Intercettazioni

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI PENALE

Sentenza 7 ottobre 2013, n. 41362

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza resa in data 11.10.2010, il Gip presso il Tribunale di Caltanissetta, giudicando nelle forme del rito abbreviato, ha condannato S.S., con le contestate aggravanti e ritenuta la riduzione di pena per la scelta del rito, alla pena di giustizia in relazione al delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen. per aver promosso, organizzato e diretto l’articolazione delinquenziale mafiosa di “Cosa Nostra” operante nella provincia di Enna fino al mese di giugno 2009; nonché D.G., con le contestate aggravanti e ritenuta la riduzione di pena per la scelta del rito, alla pena ritenuta di giustizia in relazione ai delitti di cui agli artt. 416 bis cod. pen., per aver fatto parte della medesima associazione contestata al S., e, avuto riguardo agli artt. 56, 629 cod. pen. per aver, in concorso con altri soggetti non ancora identificati, perpetrato una tentata estorsione in danno di R.A. in (omissis), unificati detti reati dal vincolo della continuazione.

2. Interposto appello da entrambi gli imputati, la Corte di appello di Caltanissetta, con sentenza resa in data 17.7.2012, in parziale accoglimento del gravame, escludeva l’aggravante contestata ex art. 416 comma VI cp quanto al reato associativo ascritto ad entrambi i ricorrenti e, per l’effetto, riduceva di conseguenza la pena, confermando nel resto la sentenza impugnata.

3. Propongono ricorso per Cassazione avverso tale ultima statuizione, ciascuno per il tramite dei rispettivi difensori fiduciari, i due imputati.

4. Ricorso S. La difesa del S. adduce a sostegno del ricorso otto diversi motivi.

4.1 Con il primo motivo si adduce violazione di legge avuto riguardo agli artt. 268 e 178 lettera C, c.p.p. nonché 24 Cost. La Corte di Appello, asseverando la correttezza della decisione assunta sul punto dal primo giudice, il GUP, prima con le ordinanze del 26/10/10 e del 12/7/10 e poi con la sentenza, non avrebbero riscontrato la violazione dei diritti di difesa segnalata in appello e legata alla denegata possibilità di conoscere il contenuto integrale, anche mediante ascolto dei file relativi, delle intercettazioni utilizzate prima per la emissione della OCC e poi per gli ulteriori momenti del processo sino alla sentenza emessa in abbreviato. I difensori avevano diritto di ascoltare i detti file o comunque di ottenerne copia ai sensi dell’art. 268 comma VIII; e tale diritto non poteva essere subordinato alla specifica indicazione preventiva dei file dei quali si intendeva procedere all’ascolto né limitato in ragione di una asserita paralisi del procedimento.

4.2 Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge avuto riguardo all’art. 416 bis cpp nei termini di cui alla operata contestazione nonché degli artt. 191 e 192 cpp. Ancora, vizio di motivazione, mancante, contraddittoria, illogica, avuto riguardo alle dichiarazioni accusatorie dei collaboranti D.F. e St. , al tenore delle intercettazioni allegate a supporto del giudizio di responsabilità nonché in riferimento agli episodi dell’assunzione di s.g. presso la Mediterranea Restauri srl e della casa di gioco clandestina gestita presso l’azienda agrituristica “la Taverna del cavaliere errante”.

Dopo una lunga premessa in diritto sulle connotazioni tipiche dell’associazione mafiosa e sulle caratteristiche probatorie che devono caratterizzare il profilarsi del ruolo partecipativo da ascrivere agli intranei, nell’ottica del riscontrato contributo apportato alla vita dell’ente criminale in funzione della perduranza dell’organizzazione associativa, la difesa evidenzia come il compendio probatorio utilizzato a sostegno della ritenuta responsabilità ascritta al S. per il reato associativo, darebbe conto al più della semplice conoscenza del ricorrente con soggetti malavitosi e della rara frequentazione con gli stessi, elementi inidonei a comprovare il contestato ruolo associativo.

