L’errore di fatto

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 22 agosto 2019, n. 5788.

La massima estrapolata:

L’errore di fatto, idoneo a costituire il vizio revocatorio previsto dall’art. 395, n. 4), Cod. proc. civ., deve: 1) consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente e immediatamente rilevabile e tale da aver indotto il giudice a supporre l’esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile; 2) essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa; 3) non cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata; 4) presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche; 5) non consistere in un vizio di assunzione del fatto, né in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo.

Sentenza 22 agosto 2019, n. 5788

Data udienza 25 luglio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 144 del 2019, proposto da
Om. Se. s.r.l. in proprio e quale capogruppo mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con Ar. La. s.n. c. e Te. s.r.l., tutte in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Sa., Gi. Ro. e Lo. Co., con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, viale (…);
contro
Consip s.p.a. ed altri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, via (…);
C.N.S. Consorzio Nazionale Servizi società cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ar. Po., Fa. Ci. e Ge. Ro. No., con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via (…);
nei confronti
Ex. s.p.a., Gi On. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Fe. Te., Cl. Vi., con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, largo (…);
Ma. so. co. pe. i Se. In. pe. az. s.c.p.a. non costituita in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 498 del 2019, proposto da
Om. Se. s.r.l. in proprio e quale capogruppo mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con Ar. La. s.n. c. e Te. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Sa., Gi. Ro., Lo. Co. e Ca. Ce., con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, viale (…);

contro
Consip s.p.a. ed altri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, via (…);
nei confronti
An. s.r.l. a socio unico, in qualità di capogruppo mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con l’O. s.c. a r.l. ed altri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Da. An. e Sa. Ga., con domicilio eletto presso lo studio della prima, in Roma, via (…);
L’O. s.c. a r.l. ed altri, non costituiti in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 499 del 2019, proposto da
Om. Se. s.r.l. in proprio e quale capogruppo mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con Ar. La. s.n. c. e Te. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Sa., Gi. Ro., Lo. Co. e Ca. Ce., con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, viale (…);
contro
Consip s.p.a. ed altri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, via (…);
nei confronti
An. s.r.l. a socio unico in qualità di capogruppo mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con l’O. s.c. a r.l. ed altri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Da. An. e Sa. Ga., con domicilio eletto presso lo studio della prima, in Roma, via (…);
L’O. s.c. a r.l. ed altri, non costituiti in giudizio;
per la revocazione
quanto al ricorso n. 144 del 2019:
della sentenza del Consiglio di Stato – Sez. V, n. 6001 del 2018, resa tra le parti;
quanto al ricorso n. 498 del 2019:
della sentenza del Consiglio di Stato – Sez. V, n. 6004/2018, resa tra le parti;
quanto al ricorso n. 499 del 2019:
della sentenza del Consiglio di Stato – Sez. V n. 6034/2018, resa tra le parti.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consip s.p.a. ed altri;
Visti tutti gli atti delle cause;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 luglio 2019 il Cons. Elena Quadri e uditi per le parti gli avvocati Sa., l’avvocato dello Stato Ma., De. su delega di Po., Ci., Te. e An.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Om. Se. s.r.l. ha proposto i tre ricorsi indicati in epigrafe in proprio e quale capogruppo mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con Ar. La. s.n. c. e Te. s.r.l., ai sensi dell’art. 106 c.p.a., per la revocazione delle sentenze del Consiglio di Stato, Sez. V., nn. 6001, 6004 e 6034 del 22 ottobre 2018, con cui sono stati respinti i ricorsi dalla stessa proposti in primo grado per l’annullamento dell’esclusione per irregolarità contributiva dell’ausiliaria Ro. im. dai lotti 8, 9, 11 e 16 di una gara d’appalto indetta per l’affidamento di un multiservizio tecnologico integrato con fornitura di energia per edifici in uso alle amministrazioni sanitarie.
Parte ricorrente afferma che il giudice di seconde cure non avrebbe tenuto in considerazione una certificazione emessa dall’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Frosinone, in data 13 febbraio 2018.
Dal summenzionato documento, secondo Om. Se., si sarebbe potuto ricavare che a carico di Ro. im. non vi fosse, alla data del 4 luglio 2016, alcun carico pendente “definitivamente accertato”, così asserendo la regolarità contributiva dell’ausiliaria a quella data.
Om. Se. affida il ricorso ai seguenti motivi:
1) in fase rescindente: error in iudicando per violazione dell’art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c. – mancata percezione di un documento dirimente della controversia;
2) in fase rescissoria: violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 1, lett g), d.lgs. 163 del 2006; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: in particolare, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e manifesta ingiustizia.
Si sono costituiti in giudizio Consip s.p.a. ed altri, che hanno chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso e, comunque, la reiezione del medesimo.
Successivamente le parti costituite hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.
All’udienza pubblica del 25 luglio 2019 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Deve, in via preliminare, disporsi la riunione dei tre ricorsi per connessione soggettiva ed oggettiva, atteso che gli stessi sono stati proposti deducendo le medesime doglianze per la revocazione di tre sentenze rese fra le stesse parti e che concernono tre lotti di una medesima gara.
Ed invero, con le sentenze indicate in epigrafe la Sezione ha respinto l’appello proposto contro le sentenze del Tar Lazio di rigetto del ricorso proposto dall’appellante avverso l’esclusione per irregolarità contributiva dell’ausiliaria Ro. im. da tre lotti di una gara d’appalto per l’affidamento di un multiservizio tecnologico integrato con fornitura di energia per edifici in uso alle amministrazioni sanitarie.
Secondo la tesi della ricorrente, le sentenze non avrebbero tenuto conto di una certificazione dell’Agenzia delle Entrate del 13 febbraio 2018 da cui si sarebbe dovuta ricavare la regolarità contributiva di Ro. im. il 4 luglio 2016, in cui la stazione appaltante ha effettuato il controllo sulla banca dati nazionale contratti pubblici (BDN-CP), atteso che a quella data non vi era alcun carico pendente “definitivamente accertato”.
La ricorrente deduce, in fase rescindente, error in iudicando ex art. 395, n. 4), c.p.c. e, in fase rescissoria, violazione dell’art. 38, comma 1, lett. g), d.lgs. n. 163 del 2006.
Om. lamenta, sostanzialmente, che dalla mancata visione del documento sia conseguita una valutazione illegittima non corrispondente al vero, argomentando inoltre come, qualora tale documentazione fosse stata tenuta in debita considerazione, si sarebbe propeso per differenti epiloghi.
L’errore di fatto rilevato sarebbe, quindi, idoneo a fondare la domanda di revocazione.
Il ricorso è inammissibile.
Per consolidata giurisprudenza (cfr., fra le tante, Cons. Stato, V, 30 ottobre 2015, n. 4975; IV, 21 aprile 2017, n. 1869; Ad. plen., 27 luglio 2016, n. 21), l’errore di fatto, idoneo a costituire il vizio revocatorio previsto dall’art. 395, n. 4), Cod. proc. civ., deve: 1) consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente e immediatamente rilevabile e tale da aver indotto il giudice a supporre l’esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile; 2) essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa; 3) non cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata; 4) presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche; 5) non consistere in un vizio di assunzione del fatto, né in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo.
L’errore di fatto revocatorio consiste, insomma, nel c.d. abbaglio dei sensi, e cioè nel travisamento delle risultanze processuali dovuto a mera svista del giudice, che conduca a ritenere come inesistenti circostanze pacificamente esistenti o viceversa: la falsa percezione da parte del giudice della realtà processuale, che giustifica l’applicazione dell’art. 395 Cod. proc. civ., deve consistere in una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile, che abbia portato ad affermare l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e documenti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti e documenti medesimi risulti invece positivamente accertato.
