Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 22 marzo 2018, n. 13299.

Nei reati contro la P.A., il giudizio di prognosi sfavorevole sulla pericolosita’ sociale dell’incolpato non e’ di per se’ impedito dalla circostanza che l’indagato abbia dismesso la carica o esaurito l’ufficio nell’esercizio del quale aveva realizzato la condotta addebitata; la validita’ di tale principio dovendo tuttavia essere rapportata al caso concreto, la’ dove il rischio di ulteriori condotte illecite del tipo di quella contestata deve essere reso probabile da una permanente posizione soggettiva dell’agente che gli consenta di continuare a mantenere, pur nell’ambito di funzioni o incarichi pubblici diversi, condotte antigiuridiche aventi lo stesso rilievo ed offensive della stessa categoria di beni e valori di appartenenza del reato commesso. Sicche’, nei reati contro la P.A., puo’ essere legittimamente adottata misura cautelare personale nei confronti di un pubblico dipendente, per reati commessi nell’esercizio delle sue funzioni, anche se lo stesso, su disposizione dell’amministrazione di appartenenza, sia stato trasferito ad altro settore, attesa la temporaneita’ della misura disciplinare che non esclude, quindi, il pericolo di reiterazione dei reati, ad opera della legge 16 aprile 2015, n. 47, del requisito dell’attualita’ del pericolo di reiterazione del reato.

Sentenza 22 marzo 2018, n. 13299
Data udienza 13 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOGINI Stefano – rel. Presidente