4.3 Con il motivo sub 3 viene addotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla riconosciuta aggravante di cui all’art. 416 comma 4 cpp. Secondo la difesa mancherebbe la prova idonea a dimostrare che i partecipi all’associazione contestata avessero la disponibilità di armi. I fatti contestati a supporto della contestazione associativa non fanno riferimento all’utilizzo ed alla disponibilità della armi, non prevedevano l’utilizzo di armi. Non risulta poi provato che il S. avesse avuto contatti con appartenenti alla famiglia mafiosa di Enna che potessero in qualche modo ricondurre all’utilizzo di armi, quantomeno sul piano della consapevolezza in capo al ricorrente di far parte di una associazione armata o nella quale alcuno dei partecipi avesse la disponibilità di armi.

4.4 Con il quarto motivo la violazione di legge viene riferita agli artt. 530 comma II e 533 cpp. In ragione della insufficienza probatoria degli elementi addotti a sostegno dell’assunto accusatorio, la Corte avrebbe dovuto pronunziare sentenza ex art. 530 comma II, in presenza di un ragionevole dubbio sulla responsabilità da ascrivere al ricorrente rispetto al fatto contestato.

4.5 Con il motivo addotto per quinto si lamenta violazione di legge avuto riguardo agli artt. 25 comma II, Cost., 2, comma III cp, 416 bis cpp. La partecipazione associativa, malgrado la contestazione sia chiusa al giugno del 2009, involge contegni tutti antecedenti la entrata in vigore della legge 125/08 che, nel caso, i Giudici del merito hanno preso in considerazione nella determinazione del trattamento sanzionatorio. La pena andava per contro determinata guardando alla più favorevole disciplina normativa previgente sia per la data di definizione della condotta, sia per la natura del reato, permanente.

4.6 Con il sesto motivo si lamentano violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alle generiche, negate senza considerare il comportamento processuale dell’imputato e senza motivazione alcuna.

4.7 Infine, con i motivi sub 7 e 8 si denunzia violazione dell’art. 74 cpp nonché vizio di motivazione in ragione dell’ammissione della costituzione di parte civile dell’associazione antiraket di Enna, senza che sia stata dimostrato lo svolgimento da parte della stessa di una attività diretta a contrastare la lotta contro la criminalità organizzata ma anche in assenza di un danno prospettato e comprovato.

5. Ricorso D. . Cinque le doglianze sottese al ricorso proposto nell’interesse di D.G.

5.1 Il primo motivo si muove in linea con le obiezioni in diritto sollevate dalla difesa del S. quanto alla violazione di legge legata alla mancata acquisizione ed audizione dei brogliacci e dei file audio inerenti le intercettazioni. Si aggiunge, alle prospettazioni difensive già segnalate dall’altro difensore, che agli atti non risultavano neppure i brogliacci, prodotti inammissibilmente dopo l’adozione del rito abbreviato; e che nella specie la violazione del diritto d difesa era ancor più evidente in considerazione del fatto che il giudizio abbreviato derivava dalla scelta del PM di agire in direzione del giudizio immediato, senza che nella specie dunque fosse stato emesso e comunicato il decreto di cui all’art. 415 bis cpp e senza dunque che in precedenza che i difensori avessero avuto la possibilità materiale di attivare le facoltà di cui all’art. 268 comma 8.

5.2 Con il secondo motivo si denunzia la motivazione, assente, illogica e contraddittoria, afferente la contestazione associativa. La difesa ribadisce che nella specie il quadro accusatorio troverebbe fondamento solo nelle captazioni in assenza dei necessari approfondimenti di indagine da un punto di vista patrimoniale. I collaboranti, poi, nulla hanno osservato in ordine alla posizione del ricorrente, evidentemente estraneo alle loro conoscenze. Il tutto in aperta distonia con il ruolo ascritto al D., braccio destro del reggente del clan, il coimputato S., chiamato a rappresentarne il tramite di accesso per gli altri sodali evitando allo stesso coinvolgimenti diretti. La Corte poi avrebbe assolutamente svilito la ragione addotta dalla difesa in punto ai rapporti personali occorsi con il S., individuata nella comune passione per i cavalli, nonché nell’aver subito alcuni anni in precedenza intimidazioni afferenti la propria azienda, tali da spingere il ricorrente ad avvicinarsi al S. nella convinzione che siffatta amicizia con un uomo dotato di ampio e consolidato rispetto lo avrebbe aiutato ad ostacolare in radice possibili ulteriori azioni lesive. Dati questi ritenuti ulteriori rispetto a quelli tracciati dall’impostazione difensiva, non incompatibili e alternativi alla stessa quando invece costituivano la chiave di lettura più consona quanto alla interpretazione delle emergenze captate. Sostiene ancora la difesa che non costituiscono validi supporti logici al ritenere della Corte la circostanza della disponibilità in capo al D. e presso la sua abitazione, di un libretto di deposito intestato al ricorrente, segno della confidenzialità corrente tra i due, senza costituire prova di una attività illecita; né, ancora, la vicenda della taverna dei cavalieri erranti, in relazione alla quale risulta nel motivare della Corte integralmente pretermesso l’intero quadro indiziario che da conto dell’interesse e del coinvolgimento del D. nella gestione dell’azienda agrituristica in oggetto.

