Sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 21 febbraio 2020, n. 6937

Massima estrapolata:

La sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare disposta, ai sensi dell’art. 304, comma 2, cod. proc. pen., per i dibattimenti particolarmente complessi relativi ai reati indicati nell’art. 407, comma secondo, lett. a), cod. proc. pen., opera non solo per i termini intermedi e di fase, ma anche per il termine di durata massima della custodia cautelare.

Sentenza 21 febbraio 2020, n. 6937

Data udienza 26 novembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SARACENO Rosa Anna – Presidente

Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio – Consigliere

Dott. LIUNI Teresa – Consigliere

Dott. BINENTI Roberto – Consigliere

Dott. CENTONZE Alessandr – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
Avverso l’ordinanza emessa l’11/07/2019 dal Tribunale del riesame di Catania;
Sentita la relazione del Consigliere Dott. Alessandro Centonze;
Sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale Paolo Canevelli, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Sentito per il ricorrente l’avv. (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe il Tribunale del riesame di Catania, intervenendo ex articolo 310 c.p.p., confermava il rigetto, pronunciato dal Tribunale di Catania il 20/05/2019, dell’istanza volta alla declaratoria di inefficacia dell’ordinanza di custodia in carcere applicata a (OMISSIS) per decorrenza dei termini di durata massima della misura cautelare, rilevante ai sensi dell’articolo 303 c.p.p., comma 4, lettera b).
Nel respingere l’istanza, il Giudice dell’appello etneo rilevava l’infondatezza delle deduzioni difensive, secondo cui, a seguito della condanna riportata il 05/10/2018 per il reato di cui all’articolo 416-bis c.p., commi 1 e 4, la cornice edittale del delitto per il quale l’imputato (OMISSIS) era stato condannato dal Tribunale di Catania, compresa tra i nove e i quindici anni di reclusione, comportava l’applicazione del termine di durata massima della custodia cautelare di quattro anni, rilevante ex articolo 303 c.p.p., comma 4, lettera b). Tale termine, decorrente dalla data di emissione del provvedimento cautelare genetico, adottato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania il 20/11/2014, tenuto conto del tempo in cui il procedimento penale era stato sospeso, risultava interamente decorso al momento della presentazione dell’istanza di scarcerazione proposta dalla difesa di (OMISSIS).
A fronte di tali censure difensive, il Tribunale del riesame di Catania evidenziava che il termine di durata massima della custodia cautelare applicata a (OMISSIS) doveva essere quantificato in sei anni, facendo applicazione del combinato disposto dell’articolo 304 c.p.p., commi 1 e 6, che imponeva di tenere conto delle sospensioni disposte nel dibattimento del giudizio di primo grado, ai sensi dell’articolo 304 c.p.p., comma 1, lettera c) e comma 2, che consentivano il superamento del termine di custodia cautelare previsto dall’articolo 303 c.p.p., comma 4, lettera b).
Veniva, in questo modo, recepito il percorso argomentativo seguito dal Tribunale di Catania, investito dell’istanza cautelare del ricorrente, secondo cui, nel caso di specie, doveva essere esclusa la decorrenza dei termini di durata massima della custodia cautelare, facendo applicazione del combinato disposto dell’articolo 303 c.p.p., comma 4, lettera b) e articolo 306 c.p.p., comma 6.
Sulla scorta di questi elementi processuali, il Tribunale del riesame di Catania confermava l’ordinanza impugnata.
2. Avverso questa ordinanza (OMISSIS), a mezzo degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorreva per cassazione, deducendo la violazione di legge del provvedimento impugnato, in riferimento all’articolo 303 c.p.p., comma 4, lettera b) e articolo 304 c.p.p., comma 6, conseguente al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto della qualificazione giuridica del reato per il quale l’imputato (OMISSIS) era stato riconosciuto colpevole all’esito del giudizio di primo grado celebrato davanti al Tribunale di Catania. Da tale qualificazione del reato associativo del quale il ricorrente era stato riconosciuto colpevole discendeva l’applicazione del termine di durata massima della custodia cautelare di quattro anni, applicabile ai sensi dell’articolo 304 c.p.p., comma 4, lettera b), che era stato disatteso dal Tribunale del riesame di Catania, che si era limitato a recepire acriticamente il percorso seguito dal Tribunale di Catania, che aveva ritenuto operante l’automatismo della dilatazione dei termini custodiali, sulla base di un generico richiamo ai meccanismi sospensivi previsti dall’articolo 304 c.p.p..