Dott. TRONCI Andrea – Consigliere

Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere

Dott. CORBO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 06/10/2017 del TRIB. LIBERTA’ di ANCONA;
Sentita la relazione svolta dal Presidente Dr. STEFANO MOGINI;
sentite le conclusioni del PG Dr. PAOLO CANEVELLI che conclude per l’annullamento con rinvio sulle esigenze cautelari.
Udito il difensore avvocato (OMISSIS) del foro di ANCONA difensore di fiducia il quale insiste nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) ricorre per mezzo del proprio difensore di fiducia avverso l’ordinanza del Tribunale di Ancona in data 6/10/2017 che ha rigettato la richiesta di riesame da lui proposta nei confronti dell’ordinanza dell’11/9/2017 con la quale il G.i.p. del medesimo Tribunale gli aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere in ordine ai reati di partecipazione ad associazione a delinquere transnazionale finalizzata alla commissione di frodi fiscali in materia di accise, nonche’ ai reati di falso, sottrazione alle accise e corruzione a lui contestati ai capi 1), 2), 3) e 4) della rubrica provvisoria.
2. Il ricorrente censura l’ordinanza impugnata deducendo i seguenti motivi.
2.1. Violazione dell’articolo 125 c.p.p. e articolo 274 c.p.p., comma 1, lettera c) e vizi di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza del rischio di recidiva specifica pur in presenza dell’intervenuta sospensione del ricorrente dal servizio presso l’Amministrazione delle Dogane e l’avvio del procedimento volto al suo licenziamento senza preavviso ed in mancanza di qualunque valutazione della vita anteatta del ricorrente e dell’assenza di precedenti penali e di polizia a suo carico. Carente sarebbe altresi’ la motivazione dell’attualita’ della suddetta esigenza cautelare, dedotta sulla base del travisamento della circostanza che la datazione dell’ultimo episodio in contestazione non e’ intervenuta, come riportato nel provvedimento in esame, in conseguenza della fisiologica cessazione dell’attivita’ in esame, bensi’ perche’ dal 18/7/2016 il (OMISSIS) e’ stato trasferito ad altro ufficio.
2.2. Violazione dell’articolo 125 c.p.p. e articolo 274 c.p.p., comma 1, lettera a) e vizi di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza del rischio di inquinamento delle prove e della sua attualita’, in vero gia’ escluso dal G.i.p. del Tribunale di Rieti che aveva originariamente emesso la misura per poi trasmettere gli atti al Giudice dorico avendo ravvisato la propria incompetenza per territorio, mancando agli atti elementi giustificativi idonei a renderlo configurabile nel caso di specie.
2.3. Inosservanza dell’articolo 292 c.p.p., commi 1, lettera c) bis, e comma 2 ter e omessa valutazione degli elementi forniti dalla difesa, con particolare riferimento all’insussistenza della partecipazione al sodalizio di cui al capo a) da parte del ricorrente e all’attualita’ delle esigenze cautelari, quest’ultima da escludersi alla stregua dei depositati provvedimenti di sospensione dal servizio del 2016 e del 2017 e dell’assenza di qualsivoglia tentativo di inquinamento probatorio da parte del ricorrente nel periodo seguente alla sua intervenuta conoscenza del procedimento penale pendente all’epoca presso l’a.g. reatina.
2.4. Violazione dell’articolo 292 c.p.p., comma 2, lettera c) bis e vizi di motivazione in punto di esclusiva adeguatezza della misura cautelare in atto a far fronte alle ritenute esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso e’ inammissibile.
3.1. Inammissibile, perche’ precluso in questa sede, e’ il motivo col quale il ricorrente contesta la sussistenza della ritenuta gravita’ indiziaria dei reati a lui contestati, atteso che tale questione non e’ stata in alcun modo evocata in sede di riesame.
3.2. I restanti motivi di ricorso, in tema di sussistenza delle ritenute esigenze cautelari e di esclusiva adeguatezza della misura applicata al ricorrente, con riferimento al rischio di recidiva specifica e di inquinamento probatorio, sono generici e meramente reiterativi di doglianze di merito alle quali l’ordinanza impugnata ha fornito puntuale e non illogica risposta.
In particolare, per quanto attiene al rischio di recidiva, l’ordinanza fa corretta applicazione del principio di diritto, piu’ volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale nei reati contro la P.A., il giudizio di prognosi sfavorevole sulla pericolosita’ sociale dell’incolpato non e’ di per se’ impedito dalla circostanza che l’indagato abbia dismesso la carica o esaurito l’ufficio nell’esercizio del quale aveva realizzato la condotta addebitata; la validita’ di tale principio dovendo tuttavia essere rapportata al caso concreto, la’ dove il rischio di ulteriori condotte illecite del tipo di quella contestata deve essere reso probabile da una permanente posizione soggettiva dell’agente che gli consenta di continuare a mantenere, pur nell’ambito di funzioni o incarichi pubblici diversi, condotte antigiuridiche aventi lo stesso rilievo ed offensive della stessa categoria di beni e valori di appartenenza del reato commesso (Sez. 6, n. 19052 de/ 10/01/2013, De Pietro, Rv. 256223; Sez. 1, n. 15667 del 16/01/2013, Capogrosso, Rv. 255351). Sicche’, nei reati contro la P.A., puo’ essere legittimamente adottata misura cautelare personale nei confronti di un pubblico dipendente, per reati commessi nell’esercizio delle sue funzioni, anche se lo stesso, su disposizione dell’amministrazione di appartenenza, sia stato trasferito ad altro settore, attesa la temporaneita’ della misura disciplinare che non esclude, quindi, il pericolo di reiterazione dei reati (Sez. 2, n. 15606 del 22/03/2013, Mascitti e altri, Rv. 255796; per fattispecie successiva all’introduzione, nell’articolo 274 c.p.p., lettera c), ad opera della legge 16 aprile 2015, n. 47, del requisito dell’attualita’ del pericolo di reiterazione del reato, vedi Sez. 5, n. 31676 del 04/04/2017, Lonardoni, Rv. 270634).
Alla stregua di quanto precede, infatti, il Tribunale del riesame giustifica adeguatamente e in modo non illogico il ritenuto rischio – concreto e attuale – di recidiva specifica, evidenziando la gravita’ delle condotte reiteratamente poste in essere dal ricorrente, dimostrative del ruolo attivo svolto per lungo tempo dal (OMISSIS) in un sistema criminale di notevole spessore, ramificato anche all’estero, in presenza di un perdurante inserimento organico dello stesso ricorrente nell’Amministrazione delle Dogane. Il percorso argomentativo del Tribunale del riesame deve in particolare ritenersi immune da vizi logici e giuridici anche la’ dove sottolinea che l’intervenuta attribuzione al (OMISSIS) di funzioni diverse (peraltro non compiutamente descritte nel ricorso) in seno all’amministrazione doganale rispetto a quelle svolte al momento dei fatti contestati e la successiva sospensione cautelare dal servizio, per sua natura temporanea e reversibile, non fanno di per se’ venir meno il rilevato pericolo di recidiva specifica. Congrua deve altresi’ ritenersi la dimostrazione del ritenuto rischio di inquinamento probatorio, per il tramite di puntuale richiamo ad attivita’ di indagine in corso al momento dell’emissione della misura, nonche’ quella dell’esclusiva adeguatezza della misura cautelare di maggior rigore a tutelare le suesposte esigenze (p. 2).
Conseguono a carico del ricorrente le pronunce di cui all’articolo 616 c.p.p., ravvisandosi, in ragione dei motivi dedotti, profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ del ricorso (Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000). Va pertanto equitativamente fissata in Euro duemila la somma da versare alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende. Manda la Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *