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In definitiva, il consenso del creditore alla liberazione degli immobili dal pignoramento e’ – per natura, modalita’ ed effetti – profondamente diverso dall’assenso alla cancellazione dell’iscrizione ipotecaria: quindi, deve ritenersi errata l’operazione ermeneutica effettuata dalla Corte territoriale che ha applicato analogicamente (simmetricamente, si puo’ dire) le stesse regole a fattispecie differenti.
Conseguentemente, e’ errato affermare – come fa la sentenza impugnata – che “il creditore soddisfatto… non puo’ ritenersi inadempiente all’obbligo di depositare la rinunzia agli atti della procedura esecutiva, sino a quando il debitore non abbia richiesto tale formalizzazione di volonta’ e non abbia offerto le spese necessarie per tale attivita’ giudiziale”.
6. Rispetto all’attivita’ volta alla rimozione della garanzia ipotecaria, l’obbligazione del creditore di consentire la liberazione dal pignoramento ha un contenuto diverso.
In primis, diversa e’ la natura della prestazione in cui si concretizza l’assenso, il quale e’ atto negoziale in caso di eliminazione della garanzia reale, mentre riveste la forma di atto processuale in caso di cancellazione della trascrizione del pignoramento.
In secondo luogo, l’iniziativa per la cancellazione del pignoramento spetta al creditore che ha ricevuto il pagamento e non gia’ al debitore, il quale – soddisfacendo integralmente la pretesa creditoria – ha diritto a che sia innescato il procedimento che, attraverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione di estinzione del processo esecutivo, conduce alla rimozione della trascrizione pregiudizievole.
L’attivita’ che compete al creditore consiste nel deposito della rinuncia agli atti esecutivi prevista dall’articolo 629 cod. proc. civ..
Poiche’ la legge non fissa un termine per la presentazione della rinunzia al giudice dell’esecuzione, in mancanza di specifiche pattuizioni tra le parti (che potrebbero disciplinare le modalita’ e i tempi dell’obbligazione ex articolo 1200 cod. civ.), lo stesso deve essere individuato in base al combinato disposto dell’articolo 1183 c.c., comma 1, (“Se non e’ determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore puo’ esigerla immediatamente”), articolo 1175 cod. civ. (“Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza”) e articolo 88 cod. proc. civ. (“Le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealta’ e probita’”).
I principi di correttezza e buona fede impongono al creditore di salvaguardare il diritto del debitore che ha pagato il debito di conseguire in tempi ragionevolmente contenuti la liberazione dagli effetti pregiudizievoli del pignoramento (oltre all’indisponibilita’ giuridica del cespite ex articoli 2913 ss. cod. civ., occorre considerare anche l’impossibilita’ di continuare ad abitare l’immobile senza l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione e il divieto di concedere l’immobile in godimento o di percepire i canoni di locazione/affitto ex articolo 560 cod. proc. civ.).
A tutela del predetto diritto, il creditore e’ tenuto ad agire tempestivamente, considerando le circostanze concrete e, in particolare, lo stato del processo esecutivo pendente.
Infatti, si deve assolutamente evitare che dalla prosecuzione della procedura (la quale, come detto, non si arresta automaticamente per effetto del sopravvenuto pagamento) possa derivare un irreparabile nocumento all’esecutato: ad esempio, se e’ prossimo lo svolgimento di una gara, la rinuncia deve essere presentata in tempo utile ad impedire l’aggiudicazione del cespite, dato che, altrimenti, l’atto abdicativo sarebbe inidoneo a scalfire lo ius ad rem dell’aggiudicatario ex articolo 187-bis disp. att. cod. proc. civ..
L’esigenza di procedere celermente alla rinuncia agli atti esecutivi trova ulteriore giustificazione nella salvaguardia dell’interesse dell’esecutato ad evitare che nella procedura – ancora pendente nonostante il pagamento – possano intervenire altri creditori abilitati a darvi impulso. Difatti, una volta effettuato il deposito dell’atto ex articolo 629 cod. proc. civ. da parte dell’unico creditore, il provvedimento di estinzione del giudice dell’esecuzione ha natura meramente dichiarativa dell’effetto estintivo (istantaneo) che si e’ gia’ prodotto nel momento in cui il processo esecutivo non e’ stato piu’ sorretto da un creditore munito di titolo esecutivo; al contrario, un intervento anteriore alla rinuncia impedirebbe l’estinzione della procedura e determinerebbe la sua prosecuzione in danno dell’esecutato (Cass., Sez. U., Sentenza n. 61 del 07/01/2014, Rv. 628705-01: “Nel processo di esecuzione, la regola secondo cui il titolo esecutivo deve esistere dall’inizio alla fine della procedura va intesa nel senso che essa presuppone non necessariamente la continuativa sopravvivenza del titolo del creditore procedente, bensi’ la costante presenza di almeno un valido titolo esecutivo (sia pure dell’interventore) che giustifichi la perdurante efficacia dell’originario pignoramento.”).
A norma dell’articolo 1183 c.c., comma 1, l’esecutato potrebbe esigere immediatamente il deposito della rinuncia del pignorante, anche rappresentandogli circostanze che determinino l’urgenza di estinguere la procedura e di ottenere la cancellazione della trascrizione del pignoramento.
In tal caso, una specifica richiesta (comunque sottintesa dall’articolo 1183 c.c., comma 1) dell’esecutato oppure la comunicazione di ragioni che giustificano una ancor piu’ sollecita rinuncia agli atti esecutivi appaiono indispensabili, poiche’ il creditore – certamente a conoscenza dello stato della procedura pendente e dei correlati interessi dell’esecutato – potrebbe invece legittimamente ignorare elementi a questa estranei (ad esempio, come nella fattispecie de qua, l’avvenuta stipula di un contratto preliminare avente ad oggetto l’immobile pignorato).
7. Nella sentenza impugnata si prospetta, come contenuto alternativo dell’obbligazione ex articolo 1200 cod. civ., la strada dell’inattivita’ ai sensi dell’articolo 631 cod. proc. civ. e, cioe’, la mancata comparizione del creditore a due udienze consecutive (cosi’ la Corte d’appello di Catania: “la procedura esecutiva immobiliare, in assenza di accordo tra le parti, ben avrebbe potuto estinguersi anche per la mera inattivita’ del creditore procedente”).
Anche sotto tale profilo la motivazione e’ erronea.
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