5.3 Con il terzo motivo si lamenta vizio di motivazione con riferimento all’aggravante dell’associazione armata. Nessuno dei presunti appartenenti all’associazione dedotta in giudizio è stato rinvenuto in possesso di armi né dalle intercettazioni emerge il riferimento ad armi.

5.4 Con il quarto motivo si deducono violazione di legge e motivazione contraddittoria con riferimento alla tentata estorsione. La sentenza sarebbe illogica perché prescinde dal prendere in considerazione a monte le precedenti intimidazioni mosse ai danni del ricorrente. E, seguendo la chiave di lettura emergente da tali dati, a fronte del certo interessamento del D. nei confronti del R. in ragione della pregressa esperienza patita, assegna a tale comportamento non il senso della umana vicinanza espressa nei confronti dell’interlocutore ma il significato illecito di ma intercessione connotata dal metus estorsivo. La condotta comunque sarebbe priva degli estremi che dovrebbero connotare il reato contestato.

5.5 Con il quinto e ultimo motivo si evidenzia vizio di motivazione, assente, con riferimento alle generiche, denegate, con motivazione indistintamente rivolta a tutti gli imputati, senza considerare le ragioni, circostanziate con riferimento al ruolo ed al pregresso percorso criminale del ricorrente, inconsistente, dedotte con l’appello.

Considerato in diritto

6. Il riscontrato error in procedendo lamentato da entrambi i ricorrenti tramite il primo motivo di ciascun ricorso impone l’annullamento con rinvio della decisione impugnata.

7. Giova ripercorrere al fine la dinamica attraverso la quale si è pervenuti al provvedimento interlocutorio del 12 luglio 2010 (poi confermato in sentenza dal GIP e ribadito dalla Corte distrettuale in esito all’appello) in forza al quale, nel ritenere della difesa, si è concretata la lamentata violazione del diritto di difesa sub specie del diritto all’ascolto ed alla copia dei file audio relativi alle intercettazioni utilizzate a sostegno delle condanne in contestazione.

7.1 Il Giudizio in esame nasce quale stralcio di un più ampio procedimento coinvolgente tra gli altri anche gli odierni ricorrenti. Chiesta dal PM e disposta dal GIP la trattazione con giudizio immediato, gli odierni ricorrenti formulavano tempestiva istanza di rito abbreviato.

Innanzi al GIP, prima ancora della ammissione del rito abbreviato, le parti integravano la documentazione in atti e le difese in particolare segnalavano che non risultavano acquisiti i brogliacci e i file audio relativi alle intercettazioni indicate a sostegno, da ultimo, della richiesta di giudizio immediato. Il Gip, preso atto di quanto sopra, accoglieva la richiesta di abbreviato “nella forma condizionata per tutti gli imputati alle produzioni e richieste in precedenza ed in data odierna formalizzate…“, nonché acquisendo, ritenendolo necessario ai fini del decidere “…tutti gli atti offerti in produzione dal pm e quelli offerti in produzione, ad oggi, dalle parti…” e, infine, disponendo che il pubblico ministero consentisse alle parti di visionare “… tutti gli atti del procedimento riguardanti i brogliacci di intercettazione e i files audio…” e di ottenerne copia ove vi fosse stata “…richiesta in tal senso con riferimento a specifiche intercettazioni“.

7.2 Successivamente il pubblico ministero provvedeva al deposito di sette ed contenenti i brogliacci delle intercettazioni mentre la difesa di un imputato diverso dagli odierni ricorrenti otteneva copia dei file relativi ad alcune specifiche intercettazioni in esito ad una istanza inoltrata ben prima della stessa richiesta di giudizio immediato.

7.3 Alla udienza del 12 luglio 2010, le difese evidenziavano la mancata produzione dei file audio eccependo nuovamente l’incompletezza degli atti e chiedendone l’integrazione. Il Pm si opponeva in ragione della intempestività della richiesta. Il Giudice dopo aver ribadito la forma condizionata dell’abbreviato ammesso, giustificata proprio in ragione della acquisizione dei brogliacci e della possibilità di consultazione dei file audio, precisava che in sede di ammissione del rito era stato “espressamente disposto che quanto ai file audio si sarebbe effettuata una copia solo ove la difesa avesse depositato specifica istanza” e che nessuna richiesta in tal senso era pervenuta né in Procura né presso l’ufficio GIP. Per tali ragioni rigettava l’istanza.

7.4 Interposto appello anche sul punto con doglianze sostanzialmente analoghe ai motivi fatti oggi oggetto di critica in Cassazione, la Corte distrettuale rigettava in parte qua il gravame ritenendo non pertinente il richiamo difensivo alla sentenza della Corte Costituzionale n. 336 del 2008 (reso dai ricorrenti per desumere la fondatezza della sollevata eccezione di nullità dell’impugnata sentenza per violazione del diritto di difesa) i avendo il detto arresto riconosciuto il diritto all’accesso alle registrazioni delle conversazioni intercettate con esclusivo riferimento al procedimento sub cautelare e nei suoi ristretti ambiti temporali e di rito e non anche nelle fasi successive, in relazione alle quali il diritto di accesso alle registrazioni delle conversazioni intercettate è invece correlato all’attivazione, da parte del pubblico ministero, del sub procedimento di cui all’art. 268, commi 6, 7 ed 8, c.p.p.;

che i difensori degli imputati non ebbero a chiedere il rilascio di copia delle conversazioni intercettate, non soltanto – come già sopra detto – a seguito dell’esecuzione dell’ordinanza custodiale e nel ristretto ambito del sub procedimento cautelare, ma anche successivamente fino alla presentazione dell’istanza di rito abbreviato;

che, per contro, l’accoglimento della richiesta in tal senso formulata con riferimento a conversazioni agevolmente individuabili in ragione della specifica indicazione dei relativi decreti autorizzativi, presentata da alcuni difensori per imputati diversi dagli odierni ricorrenti dava adeguato conto della completezza degli atti trasmessi al Gip;

che la lamentata nullità dell’impugnata sentenza, con riferimento ai surriferiti profili di violazione del diritto di difesa e di inutilizzabilità degli atti non trasmessi è stata sanata proprio dalla presentazione dell’istanza di rito abbreviato, per di più neanche subordinata all’ascolto delle registrazioni e alla loro trascrizione attraverso l’espletamento di una periziafconsiderata l’efficacia sanante dell’istanza di rito abbreviato, con riguardo ad ipotesi di nullità non assolute e di inutilizzabilità non patologiche, quali quelle nella specie addotte;

che l’ordinanza di rigetto del Gip non ha in concreto determinato alcuna violazione dei diritti di difesa o una sia pur minima elusione delle richieste istruttorie formulate dai difensori, i quali – nel chiedere di visionare i files audio delle conversazioni intercettate – avrebbero articolato una richiesta non qualificabile come istruttoria, siccome non correlata al contenuto della già proposta ed ammessa istanza di rito abbreviato, né alle ulteriori integrazioni istruttorie acquisite in giudizio, ma unicamente riflettente l’intento difensivo di voler accedere all’ascolto delle conversazioni intercettate per finalità istruttorie meramente esplorative;

che andava dato atto al Gip di aver assecondato la richiesta difensiva non ex art. 441 comma 5 c.p.p. ma attraverso la sollecitazione, rivolta al pubblico ministero, di mettere a disposizione della difesa non soltanto i brogliacci ma anche i files audio, con l’ovvia imposizione in capo ai difensori, stante la determinante peculiarità del rito prescelto, dell’onere di indicare specificamente le conversazioni oggetto di eventuale richiesta di rilascio copia, onere, questo, mai assolto così da rendere la decisione di rigettare la richiesta del tutto corretta a fronte della constatata inerzia dei difensori e della evidente incompatibilità, rispetto al rito prescelto, di un eventuale ascolto indiscriminato di tutte le numerose conversazioni intercettate.

