Corte di Cassazione, civile,
Ordinanza|31 gennaio 2023| n. 2787.

Divisione endoesecutiva occasionata dall’avvio di procedura esecutiva

Nella divisione endoesecutiva, occasionata dall’avvio di procedura esecutiva per il soddisfacimento di un credito rimasto inadempiuto, le spese di lite, che di norma sono poste a carico della massa e sopportate “pro quota” da ciascun condividente, sono regolate dal principio della soccombenza, atteso che il creditore procedente non è un condividente e ha diritto al rimborso delle spese affrontate per il miglior esito della procedura esecutiva, nell’interesse comune del ceto creditorio, ivi comprese quelle processuali, stante il rapporto di strumentalità che lega il giudizio di divisione incidentale all’esecuzione.

Ordinanza|31 gennaio 2023| n. 2787. Divisione endoesecutiva occasionata dall’avvio di procedura esecutiva

Data udienza 13 gennaio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: COMUNIONE E CONDOMINIO – COMUNIONE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Giovanni Luigi – Presidente

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. CRISCULO Mauro – rel. Consigliere

Dott. CAPONI Remo – Consigliere

Dott. POLETTI Dianora – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
Sul ricorso n. 6481/2022 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 11/2022 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 05/01/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/01/2023 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

 

Divisione endoesecutiva occasionata dall’avvio di procedura esecutiva

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. (OMISSIS) procedeva in via esecutiva nei confronti dell’ex coniuge (OMISSIS) per il credito scaturente dall’inadempimento agli obblighi di mantenimento della figlia, collocata in sede di separazione presso la madre.
Il pignoramento riguardava la quota di alcuni immobili in (OMISSIS), di cui il debitore era comproprietario pro quota con il fratello (OMISSIS).
Sospeso il processo esecutivo, il comproprietario (OMISSIS) promuoveva il giudizio di divisione endoesecutivo, nel quale si costituiva anche la creditrice.
Il Tribunale di Siena con la sentenza n. 1115/2018 disponeva la divisione, individuando i due lotti, da assegnare ai condividenti all’esito del sorteggio da effettuare subordinatamente al passaggio in giudicato della sentenza.
Avverso tale decisione proponeva appello (OMISSIS) che con il primo motivo si doleva del fatto che il tribunale non avesse replicato alle argomentazioni del fratello, secondo cui non era possibile addivenire alla divisione senza la previa adozione di un provvedimento di frazionamento da parte del Comune, conformemente alle previsioni del regolamento urbanistico;
La Corte d’Appello di Firenze, con la sentenza n. 11 del 5 gennaio 2022, dichiarava inammissibile il motivo, osservando che in realta’ la censura non esprimeva alcuna critica alla motivazione del Tribunale che, nel rispondere ad analoga contestazione mossa in primo grado dall’attore, aveva sottolineato che il vincolo potenzialmente ostativo alla divisione in natura era stato assunto dai condividenti con atto di obbligo del 1992 per una durata di dieci anni, cosi’ che il medesimo era venuto meno nel 2002.
Tale deduzione non era stata in alcun modo attinta dal motivo di appello, il che lo rendeva inammissibile.

 

Divisione endoesecutiva occasionata dall’avvio di procedura esecutiva

Ancora, ove pero’ si fosse ritenuto che il motivo avesse inteso contestare la stessa possibilita’ di adottare una divisione in natura, prima ancora che intervenga il frazionamento, la sentenza richiamava la giurisprudenza di legittimita’ a mente della quale il frazionamento si pone a valle della divisione, costituendo una mera attuazione burocratica, volta ad adeguare la situazione catastale alla situazione scaturente dalla divisione.
Peraltro, il bene destinato a formare una quota risultava gia’ di fatto avere una sua individualita’ catastale ed una funzione autonoma, ben potendosi anche in un momento successivo porre in essere quegli adempimenti necessari al fine di includere una porzione di un fabbricato avente una sua particella catastale, all’interno del lotto invece assegnato all’altro condividente.
In realta’ l’unica individuata ragione ostativa alla divisione in natura restava solo l’esistenza del vincolo discendente dall’atto di obbligo, vincolo che pero’ il Tribunale, senza che l’affermazione fosse stata adeguatamente censurata dall’appellante, aveva ritenuto ormai essere venuto meno.
La sentenza disattendeva altresi’ il secondo motivo di appello che lamentava la sua condanna alle spese in favore della creditrice.
Osservava la sentenza che la (OMISSIS) era stata evocata in giudizio dall’altro condividente, essendo pienamente legittimata ad intervenire in quanto creditrice pignoratizia.
L’onere delle spese derivava dal rapporto di causalita’, in quanto la mancata partecipazione dell’appellante al primo grado aveva reso necessaria la definizione contenziosa della divisione. Inoltre, non doveva trascurarsi che la divisione era stata determinata dall’iniziativa esecutiva della (OMISSIS) che aveva dovuto porre rimedio al pluriennale inadempimento dell’ex coniuge agli obblighi di mantenimento.
Al piu’ si sarebbe potuto evidenziare come agli oneri di lite avrebbe dovuto partecipare anche l’altro condividente che del pari si era opposto alla divisione in primo grado, ma trattavasi di questione che non risultava coinvolta dai motivi di appello.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso (OMISSIS) sulla base di tre motivi.
Gli intimati non hanno svolto difese in questa fase.
2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 720 c.c. e del Regolamento Urbanistico del luglio 2011 (Delib. CC 29 luglio 2011, n. 59, articolo 78, comma 6), nella parte in cui la sentenza gravata ha escluso che per la divisione fosse necessaria la previa adozione del provvedimento di frazionamento da parte del Comune. La tesi dei giudici di appello secondo cui si tratterebbe di una mera attuazione burocratica, integrabile ed emendabile anche in un momento successivo all’adozione della pronuncia di divisione, eluderebbe pero’ il quesito che era stato posto con il motivo di appello, e cioe’ la necessita’ che la divisione in natura abbia il conforto anche della divisibilita’ giuridica, in conformita’ delle prescrizioni del regolamento urbanistico.
Il motivo e’ inammissibile, in quanto non si confronta con il contenuto della sentenza impugnata.
Occorre a tal fine rilevare che in relazione all’analoga censura mossa con il primo motivo di appello, i giudici di secondo grado hanno dichiarato la stessa inammissibile, in quanto mancava una puntuale contestazione all’argomentazione con la quale il Tribunale aveva disatteso la deduzione, sempre di analogo contenuto, mossa da parte dell’altro condividente.

