazione del servizio farmaceutico, laddove nella specie non si controverte della necessità della sua istituzione, al fine di sovvenire alle esigenze assistenziali nelle more dello svolgimento del concorso straordinario volto alla assegnazione della titolarità della sede farmaceutica, ma della individuazione del relativo affidatario, nel rispetto delle regole all’uopo prestabilite dall’Amministrazione.

 

Il dispensario non può essere assimilato alla farmacia

Esaurito l’esame dei motivi di appello formulati dalla dr.ssa Fe. Vi. con l’appello n. 6659/2020, deve procedersi allo scrutinio di quelli articolati dal dr. Po. Ma. Ri. avverso la sentenza (in forma semplificata) n. 372/2020, con la quale il T.A.R. per l’Abruzzo ha accolto il ricorso proposto dalla dott.ssa Vi. Fe. avverso l’ordinanza sindacale n. 8 del 4 giugno 2020, prot. n. 0001057, avente ad oggetto “ordinanza contingibile ed urgente per l’assegnazione del dispensario farmaceutico del comune di (omissis) – Riedizione della valutazione comparativa”, adottata dal medesimo Comune ex art. 50, comma 5, d.lvo 267/2000, con la quale veniva individuato il dott. Po. Ma. Ri., titolare della sede farmaceutica del Comune di (omissis), quale gestore/affidatario del dispensario farmaceutico istituito nel territorio comunale di (omissis), nonché avverso la determina dirigenziale DPF003/62 del 26 giugno 2020, con la quale il Dirigente del Servizio ha preso atto dell’ordinanza n. 8/2020 del Comune di (omissis).
La sentenza, va subito rilevato, fa seguito ad altra dello stesso Tribunale n. 70/2020 (oggetto del giudizio di appello introdotto con il già esaminato ricorso n. 6659/2020), con la quale, come si è visto, è stata accolta – “ai fini della riedizione della valutazione comparativa tra tali due posizioni” – la domanda di annullamento proposta dalla medesima dott.ssa Vi. avverso il verbale della conferenza di servizi della Regione Abruzzo del 6 febbraio 2019, con la quale era stato deliberato di indire (mediante l’utilizzo della procedura ex art. 50 T.U.E.L.) l’interpello tra i titolari di sedi farmaceutiche per l’assegnazione di un dispensario farmaceutico nel territorio del Comune di (omissis) (istituito con determinazioni regionali del 12 settembre 2008 e del 1° marzo 2019, “esclusivamente nelle more del conferimento in titolarità della sede farmaceutica vacante”), nonché avverso l’ordinanza contingibile e urgente n. 3 del 18 febbraio 2019, confermata in sede di riesame (a seguito dell’ordinanza cautelare n. 97/2019) con l’ordinanza n. 5 del 25 luglio 2019, con la quale il Sindaco di (omissis) aveva individuato, quale gestore del dispensario farmaceutico, il dr. Po. Ma. Ri., titolare della sede farmaceutica unica del Comune di (omissis).

 

Il dispensario non può essere assimilato alla farmacia

Va ricordato che, con la sentenza n. 70/2020, il T.A.R. ha ravvisato la fondatezza delle censure con le quali era stata contestata la decisione dell’Amministrazione di preferire il dr. Ri., ritenendo che solo quest’ultimo avesse offerto un servizio continuativo per tutto l’anno, così come il servizio DPC (distribuzione dei farmaci con la modalità “in nome e per conto”), rilevando il T.A.R., in particolare, che l’Amministrazione erroneamente non aveva considerato che anche la dott.ssa Vi. aveva offerto un servizio continuativo nei mesi estivi e in quelli invernali, oltre che doveva ritenersi viziata da difetto di istruttoria la valutazione solo a favore del dr. Ri. del servizio DPC (“su questo punto, infatti” – osservava il giudice di primo grado – “visti i rilievi della deducente, sarebbe stato doveroso da parte della P.A. un approfondimento istruttorio, volto ad accertare se è vero che trattasi di servizio svolto da tutte le farmacie del territorio e che non è, quindi, appannaggio esclusivo del controinteressato”).
Con la sentenza appellata con il ricorso (n. 1226/2021) in esame, il giudice di primo grado ha preliminarmente rilevato che, con il verbale del 4 giugno 2020, il Comune di (omissis), procedendo al riesame degli atti in esecuzione della sentenza 70/2020, aveva evidenziato che la circostanza che il servizio DPC fosse svolto da tutte le farmacie convenzionate con il SSN non consentirebbe perciò solo di considerarlo come offerto indistintamente da tutti i partecipanti, al pari di ogni altra prestazione aggiuntiva, tanto più che il dispensario sarebbe “qualcosa di diverso dalla farmacia e risponde a finalità diverse”, procedendo pertanto, sulla base di tale presupposto, all’assegnazione ancora una volta del punteggio per il servizio DPC al solo controinteressato e precisando che, in ogni caso, cioè anche a prescindere dalla valutazione del punteggio per il DPC, al dr. Ri. doveva essere assegnato un maggior punteggio per gli altri servizi aggiuntivi da esso offerti.

 

Il dispensario non può essere assimilato alla farmacia

Il T.A.R. ha in proposito osservato che “il DPC (“distribuzione per conto”) deriva da un accordo tra la Regione Abruzzo e le categorie rappresentative dei farmacisti (Federfarma e Assofarm) – poi recepito con decreto 114 del 2016 del Commissario ad acta per la Regione Abruzzo che ha individuato quale capofila la Asl di Pescara – e ha la funzione di consentire la distribuzione da parte della Aziende sanitarie regionali dei farmaci in PHT (“prontuario ospedale-territorio”) attraverso le farmacie convenzionate, con la remunerazione a queste ultime del servizio reso, facendone discendere che “non è un servizio che i candidati possono decidere liberamente di offrire di propria iniziativa privata, ma può e deve essere erogato dai farmacisti che aderiscono alle suddette sigle rappresentative che hanno stipulato l’accordo e sulla base dei successivi provvedimenti attuativi regionali”, aggiungendo che “non essendo contestato dall’Amministrazione nel presente giudizio che la ricorrente appartenga a una delle associazioni di farmacisti sopra menzionata e che dunque debba erogare tale servizio, quest’ultimo, a prescindere dalla sede farmaceutica o di dispensario, deve considerarsi un requisito minimo obbligatorio, rientrando nell’ambito di un accordo pubblico-privato per l’esecuzione di un servizio pubblico” e che “pertanto, come osservato dalla ricorrente, non poteva essere considerato come servizio aggiunto distintivo dell’offerta del solo controinteressato”, “con l’ulteriore conseguenza che, sotto questo aspetto – che è stato l’unico oggetto di remand nella sentenza 70 del 2020 – il residuale margine di discrezionalità sul piano istruttorio è stato male esercitato dall’Amministrazione”.
Quanto invece alle “altre valutazioni, riguardanti gli altri servizi offerti”, il giudice di primo grado ha evidenziato che “ove nuove e diverse sono inoltre in contrasto con il medesimo giudicato e dunque adottate in carenza di potere, mentre, ove confermative di decisioni già assunte prima della sentenza 70 del 2020, non possono essere oggetto di nuove censure in questa sede; tutto ciò, perché il giudicato copre necessariamente il dedotto e il deducibile, e perché l’Amministrazione non può compiere nuove valutazioni che travalichino i confini del remand stabilito con la sentenza 70 del 2020; le altre censure infine sono in sostanza meramente ripetitive di questioni già affrontate da questo Tribunale nella sentenza 70 del 2020, che peraltro, come riferito dalla ricorrente, è oggetto di appello pendente avanti al Consiglio di Stato; e dunque osta al loro esame il principio del ne bis in idem”.
Sul piano conformativo, infine, il T.A.R. ha statuito che “l’Amministrazione dovrà procedere a rivalutare i due candidati senza modificare la valutazione già effettuata prima della sentenza 70 del 2020 e da questa non incisa, e dunque limitandosi a correggere il proprio operato nella parte in cui non ha riconosciuto anche alla dr. Vi. il servizio DPC”.
La sentenza suindicata costituisce oggetto dei motivi di appello formulati, in vista della sua riforma, dal dr. Ri., quale affidatario, sulla base dei provvedimenti impugnati in primo grado ed annullati dal T.A.R., del dispensario farmaceutico di cui si tratta, mentre si oppongono al loro accoglimento l’originaria ricorrente e la Regione Abruzzo.

 

Il dispensario non può essere assimilato alla farmacia

Tanto premesso, viene preliminarmente in rilievo, quale oggetto dell’invocato sindacato di legittimità, il motivo della preferenza riconosciuta al dr. Ri. ai fini dell’affidamento della gestione del dispensario farmaceutico de quo (sebbene, come si vedrà, di carattere non esclusivo nell’ambito della complessiva motivazione posta dall’Amministrazione a fondamento del rinnovato provvedimento di affidamento) connesso al servizio di “distribuzione per conto” (DPC), che l’Amministrazione ha ritenuto essere stato offerto solo dal suddetto e, pertanto, a suo favore esclusivamente valutabile.
Deve premettersi che la suddetta esclusiva valutazione, già sottesa all’originario provvedimento di affidamento (determinazione della Regione Abruzzo – Dipartimento per la Salute e il Welfare – Servizio Assistenza Farmaceutica, Attività Trasfusionali e Trapianti – Innovazione e Appropriatezza – Ufficio Rete Regionale Assistenza Farmaceutica n. DPF003/111 del 26 luglio 2019, di presa d’atto dell’ordinanza del Sindaco di (omissis) n. 5 del 25 luglio 2019), era stata ritenuta affetta dal T.A.R., con la precedente sentenza n. 70/2020, dal vizio di difetto di istruttoria, sul rilievo che “si mostra viziata la scelta della P.A. di riconoscere il servizio DPC (distribuzione dei farmaci con la modalità “in nome e per conto”) come offerto solo dal dr. Ri.: su questo punto, infatti, visti i rilievi della deducente, sarebbe stato doveroso da parte della P.A. un approfondimento istruttorio, volto ad accertare se è vero che trattasi di servizio svolto da tutte le farmacie del territorio e che non è, quindi, appannaggio esclusivo del controinteressato”.
Ebbene, ritiene preliminarmente la Sezione che la suindicata statuizione non precludesse all’Amministrazione di rivalutare “a tutto tondo” il profilo inerente alla inclusione del servizio suindicato nell’ambito dei “servizi aggiuntivi” offerti dai candidati e suscettibili di valutazione secondo la lettera di invito inviata dall’Amministrazione all’atto di avvio della procedura comparativa funzionale alla individuazione del farmacista affidatario del dispensario farmaceutico di (omissis).
In particolare, deve escludersi che, in forza della sentenza suindicata, dall’eventuale riscontro da parte dell’Amministrazione del fatto che si trattasse di “servizio svolto da tutte le farmacie del territorio” sarebbe disceso l’obbligo dell”Amministrazione di valutarlo anche a favore della originaria ricorrente: ciò in quanto la natura del vizio accertato dal T.A.R. (inerente come si è detto alla carenza istruttoria del provvedimento impugnato, focalizzata sul profilo suindicato, oggetto specifico delle censure della parte ricorrente) legittimava l’Amministrazione ad integrare l’istruttoria già espletata e quindi a far emergere in sede motivazionale elementi valutativi ulteriori rispetto a quelli precedentemente esaminati.
A tale conclusione, del resto, concorre anche la formula conformativa con la quale si conclude la sentenza n. 70/2020, nel senso di imporre all’Amministrazione la “riedizione della valutazione comparativa tra tali due posizioni”: formula che, per la sua latitudine (e di ciò si dirà meglio infra), consentiva all’Amministrazione di ripercorrere integralmente l’attività valutativa pregressa, con l’unico limite del divieto di reiterare i vizi precedentemente consumati.

 

Il dispensario non può essere assimilato alla farmacia

Ciò premesso, come si evince dai provvedimenti impugnati (cfr., in particolare, il verbale di riesame prot. n. 4056 del 4 giugno 2020), il Comune, al fine di pervenire alla (recte, confermare la) conclusione secondo cui il servizio DPC facesse parte della sola offerta del controinteressato e come tale fosse solo a suo favore esclusivamente valutabile, ha in primo luogo affermato la non decisività della circostanza secondo cui si trattava di servizio svolto, nel territorio interessato, da tutte le farmacie convenzionate con il SSN: ciò sia perché, ove così fosse, non avrebbe avuto senso richiedere ai candidati quali servizi intendessero offrire presso il dispensario, quanto piuttosto quali servizi rendessero presso la farmacia di titolarità, sia perché “il dispensario è comunque qualcosa di diverso dalla farmacia e risponde ad una finalità diversa”, ovvero quella di “rendere più agevole l’acquisto di farmaci di uso comune e di pronto soccorso in zone territoriali sprovviste di servizi farmaceutici” (ex art. 1, comma 4, l. n. 221/1968).
Il T.A.R., come si è detto, dopo aver evidenziato che “il DPC (“distribuzione per conto”) deriva da un accordo tra la Regione Abruzzo e le categorie rappresentative dei farmacisti (Federfarma e Assofarm) – poi recepito con decreto 114 del 2016 del Commissario ad acta per la Regione Abruzzo che ha individuato quale capofila la Asl di Pescara”, ha rilevato che “non è un servizio che i candidati possono decidere liberamente di offrire di propria iniziativa privata, ma può e deve essere erogato dai farmacisti che aderiscono alle suddette sigle rappresentative che hanno stipulato l’accordo e sulla base dei successivi provvedimenti attuativi regionali”, aggiungendo che “non essendo contestato dall’Amministrazione nel presente giudizio che la ricorrente appartenga a una delle associazioni di farmacisti sopra menzionata e che dunque debba erogare tale servizio, quest’ultimo, a prescindere dalla sede farmaceutica o di dispensario, deve considerarsi un requisito minimo obbligatorio, rientrando nell’ambito di un accordo pubblico-privato per l’esecuzione di un servizio pubblico”, concludendo nel senso che “non poteva essere considerato come servizio aggiunto distintivo dell’offerta del solo controinteressato”.
La sentenza, in parte qua, è meritevole di riforma.
Il ragionamento svolto dal T.A.R., invero, non tiene conto del fatto che l’accordo tra la Regione Abruzzo e le categoria rappresentative dei farmacisti ha quali destinatari finali i medesimi farmacisti nella veste di titolari delle farmacie convenzionate, mentre la sua cogenza non potrebbe ritenersi estesa, in mancanza di specifiche disposizioni in tal senso (eventualmente contenute nel suddetto accordo), al dispensario di cui il farmacista sia eventualmente titolare: ciò anche in considerazione del carattere eterogeneo dei farmaci oggetto della distribuzione per contro (rappresentati da quelli inclusi nel prontuario PHT) rispetto ai “farmaci di uso comune e di pronto soccorso”, alla cui dispensazione, alla luce della norma citata, il dispensario è ordinariamente preordinato.
La tesi del T.A.R., da questo punto di vista, non può essere condivisa laddove valorizza oltremisura l’aspetto soggettivo, inerente alla qualifica di farmacista dei destinatari dell’accordo suindicato, ma trascura il rilievo, altrettanto importante nella perimetrazione della sua portata applicativa, relativo al presidio per il tramite del quale avviene l’erogazione ordinaria del servizio farmaceutico (la farmacia convenzionata, appunto): in tal modo, tuttavia, essa non tiene conto del fatto che se l’estensione del servizio farmaceutico derivante dal suddetto accordo è congeniale alla natura della farmacia, siccome preposta alla distribuzione qualitativamente indifferenziata dei farmaci, a diversa conclusione deve pervenirsi in relazione al dispensario, connotato da una finalità distributiva di carattere “speciale” e circoscritto, nei sensi delineati dalla disposizione innanzi menzionata.
Soccorre in tal senso anche l’orientamento giurisprudenziale volto a rimarcare che “il dispensario non può essere assimilato alla farmacia. Si tratta, infatti, di un mero presidio sul territorio al servizio dei cittadini, che tuttavia non viene riconosciuto dalla costante interpretazione giurisprudenziale né come soggetto economico in grado di competere con le farmacie; né come struttura autonoma, essendo gestito, di norma, dalla sede farmaceutica più vicina, di cui è parte integrante. Anche la sua istituzione risponde ad una logica del tutto diversa da quella delle farmacie, in quanto è finalizzata esclusivamente a rendere più agevole l’acquisto di farmaci di uso comune e di pronto soccorso in zone territoriali sprovviste di presidi farmaceutici, sopperendo alle esigenze primarie ed immediate della popolazione. E’ quindi assodato, in giurisprudenza, che, nell’organizzazione generale del servizio farmaceutico, il dispensario costituisce un rimedio suppletivo rispetto a quello primario della farmacie, al quale pertanto non è assimilabile, tanto è vero che – diversamente da quest’ultimo – risulta privo di circoscrizione territoriale e di autonomia tecnico-funzionale (Cons. Stato, sez. III, n. 521/2015 e 749/2015)” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, n. 1205 del 27 febbraio 2018).

 

Il dispensario non può essere assimilato alla farmacia

Peraltro, ad ulteriore conferma del fatto che la realizzazione della DPC non potrebbe costituire oggetto di un obbligo del farmacista, con riferimento al dispensario di cui sia eventualmente titolare, sovviene la considerazione secondo cui tale tipo di distribuzione, per la peculiarità dei farmaci che ne costituiscono oggetto, presuppone l’apprestamento di una specifica organizzazione da parte dell’esercente il servizio farmaceutico (alla cui remunerazione è funzionale il compenso previsto quale contropartita per l’erogazione del servizio supplementare de quo): organizzazione che non potrebbe quindi considerarsi necessariamente conseguente all’accettazione (per il tramite delle associazioni rappresentative) dell’obbligo formalmente assunto con riguardo alla farmacia convenzionata, anche in ragione del limitato perimetro operativo del dispensario (che richiederebbe a fortiori al suddetto fine, rispetto alla farmacia, uno specifico assetto organizzativo, con i relativi costi).
Né a diverse conclusioni potrebbe pervenirsi facendo leva sul carattere (temporaneamente) suppletivo del dispensario, siccome funzionale alle esigenze di dispensazione farmaceutica nelle more dell’assegnazione della sede, con la conseguenza che esso, secondo l’intendimento dell’Amministrazione, dovrebbe svolgere tutti i servizi erogati ordinariamente dalla farmacia: deve in senso contrario osservarsi che l’Amministrazione, mediante la prevista valutazione, ai fini dell’affidamento del dispensario, degli “eventuali servizi aggiuntivi resi”, ha avuto appunto riguardo, a fondamento della ratio istitutiva, al suo campo operativo ordinario, connesso come si è detto alla distribuzione di “farmaci di uso comune e di pronto soccorso”.

 

Il dispensario non può essere assimilato alla farmacia

Non assume invece rilievo, ai fini della decisione, l’assunto della parte appellante secondo cui, seguendo il filo argomentativo della sentenza appellata, anche il servizio di ricerca farmaci poco diffusi, in quanto servizio che deve essere svolto da tutte le farmacie, avrebbe dovuto essere riconosciuto anche al dr. Ri., ancorché non indicato tra i servizi aggiuntivi offerti, e non solo alla dr.ssa Vi. dalla quale è stato espressamente offerto, essendo sufficiente rilevare che tale argomento avrebbe dovuto costituire oggetto di apposito ricorso incidentale del controinteressato.
Resta quindi confermato che, ai fini della valutazione del servizio di DPC a favore della dr.ssa Vi., lo stesso avrebbe dovuto essere espressamente indicato tra i “servizi aggiuntivi offerti”, con la conseguente necessità di riforma, in relazione al profilo esaminato, della sentenza appellata.
Con ulteriore motivo di appello, la parte appellante censura la sentenza appellata nella parte in cui si afferma, quanto alle “altre valutazioni, riguardanti gli altri servizi offerti”, che le stesse, “ove nuove e diverse sono inoltre in contrasto con il medesimo giudicato e dunque adottate in carenza di potere, mentre, ove confermative di decisioni già assunte prima della sentenza 70 del 2020, non possono essere oggetto di nuove censure in questa sede; tutto ciò, perché il giudicato copre necessariamente il dedotto e il deducibile, e perché l’Amministrazione non può compiere nuove valutazioni che travalichino i confini del remand stabilito con la sentenza 70 del 2020; le altre censure infine sono in sostanza meramente ripetitive di questioni già affrontate da questo Tribunale nella sentenza 70 del 2020, che peraltro, come riferito dalla ricorrente, è oggetto di appello pendente avanti al Consiglio di Stato; e dunque osta al loro esame il principio del ne bis in idem”.
Deve premettersi al riguardo che l’Amministrazione, ai fini giustificativi del rinnovato provvedimento di affidamento del dispensario a favore del dr. Ri., ha posto in rilievo, oltre al servizio DPC, ulteriori aspetti qualitativi, propri dell’offerta del medesimo, tali da soli da giustificare l’affidamento a suo favore del dispensario ed essenzialmente rappresentati dal test per la misurazione di componenti delle urine, dal test ovulazione, dal test gravidanza, dal test menopausa e dal defibrillatore.
Ebbene, non può essere condivisa, in primo luogo, la statuizione (implicita) di nullità recata dalla sentenza appellata, sul rilievo che le suddette valutazioni, laddove “nuove e diverse” sarebbero state rese in “carenza di potere” in quanto “in contrasto con il medesimo giudicato”.

 

Il dispensario non può essere assimilato alla farmacia

Se infatti le stesse devono effettivamente considerarsi “nuove e diverse” rispetto a quelle originarie (basti considera che con il verbale di riesame prot. n. 1198 del 25 luglio 2019 si affermava l’equivalenza dei servizi aggiuntivi resi, fatta salva la continuità del servizio reso dal dr. Ri., la cui erroneità è stata sancita dal T.A.R. con la sentenza n. 70/2020), deve osservarsi che, proprio perché esulanti dal contenuto motivazionale del provvedimento originario, le stesse non potrebbero considerarsi precluse dal giudicato, il quale, come affermato dalla giurisprudenza, “copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto e, pertanto, riguarda non solo le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, n. 4369 del 7 luglio 2020).
Quanto invece ai “limiti del remand” di cui alla sentenza n. 70/2020, cui ugualmente fa riferimento il giudice di primo grado, deve ribadirsi che se esso, alla luce del vizio con essa riscontrato e della formula conformativa finale (che imponeva all’Amministrazione la “riedizione della valutazione comparativa tra tali due posizioni”), poteva considerarsi effettivamente limitato, quale suo contenuto obbligatorio minimo, al rifacimento delle valutazioni costituenti direttamente oggetto dei rilievi del T.A.R., non era invece preclusivo della rinnovazione/integrazione di quelle precedentemente formulate ed esternate con il provvedimento annullato, sebbene non attinte dai vizi ravvisati con la sentenza suindicata.
L’appello, in conclusione, deve essere accolto e conseguentemente respinto, in riforma della sentenza appellata, il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
Gli indubbi profili di originalità della controversia, dimostrati dal diverso esito del giudizio di primo e di secondo grado, giustificano la compensazione integrale delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sugli appelli n. 6659/2020 e n. 1226/2021, previa riunione degli stessi:
– dichiara l’improcedibilità del primo;
– accoglie il secondo e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
Spese dei due gradi di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 luglio 2021, svolta in modalità telematica con l’intervento dei magistrati:
Massimiliano Noccelli – Presidente FF
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere
Ezio Fedullo – Consigliere, Estensore
Antonio Massimo Marra – Consigliere

 

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