Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 7 febbraio 2014, n. 6001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AGRO’ Antonio Stefan – Presidente
Dott. LANZA Luigi – Consigliere
Dott. LEO Guglielmo – rel. Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari in data 17/12/2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta in pubblica udienza dal consigliere Guglielmo Leo;
udite le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostituto Dott. Mario Fraticelli, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla disposta consegna per il delitto di tentato omicidio;
udito il Difensore del ricorrente, avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AGRO’ Antonio Stefan – Presidente
Dott. LANZA Luigi – Consigliere
Dott. LEO Guglielmo – rel. Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari in data 17/12/2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta in pubblica udienza dal consigliere Guglielmo Leo;
udite le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostituto Dott. Mario Fraticelli, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla disposta consegna per il delitto di tentato omicidio;
udito il Difensore del ricorrente, avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. E’ impugnata la sentenza del 18/12/2013 con la quale la Corte d’appello di Bari ha disposto la consegna all’Autorita’ giudiziaria belga di (OMISSIS), nei cui confronti il Giudice istruttore del Tribunale di Mechelen ha emesso, in data 23 settembre 2013, un mandato di arresto Europeo.
Tale ultimo provvedimento e’ stato adottato in relazione a due fatti criminosi: il tentativo di omicidio posto in essere a (OMISSIS), ai danni di (OMISSIS) e (OMISSIS); la partecipazione ad una associazione criminale costituita allo scopo di commettere il tentato omicidio in questione.
La Corte territoriale ha ravvisato la sussistenza delle condizioni per un rifiuto di consegna relativamente al delitto associativo, in applicazione della Legge 22 aprile 2005, n. 69, articolo 18, comma 1, lettera o), secondo cui la consegna non puo’ essere disposta, appunto, quando “per lo stesso fatto che e’ alla base del mandato d’arresto Europeo, nei confronti della persona ricercata, e’ in corso un procedimento penale in Italia”. Risulta infatti che, nei confronti dell’odierno ricorrente, si procede in Italia per il delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso (articolo 416 c.p. bis), oltre che per reati contro il patrimonio, in relazione ai quali e’ anche disposta la custodia cautelare dell’interessato. La Corte territoriale rileva espressamente, nel provvedimento impugnato, che il delitto associativo perseguito in Italia “e’ il medesimo di cui al capo 2 del mandato di arresto Europeo emesso dal Giudice istruttore belga di Mecheien”.
I Giudici di Bari hanno respinto, invece, la tesi difensiva secondo cui la consegna avrebbe dovuto essere rifiutata anche in relazione al delitto di tentato omicidio, trattandosi di reato in parte commesso nel territorio nazionale, per il quale dunque dovrebbe trovare applicazione la norma di cui alla lettera p) del comma 1 della citata Legge n. 69 del 2005, articolo 18. Si rileva in proposito, nella sentenza impugnata, che non risulta si proceda in Italia per il fatto in questione, e che non risulta essere stato concluso nel territorio italiano l’accordo criminoso relativo all’omicidio o tentato omicidio di (OMISSIS) e (OMISSIS). Si aggiunge che, d’altra parte, vi sarebbe, rispetto a quel fatto, difetto di giurisdizione italiana, a norma degli articoli 6, 7 e 10 c.p.: si tratterebbe, in particolare, di delitto commesso all’estero da stranieri nei confronti di cittadini stranieri.
2. Con un unico motivo di ricorso, il Difensore di (OMISSIS) deduce violazione della Legge n. 69 del 2005, articolo 18, comma 1, lettera p), in relazione all’articolo 6 c.p..
Per il combinato disposto delle norme citate, sussisterebbe giurisdizione italiana, e al tempo stesso inibizione della consegna allo Stato ricorrente, ogni volta che si sia svolta sul territorio nazionale una parte della condotta criminosa, anche solo un frammento, purche’ si tratti di una porzione del fatto punibile.
Nella specie, riguardo al tentativo di omicidio, sarebbero maturate in Italia l’ideazione e la programmazione dell’agguato nei confronti dei due componenti di una organizzazione criminale avversa. Il ricorrente cita porzioni di provvedimenti de liberiate assunti nel procedimento in corso contro (OMISSIS), e contro un presunto coautore del tentativo di omicidio ( (OMISSIS)), per il delitto associativo del quale gia’ si e’ detto: la “spedizione punitiva” in Belgio, e la partecipazione alla stessa, sono state valorizzate come elementi di prova dell’appartenenza degli interessati al gruppo criminale. Si considera dunque priva di fondamento, dal ricorrente, l’apodittica affermazione della Corte territoriale secondo cui sarebbe indimostrata la programmazione in Italia dell’agguato di (OMISSIS).
Essendo vero il contrario, sussisterebbero la giurisdizione italiana e, al tempo stesso, il divieto di consegna.
Il Difensore aggiunge come, nei confronti del presunto e gia’ citato complice del ricorrente, (OMISSIS), questa Corte abbia stabilito la sussistenza del diniego di consegna per i fatti di (OMISSIS), proprio sul presupposto che l’azione omicidiaria era stata programmata ed organizzata in Italia (sez. 6, sentenza n. 45914 del 12/11/2013).
Infine, si contesta il fondamento del rilievo per il quale non risulta promosso in Italia un procedimento per il tentato omicidio in discussione. Con la gia’ citata sentenza nel procedimento a carico dell’ (OMISSIS), infatti, questa Corte aveva disposto trasmettersi gli atti al Procuratore della Repubblica di Bari proprio al fine di consentire che il pubblico ministero effettuasse, sul fatto de quo, le determinazioni di propria competenza.
Tale ultimo provvedimento e’ stato adottato in relazione a due fatti criminosi: il tentativo di omicidio posto in essere a (OMISSIS), ai danni di (OMISSIS) e (OMISSIS); la partecipazione ad una associazione criminale costituita allo scopo di commettere il tentato omicidio in questione.
La Corte territoriale ha ravvisato la sussistenza delle condizioni per un rifiuto di consegna relativamente al delitto associativo, in applicazione della Legge 22 aprile 2005, n. 69, articolo 18, comma 1, lettera o), secondo cui la consegna non puo’ essere disposta, appunto, quando “per lo stesso fatto che e’ alla base del mandato d’arresto Europeo, nei confronti della persona ricercata, e’ in corso un procedimento penale in Italia”. Risulta infatti che, nei confronti dell’odierno ricorrente, si procede in Italia per il delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso (articolo 416 c.p. bis), oltre che per reati contro il patrimonio, in relazione ai quali e’ anche disposta la custodia cautelare dell’interessato. La Corte territoriale rileva espressamente, nel provvedimento impugnato, che il delitto associativo perseguito in Italia “e’ il medesimo di cui al capo 2 del mandato di arresto Europeo emesso dal Giudice istruttore belga di Mecheien”.
I Giudici di Bari hanno respinto, invece, la tesi difensiva secondo cui la consegna avrebbe dovuto essere rifiutata anche in relazione al delitto di tentato omicidio, trattandosi di reato in parte commesso nel territorio nazionale, per il quale dunque dovrebbe trovare applicazione la norma di cui alla lettera p) del comma 1 della citata Legge n. 69 del 2005, articolo 18. Si rileva in proposito, nella sentenza impugnata, che non risulta si proceda in Italia per il fatto in questione, e che non risulta essere stato concluso nel territorio italiano l’accordo criminoso relativo all’omicidio o tentato omicidio di (OMISSIS) e (OMISSIS). Si aggiunge che, d’altra parte, vi sarebbe, rispetto a quel fatto, difetto di giurisdizione italiana, a norma degli articoli 6, 7 e 10 c.p.: si tratterebbe, in particolare, di delitto commesso all’estero da stranieri nei confronti di cittadini stranieri.
2. Con un unico motivo di ricorso, il Difensore di (OMISSIS) deduce violazione della Legge n. 69 del 2005, articolo 18, comma 1, lettera p), in relazione all’articolo 6 c.p..
Per il combinato disposto delle norme citate, sussisterebbe giurisdizione italiana, e al tempo stesso inibizione della consegna allo Stato ricorrente, ogni volta che si sia svolta sul territorio nazionale una parte della condotta criminosa, anche solo un frammento, purche’ si tratti di una porzione del fatto punibile.
Nella specie, riguardo al tentativo di omicidio, sarebbero maturate in Italia l’ideazione e la programmazione dell’agguato nei confronti dei due componenti di una organizzazione criminale avversa. Il ricorrente cita porzioni di provvedimenti de liberiate assunti nel procedimento in corso contro (OMISSIS), e contro un presunto coautore del tentativo di omicidio ( (OMISSIS)), per il delitto associativo del quale gia’ si e’ detto: la “spedizione punitiva” in Belgio, e la partecipazione alla stessa, sono state valorizzate come elementi di prova dell’appartenenza degli interessati al gruppo criminale. Si considera dunque priva di fondamento, dal ricorrente, l’apodittica affermazione della Corte territoriale secondo cui sarebbe indimostrata la programmazione in Italia dell’agguato di (OMISSIS).
Essendo vero il contrario, sussisterebbero la giurisdizione italiana e, al tempo stesso, il divieto di consegna.
Il Difensore aggiunge come, nei confronti del presunto e gia’ citato complice del ricorrente, (OMISSIS), questa Corte abbia stabilito la sussistenza del diniego di consegna per i fatti di (OMISSIS), proprio sul presupposto che l’azione omicidiaria era stata programmata ed organizzata in Italia (sez. 6, sentenza n. 45914 del 12/11/2013).
Infine, si contesta il fondamento del rilievo per il quale non risulta promosso in Italia un procedimento per il tentato omicidio in discussione. Con la gia’ citata sentenza nel procedimento a carico dell’ (OMISSIS), infatti, questa Corte aveva disposto trasmettersi gli atti al Procuratore della Repubblica di Bari proprio al fine di consentire che il pubblico ministero effettuasse, sul fatto de quo, le determinazioni di propria competenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere accolto.
Mancano infatti le condizioni per ritenere un difetto di giurisdizione italiana relativamente ai fatti di (OMISSIS). Al tempo stesso, ricorrono le condizioni per affermare che i fatti in questione integrano un reato che “la legge italiana” (e segnatamente l’articolo 6 c.p., comma 2) considera commesso sul territorio nazionale, per il quale dunque sussiste divieto di consegna a norma della Legge n. 69 del 2005, articolo 18, comma 1, lettera p).
Il rilievo secondo cui non si procederebbe in Italia per il tentato omicidio in questione e’ presumibilmente infondato, e comunque non decisivo. Infondato perche’ questa Corte, con la gia’ citata sentenza n. 45914/13, ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura di Bari per le valutazioni e le iniziative di sua spettanza, cosi prospettando una notizia di reato soggettivamente ed oggettivamente qualificata, da definire secondo le note regole in materia di iscrizione ex articolo 335 c.p.p., e di successive determinazioni del pubblico ministero. Non decisivo, poiche’ l’articolo 18, lettera p), non pone, tra gli elementi della fattispecie che fonda il diniego di consegna, l’attuale pendenza del procedimento, ma solo la sussistenza delle condizioni per la sua necessaria apertura (ferma restando la valutazione discrezionale dell’organo titolare dell’azione).
Fra tali condizioni – nonostante un arresto (almeno lessicalmente) dissonante della giurisprudenza (sez. 6, n. 7580 del 25/02/2011, Rv. 249233) – non v’e’ certo la “consumazione” in Italia del reato, dovendosi in proposito avere riguardo alla disciplina ordinaria in materia di territorialita’ (cioe’, a norma dell’articolo 6 c.p., la commissione del reato “in tutto o in parte” nel territorio dello Stato), sulla quale certo non puo’ incidere la circostanza accidentale dell’apertura di un procedimento all’estero.
2. A prescindere dalla risultanze acquisite nel procedimento italiano per il delitto di associazione mafiosa, cui fa riferimento il ricorrente, va notato come lo stesso provvedimento emesso dal Giudice istruttore di Mecheien ponga in evidenza che l’agguato verificatosi in Belgio sarebbe stato deliberato e organizzato in Italia. E va notato, nel contempo, che la valutazione del giudice nazionale deve muovere proprio ed anzitutto dalla prospettazione dei fatti compiuta dall’Autorita’ emittente, quando si tratti di verificare la sussistenza di casi in cui la consegna e’ vietata, e sempre che non risultino evidenze di segno contrario.
Il mandato di arresto Europeo emesso il 23/09/2013, ed il connesso provvedimento interno di cattura, prospettano una responsabilita’ del (OMISSIS) anzitutto per una condotta di tipo associativo, ed e’ fortemente sintomatico che, quale reato scopo dell’organizzazione, sia menzionato proprio l’agguato culminato con il tentato omicidio in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS).
E’ stata la Corte d’appello barese, nel gia’ citato procedimento concernente (OMISSIS), e comunque con il provvedimento oggetto dell’odierna impugnazione, a ravvisare coincidenza tra il reato associativo perseguito in Belgio e l’associazione per delinquere di tipo mafioso per la quale si procede in Italia. Una valutazione confermata da questa Corte con la gia’ citata sentenza n. 45914/13, dalla quale ovviamente discende un primo e forte segnale del radicamento in Italia della fase di deliberazione dell’agguato.
In ogni caso, e come accennato, l’assunto corrispondente e’ fondato proprio sulle prospettazioni del Giudice belga. Si contesta chiaramente la premeditazione dell’omicidio (“accordi in anticipo” e poi, testualmente, “premeditazione”), tanto che la fattispecie associativa sembra quasi esaurirsi in essa. Nel provvedimento restrittivo, d’altra parte, si assume che gli esecutori dell’agguato avrebbero fatto ingresso in territorio belga proprio allo scopo di commetterlo (“a tale scopo”).
