Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 23 marzo 2020, n. 2019.
La massima estrapolata:
In sede disciplinare, l’Amministrazione può legittimamente tener conto delle risultanze emerse nelle varie fasi del pregresso procedimento penale, sì da evitare ulteriori accertamenti istruttori alla luce del principio di economicità del procedimento, ma a condizione che di tali risultanze sia autonomamente valutata la rilevanza in chiave disciplinare.
Sentenza 23 marzo 2020, n. 2019
Data udienza 5 marzo 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2715 del 2019, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Fr. Ac. e St. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato St. Pa. in Roma, via (…);
contro
Il Ministero della difesa e il Comando generale dell’Arma dei carabinieri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliati ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto Sezione Prima n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa e del Comando generale dell’Arma dei carabinieri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 marzo 2020 il Consigliere Alessandro Verrico e udito l’avvocato dello Stato Vi. Ce.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierno appellante, già ricorrente in primo grado, agiva innanzi al T.a.r. per il Veneto:
i) con il ricorso R.G. n. -OMISSIS-, per l’annullamento:
a) del decreto del Ministero della difesa – D.G. per il personale militare del 24 febbraio 2016, prot. M_D GMIL REG2016 0120370 29 febbraio 2016, con cui gli veniva inflitta la sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari;
b) del decreto del Ministero della difesa – D.G. per il personale militare del 17 marzo 2016, prot. M_D GMIL REG2016 0175420 22 marzo 2016, recante la correzione di un errore materiale contenuto nel precedente decreto;
c) di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali ed in particolare:
c.1) del provvedimento dell’Ufficio Comando del -OMISSIS- del 20 novembre 2015, prot. n. 343/25-11-2013, contenente il deferimento del ricorrente alla Commissione di disciplina, e, per quanto di necessità, dell’atto di nomina della Commissione;
c.2) del provvedimento della Legione Carabinieri “Veneto” – Compagnia -OMISSIS- del 2 dicembre 2015, prot. n. 186/3, recante nomina del difensore d’ufficio;
d) in subordine, del decreto ministeriale del 18 marzo 2014, richiamato nelle premesse del decreto di irrogazione della sanzione, ove interpretato nel senso che sia stato conferito al direttore generale per il personale militare il potere di concedere la grazia per ragioni umanitarie, previsto dall’art. 1389, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 66/2010 (c.o.m.);
ii) con il ricorso R.G. n. -OMISSIS-, per l’annullamento:
a) della decisione di rigetto tacito formatasi il 3 luglio 2016, per decorso del termine di novanta giorni di cui all’art. 6 del d.P.R. n. 1199/1971, sul ricorso gerarchico proposto il 4 aprile 2016 dal ricorrente avverso il decreto di perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari;
b) del citato decreto del Ministero della difesa – D.G. per il personale militare del 24 febbraio 2016, prot. M_D GMIL REG2016 0120370 29 febbraio 2016, con cui veniva inflitta al ricorrente la sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari;
c) del decreto del Ministero della difesa – D.G. per il personale militare del 17 marzo 2016, prot. M_D GMIL REG2016 0175420 22 marzo 2016, notificato il 25 marzo 2016, recante la correzione di un errore materiale contenuto nel precedente decreto;
d) di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali ed in particolare:
d.1) del provvedimento dell’Ufficio Comando del -OMISSIS- del 20 novembre 2015, prot. n. 343/25-11-2013, contenente il deferimento del ricorrente alla Commissione di disciplina, e, per quanto di necessità, dell’atto di nomina della Commissione;
d.2) del provvedimento della Legione Carabinieri “Veneto” – Compagnia -OMISSIS- del 2 dicembre 2015, prot. n. 186/3, recante nomina del difensore d’ufficio;
d.3) del verbale della seduta della Commissione di disciplina del 12 gennaio 2016;
e) in subordine, del decreto ministeriale del 18 marzo 2014, richiamato nelle premesse del decreto di irrogazione della sanzione, ove interpretato nel senso che sia stato conferito al direttore generale per il personale militare il potere di concedere la grazia per ragioni umanitarie, previsto dall’art. 1389, comma 1, lett. a), c.o.m.;
f) del diniego tacito sulla richiesta di concessione della grazia per ragioni umanitarie ex art. 1389 c.o.m.;
iii) con motivi aggiunti al ricorso R.G. n. -OMISSIS-, depositati il 6 dicembre 2016, per l’annullamento:
a) della nota del Ministero della difesa – D.G. per il personale militare – I Rep./3^ Div. Disciplina prot. n. M_D GMIL REG2016 0483095 02-08-2016, notificata il 25 settembre 2016, con cui è stata confermata la decisione assunta con la determinazione del 24 febbraio 2016;
b) del decreto del Ministro della difesa del 21 luglio 2016, notificato il 18 ottobre 2016, contenente la declaratoria di inammissibilità del ricorso gerarchico proposto dal ricorrente.
