Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 14 giugno 2019, n. 26314.
La massima estrapolata:
Ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio del reato continuato, allorquando, nella fase dell’esecuzione, tra i reati unificati ex art. 81, comma 2, cod. proc. pen. ve ne siano alcuni giudicati con il rito abbreviato, la riduzione di pena a norma dell’art. 442, comma 2, c.p.p., deve precedere e non seguire la somma degli addendi della sanzione finale da irrogare per il reato continuato.
Sentenza 14 giugno 2019, n. 26314
Data udienza 29 aprile 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI TOMASSI Mariastefania – Presidente
Dott. SIANI Vincenzo – Consigliere
Dott. BONI Monica – Consigliere
Dott. ALIFFI Francesc – rel. Consigliere
Dott. CAPPUCCIO Daniele – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 12/09/2018 della CORTE APPELLO di NAPOLI;
udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO ALIFFI;
lette le conclusioni del PG TOMASO EPIDENDIO che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1 1. Con ordinanza impugnata la Corte di appello di Napoli ha riconosciuto il vincolo della continuazione fra i reati oggetto di quattro sentenze di condanna emesse nei confronti di (OMISSIS), rideterminando la pena complessiva in anni 19 mesi 2 di reclusione ed Euro 5.150,00 di multa nei seguenti termini: pena per il reato piu’ grave ex articolo 187 disp. att. c.p.p. (individuato nell’estorsione consumata aggravata L. n. 203 del 1991, ex articolo 7 di cui alla sentenza Corte appello di Napoli del 14.6.2010), anni 8 di reclusione ed Euro 1.600,00 di multa, aumentati per i reati satellite di:
anni 1 mesi 4 ed Euro 1.200,00 (per continuazione interna con riferimento all’estorsione oggetto della gia’ citata sentenza Corte appello di Napoli del 14.6.2010);
anni 3 ed Euro 800,00 (per il reato di estorsione consumata aggravata L. n. 203 del 1991, ex articolo 7 giudicato con la sentenza della Corte appello di Napoli in data 1.7.2011, pena originaria anni 5 mesi 4 ed Euro 1.800,00);
anni 4 mesi 6 ed Euro 950,00 (per i reati giudicati con la sentenza Corte appello di Napoli del 23.5.2012 ovvero tentata estorsione aggravata L. n. 203 del 1991, ex articolo 7 e associazione di tipo mafioso, di cui anni 2 ed Euro 350,00 per quest’ultima violazione, pena originaria complessiva anni 8 mesi 6 Euro 1.250,00 di cui anni 2 ed Euro 350,00 per il reato satellite articolo 416 bis cod. pen.);
anni 3 mesi 6 ed Euro 900,00 ridotti per il rito abbreviato ad anni 2 mesi 4 ed Euro 600,00 (per i reati oggetto della sentenza Corte appello di Napoli del 23.9.2008 e precisamente anni due mesi ed Euro 600,00, ridotti per il rito ad anni 1 mesi 8 ed Euro 400,00, per la tentata estorsione aggravata L. n. 203 del 1991, ex articolo 7 anni 1 Euro 300,00, ridotti per il rito abbreviato a mesi 8 ed Euro 200,00, per delitto di illecita concorrenza, pena originaria complessiva anni 3 mesi 8 ed Euro 900,00 gia’ ridotta ex articolo 442 c.p.p.).
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il condannato per il tramite del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), che deduce con unico motivo promiscuo la violazione di legge, con riferimento agli articoli 81 e 133 c.p., e il vizio di motivazione.
Secondo il ricorrente, il giudice dell’esecuzione sarebbe incorso in un duplice errore motivazionale che non rende verificabili i criteri di aumento delle pene per i reati satellite: in primo luogo, avrebbe tenuto conto della pena inflitta prima della riduzione per il rito abbreviato solo per l’aumento relativo al reato satellite oggetto della sentenza Corte appello di Napoli del 1.7.2011, mentre avrebbe considerato la pena gia’ ridotta ex articolo 442 c.p.p. sia per determinare la pena della violazione piu’ grave ex articolo 187 disp. att. c.p.p., di cui alla sentenza Corte appello di Napoli del 14.6.2010, sia per quantificare l’aumento a titolo di continuazione interna e quello correlato al reato satellite giudicato con la sentenza Corte appello di Napoli del 23.9.2008; in secondo luogo ed altrettanto illogicamente, avrebbe ritenuto congruo per piu’ violazioni l’aumento di pena per il reato satellite nella quantificazione operata dal giudice della cognizione, quindi con riferimento alla pena per la violazione piu’ grave originariamente inflitta, senza considerare che quest’ultima, in sede di applicazione dell’articolo 81 c.p., comma 2, e’ stata consistentemente ridotta; in applicazione di questo criterio irrazionale avrebbe determinato un aumento per il reato oggetto della sentenza Corte appello di Napoli del 1.7.2011 del tutto sproporzionato rispetto a quello inflitto per le altre estorsioni consumate ed un aumento, pari a anni 2 ed Euro 350,00, per il reato satellite di cui all’articolo 416 bis cod. pen. espressamente parametrato alla pena inflitta per la originaria violazione piu’ grave della sentenza Corte appello di Napoli del 23.5.2012 e non a quella individuata ex articolo 671 cod. proc. pen..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non e’ fondato.
2. Non sussiste la violazione di legge denunziata con riferimento all’erroneo trattamento sanzionatorio riservato ai reati giudicati con sentenze emesse ai sensi dell’articolo 442 c.p.p..
Di recente, le Sezioni Unite della Corte di cassazione, superando l’orientamento contrario, hanno chiarito, con sentenza o’ n. 35852 del 22/02/2018, Cesarano, Rv. 273547 che “l’applicazione della continuazione tra reati giudicati con rito ordinario ed altri giudicati con rito abbreviato comporta che soltanto nei confronti di questi ultimi deve operare la riduzione di un terzo della pena a norma dell’articolo 442 c.p.p., comma 2”.
Il giudice dell’esecuzione in linea con questa interpretazione, condivisa dal Collegio, ha determinato sia la pena della violazione piu’ grave, oggetto della sentenza del 14.6.2010, sia gli aumenti di pena per i reati satellite applicando la riduzione per il rito abbreviato scelto dall’imputato per definire il giudizio di cognizione (esplicitamente per i reati giudicati con la sentenza del 23.9.2008 implicitamente per l’estorsione giudicata con la sentenza in data 1.7.2011, in ragione della rilevante riduzione dalla pena originaria inflitta in sede di cognizione pari ad anni 5 mesi 4 di reclusione ed Euro 1.800,00, gia’ calcolata la riduzione ex articolo 442 c.p.p.); correttamente, non ha, invece, operato detta riduzione per gli aumenti correlati ai reati oggetto della sentenza del 23.5.2012, trattandosi di pronuncia’emessa in esito a giudizio ordinario.
Va, poi, per completezza, aggiunto come la Corte partenopea nella sequenza delle operazioni compiute ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio del reato continuato si sia pienamente uniformata all’insegnamento espresso dalla Corte di cassazione secondo il quale nella fase della esecuzione allorquando tra i reati unificati ex articolo 81 c.p., comma 2, ve ne sono alcuni giudicati col rito abbreviato la riduzione dell’articolo 442 c.p.p., comma 2, deve precedere e non seguire la somma degli addendi della sanzione finale da irrogare per il reato continuato (Sez. 1, n. 42316 del 11/11/2010, Cutaia, Rv. 249027).
3. Non e’ ravvisabile nemmeno il secondo errore motivazionale evidenziato dal ricorrente con riferimento alla determinazione, asseritamente irrazionale, degli aumenti di pena per i reati satellite; il giudice dell’esecuzione, infatti, per ogni aumento anche per quelli determinati in misura corrispondente a quelli computati dal giudice della cognizione, ha sempre adeguatamente spiegato le ragioni sottese alla scelta non solo attraverso il puntuale richiamo ai parametri dell’articolo 133 c.p., ma anche operando una valutazione di congruita’ rispetto alla pena complessiva rideterminata ai sensi dell’articolo 671 c.p.p. e articolo 81 c.p., comma 2, e, quindi, rispetto alla nuova violazione piu’ grave.
4. Al rigetto consegue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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