Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 11 gennaio 2019, n. 1160.
La massima estrapolata:
Si ritiene integrato il delitto di cui all’articolo 474 c.p. senza che abbia rilievo la configurabilita’ della contraffazione grossolana, considerato che l’articolo 474 c.p., tutela, in via principale e diretta, non gia’ la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno, non ricorrendo quindi l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanita’ della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilita’ che gli acquirenti siano tratti in inganno.
Il che rende ininfluente nella specie l’approfondimento in ordine alla idoneita’ dei prodotti detenuti dall’imputato a trarre in inganno un acquirente avveduto, e irrilevante, come e’ stato osservato dalla Corte di appello, che egli detenesse quei prodotti nella propria abitazione, essendo evidente che una tale quantita’ di capi contraffatti, muniti ancora di cartellino e di taglie differenti, fosse destinata alla vendita.
Sentenza 11 gennaio 2019, n. 1160
Data udienza 12 dicembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PRESTIPINO Antonio – Presidente
Dott. MANTOVANO Alfredo – rel. Consigliere
Dott. VERGA Giovanna – Consigliere
Dott. PELLEGRINO Andrea – Consigliere
Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
(OMISSIS), n. (OMISSIS);
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MANTOVANO ALFREDO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ANGELILLIS CIRO, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udito il difensore avv. (OMISSIS), che si riporta al ricorso e insiste per l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 26/02/2018 la Corte di appello di LECCE – sez. TARANTO confermava la sentenza con la quale il Gup del Tribunale di TARANTO aveva condannato (OMISSIS) alla pena di 6 mesi di reclusione e di 200 Euro di multa per i reati di contraffazione e di ricettazione, accertati a (OMISSIS).
(OMISSIS) propone ricorso per Cassazione per violazione di legge, deducendo due distinti motivi:
col primo contesta l’illogicita’ della motivazione, non avendo la Corte di appello avuto alcuna certezza in ordine alla ritenuta contraffazione, dal momento che il perito avrebbe riferito la possibilita’ di ingannare solo acquirenti poco avveduti, e peraltro la merce era detenuta nella propria abitazione;
col secondo e terzo rileva l’assenza di motivazione in ordine all’elemento psicologico della ricettazione e all’esclusione dell’ipotesi di incauto acquisto;
col quarto contesta l’arbitrario esercizio da parte del Giudice di primo grado, come gia’ contraddetto in uno dei motivi di appello, del potere di cui all’articolo 441 c.p.p., comma 5, avendo il GUP di TARANTO disposto l’assunzione di nuove prove dopo che le parti avevano concluso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ inammissibile perche’ manifestamente infondato.
Esaminando in modo distinto i motivi prima riassunti, va osservato quanto al primo che con motivazione logica la Corte di appello ha valorizzato i dati obiettivi riferiti dalla polizia giudiziaria al momento del sequestro e della perizia disposta dal Giudice di primo grado. Premesso che dagli uni e dall’altra emerge in modo inconfutabile – venendo ripresa dalla Corte di merito in modo non censurabile in sede di legittimita’, il possesso da parte di (OMISSIS) di prodotti contraffatti, l’orientamento consolidato di questa Corte ritiene integrato “il delitto di cui all’articolo 474 c.p. (…) senza che abbia rilievo la configurabilita’ della contraffazione grossolana, considerato che l’articolo 474 c.p., tutela, in via principale e diretta, non gia’ la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno, non ricorrendo quindi l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanita’ della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilita’ che gli acquirenti siano tratti in inganno” (Sez. 5, sentenza n. 5260 del 11/12/2013 Rv. 258722-01 imp. Faje).
Il che rende ininfluente nella specie l’approfondimento in ordine alla idoneita’ dei prodotti detenuti da (OMISSIS) a trarre in inganno un acquirente avveduto, e irrilevante, come e’ stato osservato dalla Corte di appello, che egli detenesse quei prodotti nella propria abitazione, essendo evidente che una tale quantita’ di capi contraffatti, muniti ancora di cartellino e di taglie differenti, fosse destinata alla vendita.
Sul secondo e sul terzo motivo, e cioe’ sulla denunciata assenza di motivazione in ordine all’elemento psicologico della ricettazione e sull’ipotesi subordinata di ritenere la contravvenzione di incauto acquisto, questa Corte ha consolidato l’orientamento secondo cui “ai fini della configurabilita’ del delitto di ricettazione, la mancata giustificazione del possesso di una cosa proveniente da delitto costituisce prova della conoscenza della illecita provenienza” (Sez. 2, sentenza n. 52271 del 10/11/2016 Rv. 268643-01 imp. Agyemang). Pertanto risponde del reato di in questione chi, “trovato nella disponibilita’ di refurtiva di qualsiasi natura, e quindi anche di telefoni cellulari, in assenza di elementi probatori indicativi della riconducibilita’ del possesso alla commissione del furto, non fornisca una spiegazione attendibile dell’origine del possesso” (Sez. 2, sentenza n. 20193 del 19/04/2017 Rv. 270120 – 01 imp. Kebe).
Come ha spiegato la Corte di merito, in presenza di prodotti contraffatti (OMISSIS) non ha dedotto alcun elemento a sostegno di una ricostruzione alternativa alla loro messa in vendita, pur essendo di provenienza illecita. Va ancora una volta ricordato in proposito – lo ha fatto correttamente la Corte di merito – che i capi di abbigliamento rinvenuti in possesso di (OMISSIS) erano 40, ciascuno con cartellino col prezzo, di taglie diverse e di marche come D&G, Moncler, Liu-Jo, Ralph Lauren, Blauer, e cosi’ vita, privi di qualsiasi documentazione fiscale.
Infine, in ordine al quarto motivo di ricorso, l’integrazione probatoria operata per due volte dal Gup in sede di giudizio abbreviato, oltre a non aver avuto alcuna incidenza sulla riduzione della pena derivante alla celebrazione dell’abbreviato, lungi dal costituire ragione di nullita’ o di inutilizzabilita’ delle prove raccolte, costituisce esercizio di un potere pienamente riconosciuto al medesimo Gup. Secondo l’orientamento di questa Corte, “in tema di giudizio abbreviato, il potere di integrazione probatoria “ex officio” non necessita di una specifica motivazione e non e’ soggetto a limiti temporali, potendo intervenire in ogni momento e fase della procedura, anche nel corso della discussione o addirittura dopo il termine di essa, qualora il giudice ravvisi l’indispensabilita’ dell’approfondimento istruttorio dopo essersi ritirato in camera di consiglio” (sez. 1, sentenza n. 47710 del 18/06/2015 Rv. 265422 – 01 imp. Bostiog).
Alla inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ emergenti dal ricorso (Corte cost giugno 2000 n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di Euro duemila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno alla cassa delle ammende.
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