2. Il T.a.r. Veneto, Sezione I, dopo aver riunito con l’ordinanza n. -OMISSIS-il ricorso R.G. n. -OMISSIS-e il ricorso R.G. n. -OMISSIS-, con la sentenza n. -OMISSIS-:
a) ha respinto il ricorso R.G. -OMISSIS-;
b) ha in parte respinto e in parte dichiarato improcedibile il ricorso R.G. n. -OMISSIS-;
c) quanto ai motivi aggiunti al ricorso R.G. n. -OMISSIS-:
c.1) ne ha dichiarato l’inammissibilità nella parte in cui hanno ad oggetto la nota ministeriale prot. N. M_D GMIL REG2016 0483095 2 agosto 2016;
c.2) li ha accolti (nei termini di cui in motivazione) nella parte in cui hanno ad oggetto il decreto del Ministro della difesa del 21 luglio 2016, e per l’effetto, ha annullato quest’ultimo decreto;
d) ha compensato le spese del giudizio.
2.1. Il T.a.r., in particolare, ha ritenuto che:
a) solo con il ricorso gerarchico avverso la sanzione disciplinare, e non con i suoi precedenti scritti difensivi, il militare ha avanzato la richiesta di concessione della grazia per ragioni umanitarie ex art. 1389 c.o.m.;
b) in assenza di richiesta di concessione della grazia, il direttore della D.G. per il personale militare, in sede di emanazione del provvedimento di perdita del grado, non aveva l’obbligo di rimettere gli atti al Ministro per la decisione sul punto, né di verificare egli stesso la sussistenza o meno dei relativi presupposti e di motivare in proposito;
c) l’ufficiale incaricato d’ufficio della difesa del militare nel procedimento disciplinare a suo carico aveva pienamente svolto le proprie funzioni;
d) non si riscontrano nella fattispecie travisamenti dei fatti o manifesta illogicità, dovendosi invece ravvisare che “il provvedimento con cui è stata inflitta al ricorrente la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione appare sufficientemente motivato, sorretto da un’adeguata istruttoria, tenuto conto del già avvenuto accertamento dei fatti in sede penale, ed immune dal lamentato vizio di difetto di proporzionalità “;
e) quanto al ricorso gerarchico, decorso il termine (non perentorio secondo la costante giurisprudenza) di novanta giorni previsto dall’art. 6 del d.P.R. n. 1199/1971 per la formazione del c.d. silenzio rigetto, l’Amministrazione ha provveduto comunque sul ricorso stesso, con gli atti gravati a mezzo dei motivi aggiunti, da un lato adottando la nota prot. n. M_D GMIL REG2016 0483095 2 agosto 2016, dall’altro dichiarando inammissibile il suindicato rimedio giustiziale, con decreto del Ministro del 21 luglio 2016; al riguardo:
e.1) la nota, avendo natura di atto meramente confermativo non è autonomamente impugnabile, con la conseguenza che i motivi aggiunti, lì dove recano l’impugnazione di essa, risultano inammissibili;
e.2) il decreto ministeriale costituisce atto autonomamente impugnabile e determina, pertanto, l’improcedibilità dell’impugnazione del c.d. silenzio rigetto;
f) tale decreto “è palesemente illegittimo nella parte in cui, nel negare l’ammissibilità del ricorso gerarchico, dà vita ad un’omissione di pronuncia sulla richiesta di concessione della grazia per ragioni umanitarie formulata dal militare con l’ora visto rimedio giustiziale”.
