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E’ innanzitutto utile rammentare che l’articolo 7, comma 2 cd. Statuto del contribuente – secondo il quale gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare, tra l’altro, l’ufficio presso il quale e’ possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento- non prevede sanzione. Per le cartelle esattoriali poi la normativa specifica che prevede espressamente la nullita’ e’ stata introdotta a partire dal 2008.
Il Decreto Legge n. 248 del 2007, articolo 36, comma 4-ter, ha previsto tale sanzione solo con riguardo alle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati a decorrere dalla data menzionata (in tal senso cfr. Sez. U, sent. n. 11722 del 2010), ne’ per le cartelle anteriori prive di tale requisito ricorre l’annullabilita’ delle stesse. Si e’ infatti in particolare affermato che “essendo la disposizione di cui alla L. n. 212 del 2000, articolo 7 priva di sanzione, e non incidendo direttamente la violazione in questione sui diritti costituzionali del destinatario, trova applicazione la L. 7 agosto 1990, n. 241, articolo 21 octies il quale, allo scopo di sanare con efficacia retroattiva tutti gli eventuali vizi procedimentali non influenti sul diritto di difesa, prevede la non annullabilita’ del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, qualora, per la natura vincolata del provvedimento, come nel caso di cartella esattoriale, il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato” (Cass., ord. n. 332 del 2016; sent. n. 25773 del 2014, n. 3754 del 2013 e n. 4516 del 2012).
Peraltro il Decreto Legge n. 248 del 2007, articolo 36, comma 4 ter, si riferisce espressamente solo alle cartelle esattoriali di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 25 mentre nella specie, sebbene si tratti di un atto del giugno 2009, ci si trova dinanzi ad un diniego di agevolazione, atto di natura diversa.
La cit. L. n. 241, articolo 21 septies commina la nullita’ al provvedimento che manca degli elementi essenziali, ma tale legge non prevede il nome del responsabile del procedimento come uno degli elementi essenziali dell’atto.
E’ vero che il successivo articolo 21 opties, comma 1, prevede l’annullabilita’ del provvedimento adottato in violazione di legge, ma nel caso di specie ci si trova in presenza di un procedimento particolare, completamente telematico, consistente nella introduzione in via elettronica di una domanda alla quale segue, a distanza di tempo, un provvedimento emesso sulla base di una elaborazione – anche in questo caso – meramente informatica della domanda. L’elaborazione consiste nella mera assegnazione automatica di fondi in base ad un puro criterio cronologico, fino ad esaurimento risorse, ed il provvedimento, che da’ semplicemente atto dell’assegnazione o meno del credito di imposta, e’ comunicato sempre in via informatica.
In tale contesto il provvedimento telematico, generato automaticamente dal sistema, ha un contenuto vincolato, nel senso che, nei casi di rigetto della domanda, e’ predeterminato nella forma e nel contenuto. Puo’ quindi fondatamente ritenersi uno di quegli atti a contenuto vincolato per il quale la L. n 241 del 1990, articolo 21-octies, comma 2, esclude non solo la nullita’, ma anche l’annullabilita’ in caso di adozione in violazione delle norme sul procedimento o sulla forma.
Va peraltro anche osservato che il giudice tributario regionale ha dato atto del fatto che l’indicazione di un nominativo al quale riferire il provvedimento, e quindi il procedimento, era presente sull’atto, nella persona del direttore del Centro operativo di Pescara.
Va infine evidenziato che questa Corte ha avuto modo di affermare, sempre in riferimento alle cartelle ma con un principio che appare applicabile in generale, che, al fine di non incorrere in nullita’, e’ sufficiente l’indicazione sull’atto di una persona responsabile del procedimento, a prescindere quindi dalla funzione (apicale o meno) della stessa effettivamente esercitata; siffatta indicazione appare infatti sufficiente ad assicurare gli interessi sottostanti alla detta indicazione, che sono la trasparenza dell’attivita’ amministrativa, la piena informazione del cittadino (anche ai fini di eventuali azioni nei confronti del responsabile) e la garanzia del diritto di difesa (Cass., Sez. 6-5, ord. n. 3533 del 2016).
Anche sul punto quindi la motivazione della Commissione tributaria non e’ errata. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Considerata la novita’ della questione, sussistono giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio.
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