 

Divisione endoesecutiva occasionata dall’avvio di procedura esecutiva

Infatti, a fronte dell’obiezione secondo cui per la divisione era necessario verificare la sua compatibilita’ con la normativa urbanistica locale, il Tribunale aveva sottolineato che il limite ipoteticamente impeditivo della divisione in natura, era rappresentato da un atto di obbligo assunto dai condividenti nel 1992, ma per una durata di dieci anni, cosi’ che alla data della decisione, lo stesso era ormai venuto meno, non sussistendo quindi ragioni impeditive all’approvazione del progetto come individuato dal Tribunale.
La sentenza di appello ha puntualmente evidenziato come il motivo di appello non si peritava in alcun modo di sottoporre a critica tale argomentazione, il che rendeva il motivo inammissibile.
In questa sede il ricorrente si limita ancora una volta a riproporre la censura gia’ avanzata in sede di appello, ma omette di attaccare la decisione di appello quanto alla declaratoria di inammissibilita’ per l’individuata violazione del precetto di cui all’articolo 342 c.p.c., cosi’ che essendo la censura qui proposta essenzialmente volta a contestare nel merito la decisione, la stessa si palesa a sua volta inammissibile in quanto fuori fuoco rispetto al reale tenore della decisione della Corte distrettuale.
Peraltro, ed ad abundantiam, i giudici di appello hanno ricordato come in realta’ il frazionamento del bene non sia necessariamente incluso nella divisione, alla luce del principio affermato da questa Corte secondo cui i profili attinenti al frazionamento catastale ed alla conseguente mancata trascrivibilita’ della sentenza di divisione non rilevano quali violazioni di norme di diritto incidenti sullo scioglimento della comunione e non incidono, pertanto, sull’emanazione della pronuncia dichiarativa di tale scioglimento, concernendo essi, piuttosto, la redazione – che puo’ intervenire anche stragiudizialmente, sulla base di un accordo delle parti – di un documento tecnico indicante in planimetria le particelle catastali al fine della relativa voltura (Cass. n. 8400/2019; Cass. n. 4240/1999).
Ancora la lettura della motivazione evidenzia come in maniera diligente la Corte d’Appello abbia altresi’ specificato le ragioni per le quali in realta’ non si sarebbero verosimilmente presentati ostacoli, anche nella fase attuativa, al frazionamento dei beni in conformita’ del progetto di divisione approvato, facendo specifico riferimento all’attuale conformazione, anche catastale dei beni, ribadendo come in realta’ l’unico impedimento era rappresentato dall’atto di obbligo in passato assunto dai germani (OMISSIS), il cui vincolo era da reputarsi venuto meno, senza che tale affermazione del Tribunale fosse stata validamente attinta dai motivi di appello. A fronte di tale ampia argomentazione, il mezzo di impugnazione in esame si limita a riproporre la tesi della necessita’ di dover accompagnare alla divisione anche il frazionamento catastale, ma senza che pero’ nessuna delle argomentazioni di segno contrario spese dalla Corte d’appello sia effettivamente attinta, conclusione questa che conforta la valutazione di inammissibilita’ anche del motivo de quo.
3. Il secondo motivo di ricorso denuncia la nullita’ della sentenza del Tribunale e della Corte d’Appello per la violazione e falsa applicazione dell’articolo 789 c.p.c., in quanto sarebbe stata approvata la divisione, sia pur condizionando l’effettuazione del sorteggio delle quote al passaggio in giudicato della sentenza stessa.

 

Divisione endoesecutiva occasionata dall’avvio di procedura esecutiva

Il motivo e’ evidentemente inammissibile ex articolo 360 c.p.c. bis, n. 1, avendo la Corte d’appello deciso in conformita’ della giurisprudenza di questa Corte.
Invero, come peraltro si ricava univocamente dal testo dell’articolo 791 c.p.c., norma dettata per la divisione delegata al notaio, ma reputata suscettibile di estensione anche alla divisione giudiziale (Cass. n. 7129/2001, Cass. n. 22345/2013), al sorteggio e’ possibile addivenire solo una volta che sia passata in giudicato la sentenza che abbia approvato il progetto di divisione, ed in tal senso e’ stato affermato che la sentenza che approva il progetto di divisione e dispone il sorteggio dei lotti ha natura definitiva quanto alla domanda di scioglimento della comunione, giacche’ risolve tutte le questioni ad essa relative, senza che assuma contrario rilievo l’omessa pronuncia sulle spese di giudizio (Cass. n. 15466/2016), essendo cio’ funzionale al fine di assicurare la sollecita formazione del giudicato, cui e’ subordinata l’estrazione a sorte.
La sentenza impugnata si e’ appunto conformata a tali principi, con i quali il motivo di ricorso nemmeno si confronta, atteso che il ricorrente apoditticamente sostiene che, perche’ si addivenga alla divisione, sia necessario anche il sorteggio confondendo tra la definizione di tutte le questioni controverse, che precedono l’approvazione del progetto di divisione, e l’attivita’ materiale del sorteggio che mira solo ad individuare in maniera definitiva chi siano i titolari delle quote scaturenti dall’approvazione del progetto divisionale.
4. Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c. e articolo 1113 c.c..
Si lamenta che erroneamente il ricorrente e’ stato condannato al rimborso delle spese in favore della (OMISSIS), sulla base di un’erronea applicazione del principio di causalita’.
A nulla rileva la circostanza che il ricorrente sia rimasto contumace in primo grado, impedendo la definizione alternativa della divisione.
Assume, invece, che non essendo stata rivolta alcuna domanda nei confronti della creditrice, non poteva individuarsi alcuna ipotesi di soccombenza.
Il motivo e’ infondato, ancorche’ debba provvedersi ad integrare la motivazione della Corte d’Appello.
Infatti, rileva la circostanza che nella specie si verte in materia di divisione endoesecutiva, occasionata dalla procedura di pignoramento immobiliare intrapresa dalla (OMISSIS) per il soddisfacimento del proprio credito, rimasto inadempiuto da parte del ricorrente.
A seguito della sospensione del processo esecutivo, e’ stato quindi introdotto il giudizio di divisione, sebbene su iniziativa non della stessa (OMISSIS), ma dell’altro condividente (OMISSIS), giustificandosi pero’ la partecipazione della (OMISSIS) alla divisione per la sua qualita’ di creditrice ipotecaria, ed ancor piu’ per avere la stessa promosso la procedura esecutiva che aveva poi determinato l’insorgenza del giudizio di divisione.
In relazione alle spese del giudizio di divisione, ancorche’ di norma le stesse vengano liquidate “a carico della massa”, dovendosi intendere, con tale espressione, che ogni condividente sopporta le spese affrontate nel proprio interesse e partecipa pro quota alle spese processuali comuni, ovvero alle spese che servono, nel comune interesse, a condurre il giudizio di divisione alla sua conclusione (cfr. Cass. civ. n. 9813/2015; Cass. civ. n. 22903/2013), deve pero’ ritenersi che ove nella divisione sia coinvolto il creditore procedente ritrovi piena applicazione il principio della soccombenza.
Infatti, il creditore procedente – che solitamente e’ la parte attrice del giudizio divisionale – non e’ un condividente e non vi e’ dubbio che egli abbia diritto al rimborso delle relative spese affrontate per il miglior esito della procedura esecutiva e nell’interesse comune del ceto creditorio, tra le quali vanno ricondotte, pertanto, anche le spese del giudizio divisionale, essendo quest’ultimo strumentale alla realizzazione coattiva del credito insoddisfatto.

 

Divisione endoesecutiva occasionata dall’avvio di procedura esecutiva

Stante il rapporto di strumentalita’ che lega il giudizio di divisione incidentale all’esecuzione, nei rapporti tra creditore e debitore esecutato si configura una vera e propria soccombenza a carico di quest’ultimo (c.d. principio di causalita’), con la conseguenza pratica che il procedente avra’ diritto a vedersi rifondere integralmente dal condividente esecutato le spese di lite sopportate per la divisione.
Si palesa quindi incensurabile anche la statuizione in punto di spese.
5. Il ricorso e’ pertanto rigettato, nulla dovendosi disporre quanto alle spese, atteso il mancato svolgimento di attivita’ difensiva da parte degli intimati.
6. Poiche’ il ricorso e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater del testo unico della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 12, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

 

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