3. Il ricorrente originario ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso di primo grado. In particolare, l’appellante ha sostenuto le seguenti censure in tal modo rubricate:
i) “Erroneità della sentenza per violazione ed erronea interpretazione dell’art. 1389, nel suo integrale contenuto, nonché con riferimento comma 1, lett. a) del D. Lgs. 15 marzo 2010 n. 66 (recante C.d. Codice dell’Ordinamento militare). Non necessità di istanza formale. Omessa ammissibilità dell’esercizio d’ufficio del potere di “grazia” da parte del Ministro della Difesa. Omessa valutazione della richiesta inclusa nella memoria difensiva. Illogicità ed ingiustizia manifesta. Violazione dell’art. 2 della L. 241/90. Aggravamento del procedimento”;
ii) “Erroneità della sentenza per omessa pronuncia. Omessa pronuncia in relazione al vizio di incompetenza, anche in relazione alla relazione difensiva del Ministero (relazione della D.g. per il personale militare del 19 maggio 2016). Omessa valutazione di affermazione e documento rilevante. Illogicità e contraddittorietà manifeste”;
iii) “Contraddittorietà, illogicità e perplessità della sentenza in relazione all’operato del difensore d’ufficio. Illogicità ingiustizia manifesta”;
iv) “Erroneità della sentenza per grave travisamento di fatto. Ingiustizia manifesta. Sulla mancata valutazione autonoma dei fatti. Valutazione appiattita sulla sentenza penale di patteggiamento”;
v) “Sulla erroneità della sentenza per altri profili”: l’appellante ritiene che il primo giudice avrebbe dovuto esplicitamente dichiarare infondata l’eccezione di tardività del ricorso R.G. n. -OMISSIS-presentata dal Ministero (solo con relazione di difesa). Viene infine riproposto il motivo di impugnazione della nota ministeriale del 2 agosto 2016 proposto in primo grado in via subordinata, asseritamente non esaminato dal primo giudice.
3.1. Nel corso del giudizio l’appellante ha depositato il decreto del Ministero della difesa del 18 luglio 2019 di rigetto della richiesta di concessione della grazia. Al riguardo, con successiva memoria depositata in data 3 febbraio 2020, l’appellante ha sostenuto che solo dall’adozione di tale decreto può dirsi concluso il procedimento disciplinare, con la conseguenza che si dovrebbe ritenere vigente il rapporto di lavoro fino a tale data e che, pertanto, il ricorrente avrebbe maturato il diritto alla pensione.
3.2. Si è costituito in giudizio il Ministero della difesa.
3.2. Con nota depositata in data 4 marzo 2020, le parti congiuntamente hanno chiesto che la causa fosse trattenuta in decisione senza discussione.
4. All’udienza del 5 marzo 2020 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
5. L’appello è infondato e deve pertanto essere respinto.
6. In via preliminare, il Collegio:
a) dichiara l’inammissibilità delle censure introdotte nella memoria difensiva della parte appellante deposita in data 3 febbraio 2020 perché non notificata al Ministero appellato;
b) dà atto che non è stato oggetto di impugnazione il capo della sentenza relativo all’accoglimento dei motivi aggiunti al ricorso R.G. n. -OMISSIS-nella parte in cui, in accoglimento della censura in ordine all’omissione di pronuncia sulla richiesta di concessione della grazia, ha disposto l’annullamento del decreto del Ministro della difesa del 21 luglio 2016, con la conseguenza che su tale capo risulta essersi formato il giudicato;
c) esamina direttamente, per comodità espositiva, i motivi di censura sollevati nel primo grado del giudizio, essendo gli stessi sostanzialmente e criticamente ribaditi nella presente sede di gravame e costituendo il perimetro invalicabile del thema decidendum ex art. 104 c.p.a. (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 5868 del 2015).
