Corte di Cassazione, sezioni unite penali, sentenza 22 febbraio 2018, n. 8770. Quando l’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica

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2. Deduce il ricorrente:
– il vizio di motivazione e la violazione di legge con riferimento agli articoli 199 e 499 cod. proc. pen. in particolare denunciando il travisamento della prova costituita dalle dichiarazioni della teste (OMISSIS), citate a riscontro della versione della persona offesa costituita parte civile che sarebbero state frutto di domande suggestive del pubblico ministero.
– il vizio della motivazione e la violazione dell’articolo 40 cod. pen. in tema di nesso di causalita’.
Assume la difesa che illogicamente sarebbe stato trascurato il rilievo del consulente dell’imputato, accreditato neuropatologo, secondo cui, posto che nella cartella clinica relativa alla degenza per l’intervento neurochirurgico era stato attestato un recupero parziale del deficit motorio agli arti inferiori, avrebbe dovuto inferirsene che la compressione della cauda non aveva potuto avere la durata denunciata dalla parte civile, ma una ben inferiore, in quanto, diversamente, i relativi effetti sarebbero stati ben piu’ gravi.
Allo stesso modo, la difesa denuncia il travisamento delle certificazioni mediche in atti circa la datazione dei sintomi che derivava non dalla constatazione diretta da parte dei sanitari successivamente interpellati ma dalla ripresa delle dichiarazioni del paziente.
Posto, dunque, che il 30 ottobre era la data di effettiva “presa in carico”, da parte del ricorrente, quantomeno sul piano cognitivo, degli allarmanti sintomi della parte civile, non poteva non considerarsi che l’indicazione in quel frangente, da parte del medesimo, di rivolgersi al Pronto soccorso con urgenza rappresentava la corretta attuazione delle buone pratiche sanitarie.
Ne derivava altresi’ che, dovendosi imputare al (OMISSIS) l’ulteriore ritardo di cinque giorni connesso alla scelta di non recarsi al Pronto soccorso diversamente da quanto suggeritogli, ma di investire altri due sanitari, il differimento e l’addebito delle correlate conseguenze lesive non potevano ricondursi, con il necessario grado di certezza, al comportamento del ricorrente.
3. Il ricorso e’ stato segnalato al Primo Presidente dal Presidente del Collegio della Quarta Sezione cui il processo era stato assegnato perche’, all’interno di questa, si registrava un contrasto giurisprudenziale su tema di possibile rilievo ai fini della trattazione, e cioe’ quello della misura della incidenza della recente L. 8 marzo 2017, n. 24, che, nell’abrogare la previgente disciplina della L. n. 189 del 2012, ha rimodulato i limiti della colpa medica a fronte del rispetto delle linee-guida dettate in materia, con conseguenze in punto di individuazione della legge piu’ favorevole.
Con decreto del 13 novembre 2017, il Primo Presidente ha disposto, ai sensi dell’articolo 610 cod. proc. pen., comma 2, l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, da trattarsi all’odierna udienza pubblica.
4. Il difensore del ricorrente ha depositato memoria avente ad oggetto la specifica questione di diritto devoluta alle Sezioni Unite.
L’interpretazione letterale della riforma induce a ritenere che la nuova causa di non punibilita’ e’ operativa in ogni caso in cui risultino rispettate le raccomandazioni previste dalle linee-guida pertinenti. Anche l’andamento dei lavori parlamentari starebbe a dimostrare che la colpa grave non viene ritenuta ragione di inoperativita’ della causa che esclude la punibilita’.
Secondo la nuova normativa, il parametro di verifica della colpa e’ il rispetto, constatato ex post, della adeguatezza delle raccomandazioni contenute nelle linee-guida, non anche le modalita’ di applicazione in concreto delle stesse, altrimenti non comprendendosi quale possa essere l’area di operativita’ della causa di non punibilita’ introdotta dall’articolo 590-sexies cod. pen. e riferita espressamente all’imperizia.
Nel caso di specie, le linee-guida erano state correttamente individuate, e cioe’ il medico aveva fatto una scelta attendista in assenza di sintomi rivelatori della “sindrome della cauda”; quando invece tali sintomi egli aveva percepito, aveva correttamente avviato il paziente al Pronto soccorso per l’espletamento dell’attivita’ diagnostica o interventistica, avente carattere di urgenza.
In conclusione, nessun rimprovero puo’ muoversi al sanitario e, per l’eventualita’ che, invece, si ravvisasse imperizia con riferimento alle scelte operate il 24 ottobre 2008, la stessa dovrebbe ricadere nell’ambito della causa di non punibilita’ introdotta dalla novella del 2017.
5. Il Procuratore generale, pur dando atto della inammissibilita’ dei motivi di ricorso volti ad accreditare una ricostruzione dei fatti alternativa a quella motivatamente emergente dalla sentenza impugnata, ha chiesto sollevarsi la questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 590-sexies cod. pen., per contrasto con i principi posti negli articoli 2, 3, 24, 25, 27, 32, 33, 101, 102 e 111 Cost..
Ha osservato preliminarmente che l’unica interpretazione possibile della nuova norma codicistica sarebbe quella propugnata dalla sentenza che ha dato luogo al contrasto giurisprudenziale, Sez. 4, n. 50078 del 19/10/2017, Cavazza, basata sulla lettera della legge, a differenza di quella della sentenza Tarabori della medesima Sezione, n. 28187 del 20/04/2017, che se ne e’ distaccata tentando una ricostruzione normativa costituzionalmente conforme ma inaccettabile perche’ sostanzialmente abrogativa del nuovo precetto. Il Procuratore generale ha percio’ rilevato che ci si troverebbe di fronte alla necessita’ di applicare una previsione normativa che confligge: con il principio di divieto ingiustificato di disparita’ di trattamento fra situazioni omologhe (le diverse forme di colpa e le diverse categorie di professionisti coinvolti); con il principio di tassativita’ della norma penale, per la derivazione delle linee-guida da fonte normativa secondaria; con quello di responsabilita’ personale, per la scarsa prevedibilita’ ed evitabilita’ dell’evento; con quello del diritto alla tutela della salute, posto in crisi da una richiesta di applicazione dei protocolli non chiaramente calibrati sul caso concreto; con quello della dignita’ della professione sanitaria, che si contrappone alla rigidita’ delle linee-guida da applicare; con quello della libera valutazione del giudice, che si verrebbe a limitare attribuendogli un criterio di giudizio non flessibile.
In subordine, il Procuratore generale ha sollecitato l’annullamento con rinvio al giudice civile, data la ormai maturata prescrizione del reato, per il necessario approfondimento riguardo alla possibilita’ di parametrazione della condotta del (OMISSIS) alle linee-guida e alla eventuale sussistenza di profili di negligenza nel suo operato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La questione sottoposta alle Sezioni Unite e’ la seguente:
“Quale sia, in tema di responsabilita’ colposa dell’esercente la professione sanitaria per morte o lesioni, l’ambito applicativo della previsione di “non punibilita’” prevista dall’articolo 590-sexies cod. pen., introdotta dalla L. 8 marzo 2017, n. 24″.
2. All’origine del contrasto giurisprudenziale che ha determinato la rimessione alle Sezioni Unite vi e’ la promulgazione della L. 8 marzo 2017, n. 24 (Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonche’ in materia di responsabilita’ professionale degli esercenti le professioni sanitarie), entrata in vigore il 1 aprile 2017, nota come “legge Gelli-Bianco” in ragione dei nomi dei rispettivi relatori di maggioranza alla Camera e al Senato. Questa, proseguendo nella volonta’ manifestatasi nella presente legislatura, di tipizzazione di modelli di colpa all’interno del codice penale, ha disposto, all’articolo 6, nel primo comma, la formulazione dell’articolo 590-sexies cod. pen. contenente la nuova disciplina speciale sulla responsabilita’ colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario e, nel secondo comma, la contestuale abrogazione della previgente disciplina extra-codice della materia. E cioe’ del Decreto Legge 13 settembre 2012, n. 158, articolo 3, comma 1, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un piu’ alto livello di tutela della salute, decreto convertito, con modificazioni, dalla L. 8 novembre 2012, n. 189 e conosciuto come “decreto Balduzzi”, dal nome del Ministro della Salute del Governo che lo aveva presentato.
2.1. L’articolo 3 del d.l. Balduzzi era stato concepito per normare i limiti della responsabilita’ penale dell’esercente la professione sanitaria a fronte di un panorama giurisprudenziale divenuto sempre piu’ severo nella delineazione della colpa medica punibile, salvo il mantenimento di una certa apertura all’utilizzo della regola di esperienza ricavabile dall’articolo 2236 cod. civ., per la stessa individuabilita’ della imperizia, nei casi in cui si fosse imposta la soluzione di problemi di specifica difficolta’ di carattere tecnico-scientifico (fra le molte, Sez. 4, n. 16328 del 05/04/2011, Montalto, Rv. 251960; Sez. 4, n. 39592 del 21/06/2007, Bugge’, Rv. 237875).
Si era, invero, pervenuti nel volgere di un ventennio – dopo un passato di approdi giurisprudenziali piu’ indulgenti che ricavavano direttamente dall’articolo 2236 cod. civ. la possibilita’ di punire il solo errore inescusabile derivante dalla mancata applicazione delle cognizioni generali – ad un assetto interpretativo in base al quale la colpa medica non veniva di regola esclusa, una volta accertato che l’inosservanza delle linee-guida era stata determinante nella causazione dell’evento lesivo, essendo rilevante in senso liberatorio soltanto che questo, avuto riguardo alla complessiva condizione del paziente, fosse, comunque, inevitabile e, pertanto, ascrivibile al caso fortuito (Sez. 4, n. 35922 del 11/07/2012, Ingrassia, Rv. 254618).

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