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Un regime del genere, secondo diverse gradazioni, e’ in effetti previsto per l’attivita’ negoziale di altri enti di diritto privato (ad esempio, per gli atti delle societa’ di capitali, gli articoli 2384 e 2475-bis c.c., prevedono che le limitazioni ai poteri degli amministratori, che hanno la generale rappresentanza della societa’, anche se pubblicate, non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a anno della societa’; ovvero, in termini meno rigorosi, per gli atti delle associazioni e delle fondazioni, l’articolo 19 c.c., dispone che le suddette limitazioni, se non pubblicate, non possono essere opposte ai terzi, salvo che si provi che essi ne erano a conoscenza).
In base alla L. n. 222 del 1985, articolo 18 al contrario, le limitazioni ai poteri di rappresentanza degli enti ecclesiastici e l’assenza dei controlli, laddove siano previsti dal codice di diritto canonico ovvero siano stati oggetto di pubblicazione, sono comunque opponibili ai terzi, a prescindere dallo stato soggettivo di questi ultimi (che e’ invece rilevante solo nel diverso caso di limitazioni non pubblicate o non previste dal codice di diritto canonico).
Ne consegue che, nella fattispecie, poiche’ era in discussione la sussistenza di controlli previsti dal codice di diritto canonico (e precisamente la licenza della Santa Sede, indicata come necessaria dagli enti ricorrenti, ai sensi dei canoni 1715, §2, 638, § 3, e 1292, § 2, del codice di diritto canonico), i giudici di merito avrebbero dovuto esaminare tutte le questioni sopra indicate, al fine di valutare la validita’ della transazione, e cioe’: a) quella della rituale proposizione dell’eccezione volta ad ottenere la dichiarazione di invalidita’ del contratto; b) quella della necessita’ delle autorizzazioni previste dal codice di diritto canonico in relazione alla natura degli enti stipulanti e del contratto concluso; c) quella dell’esistenza e dell’efficacia in concreto di dette autorizzazioni.
La sentenza impugnata va dunque cassata sul punto affinche’ si provveda in tal senso in sede di rinvio, sulla base del seguente principio di diritto: “in tema di contratti stipulati da enti ecclesiastici, in base alla L. n. 222 del 1985, articolo 18 le limitazioni ai poteri di rappresentanza degli enti e l’assenza dei controlli previsti dal codice di diritto canonico ovvero oggetto di pubblicazione, costituenti oggetto di eccezione in senso stretto riservata all’ente stipulante, sono opponibili ai terzi, a prescindere dallo stato soggettivo di questi ultimi”.
2. Con il quinto motivo del ricorso principale si denunzia “Violazione dell’articolo 1188 c.c., articolo 1703 c.c. e articolo 1723 c.c., comma 2 (articolo 360 c.p.c., n. 3)”.
Con il sesto motivo del ricorso principale si denunzia “Violazione dell’articolo 1966 c.c. (articolo 360 c.p.c., n. 3)”.
Con il settimo motivo del ricorso principale si denunzia “Violazione di legge per aver escluso dal novero delle cause ereditarie, quale definito anche dall’articolo 22 c.p.c. e articolo 704 c.c., quelle di cui al 3 capoverso, compresa quella di cui alla lettera b) delle premesse della transazione (articolo 360 c.p.c., n. 3)”.
Con l’ottavo motivo del ricorso principale si denunzia “Omesso esame circa il fatto decisivo (articolo 360 c.p.c., n. 5) che dalla transazione emergeva come la stessa fosse intesa a far si’ che la successione del marchese (OMISSIS) fosse “regolata in favore della Fondazione dal testamento olografo””.
Con il nono motivo del ricorso principale si denunzia “Violazione dell’articolo 1543 c.p.c., commma 1, (articolo 360 c.p.c., n. 3)”. I motivi dal quinto al nono – che hanno ad oggetto la questione della legittimazione del controricorrente (OMISSIS) a disporre dei diritti oggetto della transazione e quindi ad acquistare diritti in base ad essa, in proprio (e non solo quale rappresentante dei successibili del marchese (OMISSIS)) – sono connessi e possono essere quindi esaminati congiuntamente. Essi sono infondati.
Gli enti ricorrenti sostengono che il (OMISSIS), non essendo chiamato all’eredita’ del marchese (OMISSIS), ma essendosi semplicemente dichiarato promissario acquirente dei relativi diritti ereditari, non sarebbe stato legittimato a stipulare, in proprio, una transazione avente ad oggetto tali diritti, e quindi non avrebbe potuto acquistare, in proprio, i diritti derivanti dalla suddetta transazione, e cioe’ i diritti da lui azionati in sede monitoria.
In proposito la corte di appello ha osservato:
– che la transazione risulta espressamente stipulata dal (OMISSIS) sia in proprio che nella qualita’ di rappresentante dei chiamati all’eredita’ del marchese (OMISSIS); che in detta transazione e’ espressamente prevista la sua legittimazione ad incassare (e/o a pagare) le somme eventualmente dovute in base ad essa, in proprio e quale procuratore speciale di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS);
– che la legittimazione del (OMISSIS) a stipulare la transazione, anche in proprio (oltre che quale procuratore dei chiamati all’eredita’ del marchese (OMISSIS)), certamente sussisteva, dal momento che detta transazione aveva ad oggetto la definitiva rinunzia ad una serie di giudizi di cui egli era parte (giudizi che, per quanto si desume dagli atti, erano volti a contestare la valida costituzione della (OMISSIS), nonche’ la validita’ della sua istituzione di erede del marchese (OMISSIS) e della relativa accettazione dell’eredita’), in cambio del pagamento di una somma di danaro;
– che dunque certamente egli aveva disposto anche di diritti propri (di natura sostanziale e processuale).
In particolare, quest’ultima e’ la decisiva argomentazione in base alla quale, del tutto correttamente, i giudici di merito hanno ritenuto sussistere la suddetta legittimazione (pag. 13, paragrafo 3, della sentenza).
Cosi’ individuate le effettive ragioni della decisione in ordine alla questione controversa, ne consegue che i motivi di ricorso in esame; per un verso, non colgono tale ratio decidendi, proponendo questioni attinenti alla qualificazione della natura dei diritti in contestazione nelle controversie oggetto di rinunzia in sede di transazione e, per altro verso, si rivelano del tutto infondati, sussistendo certamente la legittimazione del (OMISSIS) a stipulare la transazione in proprio, con riguardo ai diritti sostanziali e processuali fatti valere personalmente nelle controversie oggetto di rinunzia, senza che possano ritenersi in alcun modo violate le invocate norme in tema di transazione, mandato e indicazione di pagamento.
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