Corte di Cassazione, sezione sesta civile, Ordinanza 12 ottobre 2018, n. 25405.
La massima estrapolata:
Il decorso degli interessi per l’espropriazione illegittima da parte della Pa non partono dalla pubblicazione della sentenza, ma dal momento dell’illecito o dalla notifica della domanda di danni.
Ordinanza 12 ottobre 2018, n. 25405
Data udienza 18 settembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22691-2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI POLISTENA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 489/2017 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 16/08/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Reggio Calabria, con sentenza del 17 agosto 2017, ha condannato il Comune di Polistena al risarcimento del danno in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS) per l’occupazione illegittima di un terreno di loro proprieta’, utilizzato per l’allargamento di una strada, quantificato in Euro 16.975,00, oltre rivalutazione monetaria dalla data della domanda risarcitoria (30 maggio 1989) e interessi legali dalla data del deposito della sentenza sulla somma rivalutata fino al soddisfo.
Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS), illustrato da memoria, cui si e’ opposto il Comune di Polistena.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo le ricorrenti hanno denunciato violazione degli articoli 2043 e 1224 c.c., per avere violato il giudicato costituito dalla sentenza non definitiva (n. 304 del 2014), secondo la quale la domanda giudiziale aveva avuto l’effetto di mettere in mora il Comune convenuto nel pagamento dell’equivalente pecuniario del valore del bene perduto, sicche’ gli interessi dovevano decorrere non dalla data della sentenza (come affermato dalla Corte di merito), ma da data anteriore, cioe’ dalla notifica della citazione introduttiva del giudizio (30 maggio 1989) sulla sorte capitale rivalutata sino alla data della sentenza (16 agosto 2017), oltre interessi successivi.
Il motivo e’ fondato nei termini che seguono.
Si deve premettere che non e’ pertinente la denuncia di violazione dell’articolo 1224 c.c. e del giudicato sulla mora del debitore, ai fini della decorrenza degli interessi maturati sul debito risarcitorio. Infatti, l’obbligazione di risarcimento dei danni per responsabilita’ extracontrattuale – qual e’ quella per l’occupazione illegittima da parte della P.A. – al pari di quella da inadempimento contrattuale, non avendo ad oggetto un’obbligazione sin dall’origine pecuniaria, costituisce un debito non di valuta ma di valore, sicche’ deve tenersi conto della svalutazione monetaria intervenuta senza necessita’ che vi sia un ritardo colpevole del debitore o che il creditore alleghi e dimostri un danno maggiore ai sensi dell’articolo 1224 c.c., comma 2 che pone la regola, non applicabile alle obbligazioni di valore, della decorrenza degli interessi legali dalla costituzione in mora (tra le tante Cass. n. 11857/1997).
Tuttavia, l’erronea indicazione della norma processuale violata nella rubrica del motivo non determina ex se l’inammissibilita’ di questo se la Corte possa agevolmente procedere alla corretta qualificazione giuridica del vizio denunciato, sulla base delle argomentazioni giuridiche ed in fatto svolte dal ricorrente a fondamento della censura, in quanto la configurazione formale della rubrica del motivo non ha contenuto vincolante, ma e’ solo l’esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica il contenuto della censura sotto il profilo giuridico (Cass. n. 14026/2012).
Cio’ e’ quanto accaduto nella fattispecie in esame, nella quale le ricorrenti, seppure errando nell’indicazione del parametro normativo violato, hanno sostanzialmente denunciato la violazione del principio di cui si e’ fatta costante applicazione in tema di occupazione illegittima (tra le tante (Cass. n. 12961/2018, n. 15604/2014) – secondo cui il risarcimento del danno da illecito aquiliano integra un debito di valore che va ristorato mediante riconoscimento della rivalutazione monetaria fino alla data della sentenza, con possibilita’ di riconoscere sulla medesima somma rivalutata, quale lucro cessante, gli interessi decorrenti dalla data del fatto illecito – o, si deve aggiungere, da una diversa data successiva indicata dall’interessato -, non necessariamente commisurati al tasso legale, ma ispirati a criteri equitativi, e computati con riferimento ai singoli momenti riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente, per effetto dei prescelti indici di valutazione, ovvero in base ad un indice medio (Cass. n. 12288/2016).
Nella specie, il giudice di merito ha riconosciuto al danneggiato gli interessi al tasso legale sulla somma rivalutata per la mancata tempestiva disponibilita’ dell’equivalente monetario del pregiudizio patito, facendoli pero’ decorrere dalla pubblicazione della sentenza, anziche’ da data anteriore coincidente con quella dell’illecito o con una data successiva (che nella specie la parte ha indicato nella notifica della domanda) che il giudice di rinvio dovra’ accertare.
In tal senso il ricorso e’ accolto, ne consegue la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Corte d’appello per un nuovo esame.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Reggio Calabria anche per le spese.