8. Questo il quadro di riferimento, ritiene la Corte che il percorso argomentativo seguito dal Giudice di primo grado, di poi asseverato dalla Corte distrettuale con ulteriori precisazioni a conforto della correttezza della decisione assunta, non regga il peso delle critiche sollevate dalle difese e si riveli non coerente al dato normativo applicato sotto diversi versanti.

8.1 In primo luogo va ribadito che l’elemento concretante la prova in caso di intercettazioni è dato dai supporti sui quali risultano registrate le conversazioni captate; non lo sono le trascrizioni sommarie delle conversazioni rese dalla P.g. (i cosiddetti brogliacci) né le trascrizioni integrali delle stesse che, come noto, nel costante orientamento di questa Corte, costituiscono una rappresentazione grafica del contenuto di prove già acquisite mediante registrazione fonica.

8.2 In secondo luogo, va precisato che, per come pacificamente confermato anche dalle difese (si cfr sul punto il ricorso S. ), le intercettazioni di interesse nella specie, stralciate dalla congerie di captazioni riferibili al più ampio procedimento originario e richiamate a sostegno della richiesta di giudizio immediato, coincidevano sostanzialmente con quelle poste a fondamento della ordinanza di custodia cautelare in precedenza emessa nei confronti degli odierni ricorrenti. E, altrettanto pacificamente, non uno degli odierni interessati ebbe ad instare per l’audizione e copia dei relativi file audio malgrado ciò risultasse oggi consentito, pur prima del deposito di cui al IV comma dell’ari 268 cpp, dalla declaratoria di illegittimità costituzionale della norma da ultimo citata proprio con riferimento alle captazioni utilizzate per l’adozione di una misura cautelare personale (la già citata sentenza nr 336/08).

8.3 È infine pacifico che nella richiesta di giudizio immediato si faceva riferimento esplicito alle dette intercettazioni ma che, oltre ai brogliacci, materialmente non erano in atti anche i relativi file audio. Gli stessi tuttavia erano da ritenersi comunque formalmente acquisiti in ragione del meccanismo legato alla applicazione del comma II dell’art. 454 cpp, una volta indicate le intercettazioni tra gli atti di di indagine, ed in considerazione del disposto di cui all’art. 269 cpp: i file recanti le registrazioni, non essendo per loro natura fascicolabili, non sono materialmente inseriti nel fascicolo, ma devono essere conservati, secondo la previsione dell’art. 269 C.P.P., presso il P.M. fino alla sentenza non più soggetta a impugnazione, il che non significa che non rimangano a permanente disposizione delle parti, che hanno sempre facoltà di ascoltarli nonché di essere autorizzati a farne eseguire la trasposizione su altro nastro magnetico (cfr in tali termini Cassazione penale, sezione seconda, 12393/00).

8.4 L’ultimo punto preliminare cui ancorare in via logica la disamina che occupa è quello legato alla natura ed al tenore oggettivo da ascrivere al provvedimento di ammissione all’abbreviato reso nella specie dal GIP.

Ritiene la Corte, in linea di principio, che l’abbreviato in questione non poteva essere condizionato all’audizione dei file, come avvenuto nella specie. Se la prova è costituita dalle registrazioni e se queste, per quanto sopra, costituiscono parte integrante del fascicolo del PM ex art. 454 comma II cpp, ne viene che l’abbreviato che vede le intercettazioni tra gli atti presenti al momento della relativa istanza per forza di cose presuppone, all’interno del substrato probatorio di riferimento utile alla decisione, anche i file che le contengono. La possibilità di ascoltare detti file – nell’ottica volta a formulare le opportune contestazioni quanto a possibili difformità dei rispettivi contenuti rispetto alle trasposizioni grafiche delle registrazioni foniche – costituisce, poi, evidenza difensiva implicita e imprescindibile, destinata a dare corpo ad una attività pienamente coerente al rito adottato senza la necessità di condizionare la richiesta di abbreviato a tale ulteriore incombenza.