Si deduceva, in proposito, che, in conseguenza della sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Catania il 05/10/2018, con cui il ricorrente era stato riconosciuto colpevole del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., commi 1 e 4, doveva farsi applicazione del termine di durata massima della custodia cautelare di quattro anni, previsto dall’articolo 303 c.p.p., comma 4, lettera b), che doveva ritenersi interamente spirato alla data di presentazione dell’istanza cautelare, in conseguenza del fatto che la cornice edittale stabilita per il delitto riconosciuto in sentenza era compresa tra i nove e i quindici anni di reclusione.
A sostegno di tali deduzioni difensive, si evidenziava che l’ordinanza emessa dal Tribunale di Catania il 21/04/2016, con cui era stata disposta la sospensione dei termini di custodia cautelare in carcere, in conseguenza della “particolare complessita’” del dibattimento nel quale (OMISSIS) era imputato, poteva esplicare i suoi effetti processuali nella sola fase del giudizio nella quale era stata pronunciata; mentre, nel caso in esame, si erano ritenuti operativi gli effetti di tale sospensione anche per il giudizio di appello, senza che fosse stato adottato un nuovo provvedimento sospensivo – che si imponeva ai sensi dell’articolo 304 c.p.p., comma 2, -, in assenza del quale non era possibile ritenere applicabili i termini di durata massima previsti dall’articolo 304 c.p.p., comma 6, posti erroneamente dal Tribunale del riesame di Catania a fondamento della sua ordinanza.
Ne discendeva che, una volta iniziati a decorrere i termini della fase successiva a quella in cui era stata pronunciata l’ordinanza sospensiva ex articolo 304 c.p.p., comma 2, era indispensabile che il giudice competente – in questo caso la Corte di appello di Catania – emettesse un nuovo provvedimento di sospensione dei termini di custodia cautelare, al fine di legittimare la dilatazione dei termini quadriennali di durata massima previsti dall’articolo 303 c.p.p., comma 4, lettera b). Non si era, in questo modo, tenuto conto del fatto che il termine di durata massima quadriennale della custodia cautelare, riscontrabile nel caso di specie, costituiva un limite temporale invalicabile, superato il quale il permanere dello stato coercitivo dell’indagato risultava illegittimo.
Queste ragioni imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e’ infondato.
2. Occorre premettere che il Tribunale del riesame di Catania respingeva l’appello proposto nell’interesse di (OMISSIS) sull’assunto che il termine di durata massima della custodia cautelare applicato all’imputato doveva essere quantificato nella misura di sei anni – decorrenti dalla data del 20/11/2014 – e non nella misura di quattro anni, invocata dalla difesa del ricorrente ex articolo 303 c.p.p., comma 4, lettera b).
Secondo il Tribunale del riesame di Catania, la quantificazione in sei anni del termine di durata massima della custodia cautelare patita dal ricorrente, discendeva dall’applicazione della disciplina prevista dal combinato disposto dell’articolo 304 c.p.p., commi 2 e 6, che imponeva di tenere conto delle sospensioni disposte nel dibattimento di primo grado. Tali sospensioni correttamente quantificate in 897 giorni per la celebrazione del dibattimento e in 130 giorni per il deposito della motivazione – traevano origine dall’ordinanza emessa dal Tribunale di Catania il 21/04/2016, con cui era stata disposta la sospensione dei termini di custodia cautelare in carcere nei confronti degli imputati nei cui confronti si procedeva, in conseguenza della “particolare complessita’” del dibattimento in corso di svolgimento.
