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8.1 Il ricorrente, in riferimento ai capi E/1, F/1, G/1 e H/1, ha sostenuto che la motivazione della Corte si caratterizzava per l’uso di proposizioni del tutto generiche e aveva trascurato di considerare che il ricorrente non aveva partecipato all’incontro di Villa (OMISSIS) che avrebbe dovuto orientare l’aggiudicazione delle gare “(OMISSIS)” e “(OMISSIS)” e non aveva poi tenuto alcun contatto con funzionari della Provincia mentre le imputazioni mosse non avevano neppure indicato la condotta che il (OMISSIS) avrebbe tenuto per turbare le gare di appalto; del resto, non era stato fatto alcun accertamento circa il contenuto della busta che il (OMISSIS) aveva consegnato al (OMISSIS), busta che conteneva in realta’ il preventivo relativo ad una gara che riguardava un altro lavoro da svolgere in (OMISSIS).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va ricordato brevemente, prima di procedere all’esame specifico dei ricorsi, che la sentenza impugnata ha riconosciuto la responsabilita’ di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in riferimento al delitto di associazione per delinquere indicato al capo A e ha poi dichiarato l’estinzione per prescrizione di tutti i reati fine di cui agli articoli 353, 319 e 319 bis, 321 c.p., e ancora articolo 479 cod. pen. (ascritto al solo (OMISSIS) al capo Z), a vario titolo addebitati agli imputati ricorrenti; in riferimento a tutti i reati, sia quello di associazione che i reati fine della stessa, gli imputati sono stati condannati al risarcimento del danno a favore delle Parti civili costituite Provincia di (OMISSIS) mentre il solo (OMISSIS), imputato del reato di cui all’articolo 318 cod. pen. (cosi’ modificata la qualificazione giuridica del fatto indicato al capo Y1) ugualmente dichiarato prescritto, e’ stato condannato al risarcimento del danno a favore della Parte civile (OMISSIS).
2. Va ancora premesso che la sentenza di appello, in accoglimento della impugnazione del Pubblico ministero, si e’ soffermata preliminarmente su alcune questioni processuali che hanno fatto oggetto anche di ricorso per Cassazione da parte di alcuni dei ricorrenti.
2.1 La prima questione sollevata anche con i motivi di ricorso riguarda l’impugnazione della ordinanza con la quale la Corte di Appello ha ritenuto ammissibile l’appello del Pubblico ministero in riferimento al tema, di cui piu’ sotto si trattera’, della utilizzabilita’ delle intercettazioni telefoniche; le Difese avevano eccepito la genericita’, ai sensi dell’articolo 581 c.p.p., lettera in allora vigente, dell’appello della parte pubblica, affermato come sfornito di quella necessaria specificita’ che lo stesso articolo 581 c.p.p., lettera c e l’articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c impone a pena di inammissibilita’ mentre la Corre, in sede di rigetto di dette osservazioni critiche, aveva osservato che l’impugnazione conteneva, come richiesto, la “chiara indicazione dei motivi e delle ragioni di diritto che la sorreggevano, tenuto conto degli elementi di fatto raccolti in relazione alle singole posizioni degli imputati…. che venivano partitamente esaminate”; specie sul tema sensibile delle intercettazioni telefoniche, la Parte pubblica aveva speso, secondo la Corte, una serie di argomentazioni finalizzate a rappresentare la erroneita’ della pronuncia di primo grado.
Alcuni dei ricorrenti, a loro volta, hanno criticamente e nuovamente osservato che il Pubblico ministero si era in realta’ limitato ad allegare il testo delle conversazioni intercettate, senza sviluppare alcuna reale argomentazione critica della decisione della Corte.
Il motivo di ricorso in trattazione e’ palesemente infondato; l’esame materiale stesso della impugnazione del Pubblico ministero dimostra la piena corrispondenza del relativo atto alle indicazioni di cui all’articolo 581 c.p.p., lettera c, che restano soddisfatte tutte le volte in cui siano identificabili, con accettabile precisione, i punti cui si riferiscono le doglianze e le ragioni essenziali delle medesime, in considerazione della natura dell’appello e del principio del “favor impugnationis” (cosi’, da ultimo, Cass. Sez. 6, 11/2015 n. 3721, Sanna, Rv. 265827).
2.2 La seconda questione processuale sollevata a vario titolo da alcuni dei ricorrenti riguarda ancora il tema della utilizzabilita’ delle intercettazioni, affermata come si e’ detto dalla Corte, e quello, in qualche modo derivato, delle modalita’ concrete con le quali tali intercettazioni sono state effettivamente utilizzate nella decisione della Corte, che aveva disposto la trascrizione delle conversazioni senza una esplicita, preliminare ordinanza che accogliesse l’appello del Pubblico ministero sul punto, senza contraddittorio con le Difesa e aveva infine riservato la pratica utilizzazione di quanto trascritto alla decisione, senza porre nemmeno in questo caso le Difese nelle condizioni di conoscere preventivamente se le conversazioni sarebbero state utilizzate e sviluppare quindi ogni possibile argomentazione critica.
Anche questo motivo di ricorso e’ infondato; sotto il primo profilo, va osservato che la Corte di Appello di PERUGIA, nell’affermare del tutto correttamente la piena utilizzabilita’ delle intercettazioni svolte, si e’ richiamata ad una decisione della Corte di Cassazione resa proprio nel procedimento in trattazione, decisione che, ricostruendo lo svolgersi degli eventi, aveva per un verso delimitato la inutilizzabilita’ delle fonti anonime, per l’altro affermato che il Pubblico ministero titolare dell’indagine aveva correttamente, sulla base di detto anonimo, iscritto una notizia di reato contro ignoti per calunnia e contemporaneamente aveva ricevuto una nota di Polizia giudiziaria relativa ai fatti denunciati dall’anonimo sulla base della quale erano state legittimamente disposte le dette intercettazioni; circa il secondo profilo di doglianza, si osservera’ che le Difese erano state poste, fin dalla pronuncia della prima ordinanza in data 2 febbraio 2012, quella che aveva disposto la trascrizione delle conversazioni intercettate, nella piena cognizione del fatto che di dette trascrizioni si sarebbe tenuto conto, indicazione questa sostanzialmente ripetuta dalla Corte il successivo 20 giugno 2012, cosi’ che quantomeno alla udienza di discussione in appello non solo era chiaro che di dette conversazioni si sarebbe fatto effettivo uso nella motivazione della sentenza ma le Difese, lo si ripete, avevano avuto tutto l’agio di contestare con tutte le argomentazioni a loro disposizione quello che appariva all’evidenza come un futuro impiego del testo del materiale captato, impiego che, per quanto si e’ detto, era stato sostanzialmente anticipato dalla Corte con entrambe le ordinanze sopra richiamate.
Ugualmente esente da critiche e’ anche la decisione della Corte che ha richiamato il noto principio giurisprudenziale espresso da Cass. Sez. Unite 21/6/2000 n. 17, Primavera, 21665, a mente del quale si ha mancanza della motivazione non solo quando l’apparato giustificativo manchi in senso fisico-testuale, ma anche quando la motivazione sia apparente, semplicemente ripetitiva della formula normativa, del tutto incongrua rispetto al provvedimento che dovrebbe giustificare mentre si ha difetto della motivazione – emendabile dal giudice cui la doglianza venga prospettata, sia esso il giudice del merito che deve utilizzare i risultati delle intercettazioni, sia esso quello dell’impugnazione nella fase di merito o in quella di legittimita’ – quando quest’ultima sia incompleta, insufficiente, non perfettamente adeguata, affetta da vizi che non negano, ne’ compromettono la giustificazione, ma la rendono non puntuale.
La Corte ha adeguatamente osservato, infatti, che tutti i provvedimenti pronunciati in tema di autorizzazione e proroga delle operazioni di intercettazione telefonica erano dotati di idoneo apparato argomentativo e aveva poi osservato che, trattandosi di reati di criminalita’ organizzata (articolo 416 cod. pen.) era richiesta la mera sufficienza indiziaria e la mera necessita’ per la prosecuzione delle indagini.
2.3 La terza questione processuale sollevata da alcuni ricorrenti riguarda il tema della iscrizione della notizia del reato permanente, nel caso in esame l’articolo 416 cod. pen., nel registro notizie di reato di cui all’articolo 335 cod. pen.; anche per questi profili, i ricorsi sono infondati.
La Corte ha rilevato che il tema critico proposto da alcuni imputati, quello specificamente riferito alla iscrizione ex articolo 335 cod. proc. pen. del reato di cui all’articolo 416 cod. pen. e al superamento dei termini di svolgimento delle indagini preliminari protratto di fatto fino alla cessazione della consumazione del reato che si collocava, lo si ripete, oltre il termine suddetto, era infondato posto che nel reato permanente “la perpetrazione si materializza ogni giorno fino alla data di cessazione della permanenza”, intervenuta nel caso in esame al 10 giugno 2008, con effettiva maturazione del termine semestrale delle indagini al gennaio 2009.
Il tema e’ affrontato in termini sostanzialmente corretti da parte della Corte di Appello e ha trovato sostanziale condivisione nella giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo la quale la natura permanente del reato autorizza lo svolgimento delle indagini preliminari per tutta la durata delle stesse (Cass. Sez. 6 del 7/10/2008 n. 38865, Magri’, Rv 241751); il timore rappresentato poi dai ricorrenti secondo i quali, adottando la tesi enunciata dalla Corte, non vi sarebbe sostanzialmente limite allo svolgimento di indagini preliminari in caso di reato permanente resta comunque manifestamente confutata da tutto il sistema processuale delle decorrenze e delle proroghe delle scadenze previste dall’articolo 405 c.p.p., comma 2, articoli 406 e 407 cod. proc. pen., cosi’ che, anche a tutto voler concedere, non resterebbe comunque mai superato il termine massimo biennale di cui all’articolo 407 c.p.p., comma 2.
3. Gli altri motivi di ricorso sono parzialmente fondati nei limiti di cui sotto si dira’, con la conseguenza che anche il reato di associazione per delinquere di cui al capo A contestato come commesso fino a giugno 2008, e’ estinto per prescrizione essendo trascorso il termine prescrizionale allungato di sette anni e sei mesi cui va aggiunto per periodo di sospensione di nove mesi e sette giorni, con decorrenza piena della prescrizione quindi alla data del 8 settembre 2016 e non ricorrendo ragioni per una assoluzione piena nel merito di cui all’articolo 129 cod. proc. pen. secondo i criteri della nota sentenza di Cass. Sez. Unite 28/5/2009 n. 35490, Tettamanti, Rv 244274; per questo capo, va quindi pronunciata sentenza di annullamento senza rinvio per estinzione del reato per prescrizione ex articolo 620 c.p.p., comma 1, lettera a.
Per quanto sotto si dira’, infatti, la prova sia della associazione che dei reati fine gia’ dichiarati prescritti in primo grado, e sulla quale occorre comunque pronunciarsi a seguito della contestuale condanna, per tutte le fattispecie contestate, al risarcimento del danno a favore delle parti civili costituite, appare in realta’ insufficiente e contraddittoria ai sensi dell’articolo 530 c.p.p., comma 2 con conseguente rigetto dei ricorsi di tutti gli imputati sia, in parte per quelli accusati del reato associativo sia, in toto, degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali ultimi vanno quindi condannati al pagamento delle spese processuali.
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