Ciò malgrado, per esplicita affermazione del Gip, l’abbreviato in questione venne condizionato tra l’atro, alla possibilità di consultazione dei file audio (peraltro in linea con alcuni arresti di questa stessa Corte puntualmente citati nella sentenza oggi impugnata). La questione, tuttavia, non muta i termini della tematica in approfondimento : si acceda all’una o all’altra soluzione, una volta subordinato l’abbreviato alla facoltà per i difensori di ascoltare le registrazioni, ove pretermesso tale diritto, in ogni caso, si sarebbe concretata la violazione di legge lamentata dagli odierni ricorrenti.

Non sembra superfluo evidenziare, infine, che, con lo stesso provvedimento del 26 giugno 2010 il Giudice, di fatto operando una sostanziale crasi quanto al dipanarsi procedimentale scandito dall’art. 268 cpp ai commi da 6 ad 8 (la cui autonomia incidentale rispetto al merito del giudizio nella specie è stata in concreto pretermessa dalla scelta del PM di chiedere l’immediato) e rivolgendosi impropriamente al PM, verosimilmente in ragione del fatto che trattavasi di momenti probatori che, per quanto formalmente in atti, erano nella disponibilità immediata di quest’ultimo, ha autorizzato le parti private sia all’audizione dei citati file audio (in conformità al diritto sancito dal comma VI dell’art. 268 cpp, dovendosi intendere in tal senso il riferimento alla “visione” letteralmente contenuto nel citato provvedimento, senza che peraltro ve ne fosse necessità) sia, in via preventiva, ad ottenere copia degli stessi (la trasposizione su nastro di cui al comma VIII della norma citata), seppur subordinando tale ultima facoltà processuale, alla apposita indicazione dei file di immediato interesse.

Prescindendo dalla linearità integrale del provvedimento e concretamente anche dalla correttezza di tale ultima limitazione, assorbita, nella sua inesattezza, dagli ulteriori sviluppi processuali, il provvedimento in questione si mostrava comunque conforme alle esigenze difensive correlate alle connotazioni tipiche del rito alternativo adottato.

Le intercettazioni costituivano momento fondante la richiesta di giudizio immediato; acquisiti i brogliacci, il contenuto delle captazioni ben avrebbe potuto essere rappresentato esclusivamente da questi ultimi, avendo le parti, una volta fatta istanza per l’abbreviato, deciso di definire il processo allo stato degli atti, attribuendo dunque valore probatorio anche a tali trascrizioni sommarie. Quale che sia la tesi da seguire sulla possibilità o meno di condizionare, nei termini riferiti, l’abbreviato all’audizione dei file, sta di fatto che nel caso tale prerogativa era stata di certo comunque riconosciuta ; ed in coerenza, la possibilità, di ascoltare i file contenenti le registrazioni nonché il correlato potere di trame copia, costituivano snodo difensivo imprescindibile per la difesa, adeguatamente garantito, in teoria, dal provvedimento originariamente assunto, il cui mancato rispetto era destinato ad impedire a monte l’utilizzazione probatoria dei brogliacci, privi di rilievo la dove non fosse consentita alle parti la possibilità di procedere ad un riscontro del relativo tenore rispetto a quello cristallizzato nelle rispettive registrazioni.

9. Le superiori considerazioni danno adeguato conto della imprecisione giuridica delle affermazioni rese dalla Corte distrettuale a sostegno della decisione assunta.

9.1 Il diritto all’ascolto dei file è prerogativa difensiva che esonda ovviamente gli argini dell’incidente cautelare. Una volta che si sia proceduto al deposito ex comma IV dell’art. 268 cpp (al più tardi con la notifica di cui all’art. 415 bis o, come nel caso in esame, in esito alla notifica del decreto che dispone il giudizio immediato) i difensori hanno diritto, non suscettibile di limitazione alcuna né di apposita autorizzazione, ad ascoltare i file audio relativi alle registrazioni delle captazioni. Vero è che il diritto alla copia di tali file sembra invece subordinato al meccanismo di filtro regimentato dal comma 6 dell’art. 268 cpp, sotteso alla tutela della riservatezza inerente dati e soggetti coinvolti nelle captazioni estranei all’interesse immediato del processo ; ma nella prassi lo stralcio viene spesso pretermesso – alla luce della non perentorieta dei termini attribuiti alle parti per indicare le captazioni non manifestamente irrilevanti nell’ottica processuale e della assenza di una competenza funzionale in tal senso ascritta al Giudice delle indagini preliminari (cfr in tal senso di recente in motivazione Corte Costituzionale, sentenza nr 255/12) – per venire assorbito dalle analoghe valutazioni rese in dibattimento, si che non di rado il diritto alla copia, come nel caso di specie, finisce per essere riconosciuto senza una preventiva, esplicita, eliminazione a monte delle registrazioni manifestamente estranee al processo.

