Per la dichiarazione del fallimento in estensione della società di fatto occulta

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|13 febbraio 2023| n. 4385.

Per la dichiarazione del fallimento in estensione della società di fatto occulta

In ipotesi di fallimento dell’imprenditore che eserciti l’attività d’impresa in forma apparentemente individuale, per la dichiarazione del fallimento in estensione, ex art. 147, comma 5, l.fall. della società di fatto occulta costituita tra il predetto e i suoi familiari, nonché del fallimento in ripercussione di questi ultimi quali soci illimitatamente responsabili, ai sensi del comma 1 della norma anzidetta, è indispensabile la prova del rapporto sociale, ai fini della quale le fideiussioni e i finanziamenti in favore dell’imprenditore possono costituire indici rivelatori sempreché, per la loro sistematicità e per ogni altro elemento concreto, siano ricollegabili ad una costante opera di sostegno del garante o finanziatore all’attività di impresa, qualificabile come collaborazione di un socio al raggiungimento degli scopi sociali.

Ordinanza|13 febbraio 2023| n. 4385. Per la dichiarazione del fallimento in estensione della società di fatto occulta

Data udienza 9 febbraio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Fallimento – Società di fatto – Valutazione di diversi indici sintomatici dell’esistenza del vincolo societario – Rilevanza della condotta dei soci idonea ad ingenerare all’esterno il ragionevole affidamento circa l’esistenza della società – Omesso esame di fatti storici decisivi – Annullamento con rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAZZICONE Loredana – Presidente

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 15550/2020 r.g. proposto da:
FALLIMENTO “(OMISSIS)”, FALLIMENTO DELLA SOCIETA’ DI FATTO TRA (OMISSIS), (OMISSIS) E (OMISSIS), FALLIMENTO (OMISSIS) e FALLIMENTO (OMISSIS), in persona dei rispettivi curatori, tutti rappresentati e difesi, in virtu’ di procura speciale allegata al ricorso, dall’Avvocato Prof. (OMISSIS), presso il cui studio elettivamente domiciliano in (OMISSIS).
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.P.A., con sede in (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore Dott. (OMISSIS), rappresentata e difesa, in virtu’ di procura speciale allegata al controricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), con cui elettivamente domicilia in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS).
– controricorrente e ricorrente in via incidentale –
e
(OMISSIS), rappresentata e difesa, in virtu’ di procura speciale allegata al controricorso, dagli Avvocati (OMISSIS) e Prof. (OMISSIS), con cui elettivamente domicilia in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS).
– controricorrente anche al ricorso incidentale –
avverso la sentenza, n. reg. 200/2020, della CORTE DI APPELLO DI CALTANISSETTA pubblicata il giorno 06/04/2020;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del giorno 09/02/2023, dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

Per la dichiarazione del fallimento in estensione della società di fatto occulta

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 27/2016, il Tribunale di Gela, accogliendo il corrispondente ricorso della (OMISSIS) s.p.a., dichiaro’ il fallimento della impresa individuale “(OMISSIS)”.
1.1. Successivamente, su istanza di detto fallimento, il medesimo tribunale, ritenendo riferibile l’impresa apparentemente individuale esercitata dal fallito ad una societa’ di fatto occulta costituita da quest’ultimo unitamente ai coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), cio’ sulla base di una serie di indici rivelatori di un sodalizio societario, con sentenza n. 12/2019 pronuncio’ il fallimento in estensione (ex articolo 147, comma 5, l.fall.) della societa’ di fatto occulta costituita dal Dott. (OMISSIS), gia’ dichiarato fallito, e dai coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente, fratello e cognata del primo, nonche’, in ripercussione (ex articolo 147, comma 1, l.fall.), il fallimento di questi ultimi nella loro qualita’ di soci illimitatamente responsabili della suddetta societa’ di fatto occulta
2. Il reclamo promosso contro tale seconda sentenza dalla sola (OMISSIS), che contesto’ la sussistenza, nei suoi confronti, dell’affectio societatis, fu parzialmente accolto dalla Corte d’appello di Caltanissetta con sentenza del 6 aprile 2020, n. 200, – resa nel contraddittorio con la curatela dei menzionati fallimenti e la (OMISSIS) s.p.a. – che revoco’ il fallimento della reclamante.
2.1. Per quanto qui di residuo interesse, quella corte, in via pregiudiziale, respinse l’eccezione di inammissibilita’ della memoria difensiva della (OMISSIS) del 21 dicembre 2019 e della documentazione ad essa allegata, sollevata dalle curatele e della (OMISSIS) s.p.a., ritenendo che il “procedimento camerale in esame non e’ soggetto alle preclusioni previste per il rito ordinario, purche’, come e’ avvenuto nel caso di specie, sulla nuova produzione si sia instaurato e si sia svolto il contraddittorio tra le parti in causa”.
2.1.1. Quanto al merito, poi, considero’ “insufficienti a configurare la sussistenza di una societa’ di fatto”, non univoci, ne’ concludenti, gli indici rivelatori dell’affectio societatis asseritamente intercorsa tra i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), da una parte, e (OMISSIS), dall’altra, come addotti dalla curatela e dalla (OMISSIS) s.p.a. ed evidenziati nel decisum ivi impugnato. In particolare, dopo aver richiamato i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimita’ in ordine all’individuazione degli indici sintomatici dell’esistenza del vincolo societario, opino’ che: i) tra detti indici sintomatici rientrava anche la prestazione di costanti contributi economici (fideiussioni, avalli, garanzie) all’imprenditore “palese”; ii) il rilascio di plurime fideiussioni non era di per se’ sufficiente a dimostrare l’affectio societatis, dovendosi provare la sussistenza di un fondo comune o di un’alea comune nei guadagni, in modo da manifestare all’esterno l’intento di svolgere in forma collettiva l’attivita’ di impresa; iii) il controllo circa la sussistenza degli indici rivelatori del vincolo societario doveva essere particolarmente rigoroso quando ad effettuare i contributi economici fossero soggetti legati all’imprenditore “palese” da vincoli di parentela.
2.1.2. Sulla scorta di tali considerazioni, affermo’, con riferimento alla posizione della (OMISSIS), che: i) le operazioni economiche dalla stessa realizzate si erano tradotte, per un verso, nella prestazione di garanzie in favore della societa’, in relazione alle quali non vi era stata alcuna clausola di esclusione del diritto di regresso (pur ammettendo che un tale clausola avrebbe potuto deporre, invece, nel senso della sussistenza di un rapporto sociale di fatto); e, per altro verso, nell’effettuazione di bonifici bancari a favore della farmacia; ii) le dichiarazioni rese da Rosaria Cucchiara, moglie di (OMISSIS), che aveva indicato (OMISSIS) come reale dominus dell’attivita’, dal punto di vista economico gestionale, non avevano interessato la posizione della reclamante, non potendo valere, dunque, come indici sintomatici dell’esistenza del vincolo societario nei confronti di quest’ultima; iii) nessuna rilevanza poteva attribuirsi, ai fini della prova dell’affectio societatis in capo alla (OMISSIS), tanto al fatto che (OMISSIS) avesse assunta la veste di procuratore speciale in un’operazione di compravendita immobiliare di beni di proprieta’ del fratello (OMISSIS), quanto all’esistenza di una delega congiunta in capo ai fratelli (OMISSIS) ad operare sul conto corrente bancario intestato alla farmacia; iv) per quel che concerneva, piu’ specificamente, le operazioni economiche intercorse tra la reclamante e la farmacia, da valutarsi alla luce del rapporto familiare che legava la prima agli altri due componenti della societa’ di fatto: iv-a) le tre fideiussioni rilasciate dalla (OMISSIS) in data 5 agosto 2008 (la prima di 1.600.000 Euro; la seconda di 400.000 Euro; la terza di 650.000 Euro, poi ridotta a 65.000), erano da considerare alla stregua di un’operazione unitaria volta a consentire l’acquisto della farmacia, cosi’ da non denotare alcuna affectio societatis tra la garante ed i fratelli (OMISSIS); iv-b) sempre nell’ambito dell’operazione unitaria di finanziamento doveva essere fatta rientrare anche la dazione di pegno di titoli da parte della (OMISSIS), “costituendo prassi bancaria quella di farsi garantire i mutui e le concessioni di fidi per il tramite di aperture di credito bancario con la stipula di fideiussioni omnibus, la concessione di ipoteche o la costituzione di pegni ad opera di soggetti solidi finanziariamente”; iv-c) anche i molteplici bonifici eseguiti nel corso del tempo dalla reclamante in favore della farmacia dovevano essere inquadrati nell’ambito della prima operazione di finanziamento, posto che gli stessi erano stati effettuati nel momento in cui la farmacia aveva smesso di onorare i prestiti contratti con le banche ed al fine di evitare che le banche medesime aggredissero direttamente il patrimonio della (OMISSIS) in qualita’ di coobbligata, risultando, dunque, un concreto e reale interesse di quest’ultima a tacitare il creditore, mentre “il pagamento diretto al creditore non si palesava quale opzione contabilmente e fiscalmente consigliabile”; iv-d) del tutto compatibili, poi, con la qualita’ di garante della (OMISSIS) dovevano considerarsi i vari bonifici effettuati dal conto della farmacia a favore di quest’ultima, trattandosi di “restituzioni di prestiti di denaro effettuate dal debitore principale proprio per ristorare la garante delle somme in precedenza ricevute”, come dimostravano le causali apposte sui bonifici del tenore “restituzioni anticipazioni”, “versamento del terzo interveniente e fideiussore per pagamento rate insolute”, “girofondi” o “restituzione prestito infruttifero”; iv-d) infine, ben si addiceva agli stretti rapporti familiari la dicitura “versamento del terzo interveniente e fideiussore senza possibilita’ di rivalsa” nella causale dalla reclamante a favore della farmacia, atteso che tale dicitura “non e’ tale da far venir meno l’azione di regresso che spetta al fideiussore nei confronti del debitore principale, e comunque non risulta tale da palesare la compartecipazione all’esercizio dell’attivita’ di impresa”.
3. Per la cassazione di questa decisione hanno proposto un unico ricorso il Fallimento dell’impresa individuale “(OMISSIS)” e quello della societa’ di fatto tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ di questi ultimi due quali suoi soci illimitatamente responsabili, affidandosi a tre motivi. La (OMISSIS) s.p.a. ha depositato controricorso, recante anche ricorso incidentale, affidato a cinque motivi. (OMISSIS) ha resistito, con controricorso, ad entrambe tali impugnazioni (principale ed incidentale). Tutte le parti costituite hanno depositato memoria ex articolo 380-bis.1 c.p.c..

Per la dichiarazione del fallimento in estensione della società di fatto occulta

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I formulati motivi del ricorso principale denunciano, rispettivamente:
I) “Art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.: nullita’ della sentenza o del procedimento per violazione dei termini e delle preclusioni legalmente stabilite dall’articolo 18 l.fall.”. Si assume che la sentenza impugnata e’ stata pronunciata sulla base di difese rassegnate (e documentate) dalla (OMISSIS) in violazione dei termini e delle preclusioni legalmente stabiliti dall’articolo 18 l.fall. ed ha deciso il gravame tenendo conto di argomenti diversi da (ed anzi per certi versi incompatibili con) quelli posti a base del reclamo, rassegnati dalla reclamante con memoria successiva all’atto introduttivo;
II) “Art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – Omesso esame circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, in quanto idonei a costituire indici sintomatici della qualita’ della resistente di socio occulto della societa’ di fatto fallita”. Si afferma che la decisione della corte distrettuale e’ inficiata da grave contraddittorieta’ ed illogicita’, per aver omesso l’esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, in quanto idonei, sulla base della costante giurisprudenza di legittimita’, a costituire indici sintomatici della qualita’ di socio occulto della (OMISSIS) della societa’ di fatto unitamente a (OMISSIS) ed a (OMISSIS);
III) “Art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 147, comma 5, l.fall.”, per avere la corte territoriale violato ovvero falsamente applicato la disposizione invocata avuto riguardo ai principi espressi dalla Suprema Corte in ordine agli indici sintomatici di un rapporto sociale di fatto e, segnatamente, alla rilevanza, ai fini della configurabilita’ di un tale vincolo, per un verso, delle garanzie e degli apporti finanziari, e, per altro verso, dei rapporti familiari.
2. I motivi del ricorso incidentale della (OMISSIS) s.p.a. prospettano, invece, rispettivamente:
I) “Nullita’ della sentenza o del procedimento per violazione delle preclusioni stabilite dall’articolo 18 l.fall. e per la valutazione, ai fini decisori, di prove illegittimamente ammesse e inutilizzabili (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – Violazione di legge e, in particolare, dell’articolo 18 l.fall. e dell’articolo 47 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – Violazione di legge e, in particolare, degli articoli 115 e 116 c. p.c. per illegittima ed erronea valutazione di prove inammissibili ed inutilizzabili”. Si ascrive alla corte nissena di aver erroneamente concesso alla reclamante la facolta’ di depositare nuove memorie, di aver perseverato nell’errore non espungendo dal materiale acquisibile ai fini decisorie le note autorizzate inammissibili ed irrituali depositate da quest’ultima, malgrado l’eccezione al riguardo sollevata anche dalla (OMISSIS) s.p.a., e di avere addirittura posto a fondamento della sua decisione proprio quei motivi e quel materiale che non avrebbero dovuto essere ammessi, ne’ tenuti in considerazione;
II) “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti e, in particolare, circa l’assunzione dei mezzi istruttori richiesti dalla (OMISSIS) s.p.a. – Violazione della legge e, in particolare, dell’articolo 18, comma 10, l.fall. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, censurandosi la decisione impugnata nella parte in cui aveva ritenuto che la curatela e la creditrice istanti non avevano offerto elementi probatori tali da comprovare, in modo univoco e concludente, la sussistenza dell’affectio societatis tra i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), da una parte, e (OMISSIS), dall’altra, senza tuttavia, ammettere la prova testimoniale che la (OMISSIS) s.p.a. aveva articolato in primo grado, ribadendone la richiesta pure in sede di reclamo ove utile, volta a dimostrare proprio quella circostanza;
III) “Violazione di legge e, in particolare, degli articoli 111, comma 6, Cost. e 18 l.fall. ed omesso esame di un fatto decisivo (articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) – Carenza di motivazione in merito alla non ammissione dei mezzi istruttori – Contraddittorieta’ della sentenza impugnata”, per non avere la corte distrettuale in alcun modo motivato la mancata ammissione della prova testimoniale articolata dalla (OMISSIS) s.p.a. pur avendo ritenuto non dimostrato quanto, con essa si intendeva provare;
IV) “Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 147, comma 5, l.fall. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, contestandosi la ritenuta insussistenza, nella specie, da parte della corte di appello, degli indici sintomatici di un rapporto sociale di fatto quanto alla posizione della (OMISSIS);
V) “Erronea applicazione della legge e, in particolare, dell’articolo 92 c.p.c. sulla compensazione delle spese di lite (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, assumendosi che dal rigetto del reclamo proposto dalla (OMISSIS) sarebbe potuta derivare la sua condanna alla refusione delle spese di quel giudizio, che, invece, la corte territoriale aveva compensato alla luce di un’erronea valutazione di validita’ delle ragioni avversarie.
2. Il primo motivo del ricorso principale puo’ esaminarsi contestualmente al primo motivo di quello incidentale perche’ chiaramente connessi. Entrambi, peraltro, si rivelano inammissibili alla stregua delle dirimenti considerazioni di cui appresso.
2.1. Giova premettere che questa Corte ha da tempo chiarito come, nelle impugnazioni della sentenza dichiarativa di fallimento, relativamente ai procedimenti (come quello in esame) in cui trova applicazione la riforma di cui al Decreto Legislativo n. 169 del 2007, che ha modificato l’articolo 18 Regio Decreto n. 267 del 1942, ridenominando tale mezzo come “reclamo” in luogo del precedente “appello”, non si applicano i limiti previsti, in tema di appello, dagli articolo 342 e 345 c.p.c. (cfr. tra le piu’ recenti, Cass. n. 4893 del 2019), sicche’ le parti sono abilitate a proporre, in sede di reclamo, anche questioni non affrontate nel giudizio innanzi al tribunale: cio’, tuttavia, consente di ritenere illimitato il solo devolvibile, fermo che il devoluto resta pur sempre e soltanto quello definito dal reclamo (cfr., in motivazione, Cass. n. 5689 del 2017).
2.2. Fermo quanto precede, nella specie, innanzitutto, entrambe tali doglianze non forniscono tutti gli elementi utili a ricostruire la specifica questione processuale da esse prospettata.
2.2.1. Invero, alla generica affermazione secondo cui “il motivo di fondo sulla base del quale la corte territoriale ha accolto il reclamo e’ dato proprio dall’aver condiviso la tesi di controparte, sostenuta, per la prima volta, nella citata memoria del 21 dicembre 2019, secondo la quale tutte le operazioni di tipo finanziario intercorse tra la resistente ed il cognato (OMISSIS) – e cosi’ le tre fideiussioni rilasciate dalla resistente in favore di quest’ultimo nel 2008, nonche’ il pegno su titoli pure concesso dalla prima al secondo, nonche’ ancora i bonifici in dare ed avere tra i conti bancari riferibili ai due – sarebbero da ricondurre all’unica operazione di finanziamento dell’acquisto della farmacia, come tale inidonea a far emergere, in maniera univoca, l’affectio societatis al sodalizio di fatto fra i germani (OMISSIS)” (cfr. pag. 8 del ricorso principale. Alcunche’, invece, e’ riportato, in proposito, nell’omologo motivo del ricorso incidentale della (OMISSIS) s.p.a.), non e’ seguita la puntuale descrizione (sia nel motivo di ricorso principale che in quello del ricorso incidentale) delle ragioni di impugnazione originariamente formulate dalla (OMISSIS) nel proprio reclamo. Questa Corte, dunque, in base alla sola lettura di ciascuno dei due motivi in esame, non e’ posta in condizione di verificare se la memoria predetta avesse introdotto temi di indagine effettivamente diversi rispetto a quelli sottoposti alla corte distrettuale mediante l’originario reclamo.
2.2.1. Va rammentato, in proposito, che il requisito di cui all’articolo 366, comma 1, n. 3, c.p.c. consiste in un’esposizione che deve garantire a questa Corte di avere una chiara e completa cognizione sia del fatto sostanziale che ha originato la controversia sia del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (cfr. Cass., SU, n. 30754 del 2018, che richiama Cass. n. 21396 del 2018. Entrambe sono ribadite dalla piu’ recente Cass. n. 8117 del 2022).
2.2.2. La valutazione in termini d’inammissibilita’ del ricorso o di un suo singolo motivo non esprime, naturalmente, un formalismo fine a se’ stesso, bensi’ il richiamo al rispetto di una precisa previsione legislativa volta ad assicurare uno standard di redazione degli atti che, declinando la qualificata prestazione professionale svolta dalla difesa e presupposta dall’ordinamento, si traduce nel sottoporre al giudice nel modo piu’ chiaro la vicenda processuale permettendo, in quel perimetro, l’apprezzamento delle ragioni della parte (cfr. la gia’ citata Cass., SU, n. 30754 del 2018). Si tratta, come evidente, di una ricaduta del principio di specificita’ del gravame, calato nel giudizio a critica vincolata proprio della presente sede di legittimita’.
2.2.3. Nell’odierna fattispecie, come si e’ gia’ anticipato, le doglianze in esame non indicano puntualmente i motivi di impugnazione originariamente formulati dalla (OMISSIS) nel proprio reclamo, cosi’ non consentendo a questa Corte di apprezzarne eventuali differenze con la gia’ riportata argomentazione (cfr. pag. 8 del ricorso principale) asseritamente prospettata solo con la sua memoria del 21 dicembre 2019. In questo lacunoso perimetro, dunque, tali doglianze non possono essere vagliate perche’ risultano aspecifiche, dovendosi qui solo ricordare che il principio di autosufficienza, riferito alla specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi su cui il ricorso si fonda ai sensi dell’articolo 366, comma 1, n. 6, c.p.c., anche interpretato alla luce dei principi contenuti nella sentenza della Corte EDU, sez. I, 28 ottobre 2021, r.g. n. 55064/11, non puo’ ritenersi rispettato qualora il motivo di ricorso faccia rinvio agli atti allegati e contenuti nel fascicolo di parte senza riassumerne il contenuto al fine di soddisfare il requisito ineludibile dell’autonomia del ricorso per cassazione, fondato sulla idoneita’ del contenuto delle censure a consentire la decisione (cfr. Cass. n. 6769 del 2022). In altri termini, come precisato da Cass. n. 8117 del 2022 (cfr. in motivazione) “(…) la stessa giurisprudenza della Corte E.D.U. 28 ottobre 2021, ricorso n. 55064/11 e altri 2 – Succi e altri contro Italia, ha di recente chiarito: a) che la ricostruita lettura del “principe d’autonomie du pourvoi en cassation”, ovvero dell’articolo 366, c.p.c., e in questo caso del numero 3 del comma 1, “garantisce un utilizzo appropriato e piu’ efficace delle risorse disponibili” dall’amministrazione della giustizia, quale conformata dalle norme nazionali e dal diritto vivente a fronte delle domande ad essa rivolte (la Corte evoca in questo quadro le disposizioni contenute nell’articolo 360-bis c.p.c.), e b) come “tale approccio sia attinente alla natura stessa del ricorso per cassazione che protegge, da una parte, l’interesse del ricorrente a che siano accolte le sue critiche contro la decisione impugnata e, dall’altra, l’interesse generale alla cassazione di una decisione che rischi di pregiudicare la corretta interpretazione del diritto” (§§ 78-79); c) in particolare, la Corte di legittimita’, leggendo il ricorso nella sua globalita’, deve allora poter “comprendere l’oggetto della controversia, cosi’ come il contenuto delle critiche che dovrebbero giustificare la cassazione della decisione impugnata” (§ 110), sicche’: d) in applicazione del principio di specificita’ del ricorso per cassazione, ai fini del rispetto del requisito stabilito dall’articolo 366, n. 3, c.p.c., debbono essere precisate e riferite, con chiara sintesi idoneamente funzionale a elidere dubbi di comprensione, le pretese quali svolte nelle fasi di merito, e le risposte date dai precedenti giudici, cosi’ da poter apprezzare la concludenza delle censure a quelle risposte, previa ragionata ovvero pertinente menzione sia degli atti dove verificare quanto cosi’ congruamente riportato, sia della loro univoca collocazione nell’incarto documentale come appropriatamente offerto all’esame della Suprema Corte”.
2.4. Resta solo da aggiungere che, come gia’ condivisibilmente sancito dalla giurisprudenza di legittimita’ (cfr. Cass. n. 2771 del 2017; Cass. n. 20924 del 2019; Cass., SU, n. 20181 del 2019), questa Suprema Corte, allorquando (come accaduto con i motivi di cui si discute) sia denunciato un error in procedendo, essendo anche giudice del fatto, ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; ma con la precisazione che, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, e’ necessario una sollecitazione del potere di accertamento del vizio e cioe’ che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame. Sicche’ il corrispondente motivo in tanto e’ ammissibile ove contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni ed i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale.
2.5. Infine, con riguardo, piu’ specificamente, al primo motivo di ricorso incidentale della (OMISSIS) s.p.a., rileva il Collegio che quest’ultima si duole anche del fatto che la (OMISSIS), abbia prodotto, con la memoria (peraltro – giova qui rimarcarlo – autorizzata dalla corte distrettuale) del 21 dicembre 2019, delle dichiarazioni sostitutive di atto di notorieta’ da considerarsi, pero’, prive di valore probatorio.
2.5.1. Sul punto e’ sufficiente osservare, in via assolutamente dirimente, che la sentenza impugnata da’ atto (cfr. pag. 5) che sulla nuova produzione si e’ instaurato e si e’ svolto il contraddittorio; non menziona tale documentazione e, comunque, non ne suppone l’avvenuta sua utilizzazione ai fini della decisione.
3. Passando, allora, al secondo motivo del ricorso principale, lo stesso puo’ essere scrutinato congiuntamente ai motivi secondo e terzo di quello incidentale della (OMISSIS) s.p.a.. Tutti, infatti, si risolvono, sostanzialmente, nella contestazione, sebbene sotto i diversi profili enucleati da ciascuna di tali censure, dell’affermazione della corte distrettuale che ha considerato “insufficienti a configurare la sussistenza di una societa’ di fatto”, non univoci, ne’ concludenti, gli indici rivelatori dell’affectio societatis asseritamente intercorsa tra i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), da una parte, e (OMISSIS), dall’altra, come addotti dalla curatela e dalla (OMISSIS) s.p.a. ed evidenziati nel decisum innanzi ad essa impugnato. Questi motivi si rivelano fondati nei limiti di seguito indicati.
3.1. Nei § 2.1.1. e 2.1.2. dei “Fatti di causa” (da intendersi, qui, per intuibili ragioni di sintesi, interamente richiamati) si e’ gia’ dato ampiamente conto delle ragioni fondanti la suddetta affermazione della corte nissena. Ad una tale conclusione la stessa e’ giunta dopo aver richiamato, cosi’ evidentemente intendendo porli a fondamento della sua decisione, i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimita’ in ordine all’individuazione degli indici sintomatici dell’esistenza del vincolo societario, rimarcando, in proposito, che: i) tra detti indici rivelatori rientrava anche la prestazione di costanti contributi economici (fideiussioni, avalli, garanzie) all’imprenditore “palese”; ii) il rilascio di plurime fideiussioni non era di per se’ sufficiente a dimostrare l’affectio societatis, dovendosi provare la sussistenza di un fondo comune o di un’alea comune nei guadagni, in modo da manifestare all’esterno l’intento di svolgere in forma collettiva l’attivita’ di impresa; iii) il controllo circa la sussistenza degli indici rivelatori del vincolo societario doveva essere particolarmente rigoroso quando ad effettuare i contributi economici fossero soggetti legati all’imprenditore “palese” da vincoli di parentela.
3.1.1. Le doglianze in esame contestano la decisione della corte distrettuale: i) per aver omesso l’esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio – individuati in quelli analiticamente descritti alle pagine da 15 a 18 del ricorso principale – in quanto idonei, sulla base della costante giurisprudenza di legittimita’, a costituire indici sintomatici della qualita’ di socio occulto della (OMISSIS) della societa’ di fatto unitamente a (OMISSIS) ed a (OMISSIS) (secondo motivo del ricorso principale); ii) per aver ritenuto che la curatela e la creditrice istanti non avevano offerto elementi probatori tali da comprovare, in modo univoco e concludente, la sussistenza dell’affectio societatis tra i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), da una parte, e (OMISSIS), dall’altra, senza tuttavia, ammettere la prova testimoniale che la (OMISSIS) s.p.a. aveva articolato in primo grado, ribadendone la richiesta pure in sede di reclamo ove utile, volta a dimostrare proprio quella circostanza. Di tale mancata ammissione, inoltre, neppure era stata fornita qualsivoglia motivazione (secondo e terzo motivo del ricorso incidentale della (OMISSIS) s.p.a.).
3.2. E’ utile ricordare, allora, che la giurisprudenza di questa Corte (cfr., ex aliis, Cass. n. 19234 del 2020) e’ ormai consolidata nell’opinare che l’esistenza di una societa’ di fatto, nel rapporto fra i soci, postula la dimostrazione, eventualmente anche con prove orali o presunzioni, del patto sociale e dei suoi elementi costitutivi (fondo comune, esercizio in comune di attivita’ economica, ripartizione dei guadagni e delle perdite, vincolo di collaborazione in vista di detta attivita’). In altri termini, la mancanza della prova scritta del contratto di costituzione di una societa’ di fatto o irregolare (non richiesta dalla legge ai fini della sua validita’) non impedisce al giudice del merito l’accertamento aliunde, mediante ogni mezzo di prova previsto dall’ordinamento, ivi comprese le presunzioni semplici, dell’esistenza di una struttura societaria, all’esito di una rigorosa valutazione (quanto ai rapporti tra soci) del complesso delle circostanze idonee a rivelare l’esercizio in comune di una attivita’ imprenditoriale, quali il fondo comune costituito dai conferimenti finalizzati all’esercizio congiunto di un’attivita’ economica, l’alea comune dei guadagni e delle perdite e l’affectio societatis, cioe’ il vincolo di collaborazione in vista di detta attivita’ nei confronti dei terzi (cfr., tra le piu’ recenti, Cass. n. 33230 del 2019; Cass. n. 8981 del 2016; Cass. n. 5961 del 2010). Il convincimento sulla ricorrenza di una societa’ di fatto fra l’imprenditore e chi lo collabora nell’attivita’ d’impresa, dunque, puo’ basarsi su ogni circostanza concreta qualificabile come collaborazione del socio al raggiungimento degli scopi sociali. Invero, la societa’ di fatto, ancorche’ non esistente nei rapporti fra i soci, puo’ apparire esistente di fronte a terzi, quando due o piu’ persone operino nel mondo esterno in guisa da ingenerare l’opinione che esse agiscano come soci, in modo che i terzi, trattando con loro, siano indotti a fare legittimo affidamento sull’esistenza della societa’. In tale ipotesi, soccorre la tutela della buona fede dei terzi, per il principio dell’apparenza del diritto, in virtu’ del quale, nonostante l’inesistenza dell’ente, coloro che si comportino esteriormente come soci vengono ad assumere in solido obbligazioni come se la societa’ esistesse.
3.2.1. Peraltro, Cass. n. 8981 del 2016 ha puntualizzato che e’ sufficiente a far sorgere la responsabilita’ solidale dei soci, ai sensi dell’articolo 2297 c.c., l’esteriorizzazione del vincolo sociale, ossia l’idoneita’ della condotta complessiva di taluno dei soci ad ingenerare all’esterno il ragionevole affidamento circa l’esistenza della societa’; mentre Cass. n. 33230 del 2019 ha ribadito che, in tema di societa’ di fatto tra consanguinei, la prova della esteriorizzazione del vincolo societario deve essere rigorosa, occorrendo che essa si basi su elementi e circostanze concludenti, tali da escludere che l’intervento del familiare possa essere motivato dalla affectio familiaris e deporre, invece, nel senso di una sua compartecipazione all’attivita’ commerciale (cfr. Cass. n. 15543 del 2013; Cass. n. 3163 del 1999).
3.2.2. Un risalente, ma non per questo meno autorevole, pronuncia di legittimita’ (Cass. n. 7119 del 1982), poi, ha chiarito la natura dei fatti e delle prove che, in tali accertamenti, si rivelano particolarmente utili, enunciando il principio secondo cui, al fine della dichiarazione di fallimento di una societa’ di fatto, la sussistenza del contratto sociale puo’ risultare, oltre che da prove dirette specificamente riguardanti i suoi requisiti (affectio societatis, costituzione di un fondo comune, partecipazione agli utili ed alle perdite), pure da manifestazioni esteriori della attivita’ del gruppo, quando, per la loro sintomaticita’ e concludenza, evidenzino l’esistenza della societa’ anche nei rapporti interni (cfr., in senso sostanzialmente conforme, anche Cass. n. 6422 del 1984; Cass. n. 3398 del 1985; Cass. n. 6087 del 1986; Cass. n. 5403 del 1988; Cass. n. 2985 del 1994; Cass. n. 4187 del 1997; Cass. n. 7624 del 1997; Cass. n. 4529 del 2008; Cass. n. 27541 del 2019); si’ che – ha proseguito Cass. n. 7119 del 1982 – finanziamenti e fideiussioni in favore dell’imprenditore, se non sono di per se’ idonei ad evidenziare il rapporto sociale fra quest’ultimo ed il finanziatore o garante, specie se giustificabili in relazione a vincoli di coniugio o parentela, possono costituire, pure in tal caso, indici rivelatori del rapporto stesso, qualora, alla stregua della loro sistematicita’ e di ogni altra circostanza del caso concreto, siano ricollegabili ad una costante opera di sostegno dell’attivita’ dell’impresa, qualificabile come collaborazione del socio al raggiungimento degli scopi sociali.
3.3. Orbene, i fallimenti ricorrenti principali lamentano che la corte territoriale ha omesso l’esame dei fatti, asseritamente controversi e decisivi, individuati in quelli analiticamente descritti alle pagine da 15 a 18 del loro ricorso, a dire degli stessi idonei, proprio sulla base della giurisprudenza di legittimita’ richiamata da detta corte, a costituire indici rivelatori della qualita’ di socio occulto della (OMISSIS) della societa’ di fatto unitamente a (OMISSIS) ed a (OMISSIS).
3.3.1. Osserva, in proposito, il Collegio che, di quei fatti, quelli descritti al punto “C”, sub a.1. (due garanzie concesse dalla odierna resistente nel 2008 per l’acquisto della farmacia), a.2. (una delle tre fideiussioni rilasciate dalla (OMISSIS) nel 2008, cioe’ quella di Euro 650.000,00, poi ridotta ad Euro 65.000,00 il 9 novembre 2011) ed a.3. (dazione in pegno di titoli), sono stati espressamente esaminati (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata) dalla corte di appello, che ha valutati i primi due come “un’operazione unitaria volta a consentire l’acquisto della farmacia che non denota alcuna affectio societatis”, aggiungendo, poi, con riferimento al terzo, “al pari della dazione di pegno dei titoli, costituendo prassi bancaria quella di farsi garantire i mutui e le concessione di fidi per il tramite di aperture di credito bancario con la stipulazione di fideiussioni omnibus, la concessione di ipoteche o la costituzione di pegni ad opera di soggetti solidi finanziariamente quale risultava essere (OMISSIS)”.
3.3.2. Altrettanto e’ a dirsi, sostanzialmente, per la pluralita’ di bonifici cui si riferiscono i punti a.5., a.6., a.7. ed a.8. del medesimo punto “C”, come puo’ agevolmente desumersi dalle affermazioni della corte distrettuale secondo cui: i) essendosi (OMISSIS) “fortemente esposta con il sistema bancario per consentire al cognato ed al marito l’acquisto della farmacia, non deve meravigliare l’effettuazione, ad opera della (OMISSIS), di svariati bonifici a beneficio della farmacia dopo che quest’ultima smise di onorare i prestiti con le banche”, al fine di evitare che le banche medesime aggredissero direttamente il patrimonio della reclamante in qualita’ di coobbligata, risultando, dunque, un concreto e reale interesse di quest’ultima a tacitare il creditore, mentre “il pagamento diretto al creditore non si palesava quale opzione contabilmente e fiscalmente consigliabile” (cfr. pag. 8-9 della sentenza impugnata); ii) del tutto compatibili con la qualita’ di garante della (OMISSIS) dovevano considerarsi i vari bonifici effettuati dal conto della farmacia a favore di quest’ultima, trattandosi di “restituzioni di prestiti di denaro effettuate dal debitore principale proprio per ristorare la garante delle somme in precedenza ricevute”, come dimostravano le causali apposte sui bonifici del tenore “restituzioni anticipazioni”, “versamento del terzo interveniente e fideiussore per pagamento rate insolute”, “girofondi” o “restituzione prestito infruttifero” (cfr. pag. 9 della menzionata sentenza); iii) ben si addiceva agli stretti rapporti familiari la dicitura “versamento del terzo interveniente e fideiussore senza possibilita’ di rivalsa” nella causale dalla reclamante a favore della farmacia, atteso che tale dicitura “non e’ tale da far venir meno l’azione di regresso che spetta al fideiussore nei confronti del debitore principale, e comunque non risulta tale da palesare la compartecipazione all’esercizio dell’attivita’ di impresa”.
3.3.3. In relazione a queste valutazioni, dunque, certamente non e’ invocabile, in questa sede, una loro diversa considerazione da parte di questa Corte, posto che l’apprezzamento e la valutazione delle manifestazioni esteriori atte a provare, in via presuntiva, l’esistenza di una societa’ di fatto costituiscono compiti esclusivi del giudice di merito e, come tali, sono sottratti al sindacato di legittimita’ quando la motivazione sia immune da vizi logici e giuridici (cfr. ex multis, Cass. n. 4529 del 2008; Cass. n. 11957 del 2003; Cass. n. 8043 del 1998; Cass. n. 10695 del 1997; Cass. n. 8187 del 1997; Cass. n. 3247 del 1979).
3.4. Tuttavia, non puo’ essere sottaciuto che, tra i fatti di cui i ricorrenti principali lamentano oggi l’omesso esame da parte della corte territoriale, sono indicate anche (cfr. sub a.4. del menzionato punto “C” del loro ricorso): i) una fideiussione per Euro 2.795.000, prestata dalla (OMISSIS) a garanzia del finanziamento di Euro 1.000.000,00 erogato dalla Banca (OMISSIS) in data 12 dicembre 2009 a (OMISSIS); ii) altra fideiussione, per Euro 3.195.000, a garanzia del finanziamento di Euro 1.100.000, erogato da Banca (OMISSIS) il 17 maggio 2010 a (OMISSIS).
3.4.1. Di tali circostanze fattuali, in relazione alle quali i menzionati ricorrenti principali hanno adempiuto gli oneri di loro localizzazione sanciti da Cass. n. 8054 del 2014 per l’ipotesi di denuncia di vizio ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo (qui applicabile ratione temporis, risultando impugnata una sentenza resa il 6 aprile 2020), novellato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, non vi e’ menzione alcuna nella decisione della corte distrettuale, la quale nemmeno ha ritenuto di dover spiegare le ragioni per cui – pur avendo fatto proprio il gia’ riportato insegnamento di legittimita’ secondo cui finanziamenti e fideiussioni in favore dell’imprenditore, se non sono di per se’ idonei ad evidenziare il rapporto sociale fra quest’ultimo ed il finanziatore o garante, specie se giustificabili in relazione a vincoli di coniugio o parentela, possono costituire, pure in tal caso, indici rivelatori del rapporto stesso, qualora, alla stregua della loro sistematicita’ e di ogni altra circostanza del caso concreto, siano ricollegabili ad una costante opera di sostegno dell’attivita’ dell’impresa, qualificabile come collaborazione del socio al raggiungimento degli scopi sociali – ha inteso tener conto delle sole tre fideiussioni dell’agosto 2008 (che, come si e’ gia’ riferito, ha considerato alla stregua di “un’operazione unitaria volta a consentire l’acquisto della farmacia che non denota alcuna affectio societatis”) e non anche di quelle, cronologicamente successive, oltre che di valore economico addirittura maggiore delle prime, del dicembre 2009 e del maggio 2010 in favore di (OMISSIS) (la cui partecipazione alla societa’ di fatto con il fratello, nonche’ marito della odierna resistente, (OMISSIS), e’ rimasta definitivamente accertata non avendo essi proposto alcun reclamo contro la sentenza del Tribunale di Gela n. 12/2019 che ne aveva accertato l’esistenza).
3.4.2. E’ intuitiva, peraltro, la valenza potenzialmente decisoria di tali circostanze, il cui esame e’ stato omesso, invece, dalla corte distrettuale, ai fini della prova, unitamente alla garanzie fideiussorie di cui la stessa corte ha dato atto, proprio di quella sistematicita’ di prestazioni di garanzia, sotto il profilo della loro ripetitivita’ in un arco temporale di vari anni, che – alla stregua degli stessi insegnamenti di legittimita’ fatti propri anche dalla corte nissena – puo’ costituire indice rivelatore di una costante opera di sostegno dell’attivita’ dell’impresa da parte di (OMISSIS), qualificabile come collaborazione del socio al raggiungimento degli scopi sociali (cfr. Cass. n. 2200 del 2003, secondo cui, le fideiussioni e i finanziamenti in favore dell’imprenditore possono costituire indici rivelatori di un rapporto sociale tra quest’ultimo e il garante o il finanziatore, allorquando per la loro sistematicita’ e per ogni altro elemento concreto essi siano ricollegabili ad una costante opera di sostegno dell’attivita’ di impresa, qualificabile come collaborazione di un socio al raggiungimento degli scopi sociali. Nello stesso, senso, cfr., ex plurimis, Cass. n. 8154 del 1990; Cass. n. 4827 del 1988; Cass. n. 6087 del 1986; Cass. n. 7119 del 1982).
3.4.3. Va rimarcato, peraltro, che le garanzie de quibus, cosi’ come gli apporti finanziari forniti dalla medesima controricorrente, sono state prestate non gia’ in favore del di lei marito ( (OMISSIS)), ma unitamente a questi ed in favore del cognato ( (OMISSIS)) o, al piu’, della societa’ di fatto almeno tra questi due gia’ definitivamente accertata, cosi’ da rendere quanto mai problematico ritenere, soprattutto – giova ripeterlo – in ragione della loro sistematicita’ (perche’ protrattisi per svariati anni), numero ed entita’ complessiva, che tali operazioni (come, invece, opinato dalla corte di appello) potessero spiegarsi sulla base della mera affectio familiaris, piuttosto che come chiara collaborazione attuatasi tra i componenti di quel gruppo familiare per il raggiungimento degli scopi sociali, cosi’ integrando, in via tacita, un contratto sociale tra gli stessi, non necessariamente frutto di uguali posizioni nell’ambito dell’organizzazione societaria, quale si e’ effettualmente organizzata.
3.5. A tanto deve pure aggiungersi, con piu’ specifico riguardo ai motivi secondo e terzo del ricorso incidentale della (OMISSIS) s.p.a., che quest’ultima aveva articolato in primo grado, ribadendone la richiesta pure in sede di reclamo ove utile, una prova testimoniale volta a dimostrare proprio la sussistenza di quell’affectio societatis tra i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), da una parte, e (OMISSIS), dall’altra, in relazione alla quale, invece, la decisione impugnata ha ritenuto che la curatela e la creditrice istanti non avevano offerto elementi probatori tali da comprovarne, in modo univoco e concludente, la configurabilita’ (cosi’ negando la partecipazione della (OMISSIS) alla societa’ di fatto di cui si discute e revocando la sola dichiarazione di fallimento della prima), senza minimamente pronunciarsi sull’ammissibilita’/rilevanza, o non, della prova testimoniale medesima, ne’ motivando in alcun modo la sua mancata ammissione.
3.5.1. Il capitolato, riportato integralmente nel ricorso incidentale suddetto (cfr. amplius, pag. 11-12, da intendersi, qui, interamente riprodotte), ne rispetta la doverosa autosufficienza e mette in rilievo una prova testimoniale che investe un aspetto decisivo della controversia (il coinvolgimento personale della (OMISSIS) nella gestione della farmacia e la cura dei rapporti economici con le societa’ fornitrici), potenzialmente idoneo a confutare la ratio decidendi della sentenza impugnata, di guisa che le censure risultano dedotte conformemente a quanto statuito da questa Suprema Corte (cfr. anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 22254 del 2021; Cass. n. 16214 del 2019; Cass. n. 6554 del 2017; Cass. n. 8357 del 2005).
3.5.2. Ora, secondo la qui condivisa giurisprudenza di legittimita’, cui, dunque, va data continuita’, la specificazione dei fatti oggetto di richiesta di prova testimoniale e’ soddisfatta quando, sebbene non definiti in tutti i loro minuti dettagli, essi vengano esposti (come avvenuto nel caso di specie) nei loro elementi essenziali per consentire al giudice di controllarne l’influenza e la pertinenza e mettere in grado l’altra parte di proporre istanza di prova contraria, giacche’ la verifica della specificita’ e della rilevanza dei capitoli va condotta non soltanto alla stregua della loro letterale formulazione, ma anche in relazione agli altri atti di causa ed a tutte le deduzioni delle parti, nonche’ tenendo conto della facolta’ del giudice di domandare ex articolo 253 comma 1, c.p.c., chiarimenti e precisazioni ai testi (cfr. Cass. n. 22254 del 2021; Cass. n. 2149 del 2021; Cass. n. 17981 del 2020; Cass. n. 11765 del 2019; Cass. n. 12642 del 2003; Cass. n. 10371 del 1995; Cass. n. 3716 del 1983; Cass. n. 4143 del 1981; Cass. n. 5784 del 1979; Cass. n. 3685 del 1979; Cass. n. 1330 del 1979; Cass. n. 2071 del 1978).
3.5.3. A cio’ si aggiunga che la prova del coinvolgimento personale di un soggetto nello svolgimento di un’attivita’ economica, soprattutto se protrattosi nel corso degli anni, deve riguardare proprio l’attivita’ dal medesimo continuativamente esercitata, senza necessita’, quindi, di specifici riferimenti temporali riguardanti singoli episodi, e non i connotati valutativi che costituiranno l’esito dell’istruttoria e che, in una controversia come quella in discorso, consentiranno poi di orientare la valutazione dell’attivita’ della complessiva condotta della (OMISSIS) come idonea, o non, a giustificare la sussistenza di quell’affectio societatis tra i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), da una parte, e (OMISSIS), dall’altra, ancora oggi invocata dai ricorrenti principale e dalla (OMISSIS) s.p.a.: operazione – quest’ultima – interpretativa e, in quanto tale, demandata non certo ai testi, ma al giudice nel contraddittorio fra le parti.
3.5.4. Questa Suprema Corte, del resto, ha avuto modo di chiarire che la disposizione dell’articolo 244 c.p.c. sulla necessita’ di un’indicazione specifica dei fatti da provare per testimoni non va intesa in modo rigorosamente formalistico, ma in relazione all’oggetto della prova, cosicche’, qualora questa riguardi – come nella specie – un comportamento o un’attivita’ che si frazioni in circostanze molteplici non elencate in modo puntuale, e’ sufficiente la precisazione della natura di detto comportamento o di detta attivita’ (fermo restando che nell’interpretazione del significato e della portata delle deduzioni probatorie occorre tenere presente la loro finalita’, in relazione alla concreta materia del contendere), in modo da permettere alla controparte di contrastarne la prova, attraverso la deduzione e l’accertamento di attivita’ o comportamenti di carattere diverso, spettando, peraltro, al difensore ed al giudice, durante l’esperimento del mezzo istruttorio, una volta che i fatti siano stati indicati nei loro estremi essenziali, l’eventuale individuazione dei dettagli (cfr. Cass. n. 11844 del 2006; Cass. n. 5842 del 2002; Cass. n. 10371 del 1995; Cass. n. 4426 del 1995).
3.6. Se e’ vero, allora, che il giudizio sulla superfluita’ o genericita’ della prova testimoniale (qui, peraltro, del tutto omesso dalla corte distrettuale) e’ insindacabile in Cassazione, involgendo una valutazione di fatto che puo’ essere censurata soltanto se basata su erronei principi giuridici, ovvero su incongruenze di ordine logico (cfr. Cass. n. 34189 del 2022; Cass. n. 18222 del 2004), e’ parimenti innegabile che la mancata ammissione di un mezzo istruttorio si traduce in un vizio della sentenza se – come nella specie – il giudice trae conseguenze dalla mancata osservanza dell’onere sancito all’articolo 2697 c.c., benche’ la parte abbia offerto di adempierlo (cfr. Cass. n. 18285 del 2021; Cass. n. 2904 del 2021; Cass. n. 8466 del 2020; Cass. n. 24205 del 2019; Cass. n. 8357 del 2005; Cass. n. 11491 del 1992; Cass. n. 5915 del 1981; Cass. n. 1627 del 1979; Cass. n. 2867 del 1975; Cass. n. 789 del 1963).
3.7. Pertanto, cosi’ come deve considerarsi fondata, nei limiti di cui si e’ detto, la censura di omesso esame dei fatti lamentati dai ricorrenti principali con il loro secondo motivo di ricorso, analoga conclusione deve adottarsi con riferimento ai motivi secondo e terzo del ricorso incidentale della (OMISSIS) s.p.a., posto che la sentenza impugnata e’ priva di qualsivoglia – anche implicita – motivazione (oltre che alla superfluita’ o genericita’ del mezzo istruttorio de quo) in ordine alla mancata ammissione della prova testimoniale articolata dalla menzionata societa’ in primo grado, la cui richiesta e’ stata ribadita pure in sede di reclamo ove utile (oltre che riprodotta, nel suo tenore testuale alle pagine 11-12 del controricorso, recante ricorso incidentale, della (OMISSIS) s.p.a.), volta a dimostrare proprio la sussistenza di quell’affectio societatis tra i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), da una parte, e (OMISSIS), dall’altra, in relazione alla quale, invece, la decisione impugnata ha ritenuto che la curatela e la creditrice istanti non avevano offerto elementi probatori tali da comprovarne, in modo univoco e concludente, la configurabilita’ (cosi’ negando la partecipazione della (OMISSIS) alla societa’ di fatto di cui si discute e revocando la sola dichiarazione di fallimento della prima). Si era al cospetto, infatti, di un mezzo istruttorio chiaramente vertente su circostanza decisiva ai fini dell’invocato accertamento della partecipazione anche della odierna controricorrente alla societa’ di fatto gia’ configurata tra (OMISSIS) e (OMISSIS), dovendosi qui solo ricordare che, come gia’ chiarito dalla giurisprudenza di legittimita’, il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova puo’ essere denunciato per cassazione se la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilita’, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (cfr. Cass. n. 16214 del 2019; Cass. n. 27415 del 2018; Cass. n. 5654 del 2017; Cass. n. 11457 del 2007; Cass. n. 8357 del 2005).
4. Il terzo motivo del ricorso principale, cosi’ come il quarto ed il quinto motivo del ricorso incidentale della (OMISSIS) s.p.a., possono considerarsi assorbiti.
5. In conclusione: i) il ricorso principale proposto dal Fallimento dell’impresa individuale “(OMISSIS)” e da quello della societa’ di fatto tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ di questi ultimi due quali suoi soci illimitatamente responsabili, va accolto limitatamente al suo secondo motivo, dichiarandosene inammissibile il primo ed assorbito il terzo; ii) il ricorso incidentale della (OMISSIS) s.p.a. va accolto quanto ai suoi motivi secondo e terzo, dichiarandosene inammissibile il primo ed assorbiti il quarto ed il quinto.
5.1. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata alla Corte di appello di Caltanissetta, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolazione delle spese di questo giudizio di legittimita’.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte accoglie il ricorso principale proposto dal Fallimento dell’impresa individuale “(OMISSIS)” e da quello della societa’ di fatto tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ di questi ultimi due quali suoi soci illimitatamente responsabili, limitatamente al suo secondo motivo, dichiarandone inammissibile il primo ed assorbito il terzo.
Accoglie il ricorso incidentale della (OMISSIS) s.p.a. quanto ai suoi motivi secondo e terzo, dichiarandone inammissibile il primo ed assorbiti il quarto ed il quinto.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Caltanissetta, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolazione delle spese di questo giudizio di legittimita’.

 

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