Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 22 gennaio 2019, n.1572.
Le massime estrapolate:
1. Il creditore che rilasci al debitore dichiarazione di ricezione in pagamento di un assegno bancario non circolare assevera, indipendentemente dall’utilizzo del nomen “quietanza”, non il fatto dell’adempimento dell’obbligazione ma il mero fatto del ricevimento dell’assegno.
2. Al di là del nomen adoperato dal creditore, la dichiarazione di ricezione del pagamento mediante assegno non costituisce quietanza in senso tecnico, la quale, ai sensi dell’art. 1199 c.c., è asseverazione del pagamento liberatorio (e tale non è quello del pagamento mediante comune assegno bancario), ma è mera dichiarazione di scienza avente ad oggetto la ricezione dell’assegno.
Ordinanza 22 gennaio 2019, n.1572
Presidente Travaglino
Relatore Scoditti
Considerato
Che:
con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2730, 2735, 2732 e 1988 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonché omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva il ricorrente che la dichiarazione di quietanza a saldo, con la rinuncia all’iscrizione di ipoteca legale, contenuta nel rogito notarile, ha il valore di confessione stragiudiziale, con l’efficacia peraltro dell’atto pubblico, e che stante la sua efficacia di piena prova non vi era l’onere per il N. di provare il pagamento esistendo già in atti la relativa prova, mentre la confessione stragiudiziale era revocabile solo in presenza di errore di fatto o di violenza. Aggiunge che irrilevante è la preclusione processuale rilevata dal giudice di merito con riferimento all’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2 posto che nell’atto di citazione era stata omessa l’allegazione di errore di fatto o di violenza in relazione alla dichiarazione confessoria.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2700 c.c., artt. 116 e 345 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonché omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva il ricorrente che in modo contraddittorio il giudice di appello per un verso ha ritenuto tardive le allegazioni e le produzioni documentali di cui alla memoria istruttoria per l’altro ha ritenuto che la posizione assunta nella medesima memoria costituisse riconoscimento della natura formale e apparente della quietanza, senza considerare che già gli atti introduttivi del giudizio erano sufficienti per la risoluzione della controversia sulla base della dichiarazione di quietanza.
I motivi, da valutare unitariamente, sono infondati. Come affermato da Cass. Sez. U. 22 settembre 2014, n. 19888, la quietanza, pur non essendo del tutto identificabile con la confessione stragiudiziale in quanto corrispondente ad un atto dovuto espressione di un diritto del solvens ed essendo sottoposta ad un regime speciale quanto all’accertamento della data (art. 2704 c.c., comma 3), è tuttavia soggetta in via analogica agli artt. 2732 e 2735 c.c. in quanto asseverazione di un fatto a sé sfavorevole e favorevole al solvens. In quanto dichiarazione di scienza, con portata equivalente a quella della confessione, la quietanza è affermazione di un fatto e non di un effetto giuridico quale l’estinzione dell’obbligazione (cfr. Cass. 25 marzo 1999, n. 2819). La quietanza attesta dunque il fatto suscettibile dell’effetto estintivo dell’obbligazione, la ricezione del pagamento, ma non l’effetto medesimo, il quale appartiene al piano delle qualificazioni giuridiche.
Nel caso di specie il fatto asseverato, sulla base del giudizio di fatto del giudice di merito, è il pagamento mediante assegno bancario. Non ricorre l’ipotesi dell’assegno circolare, non essendovi un conforme accertamento da parte del giudice di merito (sull’efficacia estintiva del debito del pagamento mediante assegni circolare, pure in assenza di una volontà delle parti in tale senso, Cass. 19 dicembre 2006, n. 27158 – per Cass. 14 febbraio 2007, n. 3254 e altre conformi è invece necessaria la volontà delle parti o un conforme uso negoziale). Nel caso di pagamento effettuato mediante un comune assegno di conto corrente l’effetto liberatorio si verifica con la riscossione della somma portata dal titolo poiché la consegna dello stesso deve considerarsi effettuata, salva diversa volontà delle parti, pro solvendo (Cass. 5 giugno 2018, n. 14372; 30 luglio 2009, n. 17749). Come affermato da Cass. 5 febbraio 1997, n. 1108 a proposito della disposizione di cui all’art. 1198 c.c., ‘la cessione del credito in luogo di adempimento, se determina l’immediata trasmissione del credito ceduto, non ha per questo l’effetto di determinare l’altresì immediata estinzione dell’obbligazione, di cui provoca invece solo l’inesigibilità, inesigibilità che permane per il tempo in cui perdura la pendenza del rapporto che deriva dalla cessione del credito’.
Il pagamento asseverato dalla dichiarazione in questione è un pagamento mediante assegno, il cui effetto estintivo dell’obbligazione non deriva certo dall’asseverazione contenuta nella dichiarazione, la quale si limita ad attestare il ricevimento dell’assegno in funzione di pagamento, ma dalla riscossione della somma portata dal titolo, riscossione che non è stata dedotta dal ricorrente (il quale si è limitato a dedurre la circostanza della quietanza), né tanto meno è stata accertata dal giudice di merito.
La quietanza poi, in quanto dichiarazione di scienza, non è idonea ad integrare la ‘volontà delle parti’ costitutiva dell’effetto estintivo del debito sulla base del ricevimento dell’assegno. Per il caso di cessione di credito in luogo di adempimento è consentito dalla norma l’effetto estintivo dell’obbligazione prima della riscossione del credito, ma a condizione che tale sia la volontà delle parti (art. 1198 c.c., comma 1). La produzione dell’effetto estintivo deriva dalla natura negoziale della dichiarazione in discorso (‘volontà delle parti’), nell’ambito di una fattispecie complessa di estinzione dell’obbligazione, risultante dalla cessione del credito e dall’accordo negoziale (e la volontà di conferire al titolo efficacia pro soluto, con conseguente immediata estinzione dell’obbligazione di pagamento, deve essere espressa in modo univoco ed inequivocabile – Cass. 16 aprile 2015, n. 7820), mentre alla base della quietanza vi è una mera dichiarazione di scienza, inidonea come tale a determinare l’effetto estintivo dell’obbligazione.
La dichiarazione di ricezione del pagamento mediante assegno non documenta quindi l’adempimento dell’obbligazione, ma la mera circostanza della ricezione dell’assegno, dovendo l’effetto estintivo dell’obbligazione essere imputabile alla riscossione del medesimo assegno (documenta invece l’estinzione dell’obbligazione cartolare la consegna quietanzata da parte del portatore dell’assegno bancario al trattario che lo paghi – art. 37, comma 1, legge assegni). Al di là del nomen adoperato dal creditore, la dichiarazione di ricezione del pagamento mediante assegno non costituisce quietanza in senso tecnico, la quale, ai sensi dell’art. 1199 c.c., è asseverazione del pagamento liberatorio (e tale non è quello del pagamento mediante comune assegno bancario), ma è mera dichiarazione di scienza avente ad oggetto la ricezione dell’assegno.
Va in conclusione affermato il seguente principio di diritto: ‘il creditore che rilasci al debitore dichiarazione di ricezione in pagamento di un assegno bancario non circolare assevera, indipendentemente dall’utilizzo del nomen quietanza, non il fatto dell’adempimento dell’obbligazione ma il mero fatto del ricevimento dell’assegno’.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13
Leave a Reply