Da tanto se ne deduce che la violazione del diritto all’ascolto delle registrazione e quello legato alla copia dei file audio da luogo ad una compressione del diritto di difesa,, tale da concretare una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178 cod. proc. pen., lett. c), perché cade direttamente sulla possibilità di vaglio critico del momento nel quale si concreta la prova, id est le registrazioni; e che tale vizio non è esclusivamente riscontrabile in sede cautelare, così come affermato dalla Corte distrettuale ma che anzi, proprio in ragione dell’intervento del Giudice delle leggi richiamato nella sentenza impugnata, è destinato ad operare anche in tale fase incidentale (che di norma precede il deposito di cui al comma Iv dell’art. 268 cpp laddove alle esigenze di riservatezza sottese al 269 cpp il Giudice delle leggi ha fatto prevalere quelle afferenti la puntualità delle possibilità difensive).

9.2 Né, ancora, ha ragion d’essere l’affermazione in forza alla quale la pretermissione della citata prerogativa difensiva risulta nella specie sanata dalla scelta del rito abbreviato, giacché, a voler seguire pedissequamente la tesi della possibilità di condizionare il rito all’ascolto dei file audio, esplicitamente, nel caso che occupa, ciò è quanto specificatamente accaduto. La relativa violazione, dunque, recupera, a tacer d’altro, spazi di rilievo proprio in considerazione delle caratteristiche specifiche del rito adottato (cfr in tal senso in motivazione la sentenza nr 21265/11 di questa stessa sezione).

10. Le precedenti considerazioni costituiscono il presupposto fondante la correttezza dell’asserto difensivo sotteso alla lamentata nullità della sentenza impugnata per la evidenziata violazione dell’art. 268 cpp.

In esito all’autorizzazione resa con il provvedimento del 26 giugno 2010, pacificamente, le difese degli odierni ricorrenti non ebbero a procedere all’ascolto dei file audio né ad instare per la trasposizione degli stessi su nastro. Piuttosto speculativamente, per vero, ebbero comunque a rappresentare al GIP la mancata acquisizione, a differenza dei brogliacci, dei file agli atti del processo, chiedendo l’integrazione quando pacificamente gli stessi file erano a disposizione delle parti presso la segreteria del PM.

A fronte di tale richiesta il GIP ben avrebbe potuto limitarsi a ribadire il tenore del provvedimento autorizzativo già reso, comunque in linea con le prerogative della difesa quantomeno in ordine al diritto all’ascolto, certamente garantito agli interessati (quello ad ottenere copia, impropriamente delimitato in astratto alla preventiva indicazione dei file di interesse da trasporre, avrebbe di fatto concretato una lesione in ipotesi di effettivo denegato riconoscimento della trasposizione su nastro dell’intero materiale audio concernete le registrazioni).

Per contro, il Giudice non solo ha rigettato l’istanza ma, per quel che qui immediatamente interessa, nel motivare siffatta reiezione, ha fatto esplicito riferimento al dato in forza al quale il dar corso in quel momento all’ascolto dei file avrebbe di fatto rallentato la speditezza dell’iter processuale in termini di assoluta incompatibilità con la snellezza propria del rito adottato, incompatibilità viepiù rimarcata dalla inerzia sino ad allora mostrata dalle parti interessate quanto a siffatto incombente (motivazione questa per il vero resa ancor più intellegibile dagli ulteriori chiarimenti ad integrazione resi in sentenza).

Così facendo il giudice (prima e la Corte distrettuale poi nell’asseverarne la decisione), pur partendo da considerazioni a monte condivisibili (l’intenzione speculativa delle parti, questa si non compatibile con l’incedere del processo segnato dalla natura del rito adottato), è pervenuto a conclusioni inaccettabili. Piuttosto che lasciare immutata la situazione processuale cristallizzata dal provvedimento reso in sede di ammissione dell’abbreviato, dando comunque corso all’ulteriore, inalterato, sviluppo del procedimento (così da rimettere alla libera iniziativa delle parti la facoltà di avvalersi, tempestivamente e utilmente, della prerogativa difensiva già riconosciuta in termini di piena compatibilità con il proseguire oltre del processo) o, se del caso, garantendo alle parti tempi di trattazione idonei a tale sviluppo processuale (peraltro nel caso coerenti alla successiva dinamica del giudizio, definitosi a distanza di tre mesi), il GIP, nel rigettare, con siffatte motivazioni, la richiesta delle parti (cui non poteva ascriversi altro significato se non quello di procedere alla audizione dei citati file) ha finito sostanzialmente per contraddire l’ampliamento probatorio garantito dalla condizione apposta all’abbreviato assentito, precludendo in radice ai difensori la possibilità di procedere ad un vaglio critico del tenore effettivo delle captazioni nel raffronto con il dato portato nelle trascrizioni sommarie conclamate nei brogliacci acquisiti.

11. Così come costantemente affermato da questa Corte (cfr, su tutte, SS UU nn 20300/10) l’accertata, illegittima, compressione del diritto di difesa derivante dal rifiuto all’accesso alle registrazioni di conversazioni intercettate da luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178, lett. c), cod. proc. pen., in quanto determina un vizio nel procedimento di acquisizione della prova, che non inficia l’attività di ricerca della stessa ed il risultato probatorio, in sé considerati. Se, come già sottolineato, è vero che la prova delle conversazioni o comunicazioni risiede nelle registrazioni e che, come confermato dalla Corte Costituzionale (nella citata sentenza 336/08) l’ascolto diretto delle conversazioni o comunicazioni intercettate non può essere surrogato dalle trascrizioni effettuate, senza contraddittorio, dalla polizia giudiziaria”, condensate in appunti o in sintesi di esse, ne consegue che, precluso il diritto all’ascolto, nella specie non potevano essere utilizzati ai fini della decisione i brogliacci comunque acquisiti in atti. Tali trascrizioni, spogliata la parte del diritto all’ascolto delle registrazioni, diventano probatoriamente invalide per fatto successivo o, se si vuole, probatoriamente inefficaci, il che vale a dire, in termini di effetti concreti, che non sono “utilizzabili” ai fini della valutazione della domanda, inteso il termine “inutilizzabilità” in senso non strettamente tecnico. In altri termini – posta la necessaria distinzione tra mezzo di ricerca della prova (attività di intercettazione), risultato probatorio (conversazioni intercettate) e assunzione della prova (acquisizione del documento-prova) – nel caso in esame è il sub – procedimento di assunzione della prova (la produzione dei “brogliacci” non accompagnata dal libero esercizio della facoltà di ascolto) a essere viziato, mentre nessun vizio inficia sia l’attività di ricerca della prova sia il risultato probatorio in sé considerati (cfr in tali termini pedissequamente riportati la sentenza di questa sezione della Corte distinta dal nr 45880/11).

12. Considerato l’assoluto rilievo ascritto nella specie al dato emergente dalle intercettazioni per come riportato dai brogliacci acquisiti in atti avuto riguardo alle valutazioni decisorie sottese a tutte le contestazioni rivolte agli odierni ricorrenti ed evidenziata, nei termini sopra riferiti, la non utilizzabilità dei brogliacci stessi, ne viene che alla accertata nullità ed al riscontrato vizio procedimentaie consegue l’annullamento con rinvio della decisione impugnata per consentire alle difese il pieno esercizio dell’attività difensiva compromessa, utile a legittimare in esito l’utilizzo probatorio dei brogliacci.

Trattandosi poi di nullità concernente le prove, opera nella specie il disposto di cui all’art. 185 comma IV cpp, sì che, alla accertata invalidità, non segue la regressione del procedimento allo stato ed al grado nel quale si è cristallizzato il vizio invalidante. All’annullamento consegue dunque il rinvio alla Corte di appello competente, id est nella specie altra sezione della Corte di Appello di Caltanissetta.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Caltanissetta.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *