Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza 18 novembre 2016, n. 48948

Il beneficio della non menzione della condanna di cui all’art. 175 cod. pen. è fondato sul principio dell”‘emenda” e ha come finalità quella di favorire il processo di recupero morale e sociale, sicché la sua concessione è rimessa all’apprezzamento discrezionale dei giudice di merito, ma è pur vero che questi è comunque obbligato a indicare le ragioni della mancata concessione sulla base degli elementi di cui all’art. 133 cod. pen

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI PENALE

SENTENZA 18 novembre 2016, n.48948

Ritenuto in fatto

Con sentenza del 16 febbraio 2016 la Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado, che dichiarava G.T. colpevole del reato di cui agli artt. 110 e 348 cod. pen. per avere consentito, nella sua qualità di direttore sanitario di un ambulatorio odontoiatrico, l’abusivo esercizio della professione sanitaria da parte di S.M., condannandolo alla pena di euro 100,00 di multa.

Avverso la su indicata pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il difensore, che ha dedotto tre motivi di doglianza.

2.1. Con il primo motivo si deducono vizi della motivazione con riferimento alla ritenuta insussistenza della causa di giustificazione di cui all’art. 54 cod. pen., sebbene tale doglianza fosse stata specificamente prospettata in sede di gravame sotto il profilo dei cd. soccorso di necessità, in quanto il laureando M. era stato costretto dalla necessità di salvare altra persona – la paziente L.Z. – dal pericolo di un danno grave (spaccatura di una porzione di un dente provvisorio con diversi tagli sulla parte interna della guancia, persistenti dolori e fuoriuscite di sangue), non evitabile se non attraverso la condotta in concreto posta in essere dallo stesso M. (applicazione di materiale provvisorio a base di ossido di zinco sul bordo tagliente del dente, ‘operazione incruenta, indolore e non invasiva che la paziente avrebbe potuto eseguire anche personalmente tramite appositi kit di automedicazione acquistabili in farmacia senza alcuna apposita prescrizione medica’). La stessa Corte d’appello, peraltro, ha contraddittoriamente riconosciuto, in un passaggio della motivazione, l’effettiva sussistenza di un obiettivo stato di necessità con riferimento alla situazione prospettata dalla teste L.Z. circa le cure urgenti che dovevano esserle prestate in quell’occasione.

2.2. Con il secondo motivo si deducono vizi della motivazione con riferimento alla ritenuta insussistenza della causa di non punibilità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen., sebbene la difesa ne avesse specificamente evidenziato in sede di gravame la presenza dei requisiti normativamente previsti ai fini del suo riconoscimento.

2.3. Con il terzo motivo si deduce l’erronea applicazione della legge penale con riferimento alla denegata concessione del beneficio della non menzione di cui all’art. 175 cod. pen., avendo la Corte d’appello fatto riferimento ad un criterio di opportunità – l’esigenza di reinserimento sociale – non previsto ai fini della concedibilità del beneficio.

Considerato in diritto

II ricorso è parzialmente fondato e va pertanto accolto entro i limiti e per gli effetti qui di seguito esposti e precisati.

Infondato deve ritenersi il primo motivo di ricorso, ove si consideri che, in tema di stato di necessità, incombe sull’imputato uno specifico onere di allegazione avente per oggetto tutti gli estremi della causa di esenzione, sì che egli deve allegare di avere agito a causa di un insuperabile stato di costrizione, con riferimento alla minaccia di un male imminente non altrimenti evitabile, e di non aver potuto sottrarsi, nemmeno putativamente, al pericolo minacciato, con la conseguenza che il difetto di tale allegazione esclude l’operatività dell’esimente (Sez. 6, n. 45065 dei 02/07/2014, Di Caterino, Rv. 260839).

Siffatto onere, di contro, non è stato puntualmente adempiuto da parte del ricorrente, che non può invocare l’esimente ove non sia dimostrata l’impossibilità (e non la semplice difficoltà o scomodità) di ricorrere a mezzi leciti per provvedere all’opera di soccorso, quali, ad esempio, la possibilità di avvalersi di altri specialisti, ovvero di attendere il tempestivo rientro in studio dello stesso titolare, quale unico medico abilitato a fornire il tipo di prestazione occorrente nel caso di specie.

Al riguardo, peraltro, i Giudici di merito hanno specificamente posto in evidenza, con rilievi dirimenti in punto di fatto, non solo l’assenza di pericoli concreti per la salute della Z. e l’insussistenza dei presupposti dell’estrema urgenza e indifferibilità dell’intervento, ma anche la circostanza che, oltre alla su indicata paziente, altri tre clienti, nella riscontrata assenza del titolare, si trovavano simultaneamente in attesa nello studio dentistico, uno dei quali, a riprova della reiterazione della condotta oggetto del tema d’accusa, era lì giunto per via di un appuntamento concordato direttamente da e con il M..

Parimenti infondato deve ritenersi il secondo motivo di ricorso, in quanto reiterativo di obiezioni già specificamente esaminate e congruamente disattese dal Giudice di primo grado, che ha fatto riferimento ad argomenti pienamente condivisi dalla Corte d’appello ed incentrati sui profili di gravità e non occasionalità della condotta, svoltasi attraverso la reiterazione nel tempo di atti assistiti, tutti, dall’apparenza di un’organizzazione che ingenerava nell’interlocutore-cliente l’impressione di una ben precisa attività professionale da parte di un soggetto regolarmente abilitato al suo esercizio.

Fondato, infine, deve ritenersi il terzo motivo di ricorso (v., in narrativa il par. 2.3.), avendo la Corte d’appello negato il beneficio sulla base di un criterio non pertinente, laddove la valutazione in ordine alla concessione del beneficio della non menzione della condanna avrebbe dovuto tener conto esclusivamente dei criteri di cui all’art.133 cod.pen., senza la possibilità di ricorrere ad elementi ad esso estranei (Sez. 3, n. 35731 del 26/06/2007, Toletone, Rv. 237542).

E’ vero che il beneficio della non menzione della condanna di cui all’art. 175 cod. pen. è fondato sul principio dell”emenda’, e ha come finalità quella di favorire il processo di recupero morale e sociale, sicché la sua concessione è rimessa all’apprezzamento discrezionale dei giudice di merito, ma è pur vero che questi è comunque obbligato a indicare le ragioni della mancata concessione sulla base degli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (arg. ex Sez. 4, n. 34380 del 14/07/2011, Allegra, Rv. 251509).

Limitatamente alla su indicata statuizione, dunque, l’impugnata sentenza deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’appello in dispositivo indicata, che dovrà porre rimedio al vizio rilevato, uniformandosi al quadro dei principii di diritto in questa Sede statuiti.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione sul diniego della non menzione della condanna e rinvia sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Milano. Rigetta nel resto il ricorso

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