Enunciazioni siffatte – che promanano dall’Autorita’ che avrebbe interesse alla consegna – risultano incompatibili con l’eventualita’ di eventi casualmente maturati dopo la partenza per il Belgio degli indagati, ed implicano con elevato grado di probabilita’ la deliberazione in Italia dei fatti criminosi in discussione.
Il mandato in esame evidenzia come, nell’imminenza del fatto, ben sette indagati (tra i quali (OMISSIS) e (OMISSIS)) siano partiti insieme dall’Italia, utilizzando biglietti tutti acquistati presso la medesima agenzia, e come quasi tutti abbiano rapidamente lasciato il territorio del Belgio immediatamente dopo l’agguato. Tutto cio’, per utilizzare l’espressione del Giudice belga, “denota un viaggio organizzato”, anche a prescindere dagli ulteriori elementi che il ricorrente trae dagli atti del procedimento italiano, come ad esempio la circostanza che gli indagati si erano mossi da Roma, mediante l’aereo, senza registrare bagaglio.
3. La giurisprudenza di questa Corte ha gia’ chiarito che, per l’integrazione della fattispecie di cui all’articolo 18, lettera p), rileva il compimento in Italia di una porzione qualunque della condotta (purche’ ovviamente la stessa costituisca componente indefettibile della fattispecie criminosa), e che non e’ necessaria l’autonoma rilevanza di tale porzione secondo i criteri dell’idoneita’ e della univocita’. Il principio, ripreso nella gia’ citata sentenza n. 45914/13, era gia’ stato piu’ volte espresso (ad esempio, sez. 6, n. 16115 del 24/4/2012, Rv. 252507), e va pianamente ribadito in questa sede.
4. Dunque, la Corte territoriale, basandosi sullo stato degli atti e soprattutto sulla prospettazione dell’Autorita’ emittente, avrebbe dovuto rifiutare la consegna anche per il delitto di tentato omicidio.
Cio’ comporta l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, fermo restando il diniego di consegna per la fattispecie associativa, in ordine al quale non e’ intervenuta impugnazione.
Copia degli atti e della presente sentenza va trasmessa al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari, affinche’ assuma le determinazioni di sua competenza in ordine all’ipotizzata responsabilita’ del (OMISSIS) per il delitto di tentato omicidio plurimo, commesso in (OMISSIS).
La Cancelleria procedera’ agli adempimenti di cui alla Legge n. 69 del 2005, articolo 22, comma 5.
Mancano infatti le condizioni per ritenere un difetto di giurisdizione italiana relativamente ai fatti di (OMISSIS). Al tempo stesso, ricorrono le condizioni per affermare che i fatti in questione integrano un reato che “la legge italiana” (e segnatamente l’articolo 6 c.p., comma 2) considera commesso sul territorio nazionale, per il quale dunque sussiste divieto di consegna a norma della Legge n. 69 del 2005, articolo 18, comma 1, lettera p).
Il rilievo secondo cui non si procederebbe in Italia per il tentato omicidio in questione e’ presumibilmente infondato, e comunque non decisivo. Infondato perche’ questa Corte, con la gia’ citata sentenza n. 45914/13, ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura di Bari per le valutazioni e le iniziative di sua spettanza, cosi prospettando una notizia di reato soggettivamente ed oggettivamente qualificata, da definire secondo le note regole in materia di iscrizione ex articolo 335 c.p.p., e di successive determinazioni del pubblico ministero. Non decisivo, poiche’ l’articolo 18, lettera p), non pone, tra gli elementi della fattispecie che fonda il diniego di consegna, l’attuale pendenza del procedimento, ma solo la sussistenza delle condizioni per la sua necessaria apertura (ferma restando la valutazione discrezionale dell’organo titolare dell’azione).
Fra tali condizioni – nonostante un arresto (almeno lessicalmente) dissonante della giurisprudenza (sez. 6, n. 7580 del 25/02/2011, Rv. 249233) – non v’e’ certo la “consumazione” in Italia del reato, dovendosi in proposito avere riguardo alla disciplina ordinaria in materia di territorialita’ (cioe’, a norma dell’articolo 6 c.p., la commissione del reato “in tutto o in parte” nel territorio dello Stato), sulla quale certo non puo’ incidere la circostanza accidentale dell’apertura di un procedimento all’estero.
