Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|31 marzo 2022| n. 10525.
Giudizio di cassazione ed il motivo di ricorso di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c.
In tema di giudizio di cassazione, il motivo di ricorso di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., deve riguardare un fatto storico considerato nella sua oggettiva esistenza, senza che possano considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio.
Ordinanza|31 marzo 2022| n. 10525. Giudizio di cassazione ed il motivo di ricorso di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c
Data udienza 3 marzo 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Contratto preliminare di compravendita – Inadempimento del venditore – Erogazione di un contributo in conto capitale deliberato dalla Regione Sardegna – Domicilio digitale – Notificazione ex art. 82 del R. D. n. 37 del 1934 presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite – Nullità anche se il destinatario abbia omesso di eleggere il domicilio nel Comune in cui ha sede l’ufficio giudiziario – Eccezione – Impossibilità di accedere alla pec del difensore – Assenza di prova del danno – Censure inammissibili
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18970-2017 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 27/2017 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI, SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI, depositata il 19/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/03/2022 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione ritualmente depositato (OMISSIS) evocava in giudizio (OMISSIS) e la moglie (OMISSIS) innanzi il Tribunale di Sassari, invocando l’accertamento del grave inadempimento del (OMISSIS) al contratto preliminare di compravendita da quest’ultimo sottoscritto in data (OMISSIS), in virtu’ del quale l’attore si era impegnato ad acquistare, ed il (OMISSIS) a vendere, alcuni terreni coltivati a vigneto siti nel territorio dei (OMISSIS). L’attore esponeva che nel detto contratto le parti avevano espressamente previsto l’obbligo del (OMISSIS) di sottoscrivere, a richiesta del (OMISSIS), tutta la documentazione occorrente ad ottenere l’erogazione di un contributo in conto capitale, gia’ deliberato dalla Regione Sardegna con Det. 8 ottobre 2001, n. 652; che tuttavia il (OMISSIS) aveva inadempiuto a tale impegno, pretendendo una somma ulteriore, rispetto a quanto pattuito, di Euro 20.000 per firmare la documentazione di cui anzidetto; che, nelle more, il (OMISSIS) e la moglie (OMISSIS) avevano costituito un fondo patrimoniale, conferendovi il loro intero patrimonio, inclusi i terreni di cui e’ causa. L’attore invocava dunque il risarcimento del danno, pari all’importo del contributo non percepito, e dunque ad Euro 553.000, nonche’ la dichiarazione di inefficacia, nullita’ o invalidita’ del contratto costitutivo del fondo patrimoniale, ai sensi di quanto previsto dagli articoli 1414, 1418, 1345 e 2901 c.c.
Si costituivano i convenuti, eccependo in limine la carenza di legittimazione passiva della (OMISSIS) e resistendo, nel merito, alla domanda di parte attrice. In particolare, i convenuti contestavano l’importo richiesto a titolo di danno, evidenziando che l’erogazione del finanziamento era condizionata al possesso, da parte del (OMISSIS), di tutti i requisiti oggettivi e soggettivi previsti dalla normativa di riferimento; che, comunque l’erogazione avrebbe dovuto avvenire a stati di avanzamento lavori; che, dunque, in tanto avrebbe potuto configurarsi un danno risarcibile, in quanto l’attore avesse dimostrato di aver effettuato gli interventi previsti, di essere nelle condizioni previste per l’erogazione del contributo, e di non averlo ottenuto soltanto per effetto della mancata formalizzazione della voltura della richiesta di finanziamento, per fatto imputabile al (OMISSIS). Prove, tutte, che nella specie il (OMISSIS) non aveva conseguito.
Con sentenza n. 1578/2011 il Tribunale accoglieva in parte la domanda attorea, dichiarando il grave inadempimento del (OMISSIS) alle obbligazioni dallo stesso assunte con il contratto del (OMISSIS), ma rigettando tanto la domanda risarcitoria, poiche’ il (OMISSIS) non aveva dimostrato di aver subito un danno risarcibile, quanto quella revocatoria del fondo patrimoniale, per assenza della posta creditoria presupposta.
Interponeva appello avverso detta decisione il (OMISSIS), insistendo nelle domande non accolte, e si costituivano in seconde cure il (OMISSIS) e la (OMISSIS), resistendo al gravame e spiegando a loro volta appello incidentale, con il quale contestavano la statuizione di prime cure relativa all’accertamento dell’inadempimento imputabile al (OMISSIS).
Con la sentenza impugnata, n. 27/2017, la Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, rigettava tanto l’impugnazione principale che quella incidentale, confermando la decisione di prima istanza e compensando parzialmente le spese del grado.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione (OMISSIS), affidandosi a cinque motivi.
Resistono con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS).
In prossimita’ dell’adunanza camerale ambo le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Prima di esaminare i motivi del ricorso, occorre scrutinare l’eccezione di inammissibilita’ del controricorso, proposta dalla parte ricorrente con la memoria depositata in prossimita’ dell’adunanza camerale. L’eccezione e’ fondata, poiche’ il controricorso risulta notificato, a mezzo del servizio postale, all’avv. (OMISSIS), procuratore del ricorrente (OMISSIS), presso l’indirizzo di (OMISSIS), e presso la cancelleria della Corte di Cassazione. Nel ricorso, tuttavia, il predetto avv. (OMISSIS) aveva indicato di avere studio in (OMISSIS), e chiesto di ricevere le comunicazioni e notificazioni presso l’indirizzo di posta elettronica certificata (OMISSIS) o, in alternativa, al fax n. (OMISSIS).
Sul punto, va ribadito il principio secondo cui “In materia di notificazioni al difensore, a seguito dell’introduzione del “domicilio digitale”, corrispondente all’indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, previsto dal Decreto Legge n. 179 del 201, articolo 16 sexies convertito con modificazioni in L. n. 221 del 2012, come modificato dal Decreto Legge n. 90 del 2014, convertito con modificazioni in L. n. 114 del 2014, la notificazione dell’atto di appello va eseguita all’indirizzo PEC del difensore costituito risultante dagli elenchi INI PEC di cui al Decreto Legislativo n. 82 del 2005, articolo 6 bis ovvero presso il ReGIndE, di cui al Decreto Ministeriale n. 44 del 2011, gestito dal Ministero della giustizia, pur non indicato negli atti dal difensore medesimo, sicche’ e’ nulla la notificazione effettuata – ai sensi del Regio Decreto n. 37 del 1934, articolo 82 – presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario abbia omesso di eleggere il domicilio nel Comune in cui ha sede quest’ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra anche la circostanza che l’indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario” (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 30139 del 14/12/2017, Rv. 647189; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14914 del 08/06/2018, Rv. 649318; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 14140 del 23/05/2019, Rv. 654325; cfr. anche Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 10355 del 01/06/2020, Rv. 657819). Poiche’ nella specie la parte controricorrente non ha fornito la prova dell’impossibilita’ di accedere alla casella di posta certificata dell’avv. (OMISSIS), la notificazione eseguita presso la cancelleria della Corte di Cassazione va ritenuta nulla.
Ne’ puo’ essere ritenuta valida l’ulteriore notificazione eseguita a mezzo del servizio postale presso l’indirizzo di (OMISSIS), in quanto esso non corrisponde allo studio dell’avv. (OMISSIS), bensi’ alla residenza anagrafica del ricorrente (OMISSIS). Sul punto, fermo restando il principio, affermato da questa Corte, di equivalenza del domicilio fisico e di quello digitale, ai fini della notificazione dell’atto di impugnazione, qualora la parte abbia eseguito, nel proprio atto difensivo, una duplice indicazione (cfr. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 39970 del 14/12/2021, Rv. 663188), va ribadita la nullita’ “… della notificazione eseguita in luogo e a soggetto diversi da quelli indicati nella norma processuale, ma aventi sicuro riferimento con il destinatario dell’atto, quale la notificazione effettuata al procuratore costituito presso un indirizzo diverso da quello indicato come domicilio e coincidente con quello della parte” (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 18238 del 25/10/2012, Rv. 624201); in tale ipotesi, “la nullita’ e’ sanabile mediante costituzione della parte… o in forza della rinnovazione della notifica, ai sensi dell’articolo 291 c.p.c.”. In applicazione di tale principio, la parte controricorrente avrebbe dovuto procedere alla rinnovazione della notificazione, non potendo evidentemente darsi rilievo alla costituzione del ricorrente, avvenuta prima, ed a prescindere, dalla notificazione del controricorso. In assenza di tale attivita’ sanante, la notificazione del controricorso va considerata nulla, e di conseguenza l’atto va dichiarato inammissibile. In conseguenza di tale statuizione, va ritenuta inammissibile anche la memoria depositata da (OMISSIS) e (OMISSIS) in prossimita’ dell’adunanza camerale, per effetto dell’esplicito divieto contenuto nell’articolo 370 c.p.c.
Passando all’esame dei motivi del ricorso, con il primo di essi la parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 115 c.p.c., articoli 1362, 2909 e 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente posto a carico del ricorrente la prova del danno subito in conseguenza della realizzazione con fondi propri, e con ricorso al finanziamento bancario, delle opere che avrebbero dovuto essere finanziate dalla Regione con il contributo in conto capitale di cui e’ causa. Ad avviso del ricorrente, poiche’ sin dal principio il danno era stato quantificato nella somma corrispondente al contributo perso a causa della condotta ostruzionistica del (OMISSIS), senza che questi avesse mai contestato l’importo richiesto a tale titolo, sul quantum del danno si sarebbe formato il giudicato interno. Si trattava, infatti, di un contributo in conto capitale, ovverosia a fondo perduto, e dunque la sua perdita costituiva, in quanto tale, una voce di danno risarcibile, senza necessita’ di dimostrare l’ulteriore aggravio derivante dal fatto di aver dovuto ricorrere al ceto bancario per ottenere i fondi non conseguiti dalla Regione.
Il motivo e’ inammissibile.
La Legge Regionale Sardegna 20 aprile 1993, n. 17, articolo 30 la cui efficacia e’ stata in seguito estesa all’intero territorio regionale per effetto della Legge Regionale Sardegna 15 aprile 1994, n. 15, articolo unico prevede che la Regione possa erogare, per la realizzazione di determinati interventi, un contributo “in conto capitale” fino alla misura massima del 40% degli interventi fissi ammissibili (cfr. comma 2, lettera a) ovvero un contributo “in conto interessi” sugli investimenti da realizzare o un finanziamento a tasso agevolato, fino alla misura massima del 30% (cfr. comma 2, lettera b).
L’intervento in conto capitale, dunque, si riferisce alla realizzazione di un determinato intervento, ritenuto dalla Regione meritevole di essere ammesso al beneficio previsto dalla norma, e dunque viene erogato a condizione che detto intervento sia stato effettivamente portato a termine. Sul punto, va evidenziato la Corte di Appello ha affermato che il (OMISSIS) non aveva prodotto neppure la documentazione comprovante il progetto effettivamente realizzato sui terreni di cui e’ causa e la sua corrispondenza con quello a suo tempo ammesso al beneficio (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata). Tale decisivo passaggio della motivazione non viene attinto dal ricorrente, il quale – al contrario – per poter sostenere di aver subito un danno conseguente alla mancata erogazione, da parte della Regione, del contributo di cui si discute, avrebbe dovuto dimostrare l’effettiva realizzazione dell’intervento finanziato e che quanto da lui effettivamente realizzato corrispondeva al contenuto del progetto a suo tempo esaminato favorevolmente dalla Regione, ai fini della concessione dell’erogazione di cui e’ causa.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli articolo 1223 e 1225 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ la Corte territoriale avrebbe erroneamente escluso la prova del danno, pur avendo accertato che la condotta inadempiente del (OMISSIS) aveva causato la perdita del finanziamento oggetto di causa, pari ad Euro 553.000. Sussisteva dunque, secondo il ricorrente, un nesso causale diretto tra la condotta inadempiente del (OMISSIS) e la perdita della somma oggetto del contributo.
Il motivo e’ infondato.
A fronte del mancato conseguimento, da parte del (OMISSIS), della prova della corrispondenza tra quanto realizzato e quanto a suo tempo finanziato, la Corte di Appello ha ritenuto non dimostrato il danno risarcibile. L’erogazione del contributo, infatti, era condizionata all’esecuzione di un determinato intervento, valutato positivamente dalla Regione. La prova della effettiva realizzazione di quanto previsto e progettato, dunque, era necessaria ai fini della dimostrazione del fatto che, non essendo cambiati i termini essenziali del contesto fattuale di riferimento, la mancata erogazione del finanziamento era dipesa esclusivamente dalla condotta inadempiente del (OMISSIS), che non aveva presentato la domanda di voltura del beneficio. Questo profilo, che emerge dalla complessiva motivazione della sentenza impugnata (cfr. ancora pag. 6) non viene affrontato adeguatamente dal ricorrente, il quale si limita a sostenere che la prova dell’an e del quantum del danno emergeva dal fatto che il finanziamento era gia’ stato concesso e non era poi stato erogato. Cosi’ facendo, tuttavia, egli non si confronta con la motivazione reale del rigetto della sua domanda risarcitoria e non supera la decisiva statuizione circa la mancata prova della corrispondenza tra il finanziato e il realizzato.
Con il terzo motivo la parte ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perche’ la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto che la prova dell’entita’ del danno risarcibile era stata fornita mediante la deposizione del teste (OMISSIS), il quale aveva dichiarato che l’opera finanziata era stata comunque realizzata dal (OMISSIS), sia pure accedendo al finanziamento bancario.
La censura e’ inammissibile, poiche’ con essa non si lamenta l’omesso esame di un fatto, ma si contesta l’apprezzamento di una risultanza istruttoria (la prova orale, ed in particolare la deposizione del teste (OMISSIS)), senza confrontarsi con il principio generale per cui la valutazione delle prove appartiene al giudice di merito. L’omesso esame denunziabile in sede di legittimita’, infatti, deve riguardare un fatto storico considerato nella sua oggettiva esistenza, “… dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex articolo 2697 c.c., (cioe’ un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioe’ un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purche’ controverso e decisivo” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17761 del 08/09/2016, Rv. 641174; cfr. anche Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 2805 del 05/02/2011, Rv. 616733). Non sono quindi “fatti” nel senso indicato dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ne’ le singole questioni decise dal giudice di merito, ne’ i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, ne’ le mere ipotesi alternative, ed infine neppure le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio.
Peraltro nella fattispecie la Corte di Appello ha esaminato le risultanze della prova orale, tanto con riguardo alla deposizione (OMISSIS) (cfr. pag. 4 della sentenza, in fondo) quanto con riguardo alla deposizione Sirigu (cfr. pag. 5 della sentenza, circa ad un terzo della stessa). Non sussiste quindi alcun profilo di omessa considerazione delle risultanze della prova orale.
Il ricorrente, pertanto, propone una lettura alternativa di alcuni elementi istruttori, senza tener conto che “L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonche’ la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilita’ dei testi e sulla credibilita’ di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).
Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 2901 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 perche’ la Corte distrettuale avrebbe erroneamente rigettato la revocazione del fondo patrimoniale costituito dai coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), senza considerare che ai fini dell’accoglimento della ridetta domanda non occorreva la dimostrazione dell’esistenza di una posta creditoria, ma anche di una semplice aspettativa. Anche il credito litigioso, dunque, era sufficiente a giustificare l’esame della domanda di cui si discute.
Il motivo e’ infondato.
E’ vero che “In tema di azione revocatoria ordinaria, l’accertamento dell’eventus damni non presuppone una valutazione del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore istante, ma richiede solo la dimostrazione da parte di quest’ultimo della pericolosita’ dell’atto impugnato, in termini di una possibile, quanto eventuale, infruttuosita’ della futura esecuzione sui beni del debitore” (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 26310 del 29/09/2021, Rv. 662500; cfr. anche Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5105 del 09/03/2006, Rv. 588696), ma questo non significa che l’azione possa essere accolta anche quando, come nella specie, l’esistenza stessa del credito sia stata esclusa dal giudice di merito. In argomento, va infatti considerato che “La titolarita’ di un diritto di credito, anche sub iudice, costituisce condizione dell’azione revocatoria, sotto il profilo della legitimatio ad causam dell’attore, con la conseguenza che il sopravvenire in corso di causa di un giudicato, che ne accerti l’inesistenza, determina la cessazione dell’interesse alla detta azione revocatoria, non sussistendo piu’ l’esigenza di dichiarare l’inefficacia dell’atto di disposizione del patrimonio del debitore. Ne deriva che il sopraggiunto difetto delle menzionate condizioni dell’azione – legitimatio ad causam ed interesse dell’attore – che sia fatto constare in sede di legittimita’ deve essere rilevato dalla S.C. la quale, indipendentemente dall’originaria fondatezza o meno della domanda, la rigettera’ nel merito, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., comma 2, ove non siano necessari ulteriori accertamenti in fatto (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12975 del 30/06/2020, Rv. 658225, cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21100 del 04/11/2004, Rv. 577948). In definitiva, merita di essere ribadito il principio secondo cui “Presupposto necessario dell’azione revocatoria di cui all’articolo 2901 c.c., oltre all’anteriorita’ del credito rispetto all’atto dispositivo, e’ l’esistenza del credito stesso al momento della domanda, trattandosi di condizione dell’azione, la cui inesistenza priverebbe di fondamento l’esigenza di conservazione della garanzia patrimoniale cui l’azione e’ preordinata” (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 2347 del 29/01/2019, Rv. 652478). Poiche’ nel caso specifico l’esistenza del credito e’ stata esclusa, il rigetto della domanda revocatoria del fondo patrimoniale appare pienamente giustificata.
Con il quinto motivo la parte ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perche’ la Corte di Appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda di simulazione del contratto costitutivo del fondo patrimoniale, che l’odierno ricorrente aveva proposto in prime cure e veicolato con apposito motivo di gravame.
La censura e’ inammissibile.
La Corte di Appello si e’ pronunciata sulla domanda di simulazione, dando atto che il Tribunale la aveva pretermessa (cfr. ultima pagina della sentenza impugnata), ed ha affermato che il (OMISSIS) non aveva allegato alcun elemento idoneo a dimostrare il carattere fittizio della convenzione, con la quale i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano realizzato l’effetto di destinare i loro beni ai bisogni familiari, sottraendoli al rischio della loro attivita’ di impresa. Inoltre, la Corte di Appello ha affermato che, una volta esclusa la ragione di credito del (OMISSIS), quest’ultimo non riceve alcun pregiudizio dall’atto dispositivo in esame e, dunque, non ha alcun interesse a farne accertare l’inefficacia. Tale duplice statuizione, pienamente condivisibile in punto di diritto, non viene in alcun modo attinta dal motivo in esame, con il quale il (OMISSIS) contesta soltanto il mancato esame del motivo di appello: mancato esame che, in realta’, non sussiste. La censura, dunque, non coglie neppure la ratio del rigetto. In definitiva, il ricorso va rigettato.
Nulla per le spese del presente giudizio di legittimita’, a fronte dell’inammissibilita’ del controricorso.
Ricorrono i presupposti processuali di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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