Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
ordinanza 29 luglio 2014, n. 17151
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario – Presidente
Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11170/2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 33/22/2011 della Commissione Tributaria Regionale di MILANO del 10.2.2011, depositata il 02/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/06/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO COSENTINO.
“L’Agenzia delle Entrate ricorre contro il Sig. (OMISSIS) per la cassazione della sentenza n. 33/22/11 con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, confermando la pronuncia di primo grado, ha annullato l’atto di liquidazione della maggiore imposta di registro e di irrogazione di sanzioni emesso dall’Ufficio sull’assunto che il contribuente fosse decaduto dal beneficio fiscale per l’acquisto della prima casa, ai sensi del quarto comma della nota II bis all’articolo 1 della Parte Prima della Tariffa allegata al Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986 (Testo Unico Registro), per aver alienato l’immobile entro i cinque anni dall’acquisto, procedendo poi, nell’anno successivo, alla conclusione di un contratto preliminare di acquisto di altro immobile da adibire ad abitazione principale, non seguito, entro il medesimo anno, dalla stipula dell’atto di trasferimento dell’immobile stesso.
La Commissione Regionale ha disatteso l’assunto dell’Ufficio, affermando che “il legislatore, effettivamente, quando parla di “acquisto” ovvero di “riacquisto” non fa alcun riferimento ad un atto traslativo con effetti reali” (pag. 3 della sentenza impugnata) e ha valorizzato il dato sostanziale della effettiva presa di possesso dell’immobile da parte del contribuente, a prescindere dal momento di produzione dell’effetto traslativo legato al contratto definitivo; tale opzione esegetica, secondo il giudice territoriale, sarebbe altresi’ imposta anche dal principio di buona fede di cui alla Legge n. 212 del 2000, articolo 10.
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione o falsa applicazione del comma 4, della nota II bis all’articolo 1 della Parte Prima della Tariffa allegata al Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, e degli articoli 1376 e 1470 c.c., nonche’ la falsa applicazione della Legge n. 212 del 2000, articolo 10, e Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articolo 8. Avrebbe errato la Commissione Regionale nel trascurare che, dal punto di vista civilistico, la produzione dell’effetto reale ex articolo 1376 c.c. si verifica soltanto a seguito della stipula del contratto definitivo, producendo il contratto preliminare di compravendita effetti esclusivamente obbligatori tra le parti, e che la distinzione tra effetti reali ed effetti obbligatori riverbera la sua rilevanza anche ai fini tributari.
Il contribuente intimato non si e’ costituito in questa sede.
Il motivo di ricorso appare fondato.
Dal punto di vista civilistico il contratto preliminare di compravendita non produce che effetti obbligatori, mentre l’effetto traslativo della proprieta’ ex articolo 1376 c.c., discende dal contratto definitivo o dalla sentenza costitutiva che di esso tiene luogo ai sensi dell’articolo 2932 c.c.. La giurisprudenza civile mostra di tener ferma questa fondamentale distinzione nel momento in cui, ad esempio, ritiene che debbano escludersi dalla comunione legale fra coniugi i beni con riferimento ai quali il contratto di trasferimento sia stato stipulato dopo lo scioglimento della comunione stessa, pur se il preliminare sia stato stipulato da uno coniugi in costanza di comunione (cfr. Cass. n. 12466/12).
Tale soluzione non puo’ che essere recepita anche in ambito tributario. Il significato letterale dell’espressione “acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”, quale elemento previsto ai fini della conservazione dell’agevolazione fiscale di cui si tratta, rimanda univocamente alla necessita’ di porre in essere un negozio traslativo del diritto di proprieta’ di un immobile. Questa Corte ha chiarito che l’acquisto rilevante ai fini dell’ultima parte del quarto comma della nota II bis all’articolo 1 della Parte Prima della Tariffa allegata al Testo Unico Registro puo’ anche essere a titolo gratuito (sent. n. 16077/13) o puo’ anche riguardare una quota indivisa di un immobile (purche’ di entita’ tale da garantire la concreta possibilita’ di disporre del medesimo per adibirlo a propria abitazione, sent. n. 13291/11); ma non e’ dubitabile che per “acquisto” si deve intendere l’acquisizione del diritto di proprieta’, e non la mera insorgenza del diritto di concludere un contratto di compravendita. La sentenza gravata si fonda dunque su un principio di diritto errato e va quindi cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, in quanto dalla sentenza gravata emerge che il contribuente non procedette tempestivamente all’acquisto della proprieta’ di un immobile da destinare ad abitazione principale, la causa puo’ essere decisa nel merito ex articolo 384 c.p.c., nel senso del rigetto del ricorso introduttivo avverso l’avviso di liquidazione e di irrogazione delle sanzioni”.
che il contribuente intimato non si e’ costituito;
che la relazione e’ stata notificata alla ricorrente;
che non sono state depositate memorie difensive;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide gli argomenti esposti nella relazione;
che, pertanto, si deve accogliere il ricorso e cassare la sentenza gravata;
che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;
che, sussistendone le ragioni, le spese del giudizio di merito vanno compensate, mentre le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.
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