Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 maggio 2022| n. 13726.
Il danno patrimoniale futuro conseguente alla lesione della salute è risarcibile solo ove appaia probabile, alla stregua di una valutazione prognostica, che la vittima percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dell’infortunio, mentre il danno da lesione della “cenestesi lavorativa”, che consiste nella maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento dell’attività lavorativa, non incidente neanche sotto il profilo delle opportunità sul reddito della persona offesa, si risolve in una compromissione biologica dell’essenza dell’individuo e va liquidato onnicomprensivamente come danno alla salute.
Ordinanza|2 maggio 2022| n. 13726. Il danno patrimoniale futuro conseguente alla lesione della salute
Data udienza 15 aprile 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Circolazione stradale – Responsabilità civile – Vettura – Invasione della corsia opposta di marcia – Collisione – Ricostruzione della dinamica dell’incidente – Rapporto di causalità – Danno da lesione della cenestesi lavorativa – Compromissione biologica dell’essenza dell’individuo – Liquidazione omnicomprensiva – Danno alla salute
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere
Dott. RUBINO Lina – Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – rel. est. Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21009/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 1167/2019 depositata il 20/03/2019.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 15/04/2022 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.
Il danno patrimoniale futuro conseguente alla lesione della salute
RITENUTO
che:
1. – (OMISSIS) convenne in giudizio (OMISSIS), (OMISSIS) e la (OMISSIS) S.p.A. per sentirli condannare, in solido tra loro, al risarcimento di tutti i danni patiti in conseguenza delle gravi lesioni riportate nel sinistro stradale verificatosi il (OMISSIS) alle ore 4 del mattino, deducendone l’esclusiva responsabilita’ in capo alla (OMISSIS), la quale, alla guida dell’autovettura Peugeot, di proprieta’ del (OMISSIS) ed assicurata presso la (OMISSIS), era venuta in collisione, all’uscita di una rotonda, con l’autovettura condotta da esso attore, invadendone la corsia di marcia.
1.1. – Con sentenza del maggio 2016, l’adito Tribunale di Treviso – rimasti contumaci la (OMISSIS) e il (OMISSIS) e costituitasi in giudizio la (OMISSIS) – accolse solo in parte la domanda attorea: ritenne che la responsabilita’ del sinistro fosse da attribuirsi per il 70% al (OMISSIS) e per il 30% alla (OMISSIS) e condanno’ i convenuti al risarcimento del danno in favore dell’attore, liquidando ad esso la somma di Euro 40.532,99, oltre interessi, dichiarando pero’ inammissibile la pretesa risarcitoria concernente il danno patrimoniale da invalidita’ lavorativa specifica, in quanto tardivamente proposta con la memoria ex articolo 183 c.p.c., n. 1.
2. – Avverso tale decisione interponeva gravame (OMISSIS), che la Corte di appello di Venezia, con sentenza resa pubblica il 20 marzo 2019, accoglieva parzialmente, liquidando in favore dell’attore l’ulteriore somma di Euro 12.000,00, oltre interessi, a titolo di risarcimento del “danno patrimoniale da lucro cessante” (“per il mancato svolgimento dell’attivita’ lavorativa di lattoniere per il periodo di invalidita’ temporanea di quasi sei mesi”), confermando nel resto la sentenza del Tribunale e compensando per la meta’ le spese di entrambi i gradi di giudizio (“in considerazione dell’esito della lite e della parziale soccombenza dell’appellante”) e ponendo a carico dei convenuti la restante meta’.