7. Preliminarmente all’esame del merito della controversia, il Collegio intende premettere in punto di fatto che:
i) con sentenza ex art. 444 c.p.p. n. 2008/14 del 7 ottobre 2014, emessa dal G.I.P. del Tribunale di -OMISSIS-, l’appellante veniva condannato alla pena di due anni di reclusione per i reati – in concorso fra loro – di: truffa aggravata, detenzione illecita di segni distintivi e contrassegni appartenenti all’Arma dei Carabinieri, falso materiale in atto pubblico commesso da privato, corruzione continuata per atti contrari ai doveri d’ufficio; la sentenza diveniva irrevocabile in data 7 luglio 2015 (a seguito della declaratoria di inammissibilità del ricorso in Cassazione proposto avverso di essa);
ii) in data 24 febbraio 2016, a conclusione del relativo procedimento disciplinare, con decreto del Ministero della difesa – D.G. per il personale militare, prot. M_D GMIL REG2016 0120370 29 febbraio 2016, all’appellante veniva inflitta la sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari ex art. 861, comma 1, lett. d), c.o.m.;
iii) in data 17 marzo 2016, con decreto del Ministero della difesa – D.G. per il personale militare, prot. M_D GMIL REG2016 0175420 22 marzo 2016, veniva disposta la correzione di un errore materiale contenuto nel precedente decreto;
iv) con nota prot. n. M_D GMIL REG2016 0483095 2 agosto 2016 il Ministero della difesa – D.G. per il personale militare – I Rep./3^ Div. Disciplina confermava “la decisione assunta con la Determinazione Ministeriale del 24 febbraio 2016”;
v) con decreto del 21 luglio 2016 il Ministro della difesa dichiarava inammissibile il ricorso gerarchico proposto dall’appellante in data 4 aprile 2016 avverso il decreto di perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari.
8. Premettendo che i primi quattro motivi del ricorso R.G. n. -OMISSIS-coincidono con i motivi del ricorso R.G. n. -OMISSIS-, va dato atto che con il primo motivo il ricorrente, ha lamentato:
a) l’illegittimità del decreto di rimozione per perdita del grado per motivi disciplinari perché adottato senza la previa acquisizione della decisione del Ministro in ordine all’eventuale concessione della grazia per ragioni umanitarie;
b) l’incompetenza del Direttore generale per il personale militare a pronunciarsi sulla richiesta di grazia, in quanto la decisione doveva essere assunta direttamente dal Ministro;
c) la richiesta della concessione della grazia doveva intendersi esplicitata al punto c) della memoria difensiva presentata alla Commissione di disciplina, lì dove si invocava l’esigenza di consentire al padre di continuare a garantire un dignitoso tenore di vita al figlio disabile ed alla moglie.
8.2. Con il secondo motivo del medesimo ricorso è stata dedotta la non delegabilità del potere di concessione della grazia e, ad ogni modo, ove tale potere sia considerato delegabile, l’illegittimità del provvedimento di inflizione della sanzione, per avere questo omesso qualsiasi indicazione dei motivi per cui non si sono ritenute sussistenti le “ragioni umanitarie”.
