Il danno all’immagine ed alla reputazione commerciale

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 20 febbraio 2020, n. 4334.

La massima estrapolata:

Il danno all’immagine ed alla reputazione commerciale “per illegittima segnalazione alla Centrale Rischi”, poichè costituisce “danno conseguenza”, non puo’ infatti ritenersi sussistente “in re ipsa”, dovendo essere specificamente allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento.

Ordinanza 20 febbraio 2020, n. 4334

Data udienza 30 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 3165/2016 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.r.l., e per essa quale mandataria la (OMISSIS) S.p.a., gia’ (OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 310/2015 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 26/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30/10/2019 dal Cons. Dott. FEDERICO GUIDO.

FATTI DI CAUSA

Con citazione notificata l’8.9.2003 (OMISSIS) conveniva innanzi al tribunale di Fermo la (OMISSIS) spa esponendo di aver rilasciato alla convenuta una cambiale agraria di Lire 250.000.000, scaduta e rinnovata nel febbraio 2002 mediante rilascio di altra cambiale accettata alla banca; l’istituto di credito, nonostante la rinnovazione del titolo e l’esistenza di garanzie reali, aveva egualmente proceduto alla segnalazione del proprio credito “a sofferenza” alla Centrale rischi, arrecandogli danni all’immagine ed all’attivita’ commerciale.
Chiedeva pertanto la condanna della convenuta al risarcimento dei danni.
Successivamente, lo (OMISSIS) proponeva opposizione al decreto ingiuntivo emesso su ricorso della (OMISSIS) spa, per il pagamento di 5.970,09 Euro quale saldo passivo del c/c n. (OMISSIS), nonche’ 129.114,22 Euro (corrispondenti a Lire 250.000.000), per la cambiale agraria, scaduta il (OMISSIS) rilasciata a fronte di un finanziamento agrario del 15.12.2000, rapporti dai quali essa era receduta il 15.7.2003.
Disposta la riunione delle cause, il Tribunale di Fermo, disattesa la domanda risarcitoria dello (OMISSIS), revocato il decreto opposto, lo condannava al pagamento, in favore della banca di 148.067,48 Euro oltre ad interessi, in forza dell’effetto cambiario scaduto, oltre ad interessi.
La Corte di appello di Ancona, con sentenza pubblicata il 28 febbraio 2015, rigettava l’appello proposto da (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) spa, avverso la sentenza del Tribunale di Fermo, che confermava in ogni statuizione. Nel giudizio di appello si costituiva la (OMISSIS) srl, quale cessionaria dei crediti della (OMISSIS) spa, che restava contumace.
La Corte territoriale, rilevato che la cessione pro soluto dei crediti della (OMISSIS) “in sofferenza’ al 31.7.2007, tra cui quello per cui e’ causa, alla (OMISSIS) srl, risultava dall’estratto della Gazzetta Ufficiale prodotto, affermava la inammissibilita’, per tardivita’, delle domande proposte dallo (OMISSIS) aventi ad oggetto l’accertamento dell’avvenuto versamento alla banca dell’importo di 10.000,00 Euro in data antecedente all’instaurazione del presente giudizio e la vendita dei titoli detenuti in garanzia dall’istituto di credito, evento del quale non era neppure indicata la data e di cui non era stata fornita alcuna prova, fermo restando che non veniva neppure precisato l’importo ricavato.
Il giudice di appello affermava che la statuizione del primo giudice, circa la non rilevabilita’ d’ufficio della dedotta nullita’, non era stata impugnata, onde sul punto si era formato il “giudicato interno”, che precludeva qualsiasi rilievo d’ufficio in sede di appello su tale nullita’.
Respingeva, inoltre, le doglianze dell’appellante (OMISSIS), secondo cui il titolo cambiario posto a fondamento dell’ingiunzione opposta era diverso da quello, con diversa scadenza, depositato nel giudizio di appello.
La Corte disattendeva infine la domanda di risarcimento dei danni derivante dall’improvvisa interruzione del rapporto bancario e dalla segnalazione alla centrale rischi e rilevava che in atti era presente un atto a firma di (OMISSIS) dell’8.3.2003 con cui questi si riconosceva debitore, tra l’altro, della somma di 129.114,22 Euro oltre ad interessi in virtu’ dell’effetto cambiario scaduto, mentre non risultava la prova del pagamento di tale cambiale.
Per la cassazione di detta sentenza, propongono ricorso, con cinque motivi, (OMISSIS) e (OMISSIS), in qualita’ di eredi di (OMISSIS).
La (OMISSIS) srl resiste con controricorso.
(OMISSIS) spa, quale incorporante la (OMISSIS) spa, non ha svolto difese.
In prossimita’ dell’odierna adunanza, (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso denuncia violazione di legge in relazione alla legittimazione all’intervento in giudizio della (OMISSIS) srl ritenuta dal giudice di appello; le ricorrenti lamentano in particolare la mancata produzione del contratto di cessione dei crediti e censurano la statuizione della sentenza impugnata che ha ritenuto sufficiente, in assenza del contratto di cessione, la produzione agli atti dell’estratto della G.U. 2012.2007 dalla quale risultava l’intervenuto acquisto pro soluto, con contratto del 31 luglio 2007 da parte di (OMISSIS), dei crediti vantati dalla (OMISSIS) spa che alla data del 31.7.2007 risultavano “in sofferenza”.
Le ricorrenti danno atto, peraltro, di aver sollevato(solo) in comparsa conclusionale l’eccezione circa l’inidoneita’ della documentazione prodotta (il citato estratto della G.U. del 20.12.2007) a giustificare la legittimazione della (OMISSIS) all’intervento, in assenza della produzione del contratto.
Il motivo e’ infondato.
Conviene premettere che la cessione in blocco dei crediti ex articolo 58 TUB realizza una fattispecie di successione a titolo particolare nel diritto controverso ed e’ dunque ad essa applicabile, essendosi verificata nel corso del processo, la disposizione dell’articolo 111 c.p.c., commi 1 e 3; il processo e’ dunque proseguito tra le parti originarie, con l’intervento in grado di appello del cessionario del credito, intervento che e’ in tal caso sganciato dai limiti dell’articolo 344 c.p.c. (Cass. 12436/2018): ai sensi dell’articolo 111 c.p.c., comma 3, il successore a titolo particolare nel diritto controverso puo’ infatti intervenire o essere chiamato in causa in ogni grado o fase del processo, sicche’ la chiamata non soggiace alle forme e ai termini prescritti dall’articolo 269 c.p.c. (Cass. Sez. U. 21690/2019).
La successione nel diritto controverso, ai sensi dell’articolo 111 c.p.c., non determina una questione di legittimazione attiva o di “legitimatio ad processum”(a differenza che nell’ipotesi di successione a titolo universale o dall’ipotesi in cui la stesso successore abbia proposto impugnazione avverso la sentenza pronunciata tra le parti originarie) ma una questione di merito, da esaminare con la decisione sulla fondatezza della domanda (Cass. 18775/2017).
Cio’ premesso, va subito evidenziato che, come chiarito dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, la pubblicazione dell’atto di cessione dei crediti “in blocco” in Gazzetta Ufficiale costituisce adempimento pubblicitario estraneo al perfezionamento della fattispecie traslativa, ponendosi sullo stesso piano degli oneri previsti dall’articolo 1264 c.c. (Cass. 5997/2006; 20473/2008), dovendo dunque escludersi l’efficacia costitutiva della pubblicazione
(Cass. 22548/2018).
Questa Corte tuttavia ha affermato che in tema di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca, ai sensi del Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 58, e’ sufficiente a dimostrare la titolarita’ del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorche’ gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione (Cass. 31188/2017).
L’articolo 58 TUB nel consentire la cessione a banche di aziende, di rami di azienda, di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco detta infatti una disciplina ampiamente derogatoria rispetto a quella ordinariamente prevista per la cessione del credito e del contratto e trova giustificazione principalmente nell’esigenza di agevolare la cessione di rapporti giuridici individuati in blocco.
Nel caso di specie, l’estratto prodotto, in sede di costituzione, nel giudizio di appello da parte di (OMISSIS) riportava gli elementi essenziali per ricondurre nell’ambito dei crediti ceduti in blocco anche quello oggetto del presente giudizio, sulla base della pendenza ad una certa data ed alla possibilita’ di qualificare i relativi rapporti come “a sofferenza”.
In forza di tale avviso, dunque, il debitore ceduto, sin dalla costituzione del cessionario, era in condizione di contestare specificamente il fatto storico della cessione in blocco o il fatto che il proprio debito fosse compreso tra quelli ceduti, avuto riguardo, ad esempio, alla natura del credito, alla data di chiusura del conto, alle caratteristiche del rapporto.
Il ricorrente ha peraltro genericamente contestato la legittimazione della (OMISSIS) srl solo in comparsa conclusionale e la Corte territoriale ha ritenuto, con apprezzamento adeguato, che la legittimazione di quest’ultima, quale cessionaria ex articolo 58 TUB, potesse ritenersi provata sulla base della pubblicazione dell’estratto dell’avviso. Tale valutazione non risulta adeguatamente e specificamente contestata neppure nel presente giudizio.
Anche sotto altro profilo, si rileva che, come questa Corte ha gia’ affermato, il successore a titolo particolare nel diritto controverso e’ legittimato ad impugnare la sentenza resa nei confronti del proprio dante causa, limitandosi ad allegare il titolo che gli consenta di sostituire quest’ultimo (nel caso di specie cessione in blocco dei contratti), essendo a tal fine sufficiente la specifica indicazione di tale atto, qualora il titolo sia di natura pubblica (come nel caso di specie, trattandosi di atto di cessione di rapporti giuridici in blocco per il quale e’ prevista oltre alla pubblicazione dell’avviso in gazzetta ufficiale, l’iscrizione nel registro delle imprese) e la cessione sia rimasta non contestata o non idoneamente contestata da controparte (Cass. 9250/2017).
Non puo’ dunque condividersi l’assunto delle ricorrenti secondo cui, pur in assenza di specifica e rituale contestazione della controparte, la (OMISSIS) srl avrebbe dovuto necessariamente fornire la prova della propria qualita’ di cessionaria mediante la produzione del contratto di cessione del credito, trattandosi di accertamento di fatto, rimesso alla valutazione del giudice di merito.
Il secondo motivo denuncia violazione dell’articolo 1421 c.c., in relazione alla statuizione della Corte d’appello che (confermando la pronuncia del primo giudice) ha affermato la tardivita’ della deduzione della nullita’ del contratto di finanziamento agrario, per mancanza di forma scritta; ad avviso del ricorrente tale statuizione sarebbe in contrasto con il consolidato principio secondo cui la c.d. nullita’ di protezione dev’essere rilevata d’ufficio dal giudice anche in appello, allorche’ essa corrisponda all’interesse del contraente protetto.
Il terzo motivo denuncia violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione alla pronuncia di intervenuta formazione del giudicato interno sul rigetto, da parte del primo giudice, dell’eccezione di nullita’ del contratto di finanziamento agrario, sia per vizio di forma, sia in quanto esso integra un mutuo di scopo, concretamente utilizzato per una finalita’ diversa da quella prevista, vale a dire l’estinzione di pregresse passivita’ nei confronti della banca finanziatrice.
Ad avviso dei ricorrenti, la statuizione del primo giudice, di tardivita’ della deduzione della nullita’ non era riferibile ai vizi genetici del finanziamento, quali la nullita’ del mutuo di scopo, qualificata come “nullita’ di protezione”, sulla quale non vi era stata nessuna statuizione del primo giudice e nessuna preclusione da “giudicato” si era pertanto formata.
I motivi, che, per la loro connessione, vanno unitariamente esaminati, sono inammissibili per difetto di decisivita’, in quanto non colgono la ratio della pronuncia impugnata.
La Corte d’Appello ha infatti confermato la valutazione del primo giudice, secondo cui nel caso di specie la nullita’ negoziale dedotta si riferiva ad un’azione diversa da quella concretamente esercitata dall’odierno ricorrente, il quale, nel giudizio di primo grado aveva chiesto dichiararsi l’illegittimita’ della segnalazione di insolvenza fatta alla Centrale rischi e la conseguente condanna della banca al risarcimento dei danni e, – nel giudizio riunito – la revoca, nullita’, annullamento o inefficacia del decreto ingiuntivo, in ragione dell’intervenuto rinnovo della cambiale.
La Corte ha in altri termini rilevato che l’odierno ricorrente, nella domanda introduttiva del giudizio di primo grado, secondo quanto accertato dal primo giudice, non aveva sollevato nessuna rituale e tempestiva contestazione sul contratto di finanziamento (e sull’esistenza del corrispondente credito della banca), deducendo soltanto la illegittima interruzione del rapporto bancario, nonostante l’intervenuto rinnovo della cambiale agraria.
La Corte territoriale ha, in ogni caso, rilevato che su tale statuizione della sentenza di primo grado, di non rilevabilita’ d’ufficio della nullita’ negoziale (sia in relazione all’obbligo di forma, che alla destinazione del prestito) si era formato il giudicato interno, poiche’ essa non era stata ritualmente impugnata con l’atto di appello dallo (OMISSIS).
Tale giudicato era dunque preclusivo alla rilevabilita’ d’ufficio in appello della nullita’.
La statuizione e’ conforme a diritto.
Nel caso di specie, entrambi i giudici di merito hanno infatti accertato che la domanda proposta dagli odierni ricorrenti non investiva il contratto di finanziamento.
La Corte territoriale ha altresi’ precisato, in via dirimente, che su tale statuizione del giudice di primo grado, in assenza di specifica impugnazione, si era formato il “giudicato”: da cio’ l’impossibilita’ in appello di rilevare d’ufficio la nullita’, ancorche’ di protezione, del suddetto contratto, posto che, secondo la consolidata giurisprudenza dii questa Corte, il rilievo d’ufficio della nullita’ del contratto e’ precluso al giudice dell’impugnazione, quando sulla validita’ del rapporto si sia formato il giudicato “interno”(Cass. 21906 del 2019).
Anche sotto altro profilo, i motivi sono inammissibili per difetto di decisivita’, in quanto non censurano l’autonoma ratio della sentenza impugnata, che ha accertato la stipula di un valido contratto di finanziamento agrario, concluso il 12.7.2001, a garanzia del quale era stata emessa, in pari data, la cambiale agraria posta a fondamento del decreto opposto.
Il quarto motivo denuncia la violazione dell’articolo 345 c.p.c., in relazione alla novita’ delle eccezioni relative all’intervenuto pagamento della somma di 10.000,00 Euro e dell’esistenza presso la banca di titoli a garanzia.
Il motivo e’ inammissibile.
Il generico riferimento, contenuto nello stralcio dell’atto di citazione in opposizione riportato nel corpo del ricorso, non e’ infatti sufficiente per ritenere che l’odierno ricorrente abbia, sin dall’atto introduttivo, ritualmente allegato il pagamento di 10.000,00 Euro e la vendita da parte della banca dei titoli detenuti in garanzia, con conseguente detrazione del relativo importo dal complessivo credito della medesima.
Rilevato che lo (OMISSIS), tra l’altro, era garante di diverse posizioni debitorie, la Corte ha dunque ritenuto, con apprezzamento di merito adeguato, la tardivita’ delle allegazioni suddette, in quanto compiutamente formulate soltanto con le repliche alle richieste istruttorie ex articolo 184 c.p.c. (nella formulazione vigente ratione temporis), e, quanto alla vendita dei titoli, la genericita’ della deduzione, posto che non era stata indicata ne’ la data della vendita, ne’ il controvalore dei titoli.
Il quinto motivo denuncia la violazione del Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 53, delle disposizioni in materia di segnalazione a sofferenza alla Centrale Rischi nonche’ degli articoli 1226, 2043 e 2056 c.c., in relazione al danno cagionato dalla segnalazione a carico dello (OMISSIS); i ricorrenti censurano la statuizione che ha respinto la domanda di risarcimento dei danni dell’odierno ricorrente per l’illegittima segnalazione alla centrale rischi, lamentando, da un lato che la segnalazione non poteva fondarsi sul mero ritardo nel pagamento e dall’altro che la Corte aveva omesso di rilevare l’esistenza di titoli costituiti in pegno ed il fatto che la cambiale agraria, principale credito oggetto della segnalazione non era stata posta all’incasso.
Il motivo e’ assorbito dalla ritenuta sussistenza del credito della banca resistente, con la conseguenza che non e’ ravvisabile la dedotta illegittimita’ della segnalazione.
In ogni caso, il motivo e’ inammissibile per difetto di decisivita’ in quanto non coglie le autonome rationes decidendi poste a fondamento della statuizione impugnata.
La Corte territoriale, avuto riguardo alla legittimita’ della segnalazione, ha rilevato che l’esistenza di pegno sui titoli per un controvalore di 178.000,00 Euro era stata soltanto dedotta dallo (OMISSIS), il quale non aveva mai fornito la prova della vendita dei titoli medesimi, ne’ dell’importo ricavato, non avendo neppure indicato l’importo che avrebbe dovuto detrarsi dal credito vantato dalla banca.
Il giudice di appello ha inoltre affermato la mancanza di prova del danno subito in ragione della inammissibilita’, genericita’ ed irrilevanza dei capitoli di prova testimoniale articolati dall’appellante e gia’ disattesi dal primo giudice, escludendo la sussistenza dei presupposti per dar luogo a valutazione equitativa, in assenza della stessa prova dell’esistenza del danno.
Tale valutazione non risulta adeguatamente censurata con il motivo di ricorso, posto che non vengono neppure riportati, in ossequio al principio di autosufficienza, i capitoli di prova testimoniale dedotti e non ammessi.
Parte ricorrente si limita a dolersi del mancato esercizio del potere di liquidazione equitativa del danno, senza peraltro confrontarsi con la statuizione della sentenza impugnata di inammissibilita’ della prova testimoniale articolata e di mancanza di prova dell’esistenza stessa dell’eventuale danno, prova che, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, non puo’ automaticamente farsi discendere dalla segnalazione (seppure illegittima) del cliente alla centrale rischi.
Il danno all’immagine ed alla reputazione commerciale “per illegittima segnalazione alla Centrale Rischi”, poiche’ costituisce “danno conseguenza”, non puo’ infatti ritenersi sussistente “in re ipsa”, dovendo essere specificamente allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento (Cass. 7594/2018).
Il ricorso va dunque respinto e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo.
Va inoltre dato atto della sussistenza dei presupposti processuali, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimita’, che liquida in 6.200,00 Euro, di cui 200,00 Euro per esborsi, oltre a rimborso forfettario per spese generali, in misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti in solido, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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