2.1. – La Corte territoriale, a fondamento della decisione, osservava: a) in forza di quanto emergente dalla consulenza tecnica, dalla “collocazione dei danni sulle automobili” e dalla “posizione dei frammenti sull’asfalto risultanti dal rapporto della Polstrada”, “il sinistro si (era) verificato a causa della perdita di controllo dell’autovettura da parte dell’appellante a causa dell’eccessiva velocita’ tenuta”, in quanto, “all’uscita di una larga rotatoria in una situazione di asfalto bagnato per pioggia in atto…, anziche’ mantenere la propria sinistra, si allargava invadendo la corsia opposta andando a collidere con la macchina che sopraggiungeva dall’opposto senso di marcia”: l’urto tra le due autovetture (era) avvenuto infatti all’interno della semicarreggiata di pertinenza della (OMISSIS), seppur in prossimita’ della linea di mezzeria, come dimostrano i frammenti di vetro presenti sull’asfalto”; b) “(p)eraltro l’autovettura Peugeot guidata dall’appellata non teneva la propria stretta a destra, ma viaggiava verso il centro la carreggiata e teneva una velocita’ (66 km/h) non solo superiore al limite presente in zona (40 km/h), ma comunque non adeguata lo stato dei luoghi in considerazione delle cattive condizioni metereologiche e dell’approssimarsi ad una rotonda”; c) la quantificazione del contributo causale operata dal Tribunale (70% a carico del (OMISSIS) e 30% a carico della (OMISSIS)) era, quindi, da confermare, in quanto la “condotta colposa che (aveva) avuto maggiore efficienza causale rispetto al sinistro (era) quella del (OMISSIS) che, invadendo la corsia opposta, provoca(va) l’impatto con l’altra autovettura”, mentre la condotta della (OMISSIS) aveva contribuito “in misura minore alla causazione del sinistro”; d) la domanda attorea di risarcimento del danno patrimoniale era ammissibile, ma poteva essere accolta solo in riferimento al “danno da lucro cessante per il mancato svolgimento dell’attivita’ lavorativa di lattoniere per il periodo di invalidita’ temporanea di quasi sei mesi”, giacche’, in base alla espletata c.t.u. medico-legale, a carico dell’attore (all’epoca del sinistro titolare di azienda artigianale di taglio lamiere, poi cessata) non era emersa “una invalidita’ specifica che abbia determinato una ridotta capacita’ a svolgere un’attivita’ lavorativa…, avendo il CTU evidenziato solo una menomazione all’integrita’ psico-fisica nella misura del 25%, e la circostanza stessa che il (OMISSIS) (avesse) svolto nelle more altra attivita’ di operaio sta(va) ad indicare una conservata capacita’ lavorativa”.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre (OMISSIS) sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso la (OMISSIS) S.p.A. (gia’ (OMISSIS) S.p.A.), mentre non hanno svolto attivita’ difensiva neanche in questa sede (OMISSIS) e (OMISSIS).
Il danno patrimoniale futuro conseguente alla lesione della salute
CONSIDERATO
che:
1. – Con il primo mezzo e’ denunciato, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto decisivo per il giudizio e discusso tra le parti, concernente la “ricostruzione del sinistro”, per aver la Corte territoriale “del tutto omesso di considerare che, se la signora (OMISSIS) avesse rispettato i limiti di velocita’ l’incidente, non si sarebbe verificato”, avendo ella tenuto una velocita’ eccessiva, di 66 kmh, senza peraltro mantenere la destra della propria corsia di marcia.
2. – Con il secondo mezzo e’ dedotta “(v)iolazione e falsa applicazione degli articoli 115, 116 e 245 c.p.c., mancata ammissione dei mezzi istruttori e vizio di motivazione (insufficiente e contraddittoria) circa il predetto fatto controverso e decisivo (capitoli 3 e 4 memoria istruttoria…)”, per non aver la Corte territoriale ammesso i capitoli di prova, gia’ dedotti in primo grado, volti a dimostrare che la collisione con l’autovettura condotta dalla (OMISSIS) era stata inevitabile per l’eccessiva velocita’ dalla stessa tenuta, nonostante esso attore avesse tentato di sterzare (cap. 3) e che tale velocita’ era, appunto, di circa 60 khm in tratto di strada con il limite a 40 khm (cap. 4).
2.1. – I primi due motivi, da scrutinarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono infondati.