3. Tanto premesso, osserva il Collegio che l’ordinanza sospensiva emessa dal Tribunale di Catania ex articolo 304 c.p.p., comma 2, come correttamente evidenziato dal Tribunale del riesame di Catania, e’ certamente idonea a esplicare i suoi effetti processuali ai fini del computo dei termini massimi di custodia cautelare di cui all’articolo 306 c.p.p., comma 6, non arrestando i suoi effetti alla sola fase nella quale e’ stata pronunciata e non abbisognando – al contrario di quanto affermato dalla difesa del ricorrente – di un ulteriore provvedimento reiterativo della misura sospensiva. Ne consegue che, nel caso di specie, non andava applicata la disciplina dei termini massimi di custodia cautelare di cui all’articolo 304 c.p.p., comma 4, lettera b), ma quella, differente, prevista dall’articolo 304 c.p.p., comma 6, a norma del quale: “La durata della custodia cautelare non puo’ comunque superare il doppio dei termini previsti dall’articolo 303 c.p.p., commi 1, 2 e 3 senza tenere conto dell’ulteriore termine previsto dall’articolo 303 c.p.p., comma 1, lettera b), n. 3-bis) e i termini aumentati della meta’ previsti dall’articolo 303, comma 4, ovvero, se piu’ favorevole, i due terzi del massimo della pena temporanea prevista per il reato contestato o ritenuto in sentenza.
A tal fine la pena dell’ergastolo e’ equiparata alla pena massima temporanea”.
Ne’ sussistono oscillazioni ermeneutiche che consentano di ritenere applicabili gli effetti dell’ordinanza sospensiva emessa dal Tribunale di Catania ex articolo 304 c.p.p., comma 2, alla sola fase del giudizio in cui e’ pronunciata. Sul punto, non si puo’ che richiamare la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui: “La sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare disposta, ai sensi dell’articolo 304 c.p.p., comma 2, per i dibattimenti particolarmente complessi relativi ai reati indicati nell’articolo 407 c.p.p., comma 2, lettera a), opera non solo per i termini intermedi e di fase, ma anche per il termine di durata massima della custodia cautelare” (Sez. 1, n. 1071 del 17/12/2008, Giacalone, Rv. 243930-01; si veda in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 2, n. 3106 del 18/12/2007, Aspa, Rv. 239295-01).
Si muove, peraltro, in questa direzione ermeneutica, anche la formulazione testuale dell’articolo 303 c.p.p., comma 4, per la quale nei termini di durata massima della custodia cautelare sono comprese anche le proroghe previste dall’articolo 305 c.p.p. e non le sospensioni di cui all’articolo 304 c.p.p., comma 6; esclusione, questa, che risponde a una scelta di politica normativa condivisibile, atteso che il legislatore ha voluto impedire la strumentalizzazione di richieste dilatorie finalizzate al conseguimento della scadenza dei termini di custodia cautelare.
Questo orientamento ermeneutico, del resto, si inserisce nel solco di un filone giurisprudenziale consolidato e risalente nel tempo, che e’ possibile esplicitare richiamando il seguente, insuperato, principio di diritto: “In materia di custodia cautelare, la sospensione dei termini di cui all’articolo 304 c.p.p., lettera c), (pendenza dei termini per la redazione della sentenza), opera non solo per i termini intermedi e di fase, ma anche – fermo restando il limite di cui al citato articolo 304 c.p.p., comma 6 – per il termine di durata massima di custodia cautelare” (Sez. 6, n. 437 del 06/02/1998, C., Rv. 210276).
Ne’ e’ dubitabile che la disposizione dell’articolo 304 c.p.p., comma 6, individua il limite massimo dei termini di custodia cautelare applicabile all’imputato comprendendo in tale ambito le cause di sospensione disposte nel corso del giudizio ex articolo 304 c.p.p., comma 2, i cui effetti processuali – nel silenzio della previsione del comma 6 della stessa disposizione – non possono che riferirsi all’intero procedimento, con il solo limite estremo dei sei anni (Sez. 1, n. 5696 del 25/11/2014, Pellicano’, Rv. 262427-01; Sez. 2 n. 9277 del 19/02/2004, Pezzuto, Rv. 228796-01).
In questa cornice, si evidenziava che l’imputato (OMISSIS) risultava sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere per complessivi 1706 giorni, pari a quattro anni, otto mesi e sei giorni – cosi’ come correttamente quantificati nel provvedimento impugnato – che, tenuto conto dei periodi di sospensione disposti nel dibattimento di primo grado, non determinavano il superamento del limite massimo di sei anni applicabile ex articolo 304 c.p.p., comma 6.
Il termine massimo di custodia cautelare, pertanto, come evidenziato dal Tribunale del riesame di Catania, spirera’ alla data del 20/11/2020, essendo stato il ricorrente arrestato in esecuzione del provvedimento cautelare genetico emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania il 20/11/2014.
3. Per queste ragioni, il ricorso proposto da (OMISSIS) deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Consegue a tali statuizioni processuali la trasmissione, a cura della cancelleria, di copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Manda la cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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