9. Entrambe le censure – che possono essere trattate unitariamente in quanto strettamente connesse – non sono fondate.
9.1. Il Collegio, al riguardo, rileva che:
a) con riferimento alla normativa previgente all’adozione del codice dell’ordinamento militare, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. sez. IV, n. 1213 del 2007; sez. IV, n. 7774 del 2007; sez. IV, 21 dicembre 2006, n. 7774; sez. III, 24 gennaio 2004, n. 1279/2003):
a.1) il Ministro della difesa è il massimo organo gerarchico e disciplinare delle FF.AA. (arg. ex art. 1 e 2, l. n. 25 del 1997);
a.2) la riforma dell’impiego pubblico (di cui al d.lgs. n. 29 del 1993, oggi d.lgs. n. 165 del 2001), pur incidendo sui rapporti e sul riparto di competenze fra livello politico e dirigenza, ha lasciato ferme le particolari disposizioni recate da alcuni ordinamenti di settore, fra cui quello della difesa (artt. 3, co. 1, 19, co. 11 e 12, 21, co. 3, d.lgs. cit.); pertanto non possono estendersi le acquisizioni giurisprudenziali secondo le quali i provvedimenti disciplinari (e in generale di gestione del personale) rientrano automaticamente fra i compiti esclusivi della dirigenza militare;
a.3) è fatto salvo l’esercizio del potere di delega (di firma o in senso proprio) sicuramente utilizzabile in quanto modulo organizzatorio generale per tutte le amministrazioni;
a.4) in relazione al potere sanzionatorio disciplinare, gli artt. 88 e 75 delle leggi di stato degli ufficiali e dei sottufficiali (rispettivamente ll. nn. 513 e 599 del 1954) prevedevano che il Ministro potesse discostarsi dal giudizio della commissione di disciplina a favore del militare inquisito e, soltanto in casi di particolare gravità, anche a sfavore, valorizzando elementi o presupposti di ordine prospettico generale non tenuti adeguatamente presenti dall’organo istruttorio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 febbraio 2006, n. 810; sez. IV, 18 maggio 2004, n. 2248) ed a tal fine individuando concretamente le circostanze “eccezionali” che impongono di disattendere la proposta formulata dall’organo competente (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 febbraio 2006, n. 810; sez. IV, 9 ottobre 2002, n. 5370);
b) con l’entrata in vigore del codice dell’ordinamento militare, ai sensi degli art. 10 e 13 d.lgs. n. 66 del 2010, al Ministro della difesa, quale organo preposto all’amministrazione militare e civile della difesa e massimo organo gerarchico e disciplinare, è riconosciuto, inter alia, il potere di:
b.1) attuare le deliberazioni in materia di difesa e sicurezza adottate dal Governo, sottoposte all’esame del Consiglio supremo di difesa e approvate dal Parlamento;
b.2) emanare le direttive in merito alla politica militare, all’attività informativa e di sicurezza e all’attività tecnico-amministrativa;
b.3) partecipare direttamente o tramite un suo delegato a tutti gli organismi internazionali ed europei competenti in materia di difesa e sicurezza militare o le cui deliberazioni comportino effetti sulla difesa nazionale;
b.4) approvare la pianificazione generale e operativa interforze con i conseguenti programmi tecnico-finanziari, nonché la pianificazione relativa all’area industriale, pubblica e privata, di interesse della Difesa; nonché di esercitare,
b.5) esercitare le ulteriori competenze previste dalla legge e dal codice, fra cui quelle in materia disciplinare essendo titolare della potestà sanzionatoria di stato (ex art. 1375 c.o.m.);
c) in particolare, con specifico riferimento al potere disciplinare, l’art. 1389, comma 1, lett. a) c.o.m., rubricato “Decisione del Ministro della Difesa”, prevede che “il Ministro della difesa: a) può discostarsi, per ragioni umanitarie, dal giudizio della commissione di disciplina a favore del militare; b) se ritiene, per gravi ragioni di opportunità, che deve essere inflitta la sanzione della perdita del grado per rimozione ovvero la cessazione dalla ferma o dalla rafferma, ordina, per una sola volta, la convocazione di una diversa commissione di disciplina, ai sensi dell’articolo 1387; in tale caso il procedimento disciplinare deve concludersi nel termine perentorio di 60 giorni”;
d) la norma ha attribuito al Ministro della difesa un potere evidentemente connotato da ampia discrezionalità attraverso il quale è possibile (Cons. Stato, sez. IV, 4 ottobre 2018, n. 5700; sez. IV, 26 novembre 2015, n. 5367):
d.1) nella prima ipotesi (lettera a)), infliggere una sanzione più lieve rispetto a quella indicata dall’organo collegiale, nel caso in cui la determinazione ministeriale risulti, rispetto alla valutazione della commissione, più favorevole al militare;
d.2) nella seconda ipotesi (lettera b)), convocare una diversa commissione di disciplina, nel caso in cui il Ministro ritenga, per l’esistenza di gravi ragioni di opportunità, di discostarsi da quanto stabilito dalla commissione e che debba essere inflitta la più grave sanzione della perdita del grado per rimozione. In tal caso, data la natura grave, sostanzialmente espulsiva, della sanzione, esigenze di tutela e di difesa del militare impongono che la stessa non possa essere direttamente disposta dal Ministro, ma che sia necessaria la previa convocazione, per le relative valutazioni, di una diversa commissione di disciplina;
e) l’eventuale esercizio di tale potere si inserisce fra il verdetto della commissione e l’emanazione del provvedimento formale da parte della Direzione generale per il personale militare a ciò delegata (cfr. art. 1388, comma 13, c.o.m.);
f) il potere esercitabile dal Ministro in bonam partem è officioso, sebbene sollecitabile dalla richiesta di parte, e, ad ogni modo, si contraddistingue per l’ampia discrezionalità che, in quanto tale, lo rende insindacabile nei suoi presupposti di esercizio ovvero nel caso di mancato esercizio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 5367 del 2015);
g) peraltro, un’esigenza di specifica motivazione si potrebbe configurare sul piano logico, in ordine all’esistenza di ragioni umanitarie, esclusivamente per il caso in cui il Ministro decida di esercitare il potere discrezionale, in quanto lo stesso, ovviamente, non è tenuto ad alcuna motivazione né al compimento di specifici atti endo procedimentali quando, come nella ordinarietà dei casi, ritenga di non esercitare tale potere (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 5700 del 2018);
h) il complesso delle funzioni in materia disciplinare che fanno capo al Ministro della difesa sono da parte sua delegabili, come espressamente previsto dall’art. 1375 c.o.m. (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 21 gennaio 2020, n. 486).
9.2. Passando all’esame della fattispecie oggetto del giudizio, si deve pertanto evidenziare, da un lato, che le funzioni relative al potere sancito dal citato art. 1389, lett. a), c.o.m. nella specie non venivano delegate e, dall’altro, che, in ragione di quanto detto, il Ministro gode della massima discrezionalità nell’esercizio così come nel mancato esercizio di tale potere, non esigendosi l’espressione di alcuna motivazione al riguardo.
In conclusione, la omessa spendita di tale potere da parte dell’Autorità di vertice non vizia il provvedimento finale in questa sede impugnato.
10. Con il terzo motivo di cui ai ricorsi del primo grado, si è lamentata l’illegittimità della nomina dell’ufficiale incaricato della difesa d’ufficio ed il fatto che egli, nel procedimento disciplinare a carico del ricorrente, non ha pienamente svolto le proprie funzioni (in particolare, seguendo la tesi del primo giudice, per aver omesso di presentare una specifica domanda di grazia).
10.1. Nel quarto motivo, si è quindi lamentato il difetto di motivazione e di istruttoria con riferimento alla mera affermazione di ininfluenza delle memorie difensive presentate dal militare nel procedimento disciplinare, nonché l’assenza di una autonoma valutazione della posizione del militare, basata in buona sostanza solo sulla sentenza penale, infine l’assenza di proporzionalità tra il fatto contestato e la sanzione irrogata.
10.2. Entrambe le censure risultano infondate, nonché generiche e prive di idoneo supporto probatorio.
10.3. In particolare, il Collegio precisa in primo luogo che per costante giurisprudenza (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 21 gennaio 2020, n. 484; sez. IV, 15 gennaio 2020, n. 381):
a) “la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all’applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all’Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità ” (Cons. Stato, sez. VI, 20 aprile 2017, n. 1858; sez. III, 5 giugno 2015, n. 2791; sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1968; sez. III, 20 marzo 2015, n. 1537);
b) in sede disciplinare, l’Amministrazione può legittimamente tener conto delle risultanze emerse nelle varie fasi del pregresso procedimento penale, sì da evitare ulteriori accertamenti istruttori alla luce del principio di economicità del procedimento, ma a condizione che di tali risultanze sia autonomamente valutata la rilevanza in chiave disciplinare (Cons. Stato, Sez. IV, 10 agosto 2007, n. 4392).
10.4. Ciò premesso in termini generali, il Collegio, in relazione alla fattispecie in esame, rileva che l’Amministrazione nel corso del procedimento disciplinare che ha condotto all’irrogazione dell’impugnata sanzione provvedeva a valutare congruamente i fatti addebitabili al carabiniere, non limitandosi a richiamare le motivazioni del procedimento penale.
Esulano, pertanto, vizi di motivazione ed istruttoria nell’operato amministrativo. L’impugnato provvedimento, infatti, è stato preceduto da approfondita istruttoria e corredato da congrua, logica e coerente motivazione, come è dimostrato dal fatto che richiama nelle sue premesse “gli atti dell’inchiesta formale ordinata il 5 ottobre 2015” a carico del militare, le cui conclusioni sono contenute nella relazione finale dell’ufficiale inquirente, che riporta ampiamente le argomentazioni difensive, confutandole ed evidenziando al riguardo la oggettiva gravità delle condotte addebitate.
10.5. In conclusione, l’Amministrazione, oltre ad utilizzare le risultanze istruttorie della sede penale quali elementi fattuali idonei a supportare il giudizio disciplinare, valutandone la rilevanza in tale diversa prospettiva, analizzava la complessiva condotta tenuta dal carabiniere nell’episodio contestato.
10.6. Risulta assente inoltre il lamentato difetto di proporzionalità della sanzione irrogata, in quanto la natura e la gravità dei fatti addebitabili al militare denotano l’assoluta mancanza dell’etica professionale del senso morale e dell’onore, che devono essere dimostrati dal pubblico dipendente nello svolgimento del servizio d’istituto.
Le condotte addebitate all’appellante si pongono invero in totale spregio dei doveri assunti con il giuramento e sono tali da pregiudicare irrimediabilmente il rapporto fiduciario con l’Amministrazione, dovendo al riguardo essere tenuti in considerazione i superiori interessi pubblici, nonché le aspettative riposte dall’Amministrazione e dal consorzio civile in ogni operatore.
11. Infine, in relazione alla quinta censura dell’atto di appello, il Collegio rileva:
a) l’irrilevanza, ai fini del decidere, del motivo con cui l’appellante ritiene che il primo giudice, con riferimento all’eccezione di tardività del ricorso R.G. n. -OMISSIS-presentata dal Ministero, piuttosto che dichiararne l’inammissibilità, avrebbe dovuto esplicitamente dichiarare infondata la stessa;
b) l’improcedibilità del motivo di impugnazione della nota ministeriale del 2 agosto 2016 proposto in primo grado in via subordinata e riproposto in questa sede, condividendosi pienamente quanto affermato dal primo giudice in ordine alla natura meramente confermativa di tale atto.
12. In conclusione, in ragione di quanto esposto, l’appello deve essere respinto.
13. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55 e dell’art. 26, comma 1, c.p.a., ricorrendone i presupposti applicativi, anche in relazione ai profili di sinteticità e chiarezza, secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio, sostanzialmente recepita, sul punto in esame, dalla novella recata dal decreto-legge n. 90 del 2014 all’art. 26 c.p.a. [cfr. sez. IV, n. 1233 del 2020; n. 5008 del 2018; sez. V, 9 luglio 2015, n. 3462; sez. V, 21 novembre 2014, n. 5757; sez. V, 11 giugno 2013, n. 3210; sez. V, 26 marzo 2012, n. 1733; sez. V, 31 maggio 2011, n. 3252, cui si rinvia ai sensi degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della misura indennitaria conformemente, peraltro, ai principi elaborati dalla Corte di cassazione (cfr. Sez. VI, n. 11939 del 2017; n. 22150 del 2016)].
14. La condanna dell’appellante, ai sensi dell’art. 26, comma 1, c.p.a. rileva, infine, anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2-quinquies, lettere a) e d), della legge 24 marzo 2001, nr. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello R.G. n. 2715/2019, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento in favore del Ministero appellato delle spese del grado di giudizio, nella misura di euro 5.000,00 (cinquemila,00), oltre accessori di legge se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità dell’appellante.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 5 marzo 2020, con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli – Presidente
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere, Estensore
Roberto Caponigro – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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