Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 13 novembre 2019, n. 7794.
La massima estrapolata:
L’errore revocatorio, oltre ad apparire immediatamente rilevabile, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche, non va confuso con quello che coinvolge l’attività valutativa del giudice e non ricorre nell’ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo se mai ad un errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione, che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado di giudizio, non previsto dall’ordinamento.
Sentenza 13 novembre 2019, n. 7794
Data udienza 26 settembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9587 del 2018, proposto da
Ce. Tr. s.p.a. e No. s.p.a. – Nu. Re. Nu. Si., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Ge. Te., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza (…).
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ot. Ca., Vi. Au. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fr. Pa. in Roma, via (…);
Comune di (omissis), non costituito in giudizio.
nei confronti
Agenzia delle Entrate – Riscossione, non costituita in giudizio.
per la revocazione della sentenza del CONSIGLIO DI STATO – SEZ. V n. 4538/2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso per revocazione e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 settembre 2019 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Ge. Te., Ot. Ca. e Vi. A. Pa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con la sentenza di questa Sezione, n. 4538 del 25 luglio 2018, impugnata per revocazione, è stato accolto l’appello avanzato dal Comune di (omissis) contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Lecce, n. 115/2018.
1.1.Con la sentenza di primo grado era stato accolto il ricorso proposto dal Ce. Tr. s.p.a. e dalla No. s.p.a. – Nu. Re. Nu. Si. contro gli atti relativi alla decadenza del Ce. Tr. -società mista a prevalente capitale pubblico, con socio privato No., costituita per la gestione dell’attività di accertamento e riscossione di tributi locali- disposta dal Comune di (omissis) relativamente alla concessione di cui alla convenzione del 29 dicembre 2006, n. 108706.
1.2. La sentenza di secondo grado ha giudicato fondata la deduzione del comune appellante secondo cui la dichiarata decadenza dal rapporto concessorio si fondava su una pluralità di motivi tra loro autonomi e autosufficienti ed ha condiviso la censura che il giudice di prime cure, ciò malgrado, avesse ignorato che la decadenza risultava motivata anche con riguardo ai “gravi inadempimenti” che avevano caratterizzato la condotta del Centro, il quale tra l’altro non aveva riversato, alle prestabilite scadenze, le somme percepite dai contribuenti; a riscontro della prima ragione della decisione, la sentenza riporta la parte della motivazione della determinazione dirigenziale di decadenza del 28 giugno 2017, n. 1104, ritenuta rilevante, e osserva che dal tenore di tale motivazione si evince che la contestata decadenza, oltre ad essere stata basata sul carattere vincolato della determinazione a seguito del giudicato formatosi in ordine alla “rimozione dal mondo giuridico degli atti adottati dal Comune di (omissis)” (che aveva costituito la società mista, cui aveva successivamente aderito il Comune di (omissis)), si fondava “quantomeno su un secondo motivo, ovvero quello concernente i ravvisati inadempimenti del concessionario del servizio di riscossione, del tutto autonomo e indipendente dai profili riguardanti le vicende del rapporto concessorio tra lo stesso Ce. Tr. e il Comune di (omissis)”.
1.3. Rilevato, quindi, che né dalla determinazione di decadenza né dagli altri provvedimenti gravati “può evincersi che l’ente abbia ritenuto di sentirsi vincolato a dichiarare la decadenza del rapporto concessorio in conseguenza delle vicende che hanno caratterizzato il rapporto tra il Comune di (omissis) e il Ce. Tr.” e considerato che “la motivazione dell’atto amministrativo deve essere tratta, in via esclusiva, dall’atto stesso o dal procedimento sottostante, mentre non valgono a integrarne i contenuti le affermazioni fatte dall’amministrazione in sede di giudizio”, il primo giudice ha concluso che “nella specie risulta… del tutto irrilevante che il Comune di (omissis), nell’ambito del giudizio di primo grado (memoria depositata in quella sede in data 3/10/2017), abbia ritenuto (nell’eccepire l’inammissibilità del ricorso) che la decadenza avesse un carattere vincolato in conseguenza dell’inoppugnabilità degli atti concernenti lo scioglimento del rapporto concessorio in essere tra il Comune di (omissis) e il Ce. Tr.”.
1.4. Ne è seguito l’accoglimento del ricorso in appello, con dichiarazione di assorbimento di “tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che la Sezione ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso” e con compensazione delle spese di lite.
2. Le società già ricorrenti in primo grado, Ce. Tr. s.p.a. e No. s.p.a. – Nu. Re. Nu. Si., hanno proposto impugnazione per revocazione della sentenza con unico motivo rescindente (Errore di fatto revocatorio ai sensi dell’articolo 395, comma 1, n. 4 c.p.c. e dell’art. 106 Cod. proc. amm.), insistendo per il rigetto dell’appello all’esito della fase rescissoria.
2.1. Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis), resistendo all’impugnazione e chiedendone la dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità ovvero il rigetto, per la manifesta infondatezza dei motivi di censura.
2.2. All’udienza del 26 settembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione, previo deposito di memorie e repliche delle parti.
3. Il ricorso per revocazione è inammissibile poiché l’errore di fatto deducibile per revocazione deve:
a) derivare da errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere esistente un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato;
b) attenere ad un punto controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;
c) essere stato un elemento decisivo della sentenza da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 10 gennaio 2013, n. 1 e numerose altre, tra cui Cons. Stato, 14 maggio 2015, n. 2431; id., V, 5 maggio 2016, n. 1824).
3.1. Nel caso di specie, difettano entrambi i primi due requisiti, essendo perciò impossibile configurare il terzo.
In particolare, il vizio della sentenza già così come prospettato dalle ricorrenti non è riconducibile alla fattispecie dell’errore di fatto revocatorio, ma tutt’al più all’errore di diritto; esso peraltro non sussiste e comunque attiene ad un punto controverso sul quale la sentenza ha espressamente motivato.
4. Parte ricorrente individua, infatti, l’errore nel quale sarebbe incorso il giudice dall’appello nell’avere “erroneamente ritenuto” che il giudice di primo grado “non si fosse pronunciato su tutte le circostanze dedotte dall’Amministrazione nel provvedimento di decadenza ma si fosse limitato a ritenerle assorbite senza procedere al loro scrutinio, quando, invece, queste sono state espressamente esaminate in un distinto capo della sentenza di primo grado al quale il Comune appellante non ha esteso la propria impugnazione in appello (e sul quale insisteva il giudicato giurisdizionale)”. In sintesi, secondo le ricorrenti, il Collegio non si sarebbe avveduto di siffatto giudicato e, per di più, non avrebbe “neppure motivato sulla effettiva sussistenza (o meno) dei presunti inadempimenti contrattuali addebitati alla società e tutti contestati dalle ricorrenti nel giudizio di primo grado”, incorrendo così nel vizio di omessa pronuncia.
4.1. Da tale premessa le ricorrenti traggono le seguenti conclusioni, esposte ad illustrazione del motivo rubricato come sopra:
– la sentenza sarebbe affetta da un “travisamento delle risultanze processuali di primo e di secondo grado”, perché il giudice non si sarebbe avveduto del fatto che la sentenza di primo grado si era espressa su tutti i motivi di ricorso articolati dalle ricorrenti e quindi su tutti i motivi addotti a fondamento della dichiarazione di decadenza, contestati dalle società, ed espressamente esaminati dal primo giudice;
– il relativo giudizio di “genericità ed indeterminatezza” delle ragioni poste a fondamento della decadenza, così come espresso dalla sentenza di primo grado, non sarebbe stato impugnato dal Comune di (omissis), sicché di esso il giudice di appello non si sarebbe potuto occupare, per l’intervenuto giudicato;
– l’errore revocatorio consisterebbe nell’avere travisato “un elemento di fatto decisivo”, presupponendo che “il giudice di primo grado non avesse esaminato tutti i profili di decadenza e non avesse, dunque, accolto tutti i motivi di ricorso”, laddove invece vi avrebbe provveduto “con motivazione sintetica ma specifica”;
– riscontro di tale errore si avrebbe nell’affermazione contenuta nella sentenza oggetto del presente giudizio di revocazione in cui si attribuisce natura incidentale allo specifico capo della sentenza di primo grado che ha reputato la genericità delle altre ragioni di decadenza, tanto da escludere la necessità della specifica impugnazione;
– ancora, la sentenza di secondo grado non avrebbe statuito circa l’effettiva sussistenza o meno degli inadempimenti della società richiamati nel provvedimento di decadenza, la cui ricorrenza era stata specificamente contestata, nel merito, in primo grado, così incorrendo nel vizio di omessa pronuncia.
5. La sintesi delle doglianze delle ricorrenti rende palese come le stesse si sostanzino, in primo luogo, non nell’addebito di una falsa percezione della realtà processuale, bensì nell’attribuzione di un errore di valutazione delle risultanze processuali, specificamente riguardo alla portata della sentenza di primo grado, all’estensione ed all’oggetto dell’atto di appello, alla sussistenza di un giudicato interno.
In proposito, è sufficiente richiamare la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, per cui l’errore revocatorio, oltre ad apparire immediatamente rilevabile, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche (cfr., tra le altre, Cons. Stato, IV, 13 dicembre 2013, n. 6006), non va confuso con quello che coinvolge l’attività valutativa del giudice e non ricorre nell’ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo se mai ad un errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione, che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado di giudizio, non previsto dall’ordinamento (cfr., tra le più recenti, Cons. Stato, V, 11 dicembre 2015, n. 5657; id., 12 gennaio 2017, n. 1296; id., 6 aprile 2017, n. 1610; id., 21 agosto 2017, n. 4047, richiamate da Cons. Stato, VI, 17 luglio 2018, n. 4372).
5.1. Siffatta confusione tra errore revocatorio, che attiene al giudizio di fatto, ed errore di giudizio, che attiene al giudizio di diritto (cfr., in tal senso, tra le altre, in motivazione Cass. S.U. 16 novembre 2016, n. 23306, correttamente richiamata dalla difesa comunale), si rinviene nel caso di specie, atteso che:
– nella sentenza impugnata per revocazione si afferma che il primo giudice aveva errato nel considerare come non “oggettivamente autonomi e autosufficienti” le altre ragioni (“ulteriori profili motivazionali”) poste a fondamento del provvedimento di decadenza: tale parte della motivazione della sentenza impugnata per revocazione dimostra che la sentenza di primo grado è stata interpretata e valutata anche nella parte oggetto del presente giudizio;
– in particolare, il giudice di appello ha attribuito al contestato passaggio motivazionale (cioè quello nel quale il primo giudice si è occupato delle ragioni del provvedimento di decadenza consistenti, tra l’altro, negli inadempimenti del concessionario) un significato diverso da quello che vi attribuiscono le società ricorrenti (laddove il giudice d’appello ha valorizzato il giudizio di “non autosufficienza” di dette ragioni, mentre le ricorrenti assumono -peraltro infondatamente- che il primo giudice le avrebbe comunque, in sé, valutate come generiche e non idonee a fondare il provvedimento decadenziale);
– ancora, nella sentenza impugnata per revocazione si afferma la sufficienza e la completezza dell’atto di appello, “una volta contestata in radice la possibilità che il giudice di prime cure disponesse l’annullamento dell’avversata decadenza senza prima aver accertato l’illegittimità di tutti i motivi posti a fondamento della stessa”: tale parte della motivazione dimostra che, a sua volta, anche l’atto di appello è stato interpretato e valutato dal giudice del gravame, che ha giudicato che la sentenza di primo grado fosse stata correttamente impugnata anche in riferimento al capo sul quale le ricorrenti assumono essersi formato un giudicato interno;
– in particolare, anche sotto tale profilo, le ricorrenti contrappongono le proprie tesi al giudizio del Collegio giudicante, laddove sostengono che -in conseguenza dell’asserita portata non meramente incidentale del passaggio motivazionale di cui sopra- il Comune l’avrebbe dovuto impugnare specificamente, mentre il giudice d’appello ha ritenuto adeguata allo scopo la censura poi accolta;
– quanto, poi, all’assunto delle ricorrenti, sviluppato nella memoria conclusiva, secondo cui il giudice d’appello non si sarebbe addirittura avveduto dell’esistenza del capo motivazionale che nella sentenza di primo grado è riportato all’interno di parentesi quadra (tanto da non averlo nemmeno citato nella ricostruzione del decisum), è sufficiente osservare che il secondo giudice non risulta affatto essere incorso nell’errore di lettura (id est, percezione) della sentenza di primo grado che gli viene attribuito, perché la mancata considerazione di detta parte della motivazione della sentenza di primo grado è consequenziale alla ricostruzione in diritto che il Collegio giudicante ha fatto, affermando che il Tribunale amministrativo regionale non avesse giudicato nel merito delle contestazioni di inadempimento della concessionaria.
5.2. In sintesi, le censure mosse col ricorso per revocazione attengono ad entrambi i giudizi di diritto su enunciati ed alle conclusioni che il giudice di appello ne ha tratto, dalle quali le ricorrenti dissentono per ragioni fondate su una contrapposta interpretazione e valutazione degli atti processuali (sentenza di primo grado e atto di appello).
Sotto questo profilo, il ricorso per revocazione è finalizzato a conseguire un inammissibile nuovo grado di giudizio (cfr., tra le altre, Cons. Stato, V, 8 novembre 2017, n. 5157).
6. Ulteriore profilo di inammissibilità della revocazione è, come anticipato, la mancata incidenza dell’asserito errore revocatorio su un fatto che “non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”, atteso che:
– il capo di sentenza sul quale le ricorrenti assumono essersi formato il giudicato interno a loro favorevole (contenuto nella sentenza di primo grado tra parentesi: “[oltre ad essere stati gli ulteriori profili motivazionali prospettati in modo estremamente generico, senza un puntuale riferimento in alcuni casi alle osservazioni ‘difensivè della società ricorrente e, in altri, alla specifica valenza delle condotte contestate, in specie quanto alle possibili loro diverse conseguenze (…omississ…): rispetto a ogni condotta ascritta alla società, dunque, l’A.C. dovrà, nell’ipotesi di reiterazione dell’atto, precisare quali siano la sua valenza e le sue specifiche conseguenze quanto al rapporto concessorio]”) è preceduto dalla parte di motivazione nella quale il Tribunale ha espresso il proprio convincimento, e cioè : “…i pur copiosi, ulteriori profili motivazionali non risultano prospettati come oggettivamente autonomi e autosufficienti rispetto a quello appena indicato e ciò in considerazione della piana circostanza per la quale il Comune espressamente qualificava “la caducazione dei predetti provvedimenti amministrativi” come a “carattere vincolato per l’Ente” appunto e proprio “in ragione del fatto che si è formato il giudicato in ordine alla rimozione dal mondo giuridico degli atti adottati dal Comune di (omissis), cioè dal soggetto che ha costituito…la società mista””; quest’ultimo passaggio motivazionale è testualmente riportato nella motivazione della sentenza di secondo grado ed è stato fatto oggetto di argomentata motivazione di riforma esplicitata nei punti sub a), b) e c) del paragrafo 8.3 della sentenza, che l’ha valutato -non rileva, per quanto detto sopra, se a torto o a ragione- come espressivo dell’unica ratio decidendi del primo grado relativamente ai contestati inadempimenti.
7. Da ultimo, non merita favorevole apprezzamento ai fini dell’ammissibilità della revocazione l’assunto delle ricorrenti secondo cui il giudice d’appello non avrebbe statuito circa l’effettiva sussistenza degli inadempimenti della concessionaria, oggetto di contestazione in primo grado.
7.1. In primo luogo, si tratta di censura che, anche secondo la prospettazione appena riportata, non evidenzia alcun errore di fatto idoneo alla revocazione della sentenza, poiché, se fosse come sostenuto dalle ricorrenti, si avrebbe un vizio di omessa pronuncia non riconducibile ad un abbaglio dei sensi -che ricorre soltanto nell’ipotesi in cui non viene considerata una domanda proposta, per l’errata percezione di fatto dell’atto processuale nel quale è stata formulata- bensì, tutt’al più, ad un error in iudicando per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
7.2. Quest’ultimo peraltro è di dubbia sussistenza nel caso di specie, attese, per un verso, la mancata riproposizione in appello ex art. 101 Cod. proc. amm. delle specifiche contestazioni mosse dalle ricorrenti vittoriose in primo grado; per altro verso, la portata della sentenza d’appello relativamente alla ritenuta sufficienza dei contestati inadempimenti ad integrare causa di decadenza, alla quale ben si attaglia il principio giurisprudenziale per cui “L’errore revocatorio è […] configurabile in ipotesi di omessa pronuncia su una censura sollevata dal ricorrente purché risulti evidente dalla lettura della sentenza che in nessun modo il giudice ha preso in esame la censura medesima; si deve trattare, in altri termini, di una totale mancanza di esame e/o valutazione del motivo e non di un difetto di motivazione della decisione” (così, tra le altre, Cons. Stato, Sez. V, 12 maggio 2017, n. 2229).
8. In conclusione, la revocazione è inammissibile.
8.1. Restano pertanto superate le eccezioni pregiudiziali sollevate dal Comune di (omissis).
8.2. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sulla revocazione, come in epigrafe proposta, la dichiara inammissibile.
Condanna le ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali, che liquida, in favore del Comune di (omissis), nell’importo complessivo di Euro 8.000,00 (ottomila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 settembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Valerio Perotti – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere, Estensore
Elena Quadri – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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