Corte di Cassazione, sezioni unite penali, sentenza 22 febbraio 2018, n. 8770. Quando l’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica

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Ebbene, l’articolo 3 citato era stato congegnato nel senso di sancire la esclusione della responsabilita’ per colpa lieve, quando il professionista, nello svolgimento delle proprie attivita’, non ulteriormente perimetrate con riferimento alla idoneita’ dell’evento ad integrare specifiche figure di reato ne’ quanto alla afferibilita’ alla negligenza, imprudenza o imperizia, si fosse “attenuto” a linee-guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunita’ scientifica.
2.2. Dal canto suo, l’articolo 6 della legge Gelli-Bianco, volto ad incidere con la previsione di una causa di non punibilita’ sulla responsabilita’ colposa per morte o lesioni personali da parte degli esercenti la professione sanitaria, la ha introdotta come specificazione ai precetti penali generali in tema di lesioni personali colpose (articolo 590 cod. pen.) o omicidio colposo (articolo 589), con espressa limitazione agli eventi verificatisi a causa di “imperizia” e sul presupposto che siano state “”rispettate” le raccomandazioni previste dalle linee-guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee-guida risultino adeguate alle specificita’ del caso concreto”.
E’ comunque fatta salva, dall’articolo 7, la responsabilita’ civile dell’esercente la professione sanitaria, ai sensi dell’articolo 2043 cod. civ..
2.3. Il precetto dell’articolo 6 deve essere letto alla luce degli articoli 1, 3 e 5 che lo precedono: norme che costituiscono uno dei valori aggiunti della novella, nella ottica di una migliore delineazione della colpa medica, poiche’ pongono a servizio del fine principale dell’intervento legislativo – la sicurezza delle cure unitamente ad una gestione consapevole e corretta del rischio sanitario (articolo 1), a sua volta anticipato nel disegno della L. 28 dicembre 2015, n. 208, articolo 1, commi 538 e segg. (legge di stabilita’ per il 2016) – un metodo nuovo di accreditamento delle linee-guida. Queste ambiscono cosi’ a costituire non solo, per i sanitari, un contributo autorevole per il miglioramento generale della qualita’ del servizio, essendo, tutti gli esercenti le numerose professioni sanitarie riconosciute, chiamati ad attenervisi (articolo 5, comma 1), ma anche, per il giudizio penale, indici cautelari di parametrazione, anteponendosi alla rilevanza delle buone pratiche clinico-assistenziali, che, elemento valorizzato nel decreto Balduzzi, assumono oggi rilievo solo sussidiario per il minor grado di ponderazione scientifica che presuppongono, pur rimanendo comunque da individuare in modelli comportamentali consolidati oltre che accreditati dalla comunita’ scientifica.
E’ qui sufficiente rammentare che dall’articolo 3 e’ prevista la istituzione di un Osservatorio delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanita’ destinato a raccogliere dati utili per la gestione del rischio sanitario e quelli concernenti le buone pratiche per la sicurezza delle cure, predisponendosi linee di indirizzo con l’ausilio delle societa’ scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie. Oltre a cio’, viene regolamentata la creazione di un elenco delle predette societa’ e associazioni, aventi peculiari caratteristiche idonee a garantirne la trasparenza e la capacita’ professionale scientifica; enti deputati ad elaborare, unitamente alle istituzioni pubbliche e private, le raccomandazioni da includere in linee-guida che hanno la finalita’ di fungere da parametro per la corretta esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalita’ preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale.
Tali linee-guida sono recepite attraverso un sistema di pubblicita’ garantito dall’Istituto superiore di sanita’ pubblica che lo realizza nel proprio sito internet, previa una ulteriore verifica della conformita’ della metodologia adottata a standard definiti resi pubblici dello stesso Istituto.
E’ sicuramente rimarchevole che tanto l’istituzione dell’Osservatorio quanto la formazione del predetto elenco siano ufficialmente avvenuti mediante la pubblicazione di due decreti del Ministero della Salute in date, rispettivamente, 2 agosto e 29 settembre 2017 (in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 186 del 10 agosto 2017 e n. 248 del 23 ottobre 2017).
3. Va osservato preliminarmente che, sul tema della natura, finalita’ e cogenza delle linee-guida – che hanno assunto rilevanza centrale nel costrutto della intera impalcatura della legge – non vi e’ motivo per discostarsi dalle condivisibili conclusioni maturate in seno alla giurisprudenza delle sezioni semplici della Cassazione, icasticamente riprese e sviluppate, anche dopo la introduzione della novella, dalla sentenza Sez. 4, n. 28187 del 20/04/2017, nota nel dibattito giurisprudenziale e dottrinale col riferimento al nome, Tarabori, della parte civile ricorrente contro il proscioglimento dell’imputato De Luca: sentenza che costituisce uno dei due poli del contrasto sottoposto alle Sezioni Unite, ma non sul tema della natura delle linee-guida, che non risulta investito da divergenza di interpretazioni.
Ebbene, puo’ convenirsi con il rilievo che, anche a seguito della procedura ora monitorata e governata nel suo divenire dalla apposita istituzione governativa, e quindi tendente a formare un sistema con connotati pubblicistici, le linee-guida non perdono la loro intrinseca essenza, gia’ messa in luce in passato con riferimento alle buone pratiche. Quella cioe’ di costituire un condensato delle acquisizioni scientifiche, tecnologiche e metodologiche concernenti i singoli ambiti operativi, reputate tali dopo un’accurata selezione e distillazione dei diversi contributi, senza alcuna pretesa di immobilismo e senza idoneita’ ad assurgere al livello di regole vincolanti.
La utilita’ della descritta introduzione delle linee-guida, pubblicate a cura del competente istituto pubblico, resta indubbia.
Da un lato, una volta verificata la convergenza delle piu’ accreditate fonti del sapere scientifico, esse servono a costituire una guida per l’operatore sanitario, sicuramente disorientato, in precedenza, dal proliferare incontrollato delle clinical guidelines. Egli e’ oggi posto in grado di assumere in modo piu’ efficiente ed appropriato che in passato, soprattutto in relazione alle attivita’ maggiormente rischiose, le proprie determinazioni professionali. Con evidenti vantaggi sul piano della convenienza del servizio valutato su scala maggiore, evitandosi i costi e le dispersioni connesse a interventi medici non altrettanto adeguati, affidati all’incontrollato soggettivismo del terapeuta, nonche’ alla malpractice in generale.
Dall’altro lato, la configurazione delle linee-guida con un grado sempre maggiore di affidabilita’ e quindi di rilevanza – derivante dal processo di formazione – si pone nella direzione di offrire una plausibile risposta alle istanze di maggiore determinatezza che riguardano le fattispecie colpose qui di interesse. Fattispecie che, nella prospettiva di vedere non posto in discussione il principio di tassativita’ del precetto, integrato da quello di prevedibilita’ del rimprovero e di prevenibilita’ della condotta colposa, hanno necessita’ di essere etero-integrate da fonti di rango secondario concernenti la disciplina delle cautele, delle prescrizioni, degli aspetti tecnici che in vario modo fondano il rimprovero soggettivo.
Con una espressione sintetica, proprio attraverso tali precostituite raccomandazioni si hanno parametri tendenzialmente circoscritti per sperimentare l’osservanza degli obblighi di diligenza, prudenza, perizia. Ed e’ in relazione a quegli ambiti che il medico ha la legittima aspettativa di vedere giudicato il proprio operato, piuttosto che in base ad una norma cautelare legata alla scelta soggettiva, a volte anche estemporanea e scientificamente opinabile, del giudicante. Sempre avendo chiaro che non si tratta di veri e propri precetti cautelari, capaci di generare allo stato attuale della normativa, in caso di violazione rimproverabile, colpa specifica, data la necessaria elasticita’ del loro adattamento al caso concreto.
Cosi’ come e’ da escludere che il nuovo sistema introdotto, pur sembrando formalmente sollecitare alla esatta osservanza delle linee-guida, anche al fine di ottenere il beneficio previsto in campo penale, possa ritenersi agganciato ad automatismi.
Non si tratta, infatti, di uno “scudo” contro ogni ipotesi di responsabilita’, essendo la loro efficacia e forza precettiva comunque dipendenti dalla dimostrata “adeguatezza” alle specificita’ del caso concreto (articolo 5), che e’ anche l’apprezzamento che resta, per il sanitario, il mezzo attraverso il quale recuperare l’autonomia nell’espletare il proprio talento professionale e, per la collettivita’, quello per vedere dissolto il rischio di appiattimenti burocratici. Evenienza dalla quale riemergerebbero il pericolo per la sicurezza delle cure e il rischio della “medicina difensiva”, in un vortice negativo destinato ad autoalimentarsi.
Non, dunque, norme regolamentari che specificano quelle ordinarie senza potervi derogare, ma regole cautelari valide solo se adeguate rispetto all’obiettivo della migliore cura per lo specifico caso del paziente e implicanti, in ipotesi contraria, il dovere, da parte di tutta la catena degli operatori sanitari concretamente implicati, di discostarsene.
4. Tutto cio’ premesso, puo’ ora piu’ efficacemente riassumersi il senso del contrasto giurisprudenziale rilevato.
4.1. Il primo orientamento e’ sostenuto dalla sentenza De Luca-Tarabori sopra citata, concernente il caso di un medico psichiatra, responsabile del piano riabilitativo redatto per un paziente e chiamato a rispondere, a titolo di colpa, dell’omicidio volontario da questi compiuto, con un mezzo contundente, nella occasione della convivenza con la futura vittima, posta unitamente all’imputato in una struttura residenziale a bassa soglia assistenziale: posizione, quella del medico prosciolto dal Gip ai sensi dell’articolo 425 cod. proc. pen., che la Cassazione ha fatto oggetto di annullamento con rinvio, tra l’altro, per il necessario raffronto con le linee-guida del caso concreto, anche nella prospettiva della operativita’ del decreto Balduzzi quale legge piu’ favorevole.
Tale decisione, confrontandosi con le potenzialita’ apparentemente liberatorie della novella, muove dal preliminare rilievo di incongruenze interne alla formulazione del precetto dell’articolo 6 cit. che porrebbero in crisi la possibilita’ stessa di comprendere la ratio della norma e poi quella di applicarla, se dovesse darsi corso ad una adesione acritica alla lettera della legge.
Questa, infatti, con l’enunciato della non punibilita’ dell’agente che rispetti le linee-guida accreditate, nel caso in cui esse risultino adeguate alle specificita’ del caso concreto, sarebbe una norma quantomeno inutile perche’ espressione dell’ovvio; e cioe’ del fatto che chi rispetta le linee-guida scelte in modo appropriato non puo’ che essere riconosciuto esente da responsabilita’, sia a titolo di imperizia che ad altro titolo, perche’ non ha tenuto alcun comportamento rimproverabile.
La sentenza ripudia anche la interpretazione della norma secondo cui l’ambito della imperizia esclusa dall’area della colpevolezza sarebbe quello che vede prodotto l’evento lesivo in una situazione nella quale, almeno “in qualche momento della relazione terapeutica”, il sanitario “abbia comunque fatto applicazione di direttive qualificate”.
Infatti, ove tale evento lesivo fosse legato causalmente ad un comportamento in se’ connotato da imperizia ed esulasse dall’ambito specificamente regolato dalle linee-guida adottate dal sanitario nel caso concreto, sarebbero traditi, con l’applicazione della causa di non punibilita’, lo stesso principio costituzionale di colpevolezza e i connotati generali della colpa. Questa, pur non estendendosi a tutti gli eventi che comunque siano derivati dalla violazione di una prescrizione, e’ tuttavia inscindibilmente connessa ai risultati che la regola mira a prevenire e, soggettivamente, alla prevedibilita’ e prevenibilita’ oltre che, in sintesi, alla rimproverabilita’.
In conclusione, per l’orientamento in esame, non e’ consentito invocare l’utilizzo di direttive non pertinenti rispetto alla causazione dell’evento, per vedere esclusa la responsabilita’ colpevole, non dovendosi per giunta dimenticare il carattere non esaustivo e non cogente delle linee-guida.
La scelta contraria sarebbe in violazione dell’articolo 32 Cost., implicando un radicale depotenziamento della tutela della salute, e del principio di uguaglianza, ove stabilisse uno statuto normativo irrazionalmente diverso rispetto a quello di altre professioni altrettanto rischiose e difficili.
Secondo la sentenza De Luca-Tarabori, dunque, va escluso che il sintagma enunciativo della “causa di non punibilita’” possa davvero reputarsi riferibile dogmaticamente a tale istituto, dovendo piuttosto essere inteso come un atecnico quanto ripetitivo riferimento al giudizio di responsabilita’ con riguardo alla parametrazione della colpa.
Ne discende che, in primo luogo, va dato per certo che la nuova disciplina specificatrice dei precetti generali in tema di colpa comunque non e’ destinata ad operare negli ambiti che, per qualunque ragione, non siano governati da linee-guida, rientrando in questa ipotesi anche il caso di linee-guida pertinenti ma aventi ad oggetto regole di diligenza o prudenza e non di perizia; ne’ nelle situazioni concrete nelle quali le raccomandazioni dipendenti da quelle debbano essere radicalmente disattese per via delle peculiarita’ della condizione del paziente o per qualunque altra ragione imposta da esigenze scientificamente qualificate (la previsione della possibile inadeguatezza, nella relazione terapeutica esecutiva, peraltro, e’ essa stessa evidenza della impossibilita’ di qualificare la linea-guida come fonte di colpa specifica); ne’ in relazione alle condotte che, sebbene poste in essere nell’ambito di approccio terapeutico regolato da linee-guida pertinenti ed appropriate (con riferimento, dunque, al momento della scelta delle linee stesse), non risultino per nulla disciplinate in quel contesto regolativo.
Negli altri casi, il riferimento alle linee-guida e’ null’altro che il parametro per la individuazione-graduazione-esclusione della colpa secondo le regole generali, quando quella dipenda da imperizia.
Dal punto di vista del regime intertemporale, la previgente disciplina – che pure abrogata continuerebbe ad operare se risultasse essere legge sostanziale piu’ favorevole – appare avere tale connotato alla stregua della novella del 2017. Essa infatti, come interpretata dalla giurisprudenza maggioritaria di legittimita’, introduceva una ipotesi di decriminalizzazione delle condotte connotate da colpa lieve, a prescindere dal tipo di colpa, evenienza invece cancellata dalla legge Gelli-Bianco, con la conseguenza della impossibilita’ di continuare a distinguere, per i comportamenti futuri, ai fini della esclusione della responsabilita’ penale, la colpa lieve da quella grave.
In chiusura, la sentenza De Luca-Tarabori auspica che possa continuare a rappresentare un valido contributo la tradizione ermeneutica che accredita la possibile rilevanza, in ambito penale, dell’articolo 2236 cod. civ., quale regola di esperienza cui attenersi nel valutare, in ambito penalistico, l’addebito di imperizia.
4.2. La sentenza Cavazza che sostiene l’orientamento opposto e’ della Sez. 4, n. 50078 del 19/10/2017, intervenuta in un caso di doppia pronuncia conforme di condanna, nei confronti di un medico che aveva effettuato un intervento di ptosi (lifting) del sopracciglio, cagionando al paziente una permanente diminuzione della sensibilita’ in un punto della zona frontale destra per la lesione del corrispondente tratto di nervo. Tale decisione ha dichiarato la prescrizione del reato rilevando che la condotta del sanitario, descritta dai giudici del merito come gravemente imperita, non poteva godere della novella causa di non punibilita’ sol perche’ nella motivazione della sentenza non si affrontava il tema dell’eventuale individuazione di corrette linee-guida, omissione non piu’ emendabile per il sopravvenire della causa di estinzione; non poteva neppure beneficiare della previsione liberatoria della legge Balduzzi, data la accertata “gravita’” della colpa e dell'”errore inescusabile”, come plasmato dalla giurisprudenza della Cassazione con riferimento tanto alla scelta del sapere appropriato quanto al minimo di correttezza della fase esecutiva.
In essa si sostiene il carattere innovativo e in discontinuita’ col passato, sul versante penalistico, della legge Gelli-Bianco.
Questa viene recepita eminentemente in base al criterio della interpretazione letterale, il quale evidenzia che si e’ voluta adottare una causa di esclusione della punibilita’ per la sola imperizia, la cui operativita’ e’ subordinata al rispetto delle linee-guida ufficiali. Non manca, nella stessa sentenza, l’inquadramento sistematico di tale conclusione, basato sulla considerazione della finalita’ perseguita e cioe’ quella di attenuare specifici profili della colpa medica, favorendo tale professione di cui il legislatore ha inteso diminuire l’ambito della responsabilita’ penale, ferma restando quella civile.

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