CASSAZIONE

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 22 giugno 2015, n. 12844

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CICALA Mario – rel. Presidente

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4092/2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) Societa’ a responsabilita’ limitata unipersonale, in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta mandato speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 92/02/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO DEL 9/05/2012, depositata il 14/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/05/2015 dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA;

udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore della ricorrente che insiste per l’accoglimento del ricorso e si riporta agli scritti;

uditi gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) difensori della controricorrente che si riportano agli scritti e chiedono l’inammissibilita’ del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

E’ stata depositata la seguente relazione:

1. L’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione, deducendo due motivi, avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia 92/02/2012 del 1 giugno 2012 che rigettava l’appello dell’Ufficio affermando la illegittimita’ di avviso di accertamento IVA-IRES IRAP per l’anno 2004.

2.La contribuente si e’ costituita in giudizio.

3. H ricorso e’ apparso al relatore fondato in base a quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (vedi da ultimo la sentenza n. 17955 del 24 luglio 2013) secondo cui per la valutazione a fini fiscali delle manovre sui prezzi di trasferimento interni, costituenti il c.d. “transfer pricing domestico”, va applicato il principio, avente valore generale, stabilito dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 9, che non ha soltanto valore contabile e che impone, quale criterio valutativo, il riferimento al normale valore di mercato per corrispettivi e altri proventi, presi in considerazione dal contribuente.

Cio’ in applicazione del divieto di abuso del diritto, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei a ottenere agevolazioni o risparmi d’imposta, in difetto di ragioni diverse dalla mera aspettativa di quei benefici. Tale principio, da un lato, trova fondamento in radici comunitarie a salvaguardia delle risorse proprie dell’UE e nei principi costituzionali di capacita’ contributiva e imposizione progressiva; dall’altro, non contrasta con il principio della riserva di legge, traducendosi nel disconoscimento di effetti abusivi di negozi posti in essere allo scopo di eludere l’applicazione di norme fiscali. Tra tali operazioni rientrano le manovre sui prezzi di trasferimento interni, motivate dalla convenienza, in ambito nazionale di trasferire la materia imponibile, agendo sui prezzi negoziati per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi “intercompany”. Si tratta del fenomeno del c.d. “transfer pricing domestico” (cfr. anche la sentenza n. 7716 del 27 marzo 2013).

La contribuente ha depositato memoria.

Il Collegio ha disposto il rinvio della controversia alla pubblica udienza.

Dopo la nuova discussione della controversia, il Collegio ha condiviso la relazione nella sua impostazione “in diritto”, che – a ben vedere- e’ accolta nella sentenza impugnata; che non esclude affatto che una operazione di “transfer pricing domestico”, fra societa’ operanti in Italia, possa dar luogo ad una elusione fiscale, e che nella valutazione del comportamento delle societa’ coinvolte, si debba fare riferimento ai principi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 9.

Il giudice di merito infatti si limita ad escludere che nel caso si specie la Amministrazione abbia fornito idonea prova dell’operazione economica.

Questo profilo della sentenza impugnata e’ pero’ correttamente contestata nel secondo motivo di ricorso ove si indicano profili dell’operazione infragruppo che il giudice di seconde cure non ha adeguatamente valutato; quali il notevole divario rispetto alle indicazioni OMI e la sospetta operazioni societaria posta in essere a pochi mesi dalla conclusione del contratto.

Sara’ dunque compito del giudice di merito procedere ad una nuova valutazione delle circostanze, anche valutando se dalla operazione compiuta sia derivato un vantaggio fiscale per la contribuente.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia la controversia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che decidera’ anche sulle spese del presente grado.

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