E’ principio consolidato (tra le molte, Cass. n. 14358/2018) quello per cui, in tema di sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l’apprezzamento del giudice di merito relativo alla ricostruzione della dinamica dell’incidente, all’accertamento della condotta dei conducenti dei veicoli, alla sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e alla loro eventuale graduazione, al pari dell’accertamento dell’esistenza o dell’esclusione del rapporto di causalita’ tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, si concreta in un giudizio di mero fatto, che – nel regime di cui alla vigente formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – puo’ essere suscettibile del sindacato di legittimita’ solo in ragione della denuncia di un omesso esame di fatto decisivo e discusso tra le parti (quale vizio che il motivo in esame non prospetta).
Nella specie, il ricorrente indica come fatti, storici (non potendo il vizio denunciato ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, riguardare apprezzamenti e valutazioni del giudice di merito) l’eccessiva velocita’ dell’autovettura condotta dalla (OMISSIS) e la posizione della stessa autovettura, non sulla destra della rispettiva corsia di marcia, ossia circostanze materiali che la Corte territoriale (cfr. sintesi al p. 2.1. del “Ritenuto che”, cui integralmente si rinvia; cfr. anche pp. 21 e 22 della sentenza di appello) ha esaminato ed apprezzato ai fini della valutazione della responsabilita’ nella causazione del sinistro, chiarendo (contrariamente a quanto opinato dal ricorrente, anche con la memoria illustrativa) che la statuita graduazione delle colpe con prevalenza di quella dello stesso attore era giustificata dal fatto che quest’ultimo aveva anch’egli tenuto una velocita’ di marcia eccessiva e, segnatamente, invaso l’opposta carreggiata, nella quale comunque viaggiava l’auto condotta dalla (OMISSIS).
Ne deriva, altresi’, che la denuncia di mancata ammissione di mezzi istruttori, in quanto volti a provare circostanze fattuali delle quali il giudice di merito ha puntualmente tenuto conto nell’apprezzamento ad esso riservato, si palesa del tutto priva di consistenza, in quanto orientata a dare rilievo a prove non affatto decisive (e, anzi, nella specie ultronee).
Risultano, infine, inammissibili le doglianze che deducono un vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione, non denunciabile alla stregua dell’articolo 360 c.p.c., vigente n. 5, applicabile ratione temporis (Cass., S.U., n. 8053/2014).
3. – Con il terzo mezzo e’ prospettato, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto decisivo per il giudizio e discusso tra le parti, concernente la “compromissione della capacita’ lavorativa generica (…) con conseguente diritto al risarcimento del danno”, avendo la Corte territoriale erroneamente affermato che esso attore “nelle more avesse praticato altra attivita’ di operarlo” e non considerato la riduzione della capacita’ lavorativa generica, unitamente a quella specifica, che aveva “comportato una totale riduzione della capacita’ di guadagno a causa della conseguente chiusura della ditta individuale di cui era titolare”.
4. – Con il quarto mezzo e’ denunciata “(v)iolazione e falsa applicazione degli articoli 115, 116 e 245 c.p.c., mancata ammissione dei mezzi istruttori e vizio di motivazione (insufficiente e contraddittoria) circa il predetto fatto controverso e decisivo: mancata ammissione dei capitoli numero tredici, venti, ventisei, ventisette, ventotto, ventinove, trenta, trentuno, trentadue, trentatre, trentaquattro, formulati nella secondo memoria istruttoria”, volti a comprovare che esso attore, dopo il sinistro ed a causa di esso, non era piu’ in grado di svolgere l’attivita’ di tagliatore di lamiere ed era rimasto disoccupato, anche in ragione del titolo di studio (licenza di scuola media inferiore).
4.1. – Il terzo e quarto motivo, da scrutinarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono infondati.
Giova rammentare, anzitutto, che, in tema di danno alla persona, la presenza di postumi macropermanenti (nella specie, del 25%) non consente di desumere automaticamente, in via presuntiva, la diminuzione della capacita’ di produrre reddito della vittima, potendo per altro verso integrare un danno da lesione della capacita’ lavorativa generica il quale, risolvendosi in una menomazione dell’integrita’ psico-fisica dell’individuo, e’ risarcibile in seno alla complessiva liquidazione del danno biologico.
In particolare, il danno patrimoniale futuro conseguente alla lesione della salute e’ risarcibile solo ove appaia probabile, alla stregua di una valutazione prognostica, che la vittima percepira’ un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dell’infortunio, mentre il danno da lesione della “cenestesi lavorativa”, che consiste nella maggiore usura, fatica e difficolta’ incontrate nello svolgimento dell’attivita’ lavorativa, non incidente neanche sotto il profilo delle opportunita’ sul reddito della persona offesa, si risolve in una compromissione biologica dell’essenza dell’individuo e va liquidato onnicomprensivamente come danno alla salute (Cass. n. 20312/2015, Cass. n. 12572/2018, Cass. n. 17931/2019).
La Corte territoriale ha esaminato le circostanze di fatto addotte dall’attore a sostegno della pretesa risarcitoria (eta’, occupazione lavorativa al momento del sinistro, cessazione dell’attivita’, stato di disoccupazione, invalidita’ permanente del 25%) rilevando, altresi’, che lo stesso (OMISSIS) aveva, successivamente al sinistro, prestato attivita’ temporanea di lavoro come operaio.
Circostanza quest’ultima solo genericamente contestata dal ricorrente e non fatta oggetto di censure puntuali, non trovando essa smentita, seppur indiretta, nel fatto – ribadito anche nella memoria illustrativa – che lo stesso fosse iscritto al collocamento come lavoratore, la’ dove, peraltro, gli stessi capitoli di prova testimoniali, dedotti dall’attore e non ammessi, si palesano tra loro contraddittori: i capp. 26 e 32 volti a provare, rispettivamente, l’attitudine a svolgere le stesse mansioni lavorative svolte in precedenza e l’aver trovato un impiego venendo in contrasto con i capp. 12, 13, 20 e 26, che intendono provare il contrario.
Il giudice di merito ha, quindi, liquidato al (OMISSIS) il danno biologico in base alla percentuale di invalidita’ permanente del 25%, escludendo che lo stesso fosse privo di capacita’ lavorativa specifica e, anzi, affermando la presenza di una “conservata capacita’ lavorativa”, riferita all’attivita’ di operaio, ossia in coerenza con le stesse deduzioni attoree.
Non e’ dato, dunque, apprezzare alcun omesso esame, da parte della Corte territoriale, di fatti, storici, decisivi, ne’ tale decisivita’ emerge dai mezzi istruttori richiesti dal (OMISSIS) e non ammessi nel corso del giudizio di merito, giacche’ vertenti su fatti esaminati dalla stessa Corte di appello, peraltro (come detto) articolati in parte contraddittoriamente e deducenti talune circostanze non decisive (cap. 29: iscrizione “elenchi invalidi civili al 50%”; capp. 30 e 31, inerenti a valutazioni medico-legali).
Risultano, infine, inammissibili le doglianze che deducono un vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione, non denunciabile alla stregua dell’articolo 360 c.p.c., vigente n. 5, applicabile ratione temporis (Cass., S.U., n. 8053/2014).
5. – Con il quinto mezzo e’ dedotta la violazione dell’articolo 91 c.p.c., per aver la Corte territoriale erroneamente liquidato le spese di lite non tenendo conto della esclusiva responsabilita’ della (OMISSIS), quale risultante all’esito dell’accoglimento del primo motivo di ricorso per cassazione.
5.1. – Il quinto motivo e’ inammissibile, giacche’ la denuncia con esso veicolata e’ subordinata all’accoglimento dei primi due motivi, invece respinti.
6. – Il ricorso va, pertanto, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento, in favore della societa’ controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, come liquidate in dispositivo.
Non occorre provvedere alla regolamentazione di dette spese nei confronti delle parti rimaste soltanto intimate.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della societa’ controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 4.200,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply