Il dispensario costituisce un presidio suppletivo rispetto a quello primario delle farmaci

Consiglio di Stato, Sentenza|15 marzo 2021| n. 2240.

Il dispensario costituisce un presidio suppletivo rispetto a quello primario delle farmacie, al quale pertanto non è assimilabile, tanto è vero che – diversamente da quest’ultimo – risulta privo di circoscrizione territoriale e di autonomia tecnico-funzionale, finalizzato esclusivamente a rendere più agevole l’acquisto di farmaci di uso comune e di pronto soccorso in zone territoriali sprovviste di presidi farmaceutici, sopperendo alle esigenze primarie ed immediate della popolazione.

Sentenza|15 marzo 2021| n. 2240

Data udienza 4 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Soppressione e chiusura del dispensario farmaceutico – Sospensione dell’esecutività della sentenza – Nullità assoluta per difetto d’attribuzione del provvedimento regionale – Riforma della pianificazione territoriale del servizio farmaceutico – art. 11, D. L. n. 1/2012 – Presidio suppletivo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6507 del 2020, proposto dalla Farmacia Mo. e Ca. della Dott.ssa Ca. Ro. & C. S. n. C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Qu. Lo., Si. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Qu. Lo. in Roma, via (…);
contro
Regione Marche, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato La. Si., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Cr. Bo. in Roma, viale (…);
nei confronti
del Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Fe. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Azienda Sanitaria Unica Regionale- Asur Marche, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ordine dei Farmacisti della Provincia di Pesaro e Urbino, Farmacia Be. Snc di Gi. Ro. e Pa. Sc. non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche Sezione Prima n. 415/2020.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Marche, del Comune di (omissis) e dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale- Asur Marche;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 marzo 2021, svolta in modalità da remoto, il Cons. Umberto Maiello e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con il mezzo qui in rilievo l’appellante chiede la riforma, previa sospensione della relativa esecutività, della sentenza n. 415/2020 del 30 giugno 2020 con cui il TAR per le Marche ha respinto il ricorso proposto avverso la deliberazione della Giunta Regionale delle Marche n. 1/2020 del 7 gennaio 2020, avente ad oggetto la “Soppressione e chiusura del dispensario farmaceutico ubicato in località (omissis) del Comune di (omissis) – L.R. n. 4/2015 e art. 6 comma 7 Regolamento n. 2/2019”, nonché avverso gli atti presupposti e connessi, ivi inclusi il Regolamento della Regione Marche n. 2/2019 del 15-4-2019, nella parte in cui, all’art. 6, assegna alla Giunta Regionale il potere di sopprimere i dispensari farmaceutici in attività, e i pareri favorevoli alla soppressione del dispensario di (omissis).
2. Vale premettere che la chiusura del dispensario, già in passato deliberata ed oggetto di una tortuosa vicenda giudiziaria, trae oggi alimento dalla istituzione della sede farmaceutica n. 14 nella frazione (omissis), di recente aperta a seguito di concorso straordinario, cui si è affiancata una farmacia aggiuntiva /eccedentaria nel centro commerciale (omissis) Center di via (omissis) ai margini della località (omissis), ai sensi dell’art. 1 bis della L. n. 475/1968, come novellato dall’art. 11 del D. L. n. 1/2012.
2.1. Tanto in affermata esecuzione del nuovo quadro normativo e segnatamente dell’art. 22, comma 4 bis, della legge regionale n. 4/2015, aggiunto dall’art. 34 della legge regionale n. 8/2019, che testualmente recita: “4 bis. Nelle zone in cui è prevista una farmacia convenzionata, i dispensari eventualmente presenti sono soppressi a decorrere dall’apertura della farmacia medesima”.
Si è, invero, ritenuto che, se in una zona individuata dal Comune è prevista una sede farmaceutica in luogo di un dispensario, quest’ultimo debba essere soppresso e chiuso, in quanto la farmacia fornisce un maggior servizio per gli orari e i turni ai cittadini.
2.2. Nel caso di specie la Regione ha registrato sia l’intervenuta apertura nella “stessa località di Be. di (omissis)” della farmacia aggiuntiva presso il Centro commerciale, sia ancor di più l’apertura al pubblico della Farmacia Be. SNC, “per cui il servizio farmaceutico sicuramente in questo periodo non è stato ridotto”. Anche a seguito e per effetto dei pareri acquisiti nel corso dell’istruttoria sono state inoltre escluse difficoltà di accesso al servizio farmaceutico da parte dei cittadini fragili (popolazione più anziana e con difficoltà di deambulazione) così come non è prevista, a differenza delle farmacie, la trasformazione in “soprannumeraria”.
3. Il giudice di prime cure disattendeva tutte le censure compendiate nel ricorso.
Da qui la proposizione del mezzo oggi in rilievo con il quale l’appellante deduce:
a) l’erroneità della sentenza appellata nella parte in cui non ha rilevato la nullità assoluta per difetto d’attribuzione del provvedimento regionale dal momento che della sopravvenuta riforma della pianificazione territoriale del servizio farmaceutico, di cui all’art. 11 della D. L. n. 1/2012, convertito con legge n. 27/2012, la competenza in materia d’istituzione e dunque di soppressione dei dispensari farmaceutici, di cui all’art. 1 della legge n. 221/1968, risiederebbe in capo ai Comuni e non sarebbe più riservata alle Regioni. Il giudice di prime cure erroneamente avrebbe ritenuto di non poter disapplicare la disciplina normativa regionale (art. 22, comma 4, della L. R. n. 4/2015) perché successiva alla legge statale di principio (art. 11 D. L. n. 1/2012, convertito con L. n. 27/2012) ed avrebbe altrettanto erroneamente respinto, in via subordinata, l’eccezione di incostituzionalità di tale normativa con riferimento agli art. 117, comma 3, e 118 della Costituzione;
b) il TAR non avrebbe tenuto conto del fatto che il dispensario della Farmacia Mo. Ca. non è ubicato all’interno dell’ambito territoriale di pertinenza della nuova sede farmaceutica n. 14 del Comune di (omissis), alla quale è assegnata una ben diversa circoscrizione né sarebbe vero che la stessa nozione di sede farmaceutica sia venuta meno con la riforma del 2012;
c) non sarebbe possibile riconoscere in capo ai dirigenti la competenza di esprimere la volontà dell’Ente comunale dovendo essere, a norma dell’art. 48 e dell’art. 107 e ss. del TUEELL, la Giunta comunale di (omissis) e non i dirigenti del Gabinetto del Sindaco e dell’Ufficio Urbanistica a esprimere il parere richiesto per l’eventuale (si ripete, non necessaria) soppressione del dispensario, esattamente come spetta alla Giunta comunale adottare il provvedimento biennale di revisione della pianta organica delle farmacie;
d) il dispensario non sarebbe stato istituto per sostituire una sede farmaceutica, ma a prescindere da essa; e la stessa istituzione e perimetrazione della nuova sede farmaceutica, effettuata con la DCC n. 82/2012, ha tenuto espressamente conto dell’esistenza del dispensario, badando bene a disegnare la circoscrizione territoriale in maniera tale da non metterne in dubbio l’esistenza. Nella suddetta prospettiva, è illegittimo che la sua chiusura sia disposta quale conseguenza diretta di tale apertura, essendo bensì necessaria una valutazione d’interesse pubblico, nell’ambito dell’ordinaria revisione della pianta organica, che sancisca l’accertata inutilità del dispensario rispetto alla concreta situazione dei luoghi e alle esigenze della popolazione, che coinvolga come previsto anche gli Enti tecnici cioè l’Azienda Sanitaria e l’Ordine dei Farmacisti.
3.1. Resiste in giudizio la Regione Marche.
3.2. Si è, altresì, costituito il Comune di (omissis), che ha concluso per il rigetto dell’appello.
3.3. Si è costituita l’ASUR Marche insistendo per il rigetto.
3.4. Con ordinanza n. 5249 dell’11.9.2020 questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare avanzata dall’appellante e, per l’effetto, sospeso l’esecutività della sentenza appellata.
All’udienza del 4.3.2021 l’appello è stato trattenuto in decisione.
3. L’appello è infondato e, pertanto, va respinto.
4. Con un primo gruppo di doglianze l’appellante aggredisce il capo della sentenza appellata che ha respinto le censure articolate in prime cure avverso l’assetto di competenze che governano nel territorio della Regione Marche la gestione dei dispensari ritenendo di conseguenza infondata l’eccepita nullità assoluta per difetto d’attribuzione della delibera regionale di soppressione del dispensario.
4.1. Nella prospettazione dell’appellante, a seguito della sopravvenuta riforma della pianificazione territoriale del servizio farmaceutico, di cui all’art. 11 della D. L. n. 1/2012, convertito con legge n. 27/2012, la competenza in materia d’istituzione e dunque di soppressione (anche) dei dispensari farmaceutici, di cui all’art. 1 della legge n. 221/1968, risiederebbe in capo ai Comuni e non sarebbe più riservata alle Regioni.
Tale assetto di competenze sarebbe espressione di un principio fondamentale non derogabile dell’ordinamento statale, come riconosciuto dalla sentenza della Corte Costituzionale del 31 ottobre 2013, n. 255/2013.
Il giudice di prime cure erroneamente, pertanto, non avrebbe ritenuto di poter disapplicare la disciplina normativa regionale (art. 22, comma 4, della L. R. n. 4/2015) perché successiva alla legge statale di principio (art. 11 D. L. n. 1/2012, convertito con L. n. 27/2012) ed altrettanto erroneamente avrebbe respinto, in via subordinata, l’eccezione di incostituzionalità di tale normativa con riferimento agli art. 117, comma 3, e 118 della Costituzione.
4.2. Ai fini di una compiuta disamina del motivo di gravame qui in rilievo, va, anzitutto, ricostruita la cornice normativa di riferimento.
Quanto, anzitutto, all’ordinamento nazionale l’articolo 1 comma 3 della L. n. 221 del 1968 prevede che “Nei comuni, frazioni, o centri abitati di cui alla lettera b) del primo comma, ove non sia aperta la farmacia privata o pubblica prevista nella pianta organica, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono dispensari farmaceutici.
Il successivo comma 4 prevede che “La gestione dei dispensari, disciplinata mediante provvedimento delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, è affidata alla responsabilità del titolare di una farmacia privata o pubblica della zona con preferenza per il titolare della farmacia più vicina. Nel caso di rinunzia il dispensario è gestito dal comune. I dispensari farmaceutici sono dotati di medicinali di uso comune e di pronto soccorso, già confezionati”.
A livello regionale, deve, anzitutto, rilevarsi come il legislatore regionale abbia inizialmente adottato disposizioni conservative dei dispensari attivi nell’attesa di un generale riordino della disciplina di settore.
Ed, invero, l’art. 26 della L.R. 2/2007 aveva inizialmente previsto che “3 bis. I dispensari farmaceutici operanti alla data di entrata in vigore della legge 8 novembre 1991, n. 362 (Norme di riordino del settore farmaceutico) non possono essere soppressi e rimangono assegnati alla sede farmaceutica cui appartengono alla data di entrata in vigore della presente legge. Il territorio di riferimento dei dispensari stessi non può essere modificato”.
Tale disposizione è stata poi abrogata dall’art. 46 comma 1 lettera q) della legge regionale n. 8 del 18.04.2019.
Nello stesso senso la legge regionale n. 37/2012, nel disciplinare, all’art. 22 il concorso straordinario per l’assegnazione delle sedi farmaceutiche, al c. 3 ha previsto che ” Al fine di assicurare l’omogenea distribuzione del servizio farmaceutico sul territorio regionale e garantire la sostenibilità economica della gestione delle farmacie, le sedi farmaceutiche vacanti, ubicate nell’ambito dei Comuni la cui popolazione risulta, secondo il rilevamento dati ISTAT effettuato al 31 dicembre 2011, inferiore ai 500 abitanti, sono soppresse dalla data di entrata in vigore della presente legge.” e al c. 7 che” Sino al riordino della normativa di settore non sono soppressi i dispensari farmaceutici operanti, alla data di entrata in vigore della presente legge, nelle sedi di cui al comma 3″.
Con legge regionale n. 4/2015 la Regione Marche ha approvato la nuova disciplina del servizio farmaceutico, ponendosi nel solco dei principi mutuati dalla rinnovata disciplina statale.
In tal senso, all’art. 4 il legislatore regionale ha devoluto ai Comuni l’individuazione, ai sensi dell’articolo 2 della legge 475/1968, come sostituito dal comma 1 dell’articolo 11 del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, delle zone nelle quali collocare le nuove farmacie.
L’articolo 22 comma 4 della L. R. n. 4/2015 delle Marche, per quanto qui di più diretto interesse, prevede che “4. Per quanto non previsto da questa legge, la Regione esercita le altre funzioni in materia farmaceutica ad essa espressamente attribuite dalla normativa statale ed in particolare le funzioni relative all’istituzione, revisione con eventuale soppressione dei dispensari farmaceutici…”.
Il successivo comma 4 bis prevede che “Nelle zone in cui è prevista una farmacia convenzionata, i dispensari eventualmente presenti sono soppressi a decorrere dall’apertura della farmacia medesima”.
4.3. Tanto premesso, appare di tutta evidenza come il reticolo delle disposizioni sopra richiamate, nazionali e regionali, si sviluppi armonicamente intorno ad un principio di fondo che attrae la competenza della gestione dei dispensari in capo all’Ente Regione.
In tal senso si dispiega, a cagione dello stesso chiaro valore semantico delle proposizioni letterali utilizzate, l’articolo 1 della L. n. 221 del 1968, giammai modificato dal legislatore anche a seguito della riforma attuata con l’articolo 11 del d.l. n. 1 del 2012. E ad esso si raccordano le disposizioni regionali sopra riprodotte sia quanto all’affermazione di principio compendiata nel comma 4, costruita giustappunto secondo la tecnica del rinvio alla disciplina statale declinata però nel senso confermativo di una competenza riconosciuta in subiecta materia alle Regioni, sia quanto alla disposizione di cui all’articolo comma 4 bis che definisce in via complementare ed integrativa il regime dei dispensari.
E’ dunque, anzitutto, corretta l’esegesi sviluppata dal giudice di prime cure nella parte in cui evidenzia, da un lato, la perdurante vigenza della disposizione di cui all’articolo 1 della L. n. 221 del 1968 in quanto non abrogata dal d.l. n. 1/2012, convertito in l. n. 27/2012 (cfr. in tal senso Cons. St., sez. III, 27 febbraio 2018 n. 1205 e per un’implicita conferma anche cfr. Cons. St., sez. III, 12 gennaio 2021 n. 404) e, dall’altro, comunque, anche nell’alternativa ricostruzione esegetica accreditata dall’appellante, la non praticabilità dell’opzione di una disapplicazione della disciplina regionale siccome successiva a quella statale di guisa che eventuali contrasti imporrebbero, in presenza dei predicati della rilevanza e della non manifesta infondatezza dell’ipotizzato contrasto, la rimessione alla Consulta della questione di costituzionalità .
4.4. Tale contrasto, secondo la prospettazione attorea, nascerebbe dal mutato assetto organizzativo dei servizi farmaceutici e dalla connessa revisione operata a livello di normazione primaria statale del regime delle competenze.
A giudizio del Collegio la questione non ha, però, pregio riflettendo sul punto la decisione di prime cure sufficiente capacità di resistenza alle censure dell’appellante.
Vale premettere che l’organizzazione dei servizi farmaceutici rientra nella materia della tutela della salute di competenza concorrente dello Stato e delle Regioni ai sensi dell’art. 117, comma terzo, della Costituzione.
Per quanto qui di più diretto interesse, nel suddetto ambito la legislazione statale, secondo quanto ricostruito dallo stesso giudice delle leggi, distribuisce le competenze distinguendo tre tipi di attività .
In primo luogo, vi è la determinazione del numero delle farmacie (cosiddetta disciplina del contingentamento delle sedi farmaceutiche), per la quale il legislatore statale, pur non precisando il soggetto competente alla determinazione, detta una specifica proporzione (una farmacia ogni 3.300 abitanti).
In secondo luogo, vi sono la individuazione delle nuove sedi farmaceutiche e la loro localizzazione, attività che la normativa statale demanda chiaramente ai Comuni (l’art. 2 della legge 2 aprile 1968, n. 475 recante “Norme concernenti il servizio farmaceutico”, così come modificato dall’art. 11, comma 1, lettera c), del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 – Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività -, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, stabilisce che “il comune, sentiti l’azienda sanitaria e l’Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie […]”).
In terzo luogo, vi è l’assegnazione dei servizi farmaceutici attraverso procedure concorsuali, a cui segue il rilascio delle autorizzazioni ad aprire le farmacie e a esercitare detti servizi; per queste attività, il legislatore statale determina i requisiti di base per la partecipazione ai concorsi ai fini del rilascio delle autorizzazioni all’esercizio dei servizi farmaceutici, attribuendo alle Regioni e alle Province autonome la competenza ad adottare i bandi di concorso (art. 4 della legge 8 novembre 1991, n. 362 – Norme di riordino del settore farmaceutico; art. 11, comma 3, del d.l. n. 1 del 2012) (cfr. Corte costituzionale n. 255 del 2013).
Dalla suindicata regolamentazione di principio si evince che la legge dello Stato assegna indubbiamente ai Comuni il compito di individuare le zone nelle quali collocare le farmacie. Tanto al fine di assicurare un ordinato assetto del territorio corrispondente agli effettivi bisogni della collettività in stretta ed armonica connessione ai compiti di pianificazione urbanistica attribuiti ai Comuni in quanto enti appartenenti a un livello di governo più vicino ai cittadini.
Inoltre, nell’economia della pronuncia resa dalla Consulta viene in rilievo anche l’esigenza ulteriore di assegnare l’individuazione e la localizzazione delle sedi farmaceutiche, da una parte, e il potere sostitutivo (comma 9 dell’art. 11 del d.l. n. 1 del 2012), dall’altra, a enti diversi, giustappunto le Regioni.
Vale soggiungere che agli Enti regionali risulta, altresì, devoluto il potere d’istituire ex art. 1bis L. n. 475/1968, farmacie destinate agli aeroporti, alle stazioni ferroviarie, ai centri commerciali se sussistono i presupposti legali per la loro istituzione (distanza, dimensioni del centro da servire etc.).
4.5. Così ricostruire le coordinate della questione in argomento, ritiene il Collegio che le doglianze di parte ricorrente non abbiano pregio dal momento che l’ambito residuale delle competenze regionali in materia di dispensari non interferiscono con le norme di principio statale che esplicano la loro valenza conformativa su un livello distinto, riferito cioè alla pianificazione ordinaria delle sedi farmaceutiche, senza, dunque, necessariamente involgere anche la gestione di profili ulteriori e non direttamente disciplinati, devolvendo anzi, espressamente, come già sopra evidenziato, l’articolo 1 della L. n. 221 del 1968 alla competenza delle Regione la disciplina dei dispensari. L’art. 1 L. 221/1968 è quindi disposizione direttamente rilevante ai fini della decisione in oggetto, in quanto la relativa portata normativa non è limitata o integrata dalla disposizione regionale.
Ed, invero, a giudizio del Collegio, dirimente si rivela la circostanza che non sono replicabili per i dispensari i parametri di cui all’art. 2 della L. n. 475 del 1968 e deve, altresì, escludersi interferenza della disciplina sui dispensari con i principi inerenti il numero chiuso e l’esclusiva territoriale in ambito farmaceutico.
Questa Sezione ne ha, infatti, già posto in risalto la natura eccentrica evidenziando che “il dispensario costituisce una presidio suppletivo rispetto a quello primario delle farmacia, al quale pertanto non è assimilabile, tanto è vero che – diversamente da quest’ultimo – risulta privo di circoscrizione territoriale e di autonomia tecnico-funzionale, finalizzato esclusivamente a rendere più agevole l’acquisto di farmaci di uso comune e di pronto soccorso in zone territoriali sprovviste di presidi farmaceutici, sopperendo alle esigenze primarie ed immediate della popolazione (Cons. Stato, sez. III, 27 giugno 2018, n. 3958; n. 521/2015 e 749/2015)”.
E’, dunque, dirimente la considerazione che il dispensario non può essere assimilato alla farmacia.
Si tratta, infatti, di un mero presidio sul territorio al servizio dei cittadini, che tuttavia non viene riconosciuto dalla costante interpretazione giurisprudenziale né come soggetto economico in grado di competere con le farmacie; né come struttura autonoma, essendo gestito, di norma, dalla sede farmaceutica più vicina, di cui è parte integrante.
Anche la sua istituzione risponde ad una logica del tutto diversa da quella delle farmacie, in quanto è finalizzata esclusivamente a rendere più agevole l’acquisto di farmaci di uso comune e di pronto soccorso in zone territoriali sprovviste di presidi farmaceutici, sopperendo alle esigenze primarie ed immediate della popolazione (Cons. St., sez. III, 27 febbraio 2018 n. 1205).
Presupposti per l’istituzione del dispensario sono: a) la previsione in pianta organica della farmacia privata o pubblica; b) la mancata apertura della farmacia prevista in pianta.
La competenza regionale si dispiega, pertanto, in una logica sostitutiva coerente con il più generale potere sostitutivo previsto dal comma 9 dell’art. 11 del d.l. n. 1 del 2012) e con la declinazione delle ulteriori attribuzioni previste ex art. 1bis L. n. 475/1968, operandosi in tutte le suddette evenienze al di fuori dell’ordinario potere di pianificazione che la norma di principio statale riserva ai Comuni.
D’altro canto, trattandosi di legislazione concorrente proprio la mancanza di una norma di principio di segno contrario consente la riespansione del potere legislativo regionale cui, giustappunto, si riconnette per i tratti di disciplina lasciati liberi da affermazioni di principio l’attribuzione di un pieno potere regolatorio.
5. Sotto distinto profilo, l’appellante si duole del fatto che il TAR non avrebbe tratto le giuste conseguenze dal rilievo che il dispensario della Farmacia Mo. Ca. non sarebbe ubicato all’interno dell’ambito territoriale di pertinenza della nuova sede farmaceutica n. 14 del Comune di (omissis), alla quale risulterebbe, invece, assegnata una ben diversa circoscrizione, come fatto palese dalla planimetria di cui alla delibera consiliare di (omissis) n. 82/2012, che istituì la nuova sede farmaceutica n. 14 nella frazione di Be. e dalla quale il dispensario sarebbe distante circa 500 mt.
5.1. Di contro, giova anzitutto premettere che questa Sezione ha più volte evidenziato che nel nuovo assetto ordinamentale il legislatore ha privilegiato l’esigenza di garantire l’accessibilità degli utenti al servizio distributivo dei farmaci senza però che ciò debba tradursi in una regola cogente secondo la quale occorra procedere all’allocazione delle nuove sedi di farmacia in zone disabitate o del tutto sprovviste (di farmacie), né può significare che deve essere evitata la sovrapposizione geografica e demografica con le zone di pertinenza delle farmacie già esistenti, essendo, invece, fisiologica e del tutto rispondente alla ratio della riforma l’eventualità che le nuove zone istituite dai Comuni o dalle Regioni incidano sul bacino d’utenza di una o più sedi preesistenti; la riforma, in altri termini, vuole realizzare l’obiettivo di assicurare un’equa distribuzione sul territorio e, solo in via aggiuntiva, introduce il criterio che occorre tener altresì conto dell’esigenza di garantire l’accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate (cfr. da ultimo Cons. St., sez. III, 14 dicembre 2020 n. 7998).
All’interno della suddetta cornice regolatoria lo scopo della perimetrazione della zona di una sede farmaceutica è quello di delimitare la libertà di scelta del farmacista, nel senso che questi è, in linea di massima e salvo eccezioni, libero di scegliere l’ubicazione del proprio esercizio, purché rimanga all’interno di quel perimetro; a fronte di tale libertà di scelta, i titolari delle zone contigue non hanno tutela, salva la distanza minima obbligatoria di duecento metri, essendo illegittimo il comportamento di un Comune che, anziché provvedere alla delimitazione dell’area di pertinenza della nuova sede farmaceutica, entro la quale il farmacista titolare della sede può decidere ove collocare il proprio esercizio farmaceutico (previo rispetto della distanza di m. 200 da quello più vicino), provvede esso stesso ad individuare nel dettaglio l’area nella quale avrebbe dovuto collocarsi la sede, così invadendo l’ambito di discrezionalità spettante al farmacista assegnatario (cfr Consiglio di Stato sez. III, 22/05/2019, n. 3338).
5.2. Tanto premesso, rileva il Collegio come una serena lettura della documentazione versata in atti evidenzia che entrambi i presidi, la farmacia 14 ed il dispensario, ricadano nell’ambito della stessa zona, individuata dal Comune di (omissis) come Be. di (omissis), com’è peraltro fatto palese dal diretto riferimento all’esistente dispensario proprio in relazione al suddetto unitario bacino di utenza.
Non può dunque dubitarsi del fatto che, seppure la distanza che separa la farmacia Be. dal dispensario superi quella minima prevista dall’art. 1 della L. n. 475/1968, il dispensario opera nel medesimo bacino di utenza della farmacia.
5.3. Né a diverse conclusioni può giungersi a cagione della definizione nella cartografia allegata alla delibera di un riquadro a forma di rettangolo in cui era previsto che venisse allocata la farmacia, non rappresentando evidentemente tale area la perimetrazione della zona di riferimento, non avendo il Comune operato una perimetrazione in dettaglio delle singole zone di assegnazione delle nuove farmacie.
Del tutto plausibile si rivela, a tal riguardo, la lettura offerta dal TAR degli atti di causa secondo cui il rettangolo presente nella planimetria allegata alla nota del Comune di (omissis) del 9 dicembre 2019 non individua dunque la “sede” della farmacia Be., bensì delimita la porzione della nuova zona farmaceutica n. 14 all’interno della quale era possibile ubicare la farmacia. E tanto, anche in ragione del fatto che, in occasione della revisione del 2012, il Comune, non potendo sopprimere il dispensario, aveva cercato di prevedere che la farmacia n. 14 non fosse collocata nelle immediate vicinanze del dispensario, perché questo sarebbe stato del tutto illogico, ma senza che da ciò si possa inferire un’assimilazione fra i due esercizi.
6. L’appellante ripropone, poi, la censura disattesa dal TAR di illegittimità dei pareri rilasciati dal Comune di (omissis) in quanto adottati dai dirigenti e non dagli organi di direzione politico-amministrativa dell’ente.
Nella suddetta prospettiva non sarebbe suffragata da concreti appigli probatori la tesi del giudice di prime cure secondo cui il Comune di (omissis) avrebbe già espresso più volte, prima nel 2003 e poi nel 2012, la volontà di chiudere il dispensario di Be. a fronte dell’apertura di una nuova farmacia.
Inoltre, non sarebbe possibile riconoscere in capo ai dirigenti la competenza di esprimere la volontà dell’Ente comunale, in un contesto procedimentale nel quale è in discussione la sopravvivenza o meno di un presidio sanitario che serve la popolazione di Be. da alcuni decenni e la cui utilità non sarebbe venuta meno con l’apertura della nuova farmacia.
La tesi non ha pregio.
6.1. Non è qui dirimente ricostruire la volontà (soppressiva ovvero confermativa) sottesa alla DCC n. 82/2012 che, sul punto, ha una valenza meramente ricognitiva della situazione pregressa, vieppiù resa intangibile, quanto al dispensario, dalla normativa regionale applicabile ratione temporis.
6.2. Di contro, ciò che qui assume rilievo è il distinto contesto in cui si colloca la valutazione richiesta che non, afferendo alla opzione di istituire e localizzare nuove farmacie, non afferisce più alla funzione programmatoria riservata al Comune ma riflette, in chiave gestoria, una decisione accessoria e consequenziale alla presa d’atto della rete dei servizi farmaceutici definita a livello comunale.
In tale distinta prospettiva, è ben coerente che lo sviluppo del procedimento dinanzi alla Regione abbia visto l’acquisizione dei pareri, essenzialmente tecnici, dei dirigenti comunali in una cornice, peraltro, che sia sul piano normativo, per effetto della vocazione oggi solo succedanea del dispensario, che sul piano amministrativo, a valle di una pianificazione già deliberata, riflette ridotti margini di discrezionalità e non può dirsi espressione di funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell’ente.
Ed, invero, deve ritenersi che l’istituzione del dispensario sia giustificata e condizionata ex lege, almeno in via tendenziale, dalla inesistenza o dalla mancata attivazione della farmacia prevista in pianta organica e mira, dunque, a garantire “l’assistenza farmaceutica minima” alla popolazione di una determinata zona. La coesistenza tra farmacia attiva e dispensario ordinario deve, infatti, ritenersi tendenzialmente esclusa in quanto essa, per un verso, viene a contraddire la natura essenzialmente suppletiva ed emergenziale del dispensario; e, per altro verso, risulta confliggente con una logica di pianificazione razionale – quindi capillare e ben distribuita – del servizio, che tendenzialmente non ammette lacune o scoperture territoriali.
Ne deriva che l’istituzione e la conseguente attivazione della farmacia, come avvenuto nel caso di specie, fa in via ordinaria, e salve motivate eccezioni, venir meno “le condizioni per il mantenimento del dispensario farmaceutico a suo tempo istituito” (in tal senso vedi Consiglio di Stato, sez. III, 21/01/2013, n. 309, “(…) il dispensario farmaceutico, legittimamente soppresso per far luogo alla nuova farmacia, in quanto soluzione di breve periodo destinata, nel sistema normativo vigente, ad essere sostituita con una farmacia in piena titolarità (…); ciò che determina la cessazione del dispensario è data dal fatto che la nuova farmacia venga effettivamente aperta e messa in esercizio dal nuovo titolare (…)”.
L’interesse alla coesistenza di farmacia e dispensario deve, viceversa, ritenersi atipico ed eccezionale (cfr. Cons. St., sez. III, 27 febbraio 2018 n. 1205). In siffatto contesto, l’avviso espresso dal Comune di (omissis) nel procedimento qui in rilievo a mezzo dei suoi organi tecnici si dispiega, oltrettutto, in modo coerente con gli arresti deliberativi che si sono succeduti nel tempo: in occasione della revisione della pianta organica delle farmacie approvata nel 2003 il Comune di (omissis) si era già espresso per la soppressione del dispensario a seguito della istituzione della sede farmaceutica n. 14; nel 2012 il Consiglio Comunale, (in sede di revisione della pianta organica delle farmacie di competenza del Consiglio) aveva preso atto della allora vigente normativa regionale di cui all’art. 26, L.R. Marche n. 2/07 che prevedeva il mantenimento dei dispensari farmaceutici; da ultimo, con il parere qui avversato, il Comune di (omissis) si è allineato alla nuova normativa regionale che ha disposto la soppressione dei dispensari quale conseguenza dell’apertura della farmacia di zona.
7. L’appellante insiste, inoltre, nell’accreditare una lettura differenziata quanto al regime dei dispensari, distinguendo a seconda della data della loro istituzione nel senso che la previsione oggi vigente (“ove non sia aperta la farmacia privata o pubblica prevista nella pianta organica”) riguarderebbe solo i dispensari istituiti dopo l’entrata in vigore della L. n. 362/1991 e non anche quelli istituiti nella vigenza dell’originario art. 1 della L. n. 221/1968 (“ove manchi o non sia aperta la farmacia prevista nella pianta organica”).
Nella suesposta lettura mentre è logico ritenere che un dispensario istituito “ove non sia aperta la farmacia prevista in pianta organica” debba chiudere allorché la farmacia sia autorizzata all’apertura, non altrettanto potrebbe dirsi in una situazione come quella oggetto di causa, nella quale il dispensario non è stato istituto per sostituire una sede farmaceutica, ma a prescindere da essa.
7.1. Il Collegio ritiene non condivisibile il costrutto giuridico dell’appellante.
E’, infatti, evidente che, per effetto del mutato quadro normativo, non è possibile assegnare al dispensario in questione, ancorché istituito prima della riforma, uno statuto speciale con valenza ultrattiva destinato come tale a sovrapporsi anche all’evoluzione dinamica che il legislatore ha immaginato quanto alla definizione della complessiva offerta dei servizi farmaceutici.
In altri termini anche il dispensario “ancillare” è destinato, a regime, a trasformarsi in dispensario succedaneo nel senso che, esaurita la sua originaria missione, non può che rimanere assorbito negli effetti rinvenienti dagli aggiornamenti della pianificazione comunale di guisa che la sua sopravvivenza risente, in coerenza con la sua attuale natura ontologicamente succedanea a quella delle farmacie di zona, della operatività delle successive iniziative comunali volte progressivamente ad assicurare piena copertura all’intero territorio mediante, ove necessario, l’istituzione di nuove farmacie.
Nel nuovo assetto normativo, tanto a livello di disciplina nazionale che a livello di disciplina regionale, il suddetto principio non patisce, invero, eccezione dovendo i vecchi dispensari rimanere assorbiti nell’implementazione della pianificazione comunale e nei relativi sviluppi attuativi.
E tanto è avvenuto già per effetto del deliberato comunale del 2012 con cui il Comune ha saturato il fabbisogno di nuove sedi nel rispetto della percentuale di legge rispetto al dato demografico.
Né si registrano nel caso di specie situazioni peculiari che giustifichino la permanenza del dispensario nonostante la copertura del servizio non essendosi la Regione fermata ad un rigido automatismo ma avendo esplorato anche in concreto esigenze antagoniste, peraltro nemmeno segnalate dagli enti a ciò presupposti, ordine dei farmacisti e strutture sanitarie territoriali.
Tanto è sufficiente per il rigetto dell’appello.
Le spese del presente grado di giudizio, in ragione della peculiarità della vicenda qui scrutinata, possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2021 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere
Umberto Maiello – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *