Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
ordinanza 24 febbraio 2015, n. 3737
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario – Presidente
Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere
Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere
Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24033/2013, proposto da:,
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), in persona dei trustee (OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi, giusta procura speciale a margine del ricorso, dall’avv. (OMISSIS), col quale elettivamente domiciliano in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 41/03/2013 della Commissione tributaria regionale dell’Umbria, sezione 3, depositata in data 7 marzo 2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4 febbraio 2015 dal consigliere Angelina-Maria Perrino e letta la relazione da lei depositata, che ha concluso per il rigetto del ricorso; constatata la regolarita’ delle comunicazioni.
osserva quanto segue.
Sulla somma ricevuta come provvista il trust pago’ l’imposta sulle donazioni nella misura dell’8%, di cui successivamente ha chiesto il rimborso, impugnando il relativo silenzio-rifiuto opposto dall’amministrazione.
La Commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso e quella regionale ha respinto l’appello dell’ufficio, considerando che l’imposta sia applicabile solo al momento del passaggio del bene dal trust al beneficiario; passaggio, che nel caso in esame non si era verificato.
Ricorre l’Agenzia per ottenere la cassazione di questa sentenza, affidando il ricorso ad un unico motivo, al quale il trust reagisce con controricorso, illustrato altresi’ con memoria, calibrando la difesa sull’insussistenza dell’arricchimento e sul dubbio di legittimita’ costituzionale della normativa, in caso di adesione alla prospettazione dell’Agenzia.
2.- Con l’unico motivo di ricorso, proposto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate lamenta la violazione del Decreto Legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, articolo 5, la violazione e falsa applicazione del Decreto Legge 3 ottobre 2006, n. 262, articolo 2, commi 47 e 49, convertito dalla Legge 24 novembre 2006, n. 286, nonche’ la falsa applicazione del Decreto Legge 31 ottobre 1990, n. 346, articolo 58, e dei principi elusivi: ritiene che l’elargizione delle somme da parte dei disponenti abbia integrato in se’ il presupposto impositivo della costituzione del vincolo di destinazione assoggettabile ad imposta a norma del Decreto Legge n. 262 del 2006, articolo 2, comma 47, come convertito.
3.- La fisionomia del Trust (OMISSIS), come emerge dal suo atto costitutivo, il contenuto del quale e’ sunteggiato in narrativa, evidenzia i tratti della liberalita’, ossia dell’attribuzione patrimoniale sorretta dal movente di beneficiare un terzo, che si connota per il decremento del patrimonio del soggetto che l’esegue e per il contestuale incremento del soggetto che la riceve.
3.1.- L’intento di liberalita’, peraltro, e’ perseguito in maniera indiretta, perche’ e’ affidato ad un’articolazione di atti, che danno vita ad un programma negoziale, sia pure univocamente animato dalla volonta’ di arricchire la Regione Umbria mediante la manutenzione, la riqualificazione e lo sviluppo dell’aeroporto (OMISSIS) (per fattispecie per certi versi similari, vedi Cass. 23 maggio 2014, n. 11491 e 9 maggio 2013 n. 10991).
3.2. -Preminente, in questo congegno, e’ il diritto dei disponenti di vedere realizzati i propri obiettivi, per mezzo dell’imposizione ai trustee di vincoli di destinazione nella gestione del danaro in trust: i vincoli piegano lo statuto del diritto di proprieta’ della provvista conferita, per volgerlo alla finalita’ di far conseguire alla Regione Umbria il beneficio programmato.
In definitiva, conferendo il danaro in trust, i disponenti mirano a modificare il risultato finale del negozio esterno di attribuzione patrimoniale, mediante l’obbligo assunto dai trustee d’imprimere a quanto trasferito la destinazione finale voluta.
3.3.- Conformemente alla definizione di trust, allora (in base all’articolo 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, ratificata dalla legge 16 ottobre 1989, n. 364, secondo cui per trust “si intendono i rapporti giuridici istituiti… qualora dei beni siano posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse del beneficiario”), la causa del relativo negozio sta nella conformazione funzionalmente orientata della proprieta’.
4.- Non interessa, ai fini della decisione dell’odierna controversia, prendere posizione sulla fisionomia di questo diritto proprietario, sulla quale la dottrina e’ divisa e la giurisprudenza della corte ha talora evocato, in fattispecie similari, la distinzione fra proprieta’ formale o mera intestazione e proprieta’ sostanziale (cosi’, Cass. 14 ottobre 1997, n. 10031, che riecheggia altresi’ in Cass. 22 dicembre 2011, n. 28363); ne’ e’ necessario indagare le relazioni negoziali tra l’attribuzione patrimoniale in trust e l’attuazione del vincolo di destinazione ad essa impresso.
4.1.- Quel che conta e’ affermare che il regolamento negoziale col quale s’istituisce il trust e’ perfetto ed efficace con la fissazione del suddetto vincolo di destinazione, che conforma i diritti, i poteri, le facolta’ e gli obblighi dei trustee, all’attuazione di esso programmaticamente preordinati, perche’ in tale fissazione il regolamento trova la propria ragion d’essere, ossia la propria causa.
5 Ed e’ giustappunto questo il tratto fisionomico considerato dal legislatore fiscale allorquando ha plasmato la fattispecie civilistica in chiave tributaria.
Coll’articolo 2, comma 47, del decreto legge, come convertito, difatti, il legislatore ha istituito “…l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al Decreto Legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54”.
5.1.- Il tenore della norma evidenzia che l’imposta e’ istituita non gia’ sui trasferimenti di beni e diritti a causa della costituzione di vincoli di destinazione, come, invece, accade per le successioni e le donazioni, in relazione alle quali e’ espressamente evocato il nesso causale: l’imposta e’ istituita direttamente, ed in se’, sulla costituzione dei vincoli.
5.2.- Vincoli, che designano non negozi, bensi’ l’effetto giuridico dinanzi descritto: il legislatore, evocando soltanto l’effetto, ha inequivocabilmente attratto nell’area applicativa della norma tutti i regolamenti capaci di produrlo, compreso, quindi, il trust.
6.- L’imposta sulla costituzione di vincolo di destinazione e’ un’imposta nuova, accomunata solo per assonanza alla gratuita’ delle attribuzioni liberali, altrimenti gratuite e successorie; essa riceve disciplina mediante un rinvio, di natura recettizio-materiale, alle disposizioni del Decreto Legislativo n. 346 del 1990 (in quanto compatibili: Decreto Legge n. 262 del 2006, articolo 2, comma 50, come convertito), ma conserva connotati peculiari e disomogenei rispetto a quelli dell’imposta classica sulle successioni e sulle donazioni.
6.1.- Cio’ in quanto nell’imposta in esame, a differenza che in quella tradizionale, il presupposto impositivo e’ correlato alla predisposizione del programma di funzionalizzazione del diritto al perseguimento degli obiettivi voluti; la’ dove l’oggetto consiste nel valore dell’utilita’ della quale il disponente, stabilendo che sia sottratta all’esercizio delle proprie facolta’ proprietarie, per essere gestita da altri a beneficio di terzi, finisce con l’impoverirsi.
6.2.- In questa imposta, diversamente da quanto accade per l’altra, il trasferimento del diritto non innerva la causa della fattispecie: salvo prospettare un’interpretatio abrogans della disposizione in questione, il vincolo di destinazione ineludibilmente mira a modulare il diritto, non gia’ a trasferirlo.
7.- E’, allora, evidente la manifesta infondatezza del dubbio di legittimita’ costituzionale della disposizione prospettato dal controricorrente per il dedotto contrasto con gli articoli 3 e 53 Cost., in ragione della mancanza di arricchimento in caso di conferimento in trust: con riguardo all’imposta in esame, non rileva affatto la mancanza di arricchimento, giacche’ il contenuto patrimoniale referente di capacita’ contributiva e’ ragguagliato all’utilita’ economica, che, in quanto indirizzata ad altri, si colloca al di fuori del patrimonio del disponente (oltre che di quello del gerente).
7.1.- E, visto che il referente e’ l’utilita’ economica e che questa utilita’ e’ destinata ad altri, il peso del prelievo coerentemente va a gravare sull’utilita’ e, in definitiva, sul beneficiario finale, al quale essa e’ destinata a pervenire.
7.2.- Il rilievo della capacita’ economica, del resto, e’ correlato al contenuto patrimoniale di atti o fatti, non gia’ al trasferimento attuale di diritti: la capacita’ contributiva, ha chiarito la Consulta, e’ da intendere come attitudine ad eseguire la prestazione imposta, correlata non gia’ alla concreta situazione del singolo contribuente, bensi’ al presupposto economico al quale l’obbligazione e’ correlata (Corte cost. 20 luglio 1994, n. 315), di modo che “e’ sufficiente che vi sia un collegamento tra prestazione imposta e presupposti economici presi in considerazione” (Corte cost. 21 maggio 2001, n. 155). Di qui la non irragionevolezza della disciplina anche sotto il profilo della parita’ di trattamento.
7.3.- La materiale percezione dell’utilita’, ossia, secondo la tradizionale impostazione, l’arricchimento, appartiene all’esecuzione del programma di destinazione, che, per conseguenza, non rileva ai fini dell’individuazione del momento del prelievo tributario sulla costituzione del vincolo, ma dopo, anche ai fini della eventuale riliquidazione delle aliquote e delle franchigie.
8.- Questa configurazione e’ piu’ coerente di quelle che si sono venute affacciando in dottrina, ricevendo talora l’avallo della stessa Agenzia delle entrate.
8.1.- Non e’, al riguardo, convincente la costruzione che, facendo leva sul Decreto Legislativo n. 346 del 1990, articolo 58, comma 1, richiamato dall’Agenzia anche nell’odierno giudizio, secondo cui “gli oneri da cui e’ gravata la donazione, che hanno per oggetto prestazioni a soggetti terzi determinati individualmente, si considerano donazioni a favore dei beneficiari”, reputa che il trust inter vivos sia assimilabile ad una donazione modale, col beneficiario come destinatario dell’onere.
Difatti, nessun arricchimento, si e’ visto, si riverbera sulla sfera giuridica del trustee, tenuto a gestire nell’interesse di altri quanto ricevuto; vieppiu’ infruttuoso e’ il richiamo al 1 comma dell’articolo 58 in caso di mancata designazione di beneficiari.
8.2.- Analoghe considerazioni fanno giustizia della costruzione alternativa del trust inter vivos come donazione condizionata, evocata dal Decreto Legislativo n. 346 del 1990, articolo 58, comma 2, la quale si scontra altresi’ col rilievo che la devoluzione dei beni immessi in trust non deriva dal verificarsi di un evento dedotto in condizione, sibbene dallo scadere del termine fissato alla durata del trust.
Anche in un caso come quello in esame, in cui residua qualche margine di dubbio sulla devoluzione e sull’identita’ dei beneficiari dei beni residui, va rilevato che, se non e’ certo il relativo diritto in capo alla destinataria, e’ certo che questa fruira’ delle utilita’ ritraibili dalla provvista: il che esclude in radice l’operativita’ del meccanismo condizionale.
8.3.- Ne’, infine, e’ predicabile l’estensione al trust inter vivos del regime previsto per la sostituzione fedecommissaria disciplinata dall’articolo 692 c.c., richiamato dal citato articolo 58, comma 3.
La posizione del trustee, per le ragioni gia’ illustrate, e’ distante da quella dell’istituito nelle disposizioni testamentarie o del donatario; e continua a mancare un atto di donazione contenente una disposizione vicina alla sostituzione fedecommissaria.
9 Cio’ non toglie, in virtu’ della realta’ dell’attribuzione patrimoniale in trust, sia pure conformata dal vincolo di destinazione, che i trustee ne siano gl’intestatari; e la natura d’atto dell’imposta comporta che ogni singolo regolamento, seppure inserito in un programma negoziale piu’ ampio, debba essere assoggettato ad imposta, in base alle regole stabilite dal Decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, articoli 20 e 21, richiamate dal Decreto Legislativo n. 346 del 1990, articolo 55, comma 1, e comma 60, (in termini, Cass. 27 febbraio 2003, n. 2980), oggetto del rinvio recettizio-materiale mediante il quale e’ apprestata la disciplina dell’imposta sulla costituzione dei vincoli di destinazione.
9.1.- Ebbene, in tema di imposta di registro, la corte (Cass. 24 febbraio 2006, n. 4220) ha gia’ avuto modo di stabilire che, in virtu’ del Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 20, – secondo cui “l’imposta e’ applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione” – si deve tener conto della natura e degli effetti del singolo atto presentato alla registrazione, di guisa che le successive rettifiche che comportino una diversa destinazione di beni vengono ad integrare e completare l’atto originario, e, pertanto, sul piano negoziale costituiscono nuovi atti, separatamente tassabili, che modificano gli effetti giuridici del primo atto, che conserva piena autonomia.
9.2.- L’attribuzione patrimoniale in trust, allora, determinando la costituzione del vincolo di destinazione, va assoggettata alla relativa imposta, indipendentemente dalla successiva attuazione della destinazione impressa al danaro.
70.- Il ricorso va in conseguenza accolto e la sentenza cassata con rinvio, per l’esame delle ulteriori questioni sub iudice delle quali da conto la narrativa del controricorso, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Umbria, che si atterra’ al seguente principio di diritto:
“Va applicata l’imposta sulle successioni e donazioni, nella peculiare accezione concernente la costituzione di vincolo di destinazione, assunta come autonomo presupposto impositivo, sull’attribuzione di danaro, conferita in trust e destinata ad essere investita a beneficio di terzi”.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Umbria
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