2. A prescindere dalla risultanze acquisite nel procedimento italiano per il delitto di associazione mafiosa, cui fa riferimento il ricorrente, va notato come lo stesso provvedimento emesso dal Giudice istruttore di Mecheien ponga in evidenza che l’agguato verificatosi in Belgio sarebbe stato deliberato e organizzato in Italia. E va notato, nel contempo, che la valutazione del giudice nazionale deve muovere proprio ed anzitutto dalla prospettazione dei fatti compiuta dall’Autorita’ emittente, quando si tratti di verificare la sussistenza di casi in cui la consegna e’ vietata, e sempre che non risultino evidenze di segno contrario.
Il mandato di arresto Europeo emesso il 23/09/2013, ed il connesso provvedimento interno di cattura, prospettano una responsabilita’ del (OMISSIS) anzitutto per una condotta di tipo associativo, ed e’ fortemente sintomatico che, quale reato scopo dell’organizzazione, sia menzionato proprio l’agguato culminato con il tentato omicidio in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS).
E’ stata la Corte d’appello barese, nel gia’ citato procedimento concernente (OMISSIS), e comunque con il provvedimento oggetto dell’odierna impugnazione, a ravvisare coincidenza tra il reato associativo perseguito in Belgio e l’associazione per delinquere di tipo mafioso per la quale si procede in Italia. Una valutazione confermata da questa Corte con la gia’ citata sentenza n. 45914/13, dalla quale ovviamente discende un primo e forte segnale del radicamento in Italia della fase di deliberazione dell’agguato.
In ogni caso, e come accennato, l’assunto corrispondente e’ fondato proprio sulle prospettazioni del Giudice belga. Si contesta chiaramente la premeditazione dell’omicidio (“accordi in anticipo” e poi, testualmente, “premeditazione”), tanto che la fattispecie associativa sembra quasi esaurirsi in essa. Nel provvedimento restrittivo, d’altra parte, si assume che gli esecutori dell’agguato avrebbero fatto ingresso in territorio belga proprio allo scopo di commetterlo (“a tale scopo”).
Enunciazioni siffatte – che promanano dall’Autorita’ che avrebbe interesse alla consegna – risultano incompatibili con l’eventualita’ di eventi casualmente maturati dopo la partenza per il Belgio degli indagati, ed implicano con elevato grado di probabilita’ la deliberazione in Italia dei fatti criminosi in discussione.
Il mandato in esame evidenzia come, nell’imminenza del fatto, ben sette indagati (tra i quali (OMISSIS) e (OMISSIS)) siano partiti insieme dall’Italia, utilizzando biglietti tutti acquistati presso la medesima agenzia, e come quasi tutti abbiano rapidamente lasciato il territorio del Belgio immediatamente dopo l’agguato. Tutto cio’, per utilizzare l’espressione del Giudice belga, “denota un viaggio organizzato”, anche a prescindere dagli ulteriori elementi che il ricorrente trae dagli atti del procedimento italiano, come ad esempio la circostanza che gli indagati si erano mossi da Roma, mediante l’aereo, senza registrare bagaglio.
3. La giurisprudenza di questa Corte ha gia’ chiarito che, per l’integrazione della fattispecie di cui all’articolo 18, lettera p), rileva il compimento in Italia di una porzione qualunque della condotta (purche’ ovviamente la stessa costituisca componente indefettibile della fattispecie criminosa), e che non e’ necessaria l’autonoma rilevanza di tale porzione secondo i criteri dell’idoneita’ e della univocita’. Il principio, ripreso nella gia’ citata sentenza n. 45914/13, era gia’ stato piu’ volte espresso (ad esempio, sez. 6, n. 16115 del 24/4/2012, Rv. 252507), e va pianamente ribadito in questa sede.
4. Dunque, la Corte territoriale, basandosi sullo stato degli atti e soprattutto sulla prospettazione dell’Autorita’ emittente, avrebbe dovuto rifiutare la consegna anche per il delitto di tentato omicidio.
Cio’ comporta l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, fermo restando il diniego di consegna per la fattispecie associativa, in ordine al quale non e’ intervenuta impugnazione.
Copia degli atti e della presente sentenza va trasmessa al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari, affinche’ assuma le determinazioni di sua competenza in ordine all’ipotizzata responsabilita’ del (OMISSIS) per il delitto di tentato omicidio plurimo, commesso in (OMISSIS).
La Cancelleria procedera’ agli adempimenti di cui alla Legge n. 69 del 2005, articolo 22, comma 5.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata ed ordina la trasmissione di copia degli atti e della presente sentenza alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla Legge n. 69 del 2005, articolo 22, comma 5.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla Legge n. 69 del 2005, articolo 22, comma 5.
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