Corte di Cassazione, sezione lavoro, Ordinanza 27 settembre 2018, n. 23345.
La massima estrapolata:
Il datore di lavoro non ha l’obbligo di affiggere in bacheca l’equiparazione della omessa comunicazione della malattia all’assenza ingiustificata prevista dal Ccnl di categoria.
Ordinanza 27 settembre 2018, n. 23345
Data udienza 20 aprile 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere
Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19368-2016 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 586/2016 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 09/05/2016 R.G.N. 853/2015.
FATTO
RILEVATO CHE:
la Corte d’appello di Palermo accoglieva il reclamo proposto avverso la sentenza del locale Tribunale e, pronunciando in merito al licenziamento intimato da (OMISSIS) S.r.l. a (OMISSIS), lo dichiarava inefficace e, in applicazione della tutela di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, articolo 18, comma 6, condannava la parte datoriale al pagamento di un’indennita’ risarcitoria onnicomprensiva determinata in 10 mensilita’ dell’ultima retribuzione globale di fatto;
per la cassazione della sentenza (OMISSIS) S.r.l. ha proposto ricorso, affidato ai seguenti motivi:
con il primo motivo, deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 342 c.p.c. ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3); assume che, con comparsa di costituzione in secondo grado, eccepiva l’inammissibilita’ dell’atto di appello del lavoratore, in quanto non conforme alle prescrizioni di legge, mentre erroneamente la Corte di appello lo giudicava ritualmente proposto;
con il secondo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione della L. 20 maggio 1970, n. 300, articolo 7 (ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3) per aver la sentenza affermato l’inosservanza dell’obbligo di idonea pubblicita’ della condotta sanzionata, in ragione della mancata affissione, unitamente al codice disciplinare, dell’articolo 173 del CCNL che prevede, ai fini sanzionatori, “l’equiparazione della omessa comunicazione dell’assenza per malattia all’assenza ingiustificata”; la parte ricorrente si duole dell’interpretazione dell’articolo 7 cit. (id est ” Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse puo’ essere applicata (…) devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti (…)”) resa dai giudici di merito, assumendo che il precetto non si estende fino a richiedere la pubblicita’ di norme del CCNL, diverse da quelle disciplinari;
con il terzo motivo, deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 226 del CCNL per i dipendenti da aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi (ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3). Assume, sotto diverso profilo, che l’interpretazione del giudice di merito contrasterebbe con la previsione dell’articolo 226 del CCNL che, in funzione attuativa ed integrativa dell’obbligo di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, articolo 7, stabilisce l’affissione degli articoli contenuti nel capo 21 del CCNL medesimo (“Doveri del personale e Norme disciplinari”) tra i quali non rientra l’articolo 173 CCNL;
con il quarto motivo, deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e 1366 c.c. (ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3) per non avere il giudice di merito preso in alcuna considerazione l’interpretazione letterale dell’articolo 226 CCNL e la volonta’ delle parti collettive in essa consacrata;
ha resistito (OMISSIS) con controricorso.
DIRITTO
CONSIDERATO CHE:
il primo motivo e’ inammissibile, per difetto di autosufficienza; assumendo parte ricorrente che il contenuto dell’atto di appello del lavoratore era privo dei requisiti stabiliti dall’articolo 342 c.p.c., avrebbe dovuto necessariamente trascrivere il contenuto dell’atto al fine di consentire alla Corte di legittimita’ di verificare la fondatezza della doglianza;
il secondo motivo e’ fondato, nella parte in cui viene in rilievo l’interpretazione della L. 20 maggio 1970, n. 300, articolo 7, comma 1;
la Corte di appello ha ritenuto che l’obbligo datoriale di portare a conoscenza dei lavoratori le norme disciplinari relative alle sanzioni ed alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse puo’ essere applicata debba estendersi fino a comprendere la pubblicita’ dell’articolo 173 CCNL (id est “salvo il caso di giustificato e comprovato impedimento e fermi restando gli obblighi di cui al precedente articolo 172 il lavoratore ha l’obbligo di dare immediata notizia della propria malattia al datore di lavoro; in caso di mancata comunicazione, trascorso un giorno dall’inizio dell’assenza, l’assenza stessa sara’ considerata ingiustificata, con le conseguenze previste dagli articoli 222 e 225 del presente contratto”), in quanto necessaria a chiarire la portata dell’infrazione sanzionata (“assenza ingiustificata oltre tre giorni nell’anno solare”, ex articolo 225 CCNL) di cui al codice pacificamente affisso;
la Corte non condivide la motivazione dei giudici di merito;
l’obbligo di predisporre un codice disciplinare ed, in via di derivazione, quello di provvedere alla sua pubblicita’, mediante affissione in luogo accessibile a tutti e’ espressione del generale principio di legalita’ e, dunque, condizione del valido esercizio del potere disciplinare;
il suo adempimento, secondo costante e condiviso orientamento di questa Corte, e’ soddisfatto attraverso la redazione di un codice che individui le ipotesi di infrazione, sia pure mediante una nozione schematica e non dettagliata, ed indichi, contestualmente, le prescrizioni sanzionatorie, anche se in maniera ampia e suscettibile di adattamento alle effettive e concrete inadempienze (ex plurimis, Cass. nr. 10102 del 2004); obbligo che sfuma quanto piu’ grave sia la riprovazione sociale del comportamento sanzionato, tanto da venir meno in presenza della violazione di norme di legge e comunque di doveri fondamentali del lavoratore, riconoscibili come tali senza necessita’ di specifica previsione (Cass. nr. 16291 del 2004);
nel caso di specie, osserva il Collegio che, indicata nel codice disciplinare (portato a conoscenza dei lavoratori) quale condotta suscettibile di sanzione “l’assenza ingiustificata oltre tre giorni nell’anno solare”, parte datoriale ha adempiuto all’obbligo di legge e rispettato il presupposto per l’esercizio del potere disciplinare;
infatti, la conoscenza dell’esatto significato di “assenza ingiustificata” (o, altrimenti detto, della portata dell’obbligo di giustificazione dell’assenza) rientra, invece, tra gli oneri del lavoratore, nell’ambito dei generali doveri di diligenza e di informazione scaturenti dal rapporto di lavoro;
restano, di conseguenza, assorbiti i motivi terzo e quarto;
la sentenza impugnata va, pertanto, cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Corte di Appello di Palermo, in diversa composizione, che, procedendo a nuovo esame della fattispecie, fara’ applicazione del seguente principio di diritto: “E’ estraneo all’area di attuazione della L. 20 maggio 1970, n. 300, articolo 7, comma 1, l’obbligo del datore di lavoro di portare a conoscenza dei lavoratori, mediante affissione in luogo accessibile a tutti, il contenuto dell’articolo 173 del CCNL Commercio per i dipendenti da aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi, concernente l’equiparazione dell’omessa comunicazione della malattia all’assenza ingiustificata”;
la Corte territoriale dovra’ provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo; dichiara inammissibile il primo ed assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione, cui demanda anche la determinazione delle spese del giudizio di legittimita’.
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