E’ inammissibile, quindi, il rimedio revocatorio in relazione ad errori non rilevabili con assoluta immediatezza, ma che richiedano, per essere apprezzati, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche, ovvero errori che non consistano in un vizio di assunzione del fatto (tale da comportare che il giudice non statuisca su quello effettivamente controverso), ma si riducano ad errori di criterio nella valutazione del fatto, di modo che la decisione non derivi dall’ignoranza di atti e documenti di causa, ma dall’erronea interpretazione di essi.
Non sussiste vizio revocatorio quando si lamenta un’asserita erronea valutazione delle risultanze processuali o una anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio (in quanto ciò si risolve in un errore di giudizio), nonché quando una questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita (cfr. Cons. Stato, V, 20 dicembre 2018, n. 7189).
Nella fattispecie presente non si rinvengono i ricordati elementi che connaturano gli estremi dell’errore revocatorio di fatto.
Invero, dall’esame delle sentenze oggetto della presente vertenza si evince che, pur non essendo stato specificamente menzionato il documento del 13 febbraio 2018, la questione è stata oggetto del giudizio.
Le sentenze hanno così statuito: “Il TAR ha correttamente valutato le certificazioni dell’Agenzia delle Entrate depositate dagli appellanti, così come la pendenza di alcuni giudizi tributari connessi alla vicenda di cui qui si discute, ritenendole, parimenti correttamente, inidonee ad escludere la rilevata irregolarità fiscale.
Infatti, in primo luogo, il certificato sui carichi fiscali rilasciato dall’Agenzia dell’Entrate a libera richiesta dell’operatore economico privato (quali quelli rilasciati alla Ditta Ro. im. in data 22.11.2016, 16.1.2016 e 1.6.2016) individua la posizione fiscale dell’operatore economico al momento della presentazione della relativa domanda alla Agenzia, ma non incide sulla posizione fiscale risultante al momento in cui la stazione appaltante ha consultato la BDNCP ai fini della verifica del possesso del requisito di partecipazione (nel caso di specie, in data 4.7.2016).
Inoltre, non assume alcun rilievo il fatto che la Ro. im. abbia impugnato dinanzi alla competente Commissione Tributaria la certificazione di irregolarità emessa da Equitalia in data 21.10.2016 (dalla stessa confermata il 14.12.2016), atteso che il provvedimento impugnato non incide sulla valutazione sul possesso del requisito della regolarità fiscale in capo all’operatore economico.
Il predetto giudizio, infatti, non ha ad oggetto il titolo esecutivo che ha generato l’esito di irregolarità, ma la pretesa illegittimità di una certificazione amministrativa, come si evince dalla stessa sentenza della Commissione Tributaria di Frosinone n. 445-2017 (…).
Deve, infine, ritenersi irrilevante la rateizzazione delle obbligazioni tributarie della Ditta Ro. im. che le ricorrenti affermano essere stata disposta ex post.
Infatti, da un lato, tale rateizzazione conferma la definitività del debito tributario alla data di verifica del requisito (4.7.2016).
Dall’altro, si deve ricordare che la rateizzazione rilevante ai fini dell’ammissione alla gara è soltanto quella di cui il concorrente dimostri di avere beneficiato entro il termine di scadenza per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara ovvero di presentazione dell’offerta.
2. La Stazione appaltante ha correttamente effettuato la verifica della regolarità fiscale sulla base delle risultanze della BDN-CP non solo per effetto del rinvio a tale sistema da parte del disciplinare, ma perché così dispone l’art. 6-bis d.lgs. n. 163-2006.
Peraltro, tale verifica è stata effettuata in conformità alla deliberazione dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici (AVCP) n. 111 del 20 dicembre 2012 ed ANAC n. 157-2016, come risulta dalle premesse del provvedimento di esclusione.
A seguito della consultazione della predetta Banca dati è stato ottenuto un esito negativo, con riferimento alla posizione fiscale dell’ausiliaria Ro. im., alla data del 4 luglio 2016.
Sussiste la competenza esclusiva in capo agli Agenti della riscossione a rilasciare le attestazioni sostitutive dell’esito negativo nel caso di comunicazione di irregolarità fiscale fornita dall’Agenzia delle Entrate tramite il sistema AVCPASS e la BDNCP) tese ad evitare l’esclusione, come stabilito dall’AVCP, e poi confermata dall’ANAC, con le due determinazioni sopra richiamate.
L’esito negativo della comunicazione di regolarità fiscale deriva, perciò, dal riscontro di un debito fiscale, dal cui novero sono esclusi quelli relativi a carichi perseguiti a titolo provvisorio, ovvero quelli oggetto di provvedimenti di annullamento o di sospensione, e quelli oggetto di rateazione, sino a decadenza dal beneficio rateale, di importo superiore alla soglia di rilevanza di 10.000,00 euro.
Pertanto, il risultato negativo in ordine alla regolarità fiscale dell’ausiliaria Ro. im., ottenuto mediante la consultazione della BDN-CP, dipende proprio da quanto comunicato dall’Agenzia delle Entrate”.
Il giudice non ha, dunque, ritenuto la certificazione rilevante, tra l’altro, perché bisognava considerare la situazione vigente al 4 luglio 2016, data di consultazione da parte di Consip della banca dati nazionale contratti pubblici (BDN-CP) e allora la società non era in regola con gli obblighi contributivi. Dall’esame della sentenza emergeva, invero, la sussistenza, a quella data, di ulteriori pendenze.
Le censure dedotte da Om. sono state, dunque, già esaminate e decise dalle sentenze di cui si chiede la revocazione e costituiscono proprio uno dei punti controversi su cui si sono incentrate le decisioni.
Al medesimo riguardo va inoltre precisato che l’esame critico e la selezione del materiale probatorio agli atti di causa ritenuto rilevante ai fini della decisione è estranea all’attività di carattere percettivo in cui può verificarsi l’errore di fatto, ma costituisce tipica attività di giudizio incensurabile con il rimedio della revocazione ex art. 395, n. 4), cod. proc. civ.
Ne segue l’inammissibilità dei ricorsi.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, li dichiara inammissibili.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio nei confronti delle parti resistenti, in solido e per la stessa quota, che si liquidano nella somma complessiva pari ad euro 20.000, oltre ad oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 luglio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero – Presidente FF
Angela Rotondano – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere
Elena Quadri – Consigliere, Estensore

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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